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Autore: Allyn    02/01/2013    10 recensioni
Odiami
Perché ti desidero...perchè il sangue di quell’uomo che chiamo fratello non mi soddisfa, mi lascia incompleta, e odiami ancora, perché ogni volta che i miei denti affondano nel suo bel collo perfetto io penso a te, penso alla tua pelle, penso a quel tuo collo, ferito dal nero indelebile del marchio che ti porti addosso...
Non è la prima volta che scrivo fanfiction, ma è la prima volta che scrivo su questo sito, e che mi dedico a personaggi come Yuki e Zero di Vampire Knight. Spero di regalarvi qualche emozione con questa oneshot all'insegna di un amore imperdonabile, di un amore costretto da catene e da vincoli che solo la passione e il coraggio potranno spezzare... Un amore intriso di sangue, di odio, di passione, di tormenti...una Yuki e uno Zero pronti a compiere ancora una volta, insieme, l'imperdonabile...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Yuki Cross, Zero Kiryu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Odiami


Lo guardai, annegai in quegli occhi cremisi per un tempo che mi parve interminabile. Lo volevo, tanto quanto lui voleva me. Ma non potevano; imbrigliati in un amore maledetto che non avrebbe mai visto la luce del sole, un amore destinato a morire ancor prima di nascere, maledetto da quel giorno, il giorno in cui avevamo deciso di peccare, insieme, di macchiarci della colpa più grave. Io ero sua, lo ero da quando le sue labbra si erano posate sul mio collo al tempo ancora umano, da quando i suoi denti erano affondati nella mia carne pallida. Noi ci appartenevamo. Negli sguardi, nelle carezze mai svelate, nei sussurri... Eravamo nostri; anche il suo odio, anche quello, lo legava ancor di più a me.

Odiami
Perche anche io mi odio. Avrei voluto incontrarti in un'altra vita, come due umani, come gli umani che eravamo. Liberi da vincoli di sangue, da questa sete che ci affligge, che ci condanna. Ti avrei sorriso, ti avrei baciato, mi sarei beffata del tuo carattere scontroso, e tu mi avresti stretta a te...

Odiami
Perché ti desidero, perchè il sangue di quell’uomo che chiamo fratello non mi soddisfa, mi lascia incompleta, e odiami ancora, perché ogni volta che i miei denti affondano nel suo bel collo perfetto io penso a te, penso alla tua pelle, penso a quel tuo collo, ferito dal nero indelebile del marchio che ti porti addosso.

Avrei voluto urlarlo, urlare tutto quello che celavo dentro di me. Ma non potevo, ogni volta le parole mi morivano in bocca.
Abbassai lo sguardo. Mi sentivo sconfitta ancor prima di parlare, sconfitta dai miei stessi pensieri. Lo sentivo, mi stava fissando, mi trafiggeva, leggeva i miei segreti.
Mi feci coraggio e tornai a sostenere i suoi occhi. Erano crudeli, di una bellezza tale da straziarmi l’anima, ben lontani dai miei ricordi, lontani dalla dolcezza che mi riservavano. Ma andava bene così...doveva odiarmi, per tutto quello che gli avevo fatto, per quello che ci eravamo fatti.
Il tempo sembrava essersi fermato, in una notte senza luna, due nemici, uno di fronte all’altra, muti, immobili attendevano l’inevitabile, la preda e il suo cacciatore. Due nemici naturali, sporcati dallo stesso veleno, dallo stesso odio millenario.
Senza dire una parola mi avventurai in quella che era stata la sua stanza ai tempi del collegio Cross, mi seguì con i suoi passi lenti, calibrati.
Chiuse la porta alle sue spalle.
Gli occhi cremisi ardevano anche nella penombra di quella stanza abbandonata da tempo.
“Zero” Pronunciai il suo nome con estrema cura, come se ogni lettera fosse preziosa. Allungai una mano per carezzargli la guancia pallida, ma le sue dita bloccarono il mio esile polso ancor prima che potessi avvicinarmi al suo bel viso tormentato. Era freddo come l’inverno.
“Non toccarmi...” Intimò con rabbia.
Mi si sgretolava il cuore,ma era questo che desideravo, volevo che mi facesse male, che mi odiasse...Volevo che si sentisse disgustato da me, da una giovane donna tanto codarda da non saper decidere, da non saper rischiare, così codarda da preferire una vita al fianco di un uomo ormai lontano dal suo cuore, da un uomo che la tiene stretta a sé come se fosse la fanciulla per lui più preziosa al mondo, che sempre e per sempre la riempirà di attenzioni, di affetto, di venerazione, che nelle notti più buie le offrirà le sue vene, pur consapevole che il suo sangue non riuscirà mai a placare del tutto la sua sete...
“Perché sei qui?” Mi domandò grave, senza mai mollare la presa sul mio polso.
“Avevo bisogno di vederti...” Sussurrai infliggendogli altro dolore. Avanzai un'altra carezza con la mano libera, i miei polpastrelli bruciavano all’idea di toccarlo, di sfiorare i suoi capelli lisci, candidi... Questa volta sembrò esitare prima di bloccarmi, ma poi le sue dita raggiunsero le mie, dividendomi dal suo viso.
“Ti ho detto di non toccarmi, con le stesse mani che hanno toccato lui...” Sputò le parole con dolore, e il suo sguardo, mi ricordò tanto quello che mi rifilava da bambino, quando dopo le visite di Kaname si rifiutava di toccarmi, o di farsi solo sfiorare da me.
Eravamo tanto vicini da poter sentire i nostri respiri contro la pelle. L’odore di Zero mi costrinse ad avvicinarmi ancora, a desiderare di posare dapprima le labbra, poi la lingua, e poi i denti affilati contro la sua pelle diafana, contro il collo perfetto...volevo il suo sangue...ero li per quello, ero li per farmi odiare ancora di più, per odiarlo ancora di più...perchè era lui, erano i suoi occhi a farmi macchiare delle colpe più imperdonabili, a farmi tradire chi avrei dovuto amare.
“Zero...” Sussurrai ancora il suo nome, prima di posare un bacio sulla sua pelle integra, immacolata. Sentii un brivido corromperla, macchiarla del mio stesso peccato.
“Perché...” Lo sentii sospirare, mentre le sue mani allentavano la presa sui miei polsi, fino a portarli in basso, fino a stringerli in un altro modo, un modo che ricordavo lontano, dolce.
“Yuki...perchè tra noi...deve essere sempre cosi...” Si arrese.
“Noi siamo condannati Zero, la nostra natura di vampiro è di per sé già una condanna. Schiavi di una sete che solo il sangue di chi amiamo riesce a placare, destinati ad una vita quasi eterna...ma noi, Zero, io e te...Noi abbiamo scelto la nostra condanna da soli, quell’ormai lontano giorno, in cui decidemmo di compiere l’imperdonabile”

...Facciamo insieme la cosa più imperdonabile...

 le parole che pronunciai quel giorno mi risuonarono nella mente, mentre i miei denti affondavano nella carne tenera, mentre il sapore del suo sangue mi riempiva la bocca facendomi perdere la testa. Poi arrivarono le sue mani, le intrecciò ai mie capelli, con foga, spinse la mia testa contro di sé, lasciando che bevessi ogni suo ricordo, ogni suo sentimento, che me ne riempissi il cuore, lo stomaco, le vene.

Scivolammo pian piano a terra, in ginocchio, la schiena contro il muro, la mano che mi sosteneva la testa, le mie lacrime che piano rigavano il mio volto...mi sentivo completa...
Mi staccai da lui con dolcezza, due rivoli rossi scesero dai segni del mio morso macchiandogli la camicia chiara, deturpando il disegno geometrico del tatuaggio...
Poi arrivarono le sue labbra, bramose sulle mie. La sua lingua lavò via il sapore del sangue e ne portò un altro, quello di un desiderio più vorace.

“Perché?” Questa volta la domanda la posi io...mentre il cuore sembrava scoppiarmi in petto, mentre la colpa, il tradimento crescevano...
“Perché ti odio...” Mi sussurrò in un orecchio, piano, crudele, tanto da darmi i brividi.
“Allora odiami di più” Dissi in un sospiro, cercando ancora le sue labbra, questa volta con foga. Ma Zero interruppe il  nostro bacio, per posare la sua bocca sulla mia guancia, e poi lì, dove Kaname affondava i canini quasi ogni sera, lì, sul mio collo candido posò il suo bacio più dolce, umido, paziente.
Sentii il desiderio crescere ed esplodere in tormento. Avvinghiai le mie dita alle sue ciocche morbide e arruffate e in un respiro dichiarai la mia condanna: “Odiami di più...prenditi quello che ti appartiene”

Zero mi esaudì, affondò i denti e mi bevve, assetato come mai era stato, bevve il mio sangue, gli occhi cremisi nascosti dalle palpebre abbassate. Non ricordavo così tanta foga, neppure  nei morsi che mi aveva riservato quand’ero ancora umana.
“Che sapore ha il mio sangue?” Gli chiesi.
Si staccò riluttante e mi rispose, le iridi incandescenti, inappagate.

 “Sa di te...e sa di lui...”
Una nuova lacrima mi rigò il viso.
“Ancora...” Mormorai guidandolo di nuovo verso la ferita appena aperta.
Chiusi gli occhi, rimandando la mente a tutti i ricordi più dolorosi, che di rado mi concedevo di riportare a galla. In ognuno di questi c’erano il suo viso, le sue mani, la sua voce...

Rimanemmo così per molti minuti, ondeggiando in un oblio fatto di sangue, fino a quando ebbra di ricordi e di desiderio non riaprii gli occhi.  Non sentivo più la sua bocca sulla pelle.

Lo sguardo fisso su di me, le iridi ormai viola, sazie.
“Di cosa sa il mio sangue?” Ripetei.
“Sa di me...sa di noi” Rispose stupito.
Annuii
“Perché?”

Mi pose ancora quella domanda, alla quale non risposi, se non con i gesti. La mia sete si era placata, ma il mio cuore palpitava, così come il mio corpo, mi sentivo ubriaca di lui, ubriaca di noi, del nostro peccato, del nostro sporco e vile segreto...volevo amarlo...volevo macchiarmi di colpe ancor più grandi. lo baciai con disperazione, le sue mani cercarono le mie, poi la mia schiena poi le gambe. Ci trascinammo verso il vecchio letto.
“Cosa stiamo facendo?” Domandò con il fiato corto, gli occhi allucinati, spalancati.
“L’imperdonabile...l’imperdonabile...” Ripetei ancora. Sbottonandogli la camicia e portandolo sopra di me.
“Yuki” Mi chiamò più volte, mentre le sue mani divenivano avide sulla mia pelle, ora così sensibile, mentre mi spogliavano del vestito che“l’altro” mi aveva regalato. Sussurrò il mio nome anche quando le sue dita mi esplorarono con dolcezza.
Odiami

Pregai dentro di me, piangendo, spogliandolo degli ultimi indumenti, portando quel corpo snello e perfetto sopra il mio.
Mi baciò, come se ogni tocco delle sue labbra sulla mia pelle potesse guarire le ferite che portavamo nel cuore. Ed io mi lasciavo baciare, mi lasciavo fare cose che mai avrei voluto lasciar fare ad altri.
Ma volevo di più, bramavo la sua anima, volevo il suo odio dentro, volevo bruciare con lui...lo afferrai per le spalle, avvinghiando le gambe alla sua schiena.
Mi guardò intensamente, affondammo l’uno negli occhi dell’altra, per così tanti minuti che mi parvero ore, mentre i nostri corpi nudi e accaldati si stringevano in un abbraccio sempre più impaziente. Mi carezzò la fronte con dolcezza, ed anche il suo sguardo divenne più rassicurante.
Chiusi gli occhi, i capelli sparsi sul cuscino, il cuore che impaziente mi martellava nel petto, carico del mio e del suo sangue... 
“Ti odio Zero...ti odio...per tutto questo...Odiami...odiami” Piansi sommessamente, mentre le mie dita si stringevano alle sue, mentre il mio seno premeva contro il suo petto.

“Anche io ti amo Yuki” Rispose, mentre piano i nostri corpi si fondevano, mentre lo stupore per le sue parole mi riempiva la mente e un nuovo piacere risanava il mio corpo.

“Ti amo...Anche se non devo...” Continuò a ripetermi, mentre i suoi movimenti, così lenti, dolci, carichi d’amore mi riempivano.
Lo strinsi forte a me, nascondendo il viso nell’incavo della sua spalla, bagnandogli la pelle pallida, morbida, ora sudata, con le mie lacrime... ed i suoi movimenti si fecero più forti, le sue labbra premettero sulle mie, la lingua cercò la gemella, le sue mani, le dita, le mie gambe strette attorno alla sua schiena forte; ed in un attimo non c’eravamo più... eravamo altrove, lontani, nostri.
Le mie, quelle gocce salate che non cessavano di rigarmi le guance accaldate, erano lacrime di gioia...eravamo liberi e imperdonabili, lì in quel letto spoglio, coperti da un vecchio lenzuolo, imperdonabili mentre ci amavamo, mentre sospiravamo di piacere, mentre i nostri corpi allacciati si muovevano in sincrono, ondeggiando verso la condanna eterna.
“Ti amo Zero...” Gli dissi in un sospiro più grande, mente un nuovo piacere mai provato mi costrinse a baciarlo con più foga...ancora, e ancora e ancora....
 
Finche avessimo potuto odiarci così sarei stata felice...perchè il suo odio più grande scaturiva dalla colpa di cui si era macchiato, quella di amarmi, anche se non poteva, anche se non avrebbe dovuto farlo...ma io volevo...volevo io suo odio, perché l’amavo, nello stesso tremendo imperdonabile modo.
  

Nella speranza che vi piaccia, e che abbiate voglia di farmi sapere si vi sia piaciuto o meno ^^

zeki
   
 
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