Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: C h i a r a    01/01/2013    4 recensioni
Questa è una ff di genere Young-Adult. Eleonora è una ragazza di Livorno che non ha amici. A molti la situazione starebbe scomoda, ma a lei no, non vuole interagire con nessuno.
(la storia si svolge a Livorno, ma luoghi e persone sono puramente inventati, ogni riferimento è puramente casuale)
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
We say goodbye in the pouring rain
And I break down as you walk away.
Stay, stay.
'Cause all my life I felt this way
But I could never find the words to say
Stay, st…
 

 
«Eleonora, non capisco perché devi sempre stare con le cuffie, se siamo insieme.»
Mia mamma mi interrompe, per l’ennesima volta, dal mio quotidiano viaggio mentale prescuola.
«Per passare il tempo.»
«Ma io sono qui per parlare con te.»
Sospiro. Quante volte glielo dovrò ripetere prima che capisca che non ho voglia di parlare con lei? «Io non ho niente da dirti, te non hai niente da dirmi. Non prendiamoci in giro, facendo finta che non sia così.»
Adesso è lei a sospirare. «Siamo arrivate. Buona giornata.»
Esco dalla macchina sbiascicando un saluto, poi sbatto pesantemente la portella. Non sento la macchina partire. Ovviamente sta osservando se mi unisco a qualche gruppo, è ancora convinta che io abbia qualche amica. Illusa.

Entro nella mia scuola, il favoloso istituto classico “Saverio Bettinelli” di Livorno. La bidella mi vede e mi saluta con lo sguardo d’odio profondo che riserva ad ogni studente che varca quella soglia. Salgo le scale a chiocciola, spalla a spalla con gente che vedo ogni santissimo giorno, e con cui non voglio avere niente a che fare. Entro nella mia solita classe stinta di bianco, dove le ochette ricoperte da 50 strati di trucco con cui mi ritrovo in classe se ne stanno a gruppetti. Mi sentono entrare, mi guardano, e mi liquidano con una scrollatina di spalle. Senza parlare, né salutare vado al mio posto: ultima fila, angolo vicino al termo. La seconda campana suona, tutti ai loro posti, mi accorgo che il mio compagno di banco manca. Poco cambia, non parliamo mai. Entra la mia prof di matematica, la prof Bigo. Dio, se mi odia quella. Ecco, ecco, ha appena guardato nella mia direzione e sollevato lo sguardo al cielo. Non sopporta che non parli mai con gli altri. Lo dice ai miei genitori ad ogni santissimo ricevimento
«Eleonora è una brava ragazza, diligente. Ma non interagisce con la classe.»
Io non interagisco con nessuno perché non mi interessa farlo. Sono perennemente annoiata, e non faccio niente per mascherarlo. Odio fingere di interessarmi alle noiose vite di quei pochi temerari che ancora tentano di parlarmi. Eccone delle altre. Le due ragazze sedute nei banchi davanti al mio si girano in contemporanea, come se si fossero date il via. E sempre in sincrono cinguettano.
«Ehi Ele, come ti va la vita?»
Santo cielo. Io amo, adoro, venero il mio fantastico nome. E-L-E-O-N-O-R-A. Perché la gente deve continuare a storpiarlo? Prendo un respiro profondo.
«Si, veline?»
Il sorrisetto falso sui loro volti sparisce una volta per tutte. Le chiamo sempre così perché sono due amiche, una bionda e una mora, che hanno una relazione letteralmente asfissiante. Loro vivono perché l’altra sia serena: se una si muove anche l’altra lo fa, se una compra qualcosa di nuovo sicuramente lo comprerà anche l’altra. Sono terrificanti, e odiano che le chiami così.
«Volevamo sapere se sabato sera sei andata al Polo.» chiede la bionda, Giulia.
Il Polo. Abbreviazione di Polo Bianco, la discoteca più “in” tra i fighetti di Livorno. Luogo dove gente che pensa che la discoteca sia il posto più figo del mondo si riunisce per ballare, sbronzarsi e, nelle serate buone, riuscire a farsi una o due persone. Il sesso di queste persone varia in base a quanto si è ubriachi.
«No, non ci sono andata.»
«Peccato.» inizia la mora, Cristina «C’era un dj troppo figo. E tipo noi eravamo sul cubo a ballare, e non ci crederai Ele, ma mi ha palpata. Io ero troppo ubriaca per capirci, allora sono scesa dal cubo e sono andata da lui. Ci siamo strusciati un po’ e mi ha lasciato il numero. Troppo figo!»
«Wow.» non tento neanche a mascherare il mio disinteresse «E te Giulia, niente numero?»
«Tre soalfe, là in fondo. Volete anche il tè?»
Bigo all’attacco. Le veline si girano di scatto, non possono compromettersi il ruolo di cocche di tutti i professori. Invece a me non ne frega.
 «Gliene sarei molto grata prof. Con dei biscotti magari? Grazie.»
L’avesse fatta qualcun altro, la battuta, sarebbero scoppiati tutti a ridere, Bigo compresa. Però io sono io, e io odio tutti lì dentro, come tutti odiano me. Quindi il massimo che ottengo sono una ventina di sguardi offesi rivolti verso di me.
«Santi, è la prima ora, non ho intenzione di mandare nessuno dal preside. Ma prova a fare un’altra battuta del genere, e ti ci mando a calci in culo.»
Nessuno sguardo offeso verso la prof per come mi si rivolge, ovvio.
«Come vuole lei.»
Scrollo le spalle e apro il libro, chiudendo la conversazione. La lezione continua nel migliore dei modi. Peccato, adoro litigare con la Bigo, mi da adrenalina.
 
Anche due ore di scienze con un vecchietto che tutto sommato non mi sta neanche troppo antipatico, soprattutto perché mi fa pena, passano. E così arriva l’intervallo. Tutti tornano al gruppo di appartenenza. Gli asociali che fanno gruppo tra di loro se ne stanno in classe, io sono talmente asociale che non faccio gruppo neanche con loro; i pigri se ne stanno al termo proprio davanti la porta; quelli con amici in altri classi vanno da loro; i fumatori escono. Ecco, l’unico gruppo di cui faccio parte. I fumatori. Sì, i miei lo sanno. E non possono farci niente, il corpo è mio, so perfettamente a cosa vado incontro. La comune credenza che, scrivendo nei pacchetti che morirò giovane, sarò spinta a smettere è una sciocchezza, tutti sanno cosa fanno le sigarette, scriverlo in toni intimidatori neri su sfondo bianco non cambierà certo le cose. Così esco, appena scendo il primo scalino fuori dalla scuola per andare in giardino ho già tirato almeno due boccate. Sento il fumo salire e scendere per le vie respiratorie, accendendo quella sensazione di calore eccessivo tanto fastidiosa quanto piacevole. Mi avvicino alla rastrelliera per le bici, e mi siedo sulla parte di marmo, ne sento il freddo attraverso i leggings. Mi sollevo del fatto che è già Aprile, quindi la temperatura è sopportabile. Osservo un po’ di gente intorno a me, i miei compagni di scuola. Così maledettamente legati al gruppo e mentalità a cui appartengo, da sembrare ridicoli. Ridono di battute non divertenti solo perché a dirle è stato il più figo, osservano la gente degli altri gruppi, ne sparlano e poi la osservano ancora. Così fanno tutti con me. Io sono la ragazza sola, parola ben diversa dall’affascinante e tenebrosa parola “solitaria”, della rastrelliera delle bici. Io mi presto ai loro sguardi sprezzanti, o anche divertiti. Quando si fanno troppo evidenti gli alzo il dito medio, giusto per fargli capire che li odio, ma non sono cieca. Basta, mi hanno stancata. Chiudo gli occhi, in modo da isolarmi da loro fisicamente, oltre che spiritualmente. Ho quasi raggiunto il mio nirvana spirituale, quando mi appoggio la sigaretta alle labbra, ma inspirando non sento il calore del fumo nella gola, sento la gelida brezza primaverile. Apro gli occhi e davanti a me vedo una ragazza con in mano la mia sigaretta, è mora, con un pastone arancione di fondotinta, che forma un forte contrasto con il bianco del suo collo, e una linea di eyeliner che svirgola verso l’infinito e oltre.
«Sai che fumare fa venire il cancro, stronza sfigata?»
Mi alzo, è più bassa di me di una spanna, mi faccio avanti facendole notare la differenza. Al mio passo 3 seguaci si avvicinano con fare minaccioso.
«Beh, tutti quelli qui fuori fumano. Anzi, giurerei di averti vista fare un tiro due minuti fa.» dico con fare pacato, ma senza arretrare.
«Si,ma gli altri non sono sfigati come te.»
«Se sono sfigata quanto dici, perché ti importa se prendo il cancro?»
«A me non frega un cazzo quello che fai tu, ma mi dai fastidio con la tua presenza.»
E butta a terra la sigaretta. Una sigaretta mi costa 20 centesimi, non mi va di buttarli nel cesso, mi chino per raccoglierla e quando la mia mano destra è sulla sigaretta la punta della scarpa della mora me la schiaccia a terra. Quindi, sigaretta spenta e mano schiacciata. Mi alzo, è li che mi guarda con un sorrisetto di sfida. La destra farà male, ma la sinistra no. Le tiro una sberla a manrovescio, che non la fa roteare su sé stessa, ma poco ci manca. Le sue amiche le si fanno intorno come  delle crocerossine. Io senza dire niente salgo i scalini e mi dirigo verso la presidenza.
 
Entro in presidenza con calma. Quando entro sento un equilibrio estremamente fragile attorno a me. Mi sembra di entrare in una stanza interamente fatta in cristallo, appoggio delicatamente i piedi per evitare di spezzare quest’equilibrio. Il preside è alla scrivania, troppo assorto nelle sue cose per accorgersi della ragazza di quarta palliduccia, biondo platino tinta che cammina in modo strano. Faccio un colpo di tosse sforzato. Alza lo sguardo su di me e sorride.
«Buongiorno. Sono qui per dirle che ho appena tirato una sberla epica a una ragazza che mi ha schiacciato la mano e spento la sigaretta.» dico tutto d’un fiato a con tono estremamente annoiata. Arriccio un po’ la bocca, in attesa della sfuriata.
«Conosci la ragazza?»
«E’ la tipa con l’eyeliner chilometrico.»
Soffoca a malapena una risata. «Questo non aiuta molto.»
«No.»
«Ma sarebbe ingiusto punire te senza punire lei. Non credi?»
«Se lo dice lei.»
«Bene, puoi andare in classe. Ma se succede di nuovo, temo che sarei costretto a punirti in ogni caso.»
«Come vuole. Arrivederci.»
Me ne vado, sempre stando attenta al fragile equilibrio regnante. Tornando in classe incrocio la ragazza con l’eyeliner. Ci guardiamo. Lei mi fa il segno di tagliare la gola. Io le faccio il medio.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: C h i a r a