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Autore: alecter    31/12/2012    3 recensioni
Passano secoli, millenni dopo che Arthur muore tra le braccia di Merlin.
Ma cosa ha in serbo la vita per il piccolo mago ora che ha perso ciò che più per lui contava, il centro dell'universo?
Che senso ha essere immortali se si trascorrono i propri giorni da solo?
Se hai perso tutto quello che ti teneva in vita, come puoi continuare ad andare avanti e camminare?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Dopo secoli di attesa, Merlin iniziò a chiedersi se Arthur sarebbe davvero tornato da lui.
Se Kilgharrah si fosse sbagliato? Che senso aveva essere immortale se era destinato a spendere i suoi giorni da solo?
Il peso degli anni passati in solitudine iniziava già a gravare sulle sue spalle.
Era rimasto seduto  vicino al lago, leggendo i libri di magia che Gaius gli aveva lasciato.
Non era mai riuscito a tornare a Camelot. Sarebbe stato troppo doloroso entrare nel palazzo senza Arthur al suo fianco, vedere la sua stanza e immaginare che il suo fantasma vi aleggiasse ancora.
Gaius lo aveva trovato accovacciato tra dei cespugli, con gli occhi chiusi e le guance piene di lacrime. Si era seduto al suo fianco in silenzio e aveva posato una mano sulla sua spalla. Parlare in quel momento sarebbe stato inutile. Nessuna parola sarebbe stata di conforto, nessuna avrebbe potuto alleviare il dolore che Merlin provava. Era come se nel momento in cui la barca con Arthur si era allontanata da lui, il suo cuore fosse partito alla deriva assieme.
Il vecchio medico non aveva bisogno che Merlin dicesse qualcosa, sapeva già che sarebbe rimasto a vegliare sul corpo del suo migliore amico, sapeva che non sarebbe mai più tornato a Camelot.
 Ma lui era vecchio, non sapeva quanto tempo gli restava. Quella poteva essere l’ultima occasione per dirgli addio.
Così aveva portato con sé libri di magia e medicina e li aveva lasciati vicino a Merlin.
‘Finirà tutto questo dolore’ aveva sussurrato poi al ragazzo. Merlin si era girato e con le lacrime agli occhi lo aveva guardato come a chiedergli ‘Com’è possibile?’. Gaius si era limitato a sorridere e abbracciarlo.
Così Merlin aveva passato anni a leggere e rileggere interi libri di magia, imparare incantesimi e sperimentarli nel buio della foresta.
Quando tutti i libri di Gaius erano ormai parte di lui, si perse d’animo. In quei libri non c’erano risposte alle sue domande.
Ma d’altronde, chi avrebbe potuto aiutarlo?
La risposta gli cadde addosso come una pioggia fresca.
Una sera mentre era assopito, sentì una piccola mano contro la sua schiena. Si svegliò di soprassalto con l’assurda speranza che potesse essere Arthur. Si trovò, però, a fissare un paio d’intensi occhi verdi, circondati da una massa di capelli ricci.
‘Chi sei? Cosa vuoi?’ chiese stanco e deluso, ‘Non ho nulla, tranne questi libri. Prendili se vuoi’ aggiunse poi, convinto che la donna fosse un bandito.
Quella lo guardò curiosa e con un velo di dolcezza negli occhi. Doveva avere circa l’età di sua madre quando era deceduta e, in un qualche modo, gliela ricordava terribilmente.
‘Oh Emrys’ sussurrò poi la donna dopo averlo fissato per qualche secondo.
‘Nessuno avrebbe mai immaginato che tale perdita ti avrebbe arrecato tanto dolore da spezzare la tua anima’ aveva detto poi. Merlin a quel punto si alzò e la fissò intensamente.
‘Chi sei?’ ripeté. Sapeva già la risposta dentro di sé, ma preferì sentirla dire ad alta voce.
‘La mia famiglia, i druidi, hanno sempre creduto in te, Emrys. E non abbiamo perso le speranze certo ora’ disse la donna. La sua voce era un sussurro ma Merlin poteva sentirla benissimo nel silenzio della notte.
‘Arthur risorgerà, ma è ancora lontano quel momento. Per questo ti porto un dono, ma dovrai farne buon uso Emrys’ aggiunse la donna mentre Merlin continuava a fissarla con occhi speranzosi.
Non importava quanto avrebbe dovuto aspettare. La sicurezza che Arthur sarebbe tornato plasmava la sua forza.
La donna frugò in una sacca che aveva al collo e ne tirò fuori uno strano oggetto che Merlin al buio non riuscì a distinguere. Quando però la donna lo pose sotto i suoi, Merlin lo riconobbe subito. Non riuscì a fare a meno di trattenere il respiro.
‘Sai cos’è questo Emrys?’ chiese la druida sebbene lo sguardo di Merlin rispondesse per sé.
‘Il corno di Cathbad’ disse Merlin in un fiato. Improvvisamente si sentì di nuovo vivo ed integro. Aveva la possibilità di vedere Arthur ancora una volta, sentire la sua voce, dirgli quanto gli mancava.
‘Pensavo fosse andato perduto dopo che Arthur se ne era liberato’, disse poi ancora incredulo. La druida annuì.
‘Lo cedo a te ora Emrys, conosci le regole. Non voltarti o il suo fantasma tornerà nel mondo dei vivi. E ciò non porta mai a nulla di buono’ la donna lasciò scivolare tra le mani di Merlin il corno e poi si alzò.
‘Sebbene la tentazione sia grande, Emrys, non lasciare che le tue debolezze siano più forti di te,’ si raccomandò la druida, ‘Questo è un dono che io ti faccio, fanne buon uso,’ Merlin la ringraziò con un enorme sorriso e poi la donna si dileguò.
Merlin guardò il corno nelle sue mani, indeciso su cosa fare.
Sapeva che se avesse rivisto Arthur, probabilmente non sarebbe stato in grado poi di lasciarlo andare. Lasciare però che il suo fantasma tornasse nel mondo dei vivi era pericoloso. I fantasmi non sono reali, perdono la ragione se posti al di fuori del loro mondo.
 
Passarono anni prima che Merlin trovasse il coraggio di usare il corno. Lo aveva custodito e tenuto tra le sue mani per giorni e notti senza riuscire ad usarlo. Il solo pensiero di rivedere Arthur lo faceva tremare. Sapeva di avere una sola possibilità, non voleva sprecarla.
Quando il sole iniziò a calare, Merlin prese il corno e con mani tremanti lo porto alle labbra e vi soffiò lievemente dentro.
Inizialmente, temette che non avesse funzionato. Poi davanti a lui vide brillare il cielo, e il lago; era come guardare attraverso uno specchio deforme. Camminò lentamente verso quello che sembrava essere un enorme muro trasparente.
Senza accorgersene, era entrato nel mondo dei morti.
Inizialmente lo avvolse il buio, poi una luce improvvisa lo accecò.
Dopo qualche istante, riuscì a distinguere i contorni di una sagoma. Arthur era in piedi davanti a lui, di spalle. La sua armatura sembrava brillare. Al suo fianco aveva ancora Excalibur.
Quando Arthur lentamente si voltò, Merlin deglutì e trattenne il respiro. Aveva paura di come Arthur avrebbe potuto reagire. In fondo anche lui quando aveva incontrato Uther, ne era rimasto deluso.
E se Arthur gli avesse detto quanto inutile fosse? Quanto stava meglio ora che non lo aveva più tra i piedi?
Ma lo sguardo del re quando i loro occhi s’incontrarono cancellò tutti i suoi dubbi.
‘Merlin?’ chiese mentre un enorme sorriso gli illuminava il volto.
‘Merlin cosa ci fai qui?’ urlò Arthur pieno di gioia. Un pensiero poi passò nella sua mente e rabbuiò i suoi occhi.
‘Non sarai anche tu..’ sussurrò. Merlin scosse la testa, sebbene avrebbe preferito che Arthur avesse avuto ragione.
‘Ho usato il corno di Cathbad. Arthur..’ Merlin cercò di esprimere tutto quello che aveva dentro, tutto il dolore che aveva provato e con cui continuava a convivere.
Non ebbe bisogno di dire nulla.
Arthur gli si avvicinò lentamente senza distogliere lo sguardo da lui nemmeno per un istante.
‘Mi sei mancato, Merlin’ disse poi quando furono ad un solo passo di distanza. Merlin singhiozzò. Non riuscì a trattenersi. Le lacrime iniziarono a scendere copiosamente senza che lui riuscisse a fare nulla per riprendere il controllo delle sue emozioni.
‘Nulla ha più senso, Arthur. Sono anni che aspetto con il cuore in mano che tu faccia ritorno. Mi manchi, non so cosa fare’ urlò Merlin tra i singhiozzi.
Arthur posò una mano sulla sua spalla e, sebbene fosse solo un fantasma, Merlin poté sentire una leggera pressione sul suo corpo.
‘Tornerò, Merlin. Lo prometto. Quando scatole di metallo correranno tra le strade e voleranno in cielo, quando i pianeti saranno allineati, allora io tornerò da te,’ disse Arthur.
Merlin lo fissò senza capire.
‘Fino ad allora Merlin, ti prego, non aspettare nel buio per me. Vivi la tua vita,’ il re iniziò ad indietreggiare mentre con un sorriso beato fissava Merlin.
‘Arthur..’ Merlin allungò la mano verso il suo amico.
‘Ricorda Merlin, non voltarti. Non potrei sopportare l’idea di perseguitarti. Ricordati di me, di me e te, sempre. Sappi che io sono lì al tuo fianco anche quando tu non puoi vedermi. Sarò sempre al tuo fianco,’ mormorò Arthur allontanandosi. Merlin non riusciva a fare altro che guardarlo andare via.
Ingoiò le lacrime rimaste e si voltò, deciso a dimostrare che poteva essere forte. Avrebbe battuto le sue debolezze per Arthur.
Camminò lentamente, passo dopo passo, con gli occhi azzurri dell’amico fissi sulla sua schiena.
‘Tornerò’ sussurrò Arthur mentre Merlin oltrepassava la soglia e tornava nel mondo reale.
Il cielo era buio e cosparso di stelle.
Merlin sedette a terra e per un momento gli sembrò di udire nell’aria l’eco della risata di Arthur.
 
Quando apparvero le prime scatole metalliche di cui parlava Arthur, erano ormai passati altri secoli.
Merlin aveva atteso in silenzio, girando per l’Inghilterra, osservando nuovi paesaggi. Aveva deciso di ascoltare Arthur, perché alla fine, nonostante tutto, era sempre pronto a seguire i suoi ordini.
Avrebbe viaggiato, ascoltato storie e raccontato le sue, così che quando Arthur fosse tornato, avrebbe avuto qualcosa da raccontargli.
Quando iniziarono a sorgere i primi palazzi e nel cielo vide volare i primi aerei, Merlin decise di fare ritorno.
Attorno a quello che una volta era il lago di Avalon, era sorta una piccola cittadina.
Un prato verde brillante e coperto di nebbia ricopriva ora la superficie che una volta era stata acqua.
Merlin camminò a lungo per le strade della città, quando trovò un piccolo annuncio di una casa in vendita; si recò a vedere la piccola dimora e scoprì che si trovava proprio a pochi passi dalla radura.
Quando vi entrò per la prima volta, l’odore di vecchio e muffa lo travolse. Si era guardato attorno attentamente immaginando come sistemarla. Come avrebbe potuto Arthur apprezzare una casa del genere, abituato al palazzo di corte?
Passò anni ad arredarla e ristrutturarla al meglio, deciso a non usare la magia ma la sua forza di volontà.
Non avendo molto da fare nella piccola città, iniziò a spendere le sue giornate nella piccola biblioteca cittadina a riempire la propria testa di storie di fantasia, amori perduti e assassini impazziti.
Passarono ancora altri anni, passò ancora un altro secolo.
Fu per caso che Merlin un giorno, seduto su una piccola sedia in un pub, accanto ad una delle sue nuove conoscenze, venne a sentire che strani eventi stavano accadendo tutt’attorno all’area in cui una volta si pensava giacesse l’isola di Avalon.
Merlin drizzò subito le orecchie.
‘Dicono che in quella zona il vento soffi forte e freddo e che chiunque si trovi li senta una voce parlare’ stava raccontando un anziano signore. Era seduto ad un tavolo in un angolo buio e tutti gli sguardi erano su di lui.
‘Una voce maschile. Sapete, ci sono leggende che narrano che il principe Arthur non morì mai realmente. Si dice che la sua anima giaccia tra le acque del fiume Avalon, dove il suo fedele servo lo lasciò’ Merlin non poté fare a meno di sorridere sentendo quelle parole.
‘Si dice che un giorno Arthur tornerà e che Merlin sia ancora qui, ad aspettarlo. Molti pensano che questi siano i segnali del suo ritorno,’ aggiunse ancora il vecchio.
Merlin ascoltava rapito. Che avessero ragione? Come a voler rispondere alle domande di Merlin, la piccola televisione sopra il bancone iniziò a parlare di uno straordinario evento astronomico che sarebbe accaduto di lì a pochi giorni.
Dopo secoli, i pianeti si sarebbero riallineati di nuovo. Merlin si alzò dalla sedia all’improvviso sotto gli sguardi curiosi dei suoi concittadini.
Uscì dal pub e corse verso casa. Aveva comprato una piccola bici per recarsi ad Avalon, economica ed efficiente.
In pochi minuti si ritrovò nella radura, circondato dalla nebbia.
‘Merlin’ sentì sussurrare dal vento. Si guardò attorno ma non vide nulla, se non soffici nuvole che lo avvolgevano.
Rimase in attesa per ore nel mezzo della radura ma nulla, nessuno, arrivò.
Dopo che le sue aspettative erano andate completamente deluse, Merlin tornò a casa con il cuore di nuovo a pezzi.
Accese la sua piccola televisione e si sedette su una delle due poltrone che era riuscito a trovare. Una per lui, una per Arthur.
Cambiò canali su canali, senza riuscire a trovare nulla che attirasse la sua attenzione.
‘Nubi scure si stanno accentrando su Cardiff. Lampi squarciano il cielo e stanno iniziando a cadere i primi fiocchi di neve. I fiori sono congelati. Non si era mai visto nulla del genere’ Merlin rimase a fissare le immagini che il telegiornale stava mandando in onda.
‘Sembra che ieri notte un lampo di luce abbia momentaneamente illuminato la città a giorno. In molti dicono di aver sentito la terra tremare e un enorme tuono seguire la luce. Un semplice lampo? Gli esperti rassicurano che non è nulla di preoccupante. Appassionati della materia, già ipotizzano presenze aliene’ Merlin non riusciva a togliere gli occhi dallo schermo. Erano questi i segnali? Arthur era tornato?
Decise di tentare la sorte e recarsi a Cardiff.
Prese le poche cose che aveva racimolato negli anni, le infilò nell’unica borsa che aveva e andò verso la stazione.
Prese il primo biglietto per Cardiff. Per sua fortuna il treno passò un’ora più tardi.
Salito sul treno, si guardò attorno nella speranza di trovare un posto libero. Aveva così ansia e paura allo stesso tempo che temeva di non riuscire a reggersi in piedi.
Giunto nella città, passò giorni a vagare per le strade. La gente sembrava già aver dimenticato gli strani eventi della settimana precedente.
Ma lui non aveva dimenticato il motivo per cui era giunto lì. Convinto che fosse lì che Arthur sarebbe tornato, abbandonò la sua vita a Ross on wye e trovò una piccola dimora in Cardiff.
Mentre gli anni passavano, le sue speranze diminuivano. Che Arthur si fosse sbagliato? I pianeti si erano riallineati, macchine e aerei viaggiavano spediti per le città e per i cieli, ma di lui ancora nessuna traccia.
Per cercare di passare il tempo, Merlin aveva trovato un lavoro; avendo letto quasi tutti i libri esistenti nelle librerie di Cardiff, era stato assunto come guida al castello.
La gente lo ascoltava rapita quando raccontava la storia della città, di quelle mura. A fine del giro turistico tutti si complimentavano con lui, per le sue storie; nessuno aveva mai il coraggio di interromperlo quando parlava, erano tutti privi di parole.
Ogni giorno Merlin accoglieva nel castello gruppi di cento persone. Impossibile tenere il conto di tutti i volti, di tutte le anime che aveva toccato e cambiato raccontando la sua vita.
Un giorno dovette ricevere un gruppo di studenti. Era felice di incontrare dei giovani, di poter parlare loro della storia della loro città, di riuscire a rapire anche le loro menti fresche.
Mentre raccontava per l’ennesima volta l’intera storia del castello, qualcosa catturò il suo sguardo.
Una chioma bionda passò dietro al gruppo di ragazzi.
Merlin continuò a parlare cercando di vedere a chi appartenesse. Era ormai abituato a scrutare la folla alla ricerca degli occhi di Arthur.
Ma ancora una volta, non si trattava di lui.
Alla fine del turno di lavoro, Merlin era solito andare in ospedale a fare volontariato.
Portare luce nella vita dei malati, sembrava essere ciò che meglio gli riusciva.
Ogni tanto compiva qualche trucco di magia davanti ai bambini, i quali lo guardavano stupiti e poi volevano che ne facesse altri.
Stava camminando tra i corridoi con una serie di pacchetti di Natale in mano quando incrociò una delle infermiere di turno.
‘Buona sera’ disse sorridendo. La ragazza gli sorrise debolmente e poi tornò alle sue scartoffie.
‘Sai, è un peccato. Erano tutti convinti che si sarebbe svegliato a quest’ora. Nessuno ha reclamato la sua presenza, nessun famigliare, nessun amico,’ disse poi quella alla sua collega quando Merlin si fu allontanato.
‘Quanto tempo è passato?’ aveva chiesto l’altra.
‘Cinque anni ormai. I dottori dicono che non c’è nulla che non vada in lui. E’ come se fosse in un sonno profondo. E’ per questo che tutti vorrebbero tenerlo ancora, c’è speranza che si svegli prima o poi. Ma servono letti, stanze..’ Merlin si fermò in mezzo al corridoio.
‘Sapete come si chiama? Aveva documenti addosso?’ chiese ancora l’altra infermiera. La ragazza aveva scosso la testa.
‘No, non aveva nulla. Aveva solamente una strana spada con sé’ Merlin si voltò. I pacchi caddero a terra, attirando l’attenzione delle due infermiere.
‘Tutto bene ragazzo?’ chiese la più anziana. Merlin annuì rapidamente.
Non poteva certo dirgli che con ogni probabilità il ragazzo che avevano trovato era il principe Arthur. Non poteva certo raccontare loro di quanto tempo avesse passato ad aspettarlo e lui era lì, in quell’ospedale.
Non poteva certo chiedere loro di dirgli in quale stanza fosse.
‘Dove lo porteranno ora?’ chiese l’infermiera più anziana.
‘Penso in un ospizio. Lo lasceranno lì, alle cure di qualche altra infermiera’ disse la ragazza prima di firmare alcune scartoffie e allontanarsi.
Merlin si avvicinò al bancone delle informazioni e guardò con occhi languidi l’infermiera rimasta.
‘Salve, mi chiedevo, questo ragazzo di cui stavate parlando..’ iniziò a dire. La donna lo guardò con occhi assottigliati. Probabilmente si stava chiedendo cosa volesse da lei.
‘Mi chiedevo, forse potrei visitarlo. In fondo fa sempre parte del volontariato’, provò a dire Merlin.
La donna inizialmente lo guardò contrariata.
‘Come vuoi, non so quanto potrai essergli d’aiuto, è in coma, ragazzo’ disse. Merlin sorrise.
La donna si decise a dirgli la stanza e il reparto in cui si trovava il presunto Arthur.
Merlin camminò per i corridoi con il cuore in gola, pronto a ricevere l’ennesima delusione.
Quando arrivò di fronte alla stanza con sopra il numero indicato dall’infermiera, si fermò per qualche istante.
Se anche fosse stato Arthur, cosa avrebbe potuto fare per lui? Avrebbe potuto provare qualche incantesimo, ma di certo non era un medico.
Posò la mano sulla maniglia e aprì lentamente la porta. Quando fu nella stanza rimase fermo, il cuore pietrificato.
Arthur era steso sul piccolo lettino, pallido, immobile. Il petto si muoveva leggermente, segno che respirava.
Merlin si avvicinò lentamente al letto mentre la vista gli si offuscava.
‘Oh Arthur’ sussurrò. Tutto questo tempo, e lui era lì.
Merlin sfiorò una mano. Era così fredda, sembrava quasi fatto di pietra. I suoi capelli biondi erano scompigliati sulla fronte. Merlin li sistemò leggermente e rimase a fissarlo per qualche minuto.
‘Ok’ poi disse.
‘Vediamo’ pensò cercando di ricordare un qualsiasi incantesimo che sarebbe potuto tornargli utile in quel momento.
Provo quasi tutti gli incantesimi dei libri di Gaius, provò ancora altri che aveva imparato con il tempo, ma Arthur era sempre lì, apparentemente privo di vita.
Senza più forze e speranze, Merlin crollò a terra, il viso ancora una volta coperto di lacrime e la testa posata sul braccio di Arthur.
‘ Arthur ti prego, torna da me’ sussurrò contro il metallo freddo del lettino.
Alzò lo sguardo, ma il re ancora lì, non dava segni di essere cosciente.
Merlin si alzò in piedi singhiozzando, cercando di cancellare le tracce delle lacrime dal suo viso.
In quel momento era privo di difese, privo di qualsiasi senso di ragione.
Si chinò verso Arthur e senza sapere cosa stesse facendo sussurrò nel suo orecchio.
‘Arthur ti prego, torna da me. Ho bisogno di te, non sono niente senza di te,’ posò la sua fronte contro quella del suo amico e poi posò un leggero bacio sulle sue labbra.
Aveva letto centinaia di libri per bambini su storie del vero amore, sul bacio che sconfigge ogni incantesimo e se non avesse testato lui stesso una forza del genere, non vi avrebbe mai creduto.
Ma il vero amore di Arthur era Gwen, non lui. Era stata lei a rompere l’incantesimo millenni prima, non lui.
Arthur iniziò a riprendere colore sotto gli occhi increduli di Merlin.
‘Non è possibile’ sussurrò il giovane mago. Sfiorò una mano di Arthur e sentì che ora era più calda.
I capelli, prima di un oro spento, erano tornati a brillare.
‘Merlin’ sussurrò Arthur, gli occhi ancora chiusi. Probabilmente stava ancora dormendo. Gli occhi di Merlin si riempirono per l’ennesima volta di lacrime.
Non aveva idea di come avesse fatto, non gli interessava, l’importante era che lui ed Arthur fossero assieme, ancora una volta.
‘Cosa ci fai lei qui?’ sentì dire dietro di lui. Un infermiere lo stava squadrando dal basso verso l’alto. Quando vide le lacrime sul volto del giovane mago, si avvicinò di corsa.
‘Cos’è successo? Lo conosce?’ chiese rapidamente l’infermiere. Merlin annuì.
‘Pensavo di averlo perso per sempre’ fu tutto quello che riuscì a dire. L’infermiere lo guardò con un punto interrogativo negli occhi.
‘Come si chiama? E’ suo fratello? Il suo ragazzo? Ha dato segni di vita?’ Merlin cercò di mettere in sequenza le varie domande e di trovare le risposte nel suo cervello, ora completamente in stallo.
‘Si chiama Arthur. Non è mio fratello. E’ un.. amico. E ha sussurrato il mio nome’ disse tremando. L’uomo lo fissò ancora.
‘Arthur come?’ chiese, ‘Solo amico, eh?’ sussurrò poi più a se stesso che a Merlin.
‘Arthur.. Arthur’ Merlin pensò ad un cognome plausibile. Di certo non poteva dire a quell’infermiere che quel ragazzo steso di fronte a lui si chiamava Pendragon.
‘Arthur Emrys’ decise alla fine, non venendogli alla mente cognomi più plausibili. L’uomo lo guardò per qualche secondo, e Merlin temette che non gli avrebbe creduto. Alla fine quello annuì e scrisse il nome sul piccolo foglio alla fine del letto.
‘Mi dispiace signore ma l’orario delle visite sta terminando, devo chiederle di apprestarsi all’uscita’ aggiunse poi quello. Merlin guardò Arthur. Non poteva lasciarlo lì.
Rimase l’intera notte in ospedale in attesa del giorno successivo.
Quando gli orari di visite iniziarono, si fiondò nella stanza.
Il giovane re era seduto, la schiena poggiata contro il cuscino, mentre un infermiere gli prelevava del sangue.
‘E’ davvero fortunato ad avere avuto un ricovero così stupefacente signor Emrys’ stava dicendo il ragazzo. Arthur lo guardava come fosse stato un alieno caduto dal cielo.
L’infermiere uscì dalla stanza e Arthur vide finalmente Merlin.
‘Merlin’ urlò. Provò ad alzarsi dal letto ma Merlin lo rimise subito seduto.
‘Fermo, sarai debole. Non muoverti,’ ordinò mentre uno sorriso enorme si stampava sulle sue labbra.
‘Merlin, devo ricordarti che sono il re e che non puoi darmi ordini?’ disse Arthur sorridendo. Merlin scoppiò a ridere. Come gli era mancato.
‘A dire il vero, ora c’è una regina e tu, bè, tu non sei re’ disse Merlin, realizzando per la prima volta ciò che stava dicendo.
Arthur lo guardò sbigottito.
‘Merlin, quanto tempo è passato? Cosa sono questi fili, questo coso,’ indicò le flebo e il televisore spento.
Merlin sorrise.
‘Oh ci sarà da ridere’ disse poi tra sé e sé.
 
Dopo aver spiegato ad Arthur quanto tempo era passato, cosa era successo, e le varie tecnologie sviluppatesi nel tempo, Arthur non potè fare a meno di chiedere come fosse riuscito a riportarlo in vita.
‘Mi uccideresti’ disse Merlin dopo qualche minuto di silenzio in cui le sue guance divennero rosse.
Arthur scosse la testa.
‘Merlin, qualsiasi stregoneria tu abbia fatto, non mi interessa. L’importante è che sono qui, ora, con te’ rispose Arthur stringendo la mano di Merlin.
 
Il giorno seguente Arthur fu dimesso e Merlin lo portò a casa con sé. Il tragitto verso casa fu a dir poco spassoso per Merlin. Ogni volta che una macchina passava per la strada, Arthur la guardava terrorizzato. Per non parlare degli aerei.
‘Queste case sono così strane’ osservava poi mentre si avvicinavano alla piccola villa che Merlin aveva comprato anni prima. Per loro fortuna, non c’erano ascensori. Merlin non aveva idea di come poter fare entrare Arthur dentro una di quelle scatole elettroniche.
‘Questa è casa’ disse poi aprendo la porta e lasciando che Arthur entrasse per primo.
Il piccolo ingresso era pieno di libri poggiati ovunque, dietro la porta un appendiabiti teneva varie giacche invernali. Delle scale portavano poi ai piani superiori.
Merlin entrò dietro di Arthur e prendendolo per mano lo trascinò in cucina.
‘Non dare di matto, ok? Non è magia’ disse prima di accendere i fornelli. Arthur fece un balzo indietro per poi riavvicinarsi lentamente. Prese la manopola del gas ed iniziò ad alzarla ed abbassarla per vedere come reagiva la fiamma.
‘Sei sicuro che non sia magia?’ chiese incredulo. Merlin annuì sorridendo.
‘E’ molto più pratico che accendere il fuoco con delle pietre, non trovi?’ scherzò. Arthur era ancora intento a giocare con la manopola.
‘Questo è l’interruttore della luce,’ aggiunse poi spingendo il piccolo interruttore che accendeva la lampadina soprastante. Arthur guardò rapito la lampada accendersi.
‘E questa è la televisione’ Merlin sorrise ancor prima di accenderla. Non appena le prime immagini apparvero sullo schermo, Arthur spalancò la bocca.
‘Cosa diavolo è?’ urlò in un primo momento. Qualche secondo dopo iniziò a spostare la piccola televisione per vedere dove fossero le persone sullo schermo.
‘Devono essere qui da qualche parte’ continuava a borbottare mentre Merlin piangeva dal ridere.
Merlin guardò poi l’orologio. Anche se detestava dover andarsene proprio ora, il lavoro lo chiamava.
‘Arthur, io devo andare a lavoro. Vuoi che io resti qui? Posso prendere un giorno libero,’disse. Arthur lo guardò.
‘No, tranquillo. Penso che studierò meglio questo aggeggio malefico’ disse continuando a smanettare con il retro del televisore.
Merlin sospirò.
‘In caso ti servisse qualcosa, questo è il mio numero di telefono,’ scrisse su un piccolo foglio il suo numero di lavoro, ‘questo,’ aggiunse poi indicando un piccolo cordless, ‘è un telefono, si usa per comunicare. Vedi questi numeri? Li spingi, e poi premi il pulsante verde. Io risponderò dall’altra parte, ok?’ Arthur era ora intento a fissare il telefono. Merlin sbuffò. Non era certo che Arthur avesse capito ma per il momento non poteva fare altro.
‘Bene. Vado’ disse con timore. Quando uscì dalla porta si sentì quasi in colpa. Arthur era come un bambino, come poteva lasciarlo da solo?
A lavoro fissava continuamente il telefono con il terrore che Arthur lo chiamasse dicendo che aveva mandato a fuoco la casa.
Quando tornò a casa, la prima cosa che fece dopo aver aperto la porta fu chiamarlo.
‘Arthur, dove sei?’ urlò quando non ricevette risposta.
Salì di corsa le scale e le trovò sdraiato sul letto con in grembo il suo computer portatile.
‘E quello come lo hai trovato?’ chiese Merlin avvicinandosi.
‘Merlin, questo affare è a dir poco fantastico!’ disse Arthur entusiasta. Merlin non poteva crederci. Qualche ora da solo ed aveva imparato ad usare il computer. Scosse la testa incredulo e si lasciò cadere sul letto.
‘Vuoi dormire sul divano o sul letto?’ chiese Merlin, sebbene già conoscesse la risposta.
‘Non essere sciocco, possiamo benissimo condividere il letto, è abbastanza grande per entrambi’ aveva risposto Arthur con lo sguardo ancora fisso sul computer. Merlin lo guardò esterrefatto. Stava per ribattere quando decise di lasciar stare. Era troppo stanco.
Si tolse gli abiti e si coricò sotto le coperte. Ore dopo sentì Arthur spostare il computer e sistemarsi al suo fianco.
Il mattino seguente, si svegliò con il respiro di Arthur sul collo e il suo braccio avvinghiato alla vita.
Per un momento pensò di spostarsi, ma poi si rese conto di quanto piacevole fosse quella posizione.
 
Passarono giorni, e settimane, ed Arthur sembrava integrarsi nel nuovo mondo sempre più rapidamente.
Un giorno Merlin tornò a casa e lo trovò sul tavolo della cucina, il computer, ormai suo fedele compagno, posizionato sulle sue ginocchia.
‘Merlin!’ urlò non appena lo aveva visto. Merlin sorrise. Negli ultimi giorni il loro rapporto era diventato sempre più intimo e complesso. Merlin aveva sempre provato dei sentimenti per Arthur, ma ora li sentiva crescere sempre di più. Avevano continuato a dormire assieme, svegliarsi abbracciati e tutto ciò non aveva completamente alcun senso per lui, perché era qualcosa di nuovo.
‘Merlin, sapevi che al giorno di oggi è permesso a due uomini dello stesso sesso, di sposarsi?’ aveva detto poi Arthur all’improvviso mentre Merlin stava preparando la cena, per poco non fece andare a fuoco il tutto.
‘Ehm, si,’ si limitò a dire. Arthur tacque. Nessuno dei due sapeva cosa aggiungere. Merlin sentiva il cuore battergli forte.
‘Non mi hai ancora mai detto che incantesimo hai usato per svegliarmi’ ruppe il silenzio Arthur. Merlin continuò a concentrarsi sulla cena.
‘Avevi detto che non era importante’ disse. Arthur però sembrava non volersi dare per vinto.
‘Lo so, ma ero solo curioso,’ rispose. Merlin deglutì. Incerto su quella che sarebbe potuta essere la reazione di Arthur, decise di non rispondere.
‘Un giorno lo saprai’ si limitò quindi a dire.
 
Più passava il tempo e più Merlin capì che quello che provava per Arthur era più che semplice affetto. Capì che l’amore che aveva provato per lui millenni prima, si era trasformato ora in un sentimento più forte.
Arthur, dal suo canto, aveva fatto di Merlin il centro del suo universo.
Aveva trovato un lavoro come commesso nella libreria preferita di Merlin, usciva con Merlin e i suoi amici, e ogni volta che Merlin parlava era come se tutto intorno nulla avesse più senso.
Un giorno al suo rientro a casa, Merlin sentì dalla cucina il profumo della cena già pronta.
‘Non può essere’ sussurrò tra sé e sé andando verso la stanza. Vi trovò Arthur seduto a tavola con davanti un piatto di patate al forno e bistecca, e accanto un altro identico.
‘Hai preparato la cena!’ urlò Merlin così contento che pensava che il cuore gli stesse per scoppiare. Arthur annuì sorridendo. Poi si alzò.
‘Merlin’ disse in un tono che iniziò a fare preoccupare il giovane mago.
‘Cosa?’ chiese l’altro con un groppo in gola. Arthur non disse altro, si limitò ad avvicinarsi a lui, sempre di più, fino a che le loro labbra non si sfiorarono di nuovo.
Merlin lo fissò sorpreso, stupito, con il cuore in gola.
Si fissarono entrambi in silenzio. Poi Merlin si avvicinò e lo baciò di nuovo, con più passione, quasi con rabbia. Era come se il suo corpo non avesse aspettato altro per tutto quel tempo.
Si appartenevano a vicenda.
Da quel momento divennero più inseparabili di prima. Era come se il destino non avesse fatto altro che spingerli verso quella direzione.
Poi una mattina Merlin si era svegliato tra le braccia di Arthur e aveva sentito sussurrare al suo orecchio.
‘Sposami’ sentì il respiro caldo di Arthur sul suo collo. Merlin inizialmente pensò che stava ancora sognando. Poi quando si voltò e vide gli occhi di Arthur in attesa di una risposta, capì che era decisamente sveglio.
‘Cosa?’ chiese. Arthur sorrise, i suoi occhi sembravano più azzurri del solito.
‘Sposami’ ripetè. Merlin lo guardò per qualche istante sbigottito.
‘Arthur Pendragon. Stai davvero chiedendo al suo misero servo, di sposarti?’ disse Merlin ridendo e baciandolo.
Arthur sorrise.
‘Bè, io non sono più re e tu non sei più il mio servo quindi non vedo che problema ci sia’ rispose Arthur. Merlin sorrise e lo baciò di nuovo. Poi rimasero in silenzio, Arthur in attesa cocente di una risposta.
‘SI’ urlò poi Merlin.
‘SI, si si ovvio che si!’ Arthur lo circondò con le sue braccia  e lo baciò ripetutamente.
‘A volte ringrazio il cielo che tu quel giorno sia piombato a Camelot. Non so come sarebbe stata la mia vita senza di te, Merlin’ sussurrò poi contro i suoi capelli.
‘Abbiamo dovuto aspettare mille vite per stare assieme, ma ne sono valse la pena tutte’ disse poi.
Merlin rimase in silenzio tra le sue braccia. Non c’era bisogno che dicesse nulla; Arthur lo sapeva, lui avrebbe aspettato altre mille decadi per lui.
Perché quando il destino ti mette su una determinata strada, tu non puoi far altro che seguirla. Quando il destino ti mette davanti ad un amore del genere, che sopravvive anche alla morte, non puoi combatterlo, puoi solamente assecondarlo. E così avevano fatto loro.
Insieme per sempre, anche dopo la morte.
 
 
   
 
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