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Autore: paolozza    01/01/2013    4 recensioni
E' stata l'ultima cosa che ho visto.
Poi, semplicemente, ho richiuso gli occhi.
Ho preferito così.
Restare al buio.
Genere: Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Continuare ad amare


Quel pomeriggio mi sono seduto vicino a te, Gaia, e ti ho preso una mano. Eri seduta proprio davanti alla finestra. Era una giornata incantevole e il sole ti splendeva sulla pelle.

Mi sono seduto, ti ho preso la mano e ho chiuso gli occhi.

Avevi il palmo freddo, ho provato a riscaldarlo facendoti delle carezze. Non ho potuto trattenere un sorriso, quando le mie dita hanno sfiorato quel calletto che ti sei fatta crescere sul mignolo a forza di mordicchiartelo.

Non appena ho chiuso gli occhi, ho sentito che c'era qualcosa di diverso. Non ti saprei dire se era qualcosa dentro di me ad essere cambiato, o se il tutto si fosse verificato all'esterno. So solo che chiudere gli occhi, lì vicino a te, è stato come starsene al buio in una camera senza finestre. C'era qualcosa di assoluto e irrimediabile, in quel nero che mi sono fatto calare davanti agli occhi abbassando le palpebre.

Ho avuto paura del buio tutta la vita. Ho dormito nel lettone con i miei fino a dodici anni; quando dovevo stare da solo, di notte, costringevo mio padre a lasciarmi la luce accesa sul comodino. Mia madre diceva sempre che era una paura che se ne sarebbe andata via col tempo, che sarei cresciuto e che, un giorno, ci saremmo fatti un casino di risate, ricordando quanto ero cagasotto. Si sbagliava.

Ho dormito con la luce accesa tutta la vita. Tu lo sai bene, dopotutto. I primi tempi ti è sembrata una cosa strana, mi hai detto che dovevo avere qualche rotella fuori posto. Le prime volte che abbiamo dormito nello stesso letto, mi hai preso in giro. Quando ti sei accorta di quanto ne fossi spaventato, non hai più toccato l'argomento. Ti sei abituata anche tu a restare con la luce accesa. E' una cosa per la quale ti sono sempre stato grato.

Ho avuto paura del buio tutta la vita, eppure quel buio che condividevamo insieme, quel pomeriggio, mi è sembrato, fin dal primo momento, rassicurante.

Sai, Gaia, mentre ero lì, con la tua mano fra le mie, mi è tornata in mente quella volta che abbiamo fatto l'amore nella cantina dei tuoi. Stavamo insieme da qualche mese, ricordi? Era una delle prime volte che venivo a cena da te. Tuo padre ti aveva mandato in cantina a prendere del vino, io ti ho fatto compagnia. Ero buio pesto lì, hai provato ad accendere la lampadina ma era saltata. Mentre tu scendevi, io sono restato sulle scale con la porta aperta, in modo che la luce del corridoio filtrasse giù. Tu ti sei messa a tastare sugli scaffali alla ricerca del Pinot che ti aveva chiesto tuo padre. E' stato facile trovarlo, visto che, proprio come ti aveva detto lui, era l'unico con l'etichetta attaccata.

Quando l'hai trovato, hai alzato lo sguardo verso di me e mi hai sorriso. Hai agitato la bottiglia e mi hai fatto segno di scendere. Io mi sono indicato il petto, come a dire "proprio io?", e il secondo dopo mi sono vergognato tantissimo di quanto fossi stato stupido a fare quel gesto. Tu sei scoppiata a ridere e hai annuito. Stavamo insieme da poco tempo ed ero terrorizzato all'idea di farti scoprire la mia paura. Allora mi sono fatto coraggio e ho cominciato a scendere le scale. A metà della discesa, ho sentito la porta richiudersi alle mie spalle: sono stato sul punto di svenire. Quando ti ho raggiunta, tu mi hai preso le mani e te le sei poggiate sulle tette. Hai rimesso la bottiglia al suo posto e ti sei abbassata. Mi hai sbottonato la patta e hai cominciato a stamparmi baci sulle mutande. "Ma i tuoi?", ho provato a dirti, proprio mentre con la bocca mi raccoglievi dentro di te, ma mi sono usciti solo dei suoni indecifrabili dalla gola.

Abbiamo fatto l'amore. Quella volta, il buio è stato sopportabile.

Sai, Gaia, la gente ha sempre bisogno di dirti qualcosa. Come fare una cosa, dove andare, chi votare, cosa mangiare. Stanno sempre tutti lì, a parlarti, a cercare di convincerti, a darti informazioni che non avevi chiesto, a rispondere a domande che non avevi fatto. Con te era diverso. Con te, qualche volta, ne valeva la pena.

Proprio quel giorno, subito dopo pranzo, ti sei messa a letto. Hai detto che ti girava la testa. Mi sono steso con te e, come al solito, ho cominciato a darti fastidio. Uno degli ultimi ricordi tattili che ho, è la pienezza del tuo seno stretto nel mio pugno. Tu hai detto che non ti andava, che non ti sentivi bene sul serio. E' stata l'unica volta, almeno per quello che ricordo, che mi hai rifiutato. L'abbiamo fatto anche con la febbre a trentotto, perfino quella volta che ti sei beccata il morbillo, però quel pomeriggio mi hai detto di no. Non eri arrabbiata, non avevi il tono di una che si fosse innervosita. Mi sei sembrata solo stanca, terribilmente stanca.

Mi sono messo a guardare la tv e ti ho lasciato dormire. Hai russato tutto il tempo. Talmente forte che mi sono perso un mucchio di battute del film che stavo vedendo.

Quando ti sei svegliata, non sembravi per niente riposata. Sei andata in cucina a farti un caffè.
Non so perché l'hai fatto. Non credo, dopotutto, ci sia una vera e propria spiegazione per quello che hai deciso.

So solo che ti ho trovata seduta di fronte alla finestra, il sole che ti bruciava la pelle. So solo che eri veramente bella.

So solo che mi sono seduto vicino a te e ti ho preso una mano.
Quel pomeriggio, proprio mentre ero immerso in quel buio così definitivo e profondo, mi è venuta voglia di guardarti per un'ultima volta. E' stato difficile riaprire gli occhi, doloroso. C'era come una forza che mi costringeva a tenerli serrati. Quando ci sono riuscito, ci ho messo un po' per rimettere a fuoco quello che avevo davanti.

La prima cosa che ho visto sono state le nostre mani unite, poggiate sulle tue gambe, le dita intrecciate. Poi sono risalito lungo la tua pancia piatta, per il tuo seno sodo, fino al tuo collo sinuoso. Eri nuda. Completamente nuda.

Poi ho visto il foro e il sangue che continuava a venire giù. La tua testa buttata all'indietro e tutto il sangue tra i tuoi capelli, in rivoli sottili dalla tua bocca aperta.
L'altra mano, quella che non stringevo fra le mie, abbandonata lungo il corpo. Il grilletto di una pistola ancora incastrato fra le dita.

E' stata l'ultima cosa che ho visto.

Poi, semplicemente, ho richiuso gli occhi.

Ho preferito così.

Restare al buio.






Aaaallora! Questa è la mia prima storia, spero vi piaccia, recensite e fatemi sapere :3

  
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