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Autore: MimiRyuugu    02/01/2013    3 recensioni
Ecco qua, dopo Ultimi Ricordi, la continuazione della saga dei Tre Uragani. Riuscirà la nostra Giulia Wyspet ad avvicinarsi di più al burbero Severus Piton?
"You are the life, to my soul, you are my purpose, you are everything."
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonsalve bimbe *-* oh, il primo aggiornamento dell'anno <3 anzi, già che ci siamo, buon anno *_* spumante e viveri li trovate direttamente al banco 3 *w* *indica* momento curiosità *-* rileggendo i vecchi intro ai cap della ff mi sono ricordata che non era mia intenzione farla diventare così lunga xD dovevano essere solo tre capitoli °_° figuratevi quando scrivo senza prefissarmi un limite che succede. Anyway in questo capitolo abbiamo la comparsa di canzoni e una storiella che, quando scrissi la ff, era appena uscita, cioè Sweeney Todd :3 le traduzioni di Poor Thing e No Place Like London le ho fatte io sul momento seguendo il testo delle canzoni, quindi chiedo venia per gli eventuali errori xD nel capitolo quindi troviamo Nothing's Gonna Harm You dalla Sweeney Todd soundtrack e L'Amore dei Sonohra (perdono, ero piccina e in fissa per questa canzone u.u).

Avvertenza: OCCtudine, diabetanza estrema (insulina direttamente nello spumante al banco 3 u.u)

Spero che il capitolo vi piaccia,
Buona lettura bimbe <3



15° Capitolo

Riaprii gli occhi d’improvviso, come fossi stata colpita da un secchio di acqua gelata. Mi alzai a sedere, ma un lampo di dolore si impadronì della mano, così fui costretta a sdraiarmi. Cerai di ricordare cosa fosse successo. La punizione. I sotterranei. Poi Piton. Mi alzai ancora di scatto. La sensazione di gelo era stata sostituita da calore. Strinsi a pugno la mano destra e sentii qualcosa tirare. Mi lamentai di dolore. “Avanti, non faccia storie…l’ho solo bendata in modo che il sangue si fermasse…” sbottò Piton. Voltai lo sguardo e lo vidi, in piedi accanto al letto, con un fazzoletto ripiegato in mano. Si sporse e me lo mise sulla fronte. Era tiepido. Un senso di sollievo mi pervase. Notai solo allora che mi trovavo sul letto del professore. “Come…come mai sono qui?” chiesi. “È svenuta davanti al mio ufficio…” rispose lui. Arrossii. “Mi…dispiace…” mi scusai, rammaricata. Piton mi guardò. Mi tirai su a sedere. “Non si deve scusare…solo vorrei sapere che cosa ci fa in giro a quest’ora…sbaglio o le avevo detto di stare in dormitorio la sera?” ribadì, acido. Abbassai lo sguardo. “Mi…mi scusi…è che…” cercai di dire. “Dunque?” chiese lui, dopo qualche minuto di silenzio. “Volevo vederla…” sussurrai, arrossendo ancora. “Non è un motivo valido…ha avuto tutto il pomeriggio…” commentò, seccato. Che si fosse offeso perché non ero andata da lui? “Io…avrei voluto venire a trovarla…” iniziai a spiegare. Piton mi guardò negli occhi. Quel confettone mi stava davvero rovinando tutto. La vista mi traballò, ma non per i capogiri. Avevo gli occhi colmi di lacrime. “Mi dispiace!” esclamai, scoppiando a piangere. Eccole. Le lacrime che mi tenevo dentro da tutto il giorno. Severus mi guardò stupito. “Avanti signorina Wyspet, si calmi! Non è il caso di piangere!” disse subito. Scossi la testa. “La Umbridge mi ha messa in punizione…mi ha trattenuto per tutto il pomeriggio…e la cena…non ho fatto colazione oggi…e non ho cenato ieri…mi ha dato appuntamento alle serre, però non è venuta e si è inventata una scusa…mentre io l’aspettavo sotto la pioggia…” raccontai, tra i singhiozzi. “Immaginavo che ci fosse di mezzo il suo zampino…” commentò Piton, guardandomi la mano fasciata. “Grazie…” dissi subito, asciugandomi le lacrime con una mano. “Come mai è stata messa in punizione?” mi chiese il professore. “Ha dato la pozione della verità a uno studente di Grifondoro e lui ha fatto il mio nome tra quelli che hanno organizzato una piccola festicciola lunedì sera…però poi sono sempre stata in dormitorio con Anna ed Hermione! Non abbiamo fatto chiasso!” spiegai. Severus scosse la testa. “E in più Josh e la sua dichiarazione mi sono costati altre frasi…” sospirai, affranta. Guardai il professore supplichevolmente. Non volevo fare la vittima, però non sopportavo più quella situazione. Severus si avvicinò e mi accarezzò la testa. “Le ho messo la solita pomata…è crollata a terra con la leggerezza simile a quella della signorina Parkinson…” commentò, quasi divertito. Io gli presi la manica della giacca. Finalmente. Quel profumo. Le sue mani. La sua voce. “È meglio che mangi qualcosa…altrimenti finirà per collassare ancora…” aggiunse. Si allontanò, tornando poco dopo con una tazza di tè ed un vassoio di biscotti al cioccolato. Sorrisi. Iniziai a mangiare con la voracità di una cavalletta. Intanto lui avvicinò la sedia al letto e si sedette vicino a me. “Quello che ha fatto l’altro giorno…” iniziò a dire. Io lo guardai in attesa di qualche predica. “Quella ragazzina del primo anno…” continuò. “Sicily?” chiesi, sobbalzando. Lui annuì. “Cosa le è successo? Qualcosa di grave? La Umbridge la ha fatto qualcosa?” dissi a raffica, preoccupata. Severus sorrise e scosse la testa. “Non è da tutti aiutare qualcuno in difficoltà…specialmente con la gerarchia degli ultimi mesi…” osservò. Io alzai le spalle. “Ho solo fatto il mio dovere…sono più grande, dovrei dare l’esempio…” spiegai, intingendo un biscotto nel tè caldo. Lui si limitò ad annuire, poi continuò ad osservarmi. Finii tutti i biscotti. Avevo una fame da lupo. Appena ebbi bevuto tutto il tè, Piton fece sparire il vassoio e la tazza. Gli sorrisi. “Mi perdona?” chiesi. Severus mi guardò dubbioso. “Per cosa dovrei perdonarla?” chiese a sua volta. “Perché non sono venuta da lei oggi e le ho disobbedito…” elencai. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. “Non dica sciocchezze…lei non ha colpe…comunque è meglio che rimanga qui finché non si riprende…poi l’accompagnerò al dormitorio…” rispose. Annuii più che felice. Avrei voluto abbracciarlo. Stringere la sua mano nella mia, come quella sera di neve. Però le neve non c’era più. Solo tuoni, lampi e pioggia. “Mi racconti una storia…” sorrisi. Piton mi guardò storto. “Le sembro un cantastorie?” esclamò, quasi divertito. Io congiunsi le mani a mo di preghiera. “Per favore! Lo faccia per questa ragazza malata!” lo pregai. “Lei non è malata…” precisò. “Allora per questa ragazza ferita!” riprovai. Severus sorrise e scosse la testa. “Non è nemmeno ferita…” mi corresse ancora. Sbuffai. “Lo faccia per questa ragazza!” dissi solo. Lui sospirò esasperato. “Vuole una storia?” mi chiese. Io annuii. “Dunque… forse ho quello che fa per lei…” esordì, guardando il fuoco. Le scintille si riflettevano nei suoi occhi scuri. Si schiarì la voce, poi accavallò con eleganza le gambe. “C’erano un barbiere e sua moglie…e lei era bellissima…” iniziò a raccontare. Mi illuminai, riconoscendo le parole iniziali. Lo guardai con curiosità, nonostante sapessi a memoria quella triste storia. “Uno stupido barbiere e sua moglie…” continuò. Io annuii. “Lei era la ragione e la sua vita…ed era così bella…così virtuosa…” proseguì. Quella voce. “Lui era così ingenuo…” sospirò, scuotendo la testa. Sorrisi. Come avrei voluto essere davvero malata, tornare ai giorni in cui avevo la febbre e farmi curare la lui. “C’era un altro uomo che aveva visto quanto lei fosse bella…un devoto avvoltoio della legge…che con un gesto dei suoi artigli tolse il barbiere dalla sua preda…” raccontò, girandosi verso il fuoco. Solo la luce del camino illuminava la stanza. Approfittai del suo spostamento per osservarlo. I capelli neri che ricadevano ai lati del viso. Le labbra increspate in un mezzo sorriso. “Dopo non c’era altro che da aspettare…e lei avrebbe ceduto…” continuò Severus. Io mi avvicinai piano per sentire quello che a me suonava come un sussurro. “Così delicata, così giovane, così persa e così bella…” proseguì, girandosi. I suoi occhi si incontrarono con i miei. Nocciola con nero. Sorrisi. “C’era un barbiere e sua moglie…e lui era bellissimo…” iniziai. Severus sorrise stupito. “Un vero artista con il rasoio…ma lo esiliarono…ed era bellissimo…” sospirai. “Barker era il suo nome…Benjamin Barker” precisai poi. “Esiliarono? Quel’era il suo crimine?” chiese complice Piton, facendomi sussultare. “Stupidità…lui aveva questa moglie, vede…” iniziai a raccontare. Severus annuì compiaciuto. “Poverina e carina…uno stupido insetto…” continuai. In effetti la moglie non è che mi stesse molto simpatica. “Lei aveva la possibilità di avere in pugno la luna…poverina! Poverina!” proseguii, sospirando. Severus mi ascoltava senza batter ciglio. “C’era il giudice…stava diventando pazzo…le mandava tutti i giorni dei fiori…ma lei non scendeva dalla torre…piangeva tutto il giorno…poverina…” dissi, quasi in un sussurro rivolto al camino. Piton incrociò le mani e le posò sul ginocchio destro, con ancora le gambe accavallate. “Bene, il ministro andò da lei e le disse che il giudice era pentito…si incolpava per i suoi terribili problemi…” continuai. Severus annuì. “Lei doveva andare diretta a casa sua quella sera…poverina, poverina…” cantilenai, dondolando piano la testa. “Ovviamente quando lei ci andò, poverina, poverina…c’era un ballo in maschera…e lei non conosceva nessuno! Povera cara…poverina…” commentai, sospirando ancora. Sembravo proprio Mrs. Lovett. “Stupita, iniziò a bere…poverina…il giudice è pentito, pensò…poverina…” dissi, piano. Il professore mi guardava curioso. “‘Dov’è il giudice Turpin?’ chiese lei. C’era, ovvio! Solo non molto pentito!” esclamai, decisa. “Lei crollò…e tutti pensarono fosse così divertente…così tutti quelli che erano li, iniziarono a ridere…vede…povera anima! Poverina…” sospirai. Piton mi guardò. “Nessuno ebbe pietà di lei?” mi interruppe. “Così è lei…Benjamin Barker…” dissi, con tono sorpreso, cercando di stare seria. “No! Niente Barker…quell’uomo è morto! Ora è Todd, Sweeney Todd, ed avrà la sua vendetta…” disse infine Severus. Ci guardammo negli occhi, poi scoppiammo in una risata. “Buona recitazione signorina Wyspet…però poteva avvertirmi di conoscere già questa storia…” commentò poi. Sorrisi imbarazzata. “Chi non conosce la storia del diabolico barbiere di Fleet Street? La adoro!” spiegai entusiasta. Piton fece apparire una tazza di tè e ne bevve un sorso. “Conosce altre parti della storia?” gli chiesi. Lui annuì. “Cantate?” chiesi ancora, speranzosa. “Se lo scordi…” sbottò subito il professore. Sorrisi divertita. “Io conosco un po’ tutte le canzoni…però…” iniziai a dire. Cen’era una, che mi ricordava Severus. Mi schiarii la voce. “Nothing's gonna harm you, not while I'm around…” cominciai. Lui mi guardò. Arrossii. “Nothing's gonna harm you, no sir, not while I'm around…” continuai, abbassando lo sguardo. Piegai le gambe e notai le Coverse sul pavimento, vicino al letto. “I'll send 'em howling, I don't care, I got ways…” sussurrai. Iniziai a torturarmi l’orlo della gonna con la mano buona. “No one's gonna hurt you, no one's gonna dare…” proseguii. Piton era il mio protettore. Il mio angelo custode. Ed era strano cantargli questa canzone, dato che era proprio lui il protagonista. “Others can desert you, not to worry, whistle, I'll be there…” conclusi. Ci fu un silenzio di qualche minuto. Mi voltai e lo guardai negli occhi. Poi sorrisi. Severus ricambiò, poi si alzò e mise qualche pezzo di legno nel camino. “La neve si è sciolta…” dissi, triste. “Già da una settimana signorina Wyspet…” sbottò, ovvio. Un tuono spezzò il silenzio. Sobbalzai, trattenendo un urlo. Piton mi guardò divertito. “Le conviene riposarsi…” commentò. Scossi la testa. “Io…posso tornare a trovarla ogni sera?” chiesi, timida. “Si è già dimenticata cosa le ho detto una settimana fa?” ribadì seccato. Abbassai lo sguardo. “Mi manca…” sussurrai rossa in viso. Il professore tossì e si avvicinò. “Ora si metta a letto…quando si sveglia mangerà ancora un po’ in modo da rimettersi in forze…” spiegò, facendomi segno di spostarmi dall’altro lato del letto. Obbedii e lui sollevò le coperte, poi mi indicò di tornare al mio posto. Obbedii ancora. “Dorma…” disse ancora, sistemandomi la coperta. Sorrisi e allungai una mano. “Solo se lei rimane con me…” proposi. La testa affondata nel morbido cuscino. Accerchiata dal suo profumo. “Il mio dovere di insegnate mi impone di correggere i compiti che ho di la sulla scrivania…” commentò serio. “Per favore…solo finché non mi addormento…” lo pregai. Lui scosse la testa divertito. Allungai ancora la mano fino a toccare la sua. Severus sbuffò e si sedette sulla sedia, avvicinandola ancora al letto. Tenni la mano sul cuscino, sperando che la sua la raggiunse. Chiusi gli occhi. Ero davvero stanca. “Professore…le voglio tanto bene…” sussurrai. Piton mi sistemò la mano in modo che le fasciature non mi dessero fastidio. Pian piano mi lasciai cullare dal rumore del fuoco. Dal profumo. E dalla felicità finalmente ritrovata. Con un sorriso, mi addormentai. Sperando che non fosse soltanto un bel sogno.
Fu un sonno confuso. Agitato. E nella mia testa girava una canzone. Stavo per riaprire gli occhi, quandosentii un fruscio.Guardo il cielo e non vedo altro colore, solo grigio piombo che mi spegne il sole. Schiusi piano gli occhi in modo da poter vedere lo stretto necessario. Una figura nera girava per la stanza. Si avvicinò e allungò una mano. Mi scostò la frangia e mi posò un fazzoletto umido sulla fronte. L'unica certezza è gli occhi che io ho di te. Mi accarezzò la testa e si sedette accanto al letto. Poi sorrise. Mi mossi, per dare un po’ l’illusione di stare dormendo. Due fotografie è tutto ciò che rimane, sul mio letto il vento le fa volare. Strinsi la coperta in una mano, mentre l’altra la appoggiai sul cuscino. Senza pensare l’appoggiai dalla parte del dorso. La fasciatura tirò e mi scappò un gemito. Severus se ne accorse e mi spostò la mano delicatamente. Quel breve contatto fece accelerare il battito del mio cuore. La distanza che ci divide fa male anche a me. Piano allungai la mano verso di lui, stringendo l’aria. Lo vidi sorridere ancora. Raggiunse la mia mano, e cercò di poggiarla. Io la strinsi nella mia e la portai sul cuscino, vicino al mio viso. Se non vai via, l'amore è qui. Severus si oppose alla stretta per qualche secondo, poi, si arrese. Mi rilassai, e lui se ne approfittò. La sua mano scivolò via dalla mia, rattristandomi. Sei un viaggio che non ha ne' meta ne' destinazione, sei la terra di mezzo dove ho lasciato il mio cuore. Sentii un calore alla guancia. Le sue dita affusolate e eleganti stavano passando sul mio viso. Vicino alle mie labbra. Poi più su, per portarmi indietro una ciocca di capelli. Sono solo anch'io, come vivi tu, cerco come te... l'amore. Mi mossi ancora di poco. Vidi i suoi occhi su di me. Erano due tunnel scuri e profondi. Però emanavo un calore immenso. Se quegli occhi vegliavano su di me, sapevo di poter resistere a tutto. Quel che so di te è soltanto il tuo nome, la tua voce suona in questa canzone. Strinsi piano la mano sul cuscino. Severus ritrasse la sua mano, lasciandola a mezz’aria indeciso su cosa fare. Abbozzai un sorriso. Mi spostai di poco vicino al bordo del letto. La coperta mi scoprì fino alla vita. “Non riesce a stare ferma nemmeno mentre dorme…” sussurrò divertito. Musica e parole emozioni che scrivo di noi. Si alzò di poco dalla sedia e mi ricoprì, rimboccandomi le coperte fino al mento. La mano stringeva ancora in cuscino. Severus lasciò libera la federa, forse per paura che se avessi stretto troppo la fasciatura mi avrebbe fatto di nuovo male. Se non vai via, il mondo è qui. Mi strinsi nella coperta. Il camino scoppiettava placido. Ora la mia mano non era più sola. Severus si era deciso e l’aveva raggiunta con la sua. Avvicinai il viso alle due mani incrociate. E chiusi completamente gli occhi. Il cambiamento era impercettibile se non che per me. Il calore di quella mano era linfa vitale. Mi sembrava di essere in paradiso. Cambia il cielo e i tuoi occhi no, come vetro è l'amore che sei. Sorrisi e mi lasciai andare. Anche se le mie labbra volevano muoversi a tempo della canzone nella mia testa, la stanchezza ebbe la meglio sulla mia mente. Però il mio cuore. Quello no. Continuò a battere forte. Sperando che Severus non lasciasse mai la mia mano. Perché solo quando avevo quel contatto, mi sentivo veramente felice.
Venni svegliata da un allettante profumo. Aprii piano gli occhi e inspirai quell’odore. “Biscotti appena sfornati!!” esclamai, alzandomi a sedere di scatto. Un piatto colmo di biscotti con praline al cioccolato fumanti stava sul comodino. Incustoditi. Allungai una mano e ne presi uno. Senza badare che scottasse lo morsi. Tirai un urletto. “Che male! Che male! Che male!!” squittii, sventolando il biscotto a mezz’aria con una mano, mentre con l’altra mi facevo aria verso la lingua. Sentii una risata. “Lo immaginavo che si sarebbe svegliata se le avessi messo vicino qualcosa di commestibile…” commentò Piton divertito. Io lo guardai offesa. “Appena sfornati dagli elfi domestici giù in cucina…glieli mandano le signorine Haliwell e Granger…” spiegò, avvicinandosi e sedendosi sulla sedia accanto al letto. Appena la mia lingua ristabilì la sua sensibilità, gli risposi. “Sono venute a trovarmi? Come sapevo che ero qui?” chiesi. Piton guardò con interesse i biscotti sul tavolo. “Ho trovato la signorina Haliwell che la stava cercando dopo cena, ed è venuta qui…” mi rispose, guardando ancora i biscotti. Sorrisi e gli e ne porsi uno. Piton accettò. “Stia attento…scotta…” suggerii. “Non si preoccupi…non sono come lei…lo so che devo soffiarci sopra di mangiarli…” rimbeccò, acido. Arrossii, poi presi un altro biscotto. Ci soffiai sopra, poi ne mangiai un morso. “Professore?” lo chiamai. Piton annuì. “Quando tornerà Silente?” chiesi. Lui mi guardò stupito, poi tornò serio. “Non ne ho idea…” rispose secco. “Sinceramente però la sua idea di dileguarsi non è stata delle migliori…” sbottai, guardando la mia fasciatura. Piton si alzò e andò a prendere delle bende e la solita boccetta. Mi tirai le coperte fino sulla testa per evitare il bruciore della pomata. “Avanti signorina Wyspet…ha sedici anni…” mi rimproverò. Io scossi la testa. “Non mi costringa ad usare le maniere forti…” continuò, cercando di essere diplomatico. Scossi ancora la testa. Piton sbuffò e tirò via la coperta. Stavolta fui io a sbuffare. Si sedette sul bordo del letto vicino a me, poggiando tutto sulla sedia. Mi tolse la benda. La parte che era a stretto contatto con la pelle era rosso vivo. Non osai guardare in che stati fosse, così chiusi gli occhi. Il tocco gelido della pomata mi fece cacciare un gemito di dolore. Con l’altra mano cercai nel vuoto, finché non trovai un appiglio. Strinsi più forte che potevo. Sentii un fruscio. Pian piano Severus iniziò ad avvolgermi la mano con la benda. “È troppo stretta!” commentai, a denti stretti. “Deve stare così stretta…altrimenti la pomata non penetrerà bene e non farà effetto…oppure vuole forse rimanere con quei graffi per il resto dell’anno?” spiegò, continuando. Scossi la testa. Stringevo ancora il mio appiglio. “Dunque stia ferma!” mi ordinò, bloccandomi la mano. “Spero che Silente torni presto e butti fuori a calci la Umbridge!!” esordii, guidata dal dolore. Piton sospirò divertito. “Ho finito…può riaprire gli occhi…e lasciarmi il mantello…” disse. Ecco cos’era stato il mio appiglio. Obbedii e riaprii gli occhi. “Tenga…infondo si è mossa meno del solito…” sorrise, dandomi un biscotto. Sorrisi soddisfatta e lo mangiai in un boccone. “Posso chiederle una cosa?” chiesi, appena tornò a sedersi sulla sedia vicino al letto. Piton annuì non convinto. “Le piacciono i bambini?” continuai. Lui alzò un sopracciglio. “Non molto…troppo chiassosi…” rispose. Ci rimasi un po’ male. L’immagine della piccola Eveline iniziò ad appannarsi. “Nemmeno…se fossero suoi?” chiesi ancora, un po’ incerta. Severus mi guardò stranito. “Come mai queste domande?” rispose. “Mi risponda!!!” protestai io. Lui alzò le spalle. Arrossii. “Non mi dica che pensa già al suo futuro…” disse divertito. Diventai ancora più rossa in viso. “Non fa male…sognare un po’…” sussurrai, imbarazzata. Severus mi guardò. “Comunque…non mi dispiacerebbe avere qualche creatura chiassosa che mi gira intorno…” disse poi, voltando lo sguardo dalla parte opposta. Sorrisi. “Se dice creatura chiassosa sembra un animale domestico…” osservai, divertita. Piton sbuffò. “Mi piacerebbe una bambina…per poter spazzolarle i capelli ogni sera…” spiegai, prendendo un biscotto. Lui si girò ancora e mi guardò dubbioso. “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire e cento appena sveglia…come le principesse…” spiegai. “Quando ero piccola mia madre lo faceva sempre…” conclusi. “È per questo che ha aiutato quella ragazzina del primo anno?” chiese d’improvviso. Io scossi la testa. “Forse…però, di questi tempi…quelli del primo anno sono arrivati in un brutto periodo…è meglio aiutarli e proteggerli più che si può…” risposi. Severus sorrise. “Anche se forse dovrei prima imparare a proteggere me stessa…non sarei in grado di aiutare nessuno…” sospirai tristemente, guardandomi la fasciatura. Piton scosse la testa. “A lei può non essere sembrato nulla il gesto che ha compiuto nei confronti di quella studentessa…però si renda conto che, in mezzo ad una scuola in cui i più grandi pensano per se, anche un semplice aiuto che lei reputa insignificante può valere qualcosa…” spiegò. In effetti non avevo valutato la cosa dal punto di vista di Sicily. Forse le avevo dato davvero un grande aiuto. “Grazie…” sorrisi. Mi sporsi e gli diedi un bacio sulla guancia. Severus si girò verso l’orologio. La sua timidezza era irresistibile. “Come si sente?” mi chiese, ancora voltato. “Un po’ meglio…i biscotti mi hanno rinforzata!” esclamai, saltando in piedi. Subito mi venne un capogiro che mi costrinse a buttarmi sul letto. “Torni sotto le coperte…non riesce nemmeno ad alzarsi…” mi ordinò. “Quindi posso rimenare?” chiesi, speranzosa. Piton sbuffò. “Ovvio signorina Wyspet…” rispose. Sorrisi entusiasta e battei le mani. Grosso errore. La fasciatura tirò e mi maledissi. Mi trascinai fino al cucino, già affaticata. Severus mi rimboccò la coperta. Prima che si potesse allontanare lo presi per il mantello. “Non vado da nessuna parte…” commentò seccato. “Stia qui con me…per davvero stavolta…così potrò sognare come si deve…” sorrisi. Lui sbuffò. Cercò di liberarsi dalla stretta, poi si arrese e si sedette sul bordo del letto. Mi girai su un fianco verso di lui. “Può anche lasciare la presa…” precisò acido. Scossi la testa. “Poi però lei se ne va…” risposi, triste. Severus mi guardò divertito. Mi sciolse la mano e l’appoggiò accanto al cuscino. “Promette di rimane qui con me?” gli chiesi. Lui annuì. “Basta che non pretenda che le canti anche la ninna nanna…” scherzò. “Nothing's gonna harm you, not while I'm around…” iniziai a cantare. Severus mi guardò. “Nothing's gonna harm you, no sir, not while I'm around…” continuai, quasi in un sospiro. Iniziò ad accarezzarmi piano la mano. “Demons are prowling everywhere, nowadays, I'll send 'em howling, I don't care, I got ways…” sussurrai, stringendomi nella coperta. Lui continuava a guardarmi. Mi sentivo un cucciolo malato. “No one's gonna hurt you, no one's gonna dare…” provai di proseguire. Il sonno stava arrivando. E il professore se ne accorse. “Others can desert you, not to worry, whistle…” cercai di finire. Mi si stavano chiudendo gli occhi. Vidi Severus sorridere. “…I'll be there” concluse per me. Rimasi un poco stupita, poi però, chiusi gli occhi e mi lasciai cullare da quelle ultime parole. Sarebbe stato bello addormentarsi ogni sera con quel sorriso. Sapere che se avessi allungato una mano, lui sarebbe stato li.
  
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