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Autore: Ginny    19/07/2007    8 recensioni
Questa è la mia 1° fic di TMM, spero che piaccia almeno un po' ^^ "C'è una nuova mew mew in circolazione. E quindi c'è una nuova vittima di Kisshu. Sarà una lotta continua, fra parole pungenti e racconti d'amore." [L'introduzione fa schifo, lo ammetto, ma la storia è migliore...]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ginevra è la 6° Mew Mew del gruppo. Media altezza, capelli ramati, occhi molto simili al colore dell’ambra e con i geni del ghepardo delle savane. Nonché nuova preda delle persecuzioni di Kisshu. Riuscirà ella a resistere all’infinito potere seducente dell’apatico alieno? E se no, che farà alla nuova scoperta?! XDD
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La storia del cavaliere dagl’occhi d’ambra”
Tutto potrebbe essere cominciato in un caldissimo giorno di primavera, come potrebbe essere cominciato in un freddissimo giorno di fine autunno.
Le scuole sono sempre uguali. E noiose.
Però… in quelle poche settimane imprecisate nel tempo, successero miriadi di cose.   

 
"CHE COSA?!?! U-un racconto?! E chi ci riesce?!"
La ragazza dai fulvi capelli che sedeva in terza fila nell’aula A del suo anno scattò in piedi senza volerlo.
"Ha qualcosa da obbiettare, signorina Hansen?" La rimproverò la professoressa.
La ragazza si fissò intorno, mentre i suoi compagni sghignazzavano sotto i baffi. Si risedette al proprio posto con compostezza.
"M-mi scusi professoressa. Non ho fatto apposta."
"Bene. Come stavo dicendo prima che la vostra compagna mi interrompesse, le selezioni dei racconti più belli saranno fatte fra 15 giorni. La premiazione si svolgerà il 20° giorno da oggi. Datevi da fare, e buona fortuna." La frase finì, e la campanella suonò. Precisa come sempre…
I ragazzi, cartelle già preparate da dieci minuti buoni, uscirono dalle aule rivoltandosi nei corridoi. Gli aspettava un pomeriggio pesante e borioso di fronte.
La povera ragazzina rossa [Capelli rossi, e imbarazzata al contempo] si lanciò verso la porta dall’aula di corsa, ma un richiamo la fece immobilizzare.
"Signorina Hansen. Può trattenersi per qualche minuto? Le vorrei parlare."
La voce profonda della professoressa la fece tremare. Fece marcia indietro e arrivò camminando di fronte alla cattedra.
"Perché ha fatto quell’urlo sovrumano quando ha saputo dei racconti?"
La signora sorrise curiosa. La ragazza si portò una mano dietro la testa ridendo forzatamente.
"Beh, non me lo aspettavo, ecco. Tutto così all’improvviso…"
"Ma lei se la cava benissimo nei temi, e non ha brutti voti nella mia materia. Perché è tanto preoccupata? Non sa su che scrivere?"
La ragazza calmò l’imbarazzo. Perse la sua solita postura perfetta, e prese una sedia.
"Beh, anche… In più in questo periodo ho tantissimo per la testa che non so proprio se troverò il tempo per scrivere. Non ho proprio idea di cosa ne uscirà." Disse sincera. Nei limiti del possibile, ovviamente. 
"Non si preoccupi. Scommetto che anche questa volta riuscirà ad esprimere bene i suoi sentimenti."
"S-sentimenti?" La rossa avvampò.
"Si. Se una ragazza come lei è tanto impegnata c’è sempre sotto un pizzico di cotta adolescenziale. E quindi la storia viene su da sé!" La professoressa sorrise docile.
"C-cotta adolescenziale? Ma no. Non è così." la ragazza prese la colorazione di un pomodoro, di nuovo.
"Non se ne deve vergognare, è successo a tutti! Ora vada, le sue amiche la staranno aspettando!"
"O-ok…" Rimise a posto la seggiola e, con la cartella sulle spalle, corse giù per le scale, scivolando agile giù per i corrimano alla velocità della luce. Atterrò al piano terra in pochi secondi, raggiungendo la sua migliore amica.
"Eccomi qui, Paddy. Andiamo?"
La biondina, forse capace di agitarsi al pari della rossa, le sorrise e insieme si diressero verso le rispettive case. Stessa strada a due abitazioni di distanza.
"Senti, Gin-chan… che voleva la prof?" Chiese l'amica.
La ragazza interpellata sorrise.
"Niente, era preoccupata per il mio urlo sovrumano durante la lezione."
La bionda fece fatica a trattenere le risate. Anche lei aveva qualcosa di sovrumano. A parte i poteri da mew mew, ovviamente.
"A proposito della lezione, tu che scriverai nella storia? La farai romantica o d’azione? Giorni nostri, antichità o futuro? Nyah, forza, dimmelo!" Ok, Paddy era andata fuori di senno.
La rossa la fissò di sbieco:
"Penso che tu la scriverai su un ragazzino di nostra conoscenza con le codine e le orecchie lunghe e a punta..." Ghignò, cominciando a correre per il marciapiede, al sicuro dalla furia omicida della bambinetta bionda.
"Come ti permetti, razza di ghepardo a pois che non sei altro?! E scommetto che tu lo scriverai su un altro ragazzo misterioso che compare dal nulla e dà baci proibiti, no?!"
Vene pulsarono nel collo di Ginevra. Si bloccò di colpo, e fece sbiancare Paddy con solo lo sguardo:
"Ripetilo se ne hai il coraggio, scimmia dei miei calzini!"
"Felino della malora!"
"Ti farò a fettine se ti prendooooo!"
"Ma dato che non ci riuscirai, non finirò a spezzatino!"
"Lo vedremo!"
Iniziarono a rincorrersi a vicenda, facendo a turni, e scambiandosi insulti che solo due carissime amiche sapevano regalare l’una all’altra.
Così facendo arrivarono a casa in un batti baleno, ma Paddy riuscì a sfuggire dalle grinfie di Ginny, solo aprendo e richiudendo la porta di casa prima di fare entrare il felino impazzito.
"HAI VINTO TU!! MA LA PROSSIMA VOLTA NON LA PASSERAI LISCIA, TARTINA!"
La biondina sentì tutto forte e chiaro. E percepì il significato nascosto nella parola “tartina”. E si inalberò come solo una scimmia leonina sa fare.
"DANNATA, TI FACCIO...vedere io…"
La porta spalancata non rivelò la presenza di nessuno. La rossa era già scappata a casa a nascondersi. Paddy sorrise serena. Bisticciare con lei era il suo passatempo preferito, da quando l'aveva conosciuta.
Tutto quel rincorrersi, urlare e ridere era il solo modo per rallegrarsi, con quei dannati problemi che ogni giorno si ingrandivano sulle loro spalle.
Mew mew o non Mew mew, la vita era loro.
 
* * *
 
La rossa entrò in casa ridendo e salutando i genitori. Salì le scale con qualche balzo e fece ingresso nella sua tana -o camera da letto, che dir si voglia. Buttò la cartella a terra, non preoccupandosi dei libri al suo interno, e si sedette su letto con grazia inesistente.
"Ginny, scendi subito che è ora di pranzo." La madre la chiamò.
"Sì, sì… arrivo subito." E lei rispose.
“Allora. La prof ha detto che nel racconto devo mettere i sentimenti …” Arrossì mentre scendeva le scale di moquette. “Sentimenti…”
L’immagine di un alieno conosciuto le apparve in mente. Occhi ambrati. Capelli smeraldini.
Scosse la testa per togliersi dalla mente la fotografia che aveva occupato i suoi incubi per mesi. In realtà, solo lei continuava a chiamarli incubi.
"Kisshu…" Si ritrovò a sussurrare, accorgendosi immediatamente di quello che aveva fatto. Arrossì di nuovo.
"Hai detto qualcosa, tesoro?" Si sporse il padre dalla porta della cucina. La vide soprappensiero. "C’è qualcosa che non va?"
Ginevra si riscosse dai suoi pensieri e notò il padre. –Eh? No, no. Non è successo niente!"
Gli sguardi incuriositi dei genitori non la lasciarono in pace per tutto il pranzo.
"Ma che c’è?!"
"Sei strana oggi. E tanto sappiamo che non ce la racconterai giusta se non ti pressiamo. Quindi, eccoci qui!" La madre di Ginevra sapeva come trattare con la figlia.
"Eddai, ma cosa vi interessa? Sono stressata."
"Sei stressata e…?"
"e…? Perché ci dovrebbe essere un “e…” ?"
"Dalla tua faccia si capisce che c'è. Eccome se c'è."
"D-dalla mia faccia non si capisce proprio nulla!" Ginevra si alzò imbarazzata, per poi dirigersi in camera sua. "E anche volendo, sono affari miei. Grazie per la comprensione!"
E lo sbattere forte della porta concluse il breve discorso.
"Accidenti. Che nervi." Si lamentò, chiudendosi dentro a chiave.
Si lasciò scivolare a terra, strisciando la testa sul legno della porta.
"Problemi con mamma e papà?"
Una voce la riscosse dal silenzio. Sussultò. Si girò lentamente, sapendo già chi fosse la sorgente di quelle parole.
Un movimento a rilento. Non con paura, ma neanche con piena calma.
"K-Kisshu?"
Là, sulla finestra, stava infatti lui. Con i capelli scintillanti al sole, e la pelle candida che non lo avrebbe mai abbandonato. Il suo sguardo era spento, come non aveva mai avuto.
"C-Che ci fai qui?" Chiese Ginevra, facendo un passo verso di lui, senza volere. Ogni volta che se lo ritrovava in camera la domanda era sempre la stessa: avrebbe dovuto cambiare decisamente approccio.
Lui spostò i suoi occhi color ambra sulla ragazza, e un mezzo sorriso gli apparve sulle labbra.
"Non posso venire a trovare la mia gattina preferita?"
"Non dovresti." Rispose lei, semplicemente.
Kisshu la fissò stupito di non essere accolto dalle solite urla.
"Se ti scoprono i tuoi amichetti avrai problemi, no?" Si affrettò a spiegare la rossa, distogliendo lo sguardo con imbarazzo. "E comunque, anche per me non faciliti la situazione! Lo sai che i miei genitori sono in casa!"
Sul volto di lui si formò un altro sorriso, questa volta più accentuato.
"Forza, Kisshu. Vattene! Io… devo fare i compiti e non ho tempo di discutere con te! Lasciami in pace... almeno per 20 giorni!" Esclamò con enfasi la ragazza, cercando di costringere l’alieno ad andarsene.
Kisshu le si avvicinò pericolosamente. Le prese il viso tra le mani come era suo solito. E rise, osservando con divertimento la reazione imbarazzata di Ginny.
"E va bene. Faticherò a non venirti a trovare per 20 giorni, ma resisterò."
Le stampò un bacetto sulla punta del naso e si dileguò nel nulla. Come sempre.
Ginevra sospirò profondamente. Non riuscì neanche ad arrabbiarsi.
"Dannazione, ora non riuscirò a togliermi il suo volto dalla testa per i prossimi 10 anni!" Fu più un sussurro che altro, ma il risultato di quel fugace pensiero fu drastico. Si buttò sul letto a pancia in giù, conficco la faccia nel cuscino e cominciò a compatirsi per tutte le sciocchezze che stava facendo in quel periodo.
Quel dannato periodo in cui tutto le andava storto, e in cui tutto sembrava troppo complicato per poterne venire a capo. Come quei diabolici problemi matematici a cui non riesci a dare risposta.
Lei odiava la matematica, tutta x e y, numeri nascosti, numeri dappertutto!
"Ginny cara, tutto a posto ora?" La voce di sua madre la fece tornare in sé.
"Sì,sì." Fu l’unica risposta che le diede. Dunque per non pensare troppo, decise di mettersi al lavoro sui compiti, prima di andare al cafè.
Fece cadere la scelta su geometria, e così si sarebbe tolta il peso di cubi, coni e cilindri dalla testa.
Poi passò a giapponese antico, per finire con una piccola scheda di scienze sociali. Poteva dire che quei giorni erano i più pesanti della settimana.
Quando finalmente rispose all’ultima della serie di domande, ripose tutto in cartella.
Ora la scrivania era praticamente sgombra. Vi erano solo un FOGLIO e una BIRO. Pronti per l'inizio della storia. Si, ma quale storia?
Se doveva ancora scegliere su cosa scrivere, come diavolo faceva a farne una bozza?
Il cellulare suonò sulle note di “Shooting Star”. Ginevra fissò un attimo lo schermo dove lampeggiò il nome RYAN per qualche secondo.
"Pronto, Ryan?" Rispose, schiacciando il tasto verde.
"Ginny, ma hai visto che ore sono? Dove ti sei cacciata?" Le urlò nelle orecchie, costringendola ad allontanarsi il cellulare dai timpani. Fissò distrattamente la sveglia sul suo comodino.
5:30…5:30?!?!
"ODDIO, Ryan, arrivo subito! Scusami! Scusami! Scusami! Sto arrivando!"
Schiacciò il tasto OFF e, alla velocità della luce, aprì la porta della camera, scese le scale cercando di non scivolare ed uscì.
Corse per un chilometro intero per prendere la metropolitana, cercando di fare il più presto possibile, anche se sapeva già di non potersi risparmiare la ramanzina di Ryan.
Arrivò al café poco prima delle 18 e, con una lunga circonduzione a C arrivò all’entrata secondaria che dava sul retro.
Entrò, corse nello spogliatoio e indossò la divisa. In meno di 30 secondi si trovava sull’attenti davanti alla cucina.
"Finalmente, Ginny!"
"Ryan!"
I due ragazzi si scambiarono un intenso sguardo penetrante.
"Lo sai che non ti pago per arrivare in ritardo." Disse il biondo.
"TU NON MI PAGHI PROPRIO!" Rispose la rossa, irritata. "E comunque ho dovuto fare i compiti!"
"La sopravvivenza della terra ha la precedenza sui tuoi compiti!"
"Non sapevo che lavorare in un café aiutasse a salvare il mondo!" Detto questo Ginevra se ne andò dalle sue amiche, non prima di aver regalato una linguaccia al capo.
Passò un pomeriggio intero a servire e a pulire, senza neanche un minuto di riposo. Perché la gente sembrava andare solo in quel café?
Quando finalmente le 7 suonarono nel pendolo del salone, le porte furono chiuse, e le 6 cameriere si ritirarono nel laboratorio di ricerca.
Kyle le attendeva con una espressione preoccupata.
"Gin, tutto ok?" Chiese l’uomo.
La rossa si sorprese."Sì, certo. Perché?"
Gli occhi scuri del moretto la guardarono con preoccupazione.
"Perché oggi ho notato che, mentre eri a casa tua, un alieno ti ha fatto visita. Tutto a posto?"
"C-certo! Kisshu se ne è andato subito…" Rispose Ginny, limitandosi ad alzare le spalle.
Non ricevette risposta, ma sentì lo sguardo di Kyle su di sé per tutto il discorso di Ryan.
"…e quindi dovete stare attente. Soprattutto tu Ginny, dato che hai un alieno alle calcagna."
"Oh, insomma! Ancora con ’sta storia? Possibile che nessuno si fidi più di me?" Replicò la diretta interessata, dando loro le spalle e dirigendosi verso lo spogliatoio.
 
* * *
 
A casa Hansen, poche ore dopo, il silenzio regnava sovrano.
La figlia, tornata da lavoro, stava chiusa nella sua camera con le note di Hero’s Come Back nelle orecchie e una biro in mano. Ma che non scriveva ancora.
Allora… Sentimenti: Odio, Amore, Amicizia...” Pensieri alla rinfusa occupavano la stanca materia grigia che permetteva ancora alla povera ragazza di pensare.
Cominciò a scrivere tutti i tipi di sentimenti che le venivano in mente. “Paura, rabbia...
Note spente si espandevano soffocate nel silenzio, attraverso quelle piccole cuffiette che sopportavano il volume al massimo del rock di Naruto.
Gelosia, ansia...”
"Oh, dannazione. È più complicato del previsto!" Si lamentò Ginevra, ficcandosi la biro in bocca e stirandosi sullo schienale della sedia.
Lo stomaco cominciò a brontolare. E quella sera i suoi genitori erano fuori.
Quindi, quello voleva dire che LA CASA ERA VUOTA!
Scese di corsa le scale, fiondandosi in cucina.
Il frigorifero fu a sua disposizione per tutta la sera, tra chili di gelato e marmellate varie. Finalmente aveva un momento da dedicare ai dolci. Cosa che sua madre le impediva di fare, dicendo che sarebbe potuta diventare una botte. Dettagli…
E poi, era sotto stress! Poteva permettersi delle piccole debolezze, no?
Si buttò sul divano della sala con pesantezza e si lasciò cullare dalla stanchezza. Le palpebre pesanti, i muscoli intorpiditi, la mente vuota.
Sintomi di un SONNO-POCO-SFRUTTATO, come le piaceva chiamare la pigrizia.
Le luci accese la accecavano a tal punto che dovette ALZARSI per andare a spegnerle. Sforzo ultraterreno quale POSARE I PIEDI A TERRA, DARSI UNA PICCOLA SPINTA PER SPOSTARE IL PESO SUGLI ARTI INFERIORI, e ultimo e più pesante di tutti CAMMINARE.
Appena il buio fu perenne, Ginevra ritornò sul divano per riposare. Eppure, ogni volta che chiudeva gli occhi le appariva il fotogramma di profondi occhi ambrati, dall’ombra malefica e dolce allo stesso tempo. Che demente che si sentiva… o semplicemente lo era.
 
 
* * *
 
Passò una settimana. I pensieri della ragazza si stavano pian piano riordinando uno dopo l’altro, e parole cominciavano ad uscire dalla sua penna.
Frasi da mettere a posto, si, ma pur sempre frasi con senso compiuto.
A volte si sedeva più comoda e si grattava la testa con il cappuccio della biro, cercando un po’ di ispirazione, che puntualmente non arrivava.
Cominciò a farsi domande, e a pensare a quello che realmente una persona provava. Pensò alla situazione delle persone che conosceva e alla natura che intorno a lei fluente ondeggiava al vento.
"No, no. Qui non va bene. E poi guarda qui…" Si lamentava, rileggendo un po’ quelle frasi. Non riusciva a trovare i termini più appropriati per l’atmosfera che voleva formare.
Gli attacchi dei chimeri interrompevano sempre le sue riflessioni. E da lì diventava isterica forte, per colpa di Pai e Tart.
"Dannati alieni!" Urlava sempre, appena avevano sconfitto il chimero, e i due extraterrestri scappavano con la coda tra le gambe. Non sopportava le persone che la interrompevano per niente.
Sospirava, e si dirigeva verso casa con il morale sotto i piedi. E le compagne Mew Mew non capivano lo stralunato motivo.
"Senti Gin," la chiamò Paddy, una volta. "come ti va la storia per il concorso? Io l’ho quasi finita, e devo dire che mi è venuta bene." 
Ginevra sorrise stanca. –Bhe, devo dire che la mia sta crescendo pian piano. Non so proprio se sarà bella, però ci sto mettendo anima e corpo!" Fece una piccola pausa e poi riprese." Di che parla la tua storia?"
La biondina guardò l’amica con sguardo di sfida. –Sai com’è… non te lo dirò mai!"
Ginny rispose allo sguardo con altrettanta decisione. "Bene."
Strawberry, Lory, Mina e Pam le guardavano discutere con sguardo da: "Non cambieranno mai".
Si dirigevano verso casa senza degnarsi di guardare l’altra, e poi si salutavano, semplicemente.
 
* * *
"Allora, come va con la storia?" Chiese la professoressa alla propria classe, allo scoccare del 13° giorno di lavoro. Le risposte furono vaghe e confuse, tra i “Bhe…più o meno…” e i “Potrebbe andare… però…”.
"Non vi preoccupate, avete ancora due giorni per finire! E secondo me possono essere molto utili, per ultimare il lavoro." Disse con un sorriso, guardando verso Ginevra, che non era molto attenta in quel momento. Fissava fuori dalla finestra le nuvole scure e il cielo plumbeo. Sospirava, e poi tornava a scarabocchiare su un foglio di carta.
"Signorina Hansen…"
Niente la smuoveva dalla sua posizione tra le nuvole.
"Signorina Hansen…"
Continuava a fissare il cielo, e a sospirare.
"Signorina HANSEN!"
Ed eccola rizzare in piedi, sull’attenti, e fissare la professoressa con sguardo pentito. –S…si, professoressa?" Sorrideva forzata, e si grattava la testa con imbarazzo.
"Non ha fatto niente per il suo problema amoroso?"
La ragazza avvampò, abbassando il viso alle risate dei compagni.
Fissò il foglio in cui stava scarabocchiando distrattamente, scoprendo un ghigno TROPPO conosciuto disegnato a penna.
Afferrò il foglio e lo appallottolò buttandolo in cartella, e sedendosi di nuovo al suo posto, con una specie di magone ad impedirle di respirare regolarmente.
Sta diventando un’ossessione! E per di più non lo vedo da un bel pezzo!” Pensò, mentre a passo spedito si dirigeva verso casa, dopo le lezioni. Paddy la fissava preoccupata, ma non aveva il coraggio di chiederle niente. Poteva diventare assai burrascosa in tali occasioni, la piccola rossa.
"Senti…" Provò ad incominciare un discorso, la biondina. "…che intendeva la prof con quella frase? Non ha fatto niente per il suo problema amoroso…"
Ginevra la ascoltò distrattamente, persa come era nell’osservare le nuvole.
"Niente di speciale…" Rispose poi, mentre una goccia di pioggia le cadeva sul naso. Lo stesso naso che era stato sfiorato dalle labbra di Ki…
"OH, BASTA DANNAZIONE!" Urlò, asciugandosi il naso con fin troppo ardore, rendendosi conto solo poco dopo che Paddy la fissava come fosse paranoica.
Presto la pioggia cominciò a cadere fitta e burrascosa, non permettendo alle due povere ragazze di tornare a casa salve e asciutte. Infatti, appena Ginny mise piede attraverso la porta, uno starnuto la prese di sorpresa. E il silenzio regnava sovrano.
I suoi genitori? Uno era partito per un viaggio di lavoro, l'altra sarebbe stata fuori tutto il giorno.
Avere la casa vuota a volte portava tristezza. E in più le permetteva di pensare di più.
E QUESTO NON ANDAVA BENE!!!
Con estrema calma salì le scale e fece goal nella porta della sua camera con la cartella fradicia. Poi si diresse in bagno.
Cercò per 5 minuti uno stupido asciugamano che non voleva saltar fuori, e poi scese di nuovo in cucina.
"Che cosa si mangia oggi?" Chiese retoricamente a se stessa, aprendo il frigorifero.
 
* * *
 
"DANNAZIONE, DANNAZIONE, DANNAZIONE!!! "
Un grido squarciò il cielo sereno del 14° giorno.
Un grido familiare.
Forse un po’ TROPPO familiare.
"MA PERCHÈ?!"
Di nuovo.
Ormai le persone del quartiere si erano abituate a quegli sbalzi di umore terribili che Ginevra aveva ogni tanto.
"NOOOOOOOO!!!"
Appunto.
La rossa si disperò, china sulla cartella ormai asciutta dalla piovuta del giorno prima. Non tutto però si era salvato.
Nelle mani teneva dei fogli flaccidi, con scritte disciolte ed incomprensibili.
"MA PERCHÈ?!"
Quella ERA la sua storia. ERA la produzione che il giorno dopo avrebbe dovuto consegnare in classe alla sua professoressa. E non lo sarebbe diventata mai più.
"Perché sono tanto sfigata?!"
Lasciò cadere i “fogli” a terra, dove sbatté la testa un paio di volte per flagellarsi.
"Ma che fai? Sparisco per qualche settimana e tu già ti disperi?" Una voce profonda ed amichevole la risvegliò dal compatimento personale.
Alzò lo sguardo e si ritrovò faccia a faccia con niente po' po' di meno che un alieno dai capelli verdi, e gli occhi ambrati.
"Dannazione, Kisshu! Sono in crisi adolescenziale! Prenderò la prima insufficienza della mia vita!" Si lamentò Ginny, sbatacchiando la testa per commiserarsi.
L’alieno la fissò con sguardo divertito e sorridente:
"Wow, che ottimista! Eddai, si potrà rimediare, no? E’ solo uno stupido compito!"
"Un stupido compito che mi renderà la vita un inferno, precisiamo! Mi sono data da fare per 2 settimane scrivendo questa diavolo di storia e ora tutto è stato vano!" Esclamò con rabbia la rossa, alzandosi in piedi e buttandosi a sedere sul letto. "Sono morta." E per di più starnutì.
Ci fu un minuto di silenzio, in cui Kisshu fissò la sua micetta seduto sulla sedia della scrivania, e lei guardava il pavimento impotente.
"Che stavi scrivendo?" Chiese l’alieno.
Ginny alzò lo sguardo ricordandosi che Kisshu era lì con lei. Sospirò:
"Storia romantica. Due ragazzi che si incontrano e c’è il colpo di fulmine."
Gli occhi dell’alieno la squadrarono da capo a piedi.
"Tu? Una storia romantica? Chissà cosa ne era venuto fuori!" Rise, prendendola per i fondelli.
"Ehi! Io ci avevo messo anima e corpo in quella storia!"
"Beh, e perché non sei già in fibrillazione per scriverne un’altra? Diventerà più corta, ma sarà pur sempre una storia, no?"
Gli occhi della ragazza si illuminarono. In effetti quell’alieno non aveva del tutto torto!
"HAI RAGIONE! Diavolo, ho già perso 20 minuti del tempo rimanente!"
Si alzò di scatto dal letto, e corse nella sua libreria per trovare dei fogli bianchi.
"Beh, allora io ti lascio alla tua storia. Ma ricorda, mancano 6 giorni alla scadenza del nostro contratto!" E detto questo sparì, salutando la ragazza con un gesto della mano.
"Si, ciao!" Gli sorrise lei e si immerse di nuovo nella sua scrittura.
E sapeva GIÁ cosa avrebbe scritto quella volta. E avrebbe stupito tutti, ne era certa.
 
* * *
 
La mattina dopo, tutti i ragazzi erano in ansia. Continuavano a rileggere i propri scritti cercando errori su errori, per correggerle.
Ginevra camminava a testa alta verso la sua classe, sicura che tutto ciò che sarebbe successo a lei sarebbe andato bene così. Aveva pure saltato il lavoro per quello stupido compito, e ora doveva sorbirsi pure le sgridate di Ryan e di Mina!
"Ehi, Gin! Quanto l’hai fatta lunga la storia? Io 5 pagine! È una roba stratosferica!" Le disse Paddy, appena la incontrò.
La rossa sorrise:
"Io 2 facciate."
E tutta la classe si fermò a fissarla. Molti sguardi dicevano “SOLO DUE FACCIATE?” e pochi altri “DUE FACCIATE? COME HA FATTO?”. Ma naturalmente i secondi erano gli zucconi della classe, che non sapevano fare neanche 2 + 2!
"Si, due semplici facciate. Però estremamente... compatte, diciamo." Spiegò la rossa, sventolando la semplice paginetta di scritto davanti agli occhi dei compagni. "... e in più ora ci vedo più chiaro in tutta la mia vita."
Paddy la guardò stranita, poi però fu costretta a sedersi perché la professoressa entrò in aula.
"Bene ragazzi miei. Oggi è scaduto il termine delle consegne, quindi preparate i vostri lavori." Si avviò per la classe facendo a zigzag fra i banchi, ritirando le varie storie. Passò di fronte a Ginevra, che gli porse il suo testo sorridendo. "La ringrazio." Le sussurrò piano.
Ricevette in risposta uno sguardo compiaciuto, che svanì subito mentre ritornava alla cattedra.
"Bene bene. Da ora alla premiazione io e gli altri professori esamineremo i vostri compiti, e decideremo quale, tra tutti quelli degli alunni di questa scuola, è il più bello e ben scritto in assoluto. Spero di leggere dei buoni lavori. E desidererei proprio che vincesse uno di voi! Ma ora passiamo alla lezione." Concluse il discorso la professoressa, che subito dopo cominciò con l’argomento trattato la lezione precedente.
 
* * *
 
"Sono in ansia! A quest’ora avranno già letto i nostri lavori?" Si lamentava continuamente Paddy nei giorni successivi. Ginny sorrideva solo, e con lo sguardo perso nel cielo limpido continuava a camminare verso casa.
"Devo dirti che... pensavo proprio che mai avrei ammesso ciò che provavo veramente dentro. Eppure l’ho fatto." Esclamò la rossa, continuando a tenere lo sguardo alto.
"Cosa? Che intendi?" Le chiese l’amica bionda. La ragazza continuò a sorridere incessantemente, ma rimanendo silenziosa.
"Forse capirai, prima o poi..."
"EDDAI! Voglio saperlo adesso!"
"No. Al massimo ti farò leggere la mia storia!"
"Non ho voglia di leggere! E si fa prima se me lo dici a voce!"
"No, mi dispiace. Non dirò niente fino alla premiazione!"
"Ma... ma..."
Paddy non si smentiva mai. Era sempre pronta a ribattere qualcosa! Sia pure la più stupida o la più intelligente del mondo.
Ginevra le regalò un sorriso radioso, e la lasciò zittita sulla porta di casa, camminando verso la sua abitazione con la calma più assoluta.
"Ehi piccola, perché sei tanto felice?" La voce di Kisshu interruppe i suoi pensieri.
"Kisshu! Ehi, come ti va la vita?" Chiese allegra. Ormai i loro battibecchi sembravano essersi appianati del tutto. O almeno non sarebbero ricominciati fino al giorno della premiazione. Però l’alieno non riusciva proprio a capire per quale motivo la ragazza non ce l’avesse più con lui.
"Triste! Sono stato per tutto questo tempo senza vederti!" si lamentò lui, facendo il tragico.
"Ma piantala. Sei venuto 5 giorni fa a rompermi le scatole!" Lo zittì lei, con un sorrisetto strano. Non era facile descrivere quell’insolita onda che le incurvava le labbra, nonostante fosse un semplice sorriso.
"Così mi offendi!" Esclamò lui, mettendo un finto broncio. Le svolazzò accanto fino a quando non raggiunsero assieme casa sua.
"Bene, Kisshu. Ti saluto. Bye!" Lo congedò con un sorriso, mentre si chiudeva la porta alle spalle. Appena l’uscio di legno ebbe sbattuto, si ritrovò a scivolare a terra. 
"DANNAZIONE! Lo so che è un mio nemico, ma..."
 
* * *
 
Sera. Aula magna. Luci spente. Ventesimo giorno.
Premiazione
"Benvenuti, studenti." Cominciò il suo discorso il preside. –Come sapete sono state scritte più di 100 storie da voi studenti e solo una poteva vincere questo concorso, quindi ringrazio tutti quelli che si sono dati da fare, e chiedo di non prendersela se non verranno premiati." Fece una pausa e poi continuò. "Questo tipo di concorso è sempre stato fatto ogni 5 anni in questa scuola, e mai si è visto un vincitore così giovane. Devo ammettere che mi sento... impreparato davanti a parole tanto profonde e vere espresse da una giovane ragazza di quell’età. In poche frasi ha fatto riflettere me e i professori che leggevamo gli scritti."
Il silenzio era più profondo del previsto, che il preside si sentì per un attimo in imbarazzo.
"Ora... leggeremo la storia del vincitore, senza però dire chi sia. Poi premieremo."
Si alzò, dai posti retrostanti il preside, una giovane donna, dai capelli viola e gli occhi scuri.
"Abbiamo chiesto la gentile presenza a una nostra vecchia allieva. Pam Fujiwara."
Ci fu un applauso caloroso, e poi subito il silenzio si formò nell’anfiteatro.
La ragazza si avvicinò al preside sorridendo.
"Sono felice di essere qui. Un po’ perché questa scuola mi mancava, in più qua ci sono delle mie grandi amiche che studiano e quindi non volevo fare loro uno sgarbo." Pam fece una pausa sorridendo di nuovo. "Come vi ha già spiegato il vostro preside, ora vi leggerò la storia vincitrice del concorso. Mi aspetto che voi capiate la profondità di questi pensieri nonostante siano forse argomenti ancora estranei per voi." Concluse, e alzò un foglio per leggere meglio. Si schiarì la voce e cominciò a leggere.

 
“Occhi D’ambra”
Questa è una storia di guerre, combattimenti e dolore.
 
Desiderio di uccidere e di essere uccisi.
 
Voglia di amare e di essere amati.
 
Narro ora l’incontro di ragazzi lontani, ma molto vicini. Diversi ma molto simili.
 
L’incontro di una ragazza ribelle dai fluenti capelli rossi e di un ragazzo arreso alla vita dai capelli color smeraldo.
 
Di questi giovani nemici che incontrandosi trovano il riflesso di se stessi l’una nell’altro.
 
Che passano da un “Ti sconfiggerò definitivamente” a un “Non lasciarmi mai”.
 
Pochi anni di differenza, che non hanno alcuna importanza, alcuna dissonanza.
 
Ragazzi reali riportati in testo scritto, una storia dai lineamenti fiabeschi ma che la vita vuole far vivere a due ragazzi realmente esistenti.
 
Due regni contrastanti: Nord contro Sud. Famiglia reale contro famiglia reale.
A nord, una piccola ragazza scriveva il proprio destino contro ogni regola. [Contro la propria vita]
 
A sud, un ragazzetto orfano cercava qualsiasi modo per scappare da una vita che non era la sua. [Non la sentiva come sua.]
 
"Vado in guerra." disse lei.
 
"Vado al fronte." disse lui.
 
Ognuno di loro metteva l’animo nella guerra, come fosse l’unico modo per sfogare la propria rabbia verso il mondo.
 
Un mondo putrido, che si stava annientando da solo. Pian piano.
 
Ricchezza e povertà si alternavano, invece di essere pareggiate. E la terra, arrabbiata, combatteva contro gli usurpatori stessi che l’avevano ridotta così. Arida, povera, inutile.
 
Quando si videro per la prima volta, i loro volti erano coperti da elmi resistenti. Da vera battaglia. E le armature scintillanti si sporcavano inutilmente di sangue altrui.
 
E loro continuavano a combattersi, a scontrarsi senza segni di cedimento alcuno.
 
Per la guerra e per l’orgoglio.
 
Per le famiglie reali e per i popoli sottostanti alla legge.
 
Per Lei.
 
Per Lui.
 
Per quella determinazione che li distingueva dai comuni mortali.
 
Per quella voglia di combattere.
 
Per quella forza indissolubile che li rendeva simili.
 
I loro sguardi continuavano a incrociarsi, a scontrarsi tra loro.
 
Oro nell’oro.
 
Ambra nell’ambra.
 
E nessuno se ne accorgeva mai, di quanto fossero uguali. Perché nessuno mai pensava a niente, se non a se stesso e alla propria fortuna.
 
Lo chiamarono “Attacco a Sorpresa” quell’occasione in cui, le truppe del Sud, scoprirono la vera identità del capitano delle truppe del Nord.
 
Una “ragazzina”, dissero. Eppure non riuscivano a capacitarsene.
 
Lui, da quel momento, la trattò con rispetto.
 
Lei se ne sentì onorata. Ma non si fece prendere dall’entusiasmo.
 
E i combattimenti non cessarono. Anzi, forse aumentarono pure.
 
Crebbe il numero dei caduti ogni giorno passato. E ormai la stanchezza aveva preso d’assalto chiunque combattesse quella stupida guerra.
 
"Sai che se ci scoprono siamo morti, vero?"
"Naturalmente."
"E cosa credi di fare ora?"
"Scappiamo. Abbiamo tutto il mondo da girare!"
"Ci troveranno."
"Tu credi?"
"E tu?"
Lei fissò Lui.
"Qualunque cosa farai, ti seguirò. Fosse anche la più stupida."
"Io non faccio cose stupide."
"Questo lo credi tu!"
"Ehi!"
 
Incontrarsi per loro fu vitale.
 
Clandestini della stessa nave che scappavano verso terre lontane. Straniere. Per non sottostare alla verità del mondo.
 
Loro. Nemici. Amici. Amanti.
 
Costretti a nascondere i loro sentimenti al mondo esterno. Alla Realtà.
 
Soli contro tutti. Ma non per questo scoraggiati.
 
E quindi, se avete ostacoli che vi impediscono di compiere la vostra missione, superateli, scavalcateli, fate loro capire che niente vi impedirà di arrivare al vostro traguardo.
 
Un traguardo che tutti sognano, ma che solo pochi superano [Perché loro credono abbastanza].
 
L’amore non ha confini, non ha regole. Nessuno si può permettere di dividere la luna dal sole. Di staccare le stelle dal cielo. Nessuno.
 
Se amate veramente, anche fosse solo una amicizia profonda, VOI siete i possessori della vostra vita e SOLO VOI avete il permesso di cambiarla. SOLO VOI.
 
La vita dei due ragazzi è stata dura e insidiosa e, chissà, forse pure adesso continuano a viaggiare ai confini del mondo con il loro amore illegale, ma pur sempre insieme. Due cavalieri. Due combattenti. O semplicemente una ragazza e un ragazzo con propositi puri verso il futuro. Due cavalieri che videro nel nemico un destino lieto. Che blando cadrà sui loro capi per unirli nell’amore o nell’odio, nella salute o nella malattia.
 
[Forse per sempre]
 
[O forse no]
 
Tutto sta nei loro occhi mentre si guardano. Tutto sta nella sincerità che uno sguardo può dare o ricevere.
 
Due occhi color ambra che [Forse] continueranno a specchiarsi.
 
Oro nell’oro.


 
Silenzio. Non si sentiva una mosca volare, mentre Pam ripiegava il foglio della storia.
Ginevra si guardava intorno spaesata, mentre i ragazzi continuavano a stare in silenzio.
"Io…" Sussurrò, interrompendo il silenzio. Anche Paddy, accanto a lei, era rimasta ammutolita. Il preside si alzò di nuovo dalla sua sedia, zitto.
"Come… come avete ascoltato, sembra scritto da una adulto, eppure questa ragazza ha solamente 13 anni. Nella sezione A della classe della professoressa Misaka Kishimoto."
Ci fu un sussulto generale. Tutti sapevano che quella professoressa faceva lezione a una delle prime classi. Tutti credevano che ciò fosse impossibile.
"Ragazzi, io chiedo alla scrittrice di queste parole di salire sul palco. Dovunque tu sia, esci dal buio e sali qui, Ginevra Hansen." Il preside fece il suo appello, mentre tutti i ragazzi si giravano verso l’imbarazzata ragazza dai capelli rossi.
Questa si alzò e con passo svelto ma impacciato arrivò alle scalette che davano sul palco. Fece un ultimo respiro ed entro nell’ovale dell’occhio di bue. Sorrise con imbarazzo.
"Beh, che dire…" Biascicò. "Io... l’ho scritto in un pomeriggio di riflessioni. Cioè il pomeriggio precedente al ritiro dei compiti, quando la vera storia è andata distrutta in acqua. Ho cominciato a pensare, e quando io penso è un disastro, no? Non mi aspettavo certo di vincere..." Rise, grattandosi la testa. Si sentiva il viso bollente, e sicuramente era rossa come un peperone. "Beh, a-avete domande in particolare?"
Ci fu una ragazza sicuramente più grande che alzò la mano:
"Come ti è venuta un’idea del genere? Non voglio dire che sia brutta, tutt’altro, è veramente espressa in modo eccellente. Il fatto è che è... singolare, ecco."
La rossa fece finta di pensarci un po’ su. "Beh, innanzitutto, devo dire che le esperienze personali sono le fonti della maggior parte della storia. In più alcuni pensieri li ho rubati da altre persone con cui condividevo delle idee. Poi non so, è venuto tutto fuori da solo." Spiegò sorridente.
Poi un ragazzetto urlò dal fondo sala:
"COME PUOI DIRE CHE IL MONDO STA ANDANDO IN ROVINA?!"
Lo sguardo le si scurì improvvisamente. Batté il pugno sul legno di quel porta microfono.
"Come puoi tu non accorgertene, più che altro. Tutti parlano di tecnologia, evoluzione, crescita industriale, e mai nessuno nomina la natura. La natura sta cadendo in rovina. Avete mai pensato a come i nostri antenati si siano presi cura della terra e di come noi la trattiamo ora? Provate a rispondervi. Tutto quello che ho detto lo penso veramente, e secondo me dovreste pensarlo pure voi! Ed è la pura e semplice verità!"
Nella sala calò di nuovo il silenzio.
"Dopotutto, oramai che si può fare per tornare indietro? Niente. Quindi..."
Prese il foglio della storia e si diresse verso la scaletta per scendere dal palco, quando un’enorme esplosione investì parte del soffitto della sala.
Un fastidiosissimo polverone rimase in aria impedendo ai presenti di vedere qualcosa. L’unica cosa che notarono dopo fu la scomparsa di Ginevra.
"Ma dov’è finita?! GIN! GIN!"
 
. . .
 
La rossa si ritrovò seduta sul tetto della scuola, a pochi metri dal varco aperto dall’esplosione. Affianco a lei, di spalle, stava una sagoma slanciata e dai capelli smeraldini.
"Kisshu…"
Lui non si voltò.
"Quelle parole…" Disse.
"Kisshu…" Cercò di richiamare la sua attenzione, nonostante non avesse idea di cosa dire.
"Gin…"
Finalmente si girò verso la ragazza, con sguardo quasi impassibile.
La ragazza si alzò in piedi, sistemandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio
Alzò lo sguardo lentamente, imbarazzata. Sorrise.
"In questi venti giorni, sai cosa ho notato? Che non passava un momento in cui il tuo sguardo non appariva nei miei pensieri. Che non riuscivo a non pensarti. Che non riuscivo... non riuscivo ad odiarti. Era più forte di me."
Fece una pausa distogliendo lo sguardo mentre un altro filo di vento le scompigliava i capelli sciolti.
"Tutto è iniziato da te, che non mi lasciavi in pace e io mi illudevo di volerti odiare perché così era stato scritto. Gli umani odiano gli alieni.
Eppure... Le regole non sono confermate se non ci sono le eccezioni, no?"
Kisshu non cambiò espressione in volto.
"Ti ho sempre mentito nonostante non me ne rendessi conto. Tutti quei TI ODIO erano profonde bugie, perché..."
Ginevra alzò lo sguardo titubante, facendo qualche passo verso il ragazzo.
Arrivò a meno di un metro da lui, continuando a tenere gli sguardi incrociati.
"Kisshu..." Sussurrò il suo nome prima che un fiume di lacrime le invase le guance rosse. Lo abbracciò stretto, cingendo il suo busto con le braccia, poggiando il capo sul suo petto caldo, continuando a piangere senza sosta, senza riuscire a concludere ciò che aveva iniziato.
Il ragazzo la guardò perplesso. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quella ragazza, che faceva parte della sua vita solo da pochi mesi, aveva distrutto quella maschera che si era costruito.
Kisshu alzò titubante le braccia, per poi spostarle lentamente attorno alle spalle di Ginny.
"Che piccola stupida. Io te l’ho sempre detto che non potevi fare a meno di me!" Rise l’alieno, stringendola a sé con sicurezza. La ragazza sorrise tra le sue braccia, stringendolo a sua volta.
"Sarà dura. Ma ci può essere un lieto fine, no?" Chiese Kisshu, allontanandola da sé per guardarla in viso.
"Già." Rispose Ginevra.
L’alieno si avvicinò con il viso a quello della ragazza, portando le loro labbra quasi a contatto, quando lei si scostò leggermente e gli scoccò un semplice bacetto sulla guancia.
"Peccato che il lieto fine dobbiamo ancora costruircelo..."
Disse lei sorridendo e cominciando a correre da un tetto all’altro degli edifici circostanti inseguita dall’alieno che volava.
"Sarà dura!" Gridò Kisshu, arrivando a pochi metri dalla ragazza.
"Ma ci riusciremo!" Finì la frase Ginny, staccando un balzo più alto degli altri.
 
Se tutto può iniziare in un qualsiasi giorno, allora in un qualsiasi giorno tutto può finire.
Ma nulla è ancora finito del tutto, per cui perché preoccuparsi?
   
 
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