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Autore: Loreena McKenzie    02/01/2013    5 recensioni
"...Scusate, non sono troppo abituata a parlare con i vostri termini così comuni. Forse è per questo che tutti mi prendono in giro. Secondo me il termine “prendere in giro” non è proprio esatto. Se ci pensi, non ha senso. Piuttosto, io direi che le persone dentro di se hanno un lato nascosto, oscuro, selvaggio. E questa parte di te deve uscire fuori, in qualche modo."
Piccola one-shot introspettiva che mi è saltata fuori all'una e mezza di notte... ^.^ Spero di ricevere qualche commento interessante :3
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mi sono sempre chiesta come mai la gente non si soffermi a osservare la bellezza del cielo quando tramonta. Magari nel momento in cui dei meravigliosi raggi rossi-arancioni ti colpiscono gli occhi e tu sei costretta a chiuderli per qualche secondo, altrimenti i nervi cominceranno a bruciare.
-Alzati, checca!- urla il tipo di fronte a me.
Altri ridono. Risate che arrivano lontane alle mie orecchie quando un altro calcio mi arrivo dritto sullo stomaco e io mi piego in due, stesa a terra.
Chiudo gli occhi per il dolore, e quando li riapro quel cielo così meravigliosamente bello mi accoglie nuovamente. La gente secondo me corre troppo, e non si ferma mai a pensare. A pensare e a osservare. Magari a ragionare sul fatto che probabilmente quel bimbo che la mattina ti osservava incuriosito di fronte alla pasticceria, potrebbe aver visto i genitori litigare, la madre che stufa fa le valige e se ne scappa di casa, il papà che beve fino ad entrare in uno stato collassato o ancora proprio quest’ultimo che lo porta dalla nonna per andare a rimorchiare. O magari, potresti fermarti a pensare che il droghiere con le lenti spesse dal quale vai ogni santo giorno nel primo pomeriggio, è sempre triste perché una decina di anni addietro ha visto la proprio figliola morire di leucemia, il figlio chiuso in un centro di tossicodipendenza, la moglie che perde il lavoro per gli eccessivi esaurimenti nervosi, una vita che piano piano si sgretola come la legna diventa cenere una volta che prende fuoco.
-Fai schifo!- mi urla ancora il tipo. Si piega in ginocchio e mi sferra un pugno dritto in faccia. Le sue nocche, le sue gelide nocche, così maledettamente dure, scavano profondamente sulla mia guancia, mentre i capillari della pelle vanno in frantumi e il sangue lentamente comincia a fuoriuscire da essi per rilasciare un profondo segno bluastro. Era più facile dire che quel dannato cazzotto presto mi avrebbe lasciato un lividone gigantesco? Scusate, non sono troppo abituata a parlare con i vostri termini così comuni. Forse è per questo che tutti mi prendono in giro. Secondo me il termine “prendere in giro” non è proprio esatto. Se ci pensi, non ha senso. Piuttosto, io direi che le persone dentro di se hanno un lato nascosto, oscuro, selvaggio. E questa parte di te deve uscire fuori, in qualche modo. C’è chi si chiude in bagno e si ammazza di seghe, c’è chi si mette in macchina e fa una “piccola sosta” alla statale, poi ci sono i più superficiali, quelli ingenui e inesperti, che si limitano a prendere a pugni un cuscino, o a scarabocchiare un foglietto di carta. Ma ci sono anche quelli che prendono una persona, non una a caso, ma quella più debole, e per liberare la propria parte selvaggia e animale fanno di essa un sacco da box. Si fanno beffe di lui. Cercano di massacrarlo. Tutti dicono che i mostri che fanno ciò, i cosiddetti bulli, hanno per forza la cattiveria che scorre nelle vene… eppure secondo me non è proprio così. Avete mai pensato che forse le persone che infliggono dolore agli altri è perché hanno già sofferto un sacco? Secondo me è per forza così, altrimenti ciò non avrebbe senso. Secondo me, nella vita tutto è proporzionato. La gioia e la tristezza. Il male e il bene. Le delusioni e le soddisfazioni.
Il tipo, dopo avermi per bene massacrata di cazzotti, avvicina il suo volto al mio e mi sputa in faccia. Il liquido appiccicoso arriva di getto sulla mia pelle dolorante. Un po’ si incastra nell’incavo fra l’occhio destro e il naso, un altro po’ comincia a colare giù, fino alle narici e alcune piccole gocce rimangono immobili sulla guancia. Riesco a sentirne l’odore pur non avendolo in bocca. Sa di marcio, di acido, di disgustoso. Mi ha sempre fatto schifo la saliva altrui.
-Perché proprio a me?- mormoro. Ma non lo sto chiedendo a lui, bensì a me stessa. Cos’ho che non va?
Il tipo ride. Poi allunga un braccio verso di me e mi afferra per i capelli. Quest’ultimi mi tirano il cuoio capelluto e io mi costringo ad alzare la testa per provare meno dolore di quanto già ne stia sopportando.
-Perché sei una sfigata! E perché mio padre si sbatte tua madre!- mi ringhia in faccia il tipo.
Che poi non ho mai compreso questa mia fissazione psicologica nel chiamarlo “tipo”. Questo qui non è un tipo qualsiasi, è il mio fratello acquisito… non ha caso ha preso di mira proprio me.
La sua bella compagnia sghignazza divertita, suggerendogli di andare a farsi un giro perché si erano stancati di torturarmi. E se ne vanno. Finalmente. Uno di loro mi calpesta pure la mano, mentre se ne va. La pelle delle dita si schiaccia con forza e una fitta di dolore improvvisa mi prende immediatamente il centro dell’unghia dell’indice, per poi diramarsi negli altri punti doloranti.
Vedo quei ragazzi che se ne vanno, dandomi le spalle. Quei ragazzi che credono di capire tutto, ma non sanno niente. Quei ragazzi che assumono atteggiamenti violenti pur di stare al centro dell’attenzione altrui. Quei ragazzi che ritengono la popolarità la cosa più importante al mondo. Era più facile dire fighi? Uhm… scusate ancora.
Il tipo, il mio fratello acquisito, tira fuori dalle tasche un paio di cuffie e le appoggia intorno al collo.
“Erano mie, quelle cuffie…” penso alzandomi e massaggiandomi le parti colpite.
   
 
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