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Autore: SayOvolollo    02/01/2013    0 recensioni
Questa è la storia di due ragazzi, due ragazzi che per caso, si sono ritrovati insieme. Questa storia parla della loro vita, delle loro avventure, delle piccole cose di ogni giorno, ma soprattutto è una storia reale. Non ho in mente cosa succederà alla fine della storia. Forse questa storia non avrà fine e rimarrà incompleta.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scostò le tende per far entrare un po' di luce: il sole non era ancora sorto, erano le cinque e un quarto del mattino, non era ancora ora di alzarsi e cominciare a prepararsi, ma quella notte non riusciva a dormire per l'eccitazione. Dalla Francia alla magnifica Italia, il luogo che da sempre sognava di visitare, e finalmente adesso aveva l'opportunità di andare a vivere dai nonni, in Sicilia, e frequentare un Liceo assieme ad altri ragazzi italiani. Aveva visto i vari tipi di Licei che aveva la possibilità di frequentare: il Liceo Classico, il Liceo Musicale, il Liceo Alberghiero, il Liceo Linguistico, il Liceo Scientifico, il Conservatorio, e altri di cui non ricordava il nome. Alla fine optò per il Liceo Classico: i suoi genitori le avevano detto mille e mille volte che erano due materie difficili, pesanti e faticose. Ma meglio dello scientifico, sicuramente. Era una schiappa nelle materie scientifiche, anzi no, non le piacevano proprio e non le entravano in testa. Lì avrebbe avuto solamente due ore di matematica alla settimana e un'ora di scienze. Magnifico, no? Inoltre, per il latino e il greco, aveva sua nonna: una professoressa di latino e greco ormai in pensione, che aveva ormai quasi quarant'anni di professione alle spalle e quindi avrebbe potuto darle una mano.
Si sedette sul letto, guardando per terra l'enorme valigia vuota e le pile di vestiti stirati e piegati sul tappeto, pronti per essere messi in valigia. Prese un libro e provò a leggere, non poteva cominciare a fare la valigia senza la madre, che ancora dormiva. Che nervi! Se fosse stato per lei a quest'ora sarebbe già all'aeroporto ad aspettare l'aereo. No, non riusciva a leggere, troppi pensieri per la testa, non riusciva a capire per bene le parole e quindi doveva rileggere la frase almeno settanta volte, poi ripeterla con parole proprie per capirla bene. Quindi lasciò stare la lettura-gettando il libro sul tappeto, sopra una pila di libri per non far rumore-e prese le sue enormi, adorate cuffie bianche e le collegò al lettore cd. Prese il cd dei Linkin Park, lo mise nel lettore cd e premette play. No, okay, nemmeno la musica riusciva a farla stare calma. Cavolo, come poteva stare calma?! Aveva voglia di fare i salti di gioia, saltellare per tutta la casa e andare a svegliare tutti quelli che ancora dormivano. Era tardi ormai, secondo lei, anche se in verità mancavano circa dieci ore alla partenza. Presa dal nervosismo,si tolse le cuffie, saltò giù dal letto e cominciò a passare in rassegna la lista delle cose da mettere in valigia. Cominciò dall'elenco dei vestiti: la felpa verde fosfo extra-large che le aveva regalato suo fratello maggiore per i suoi tredici anni, i jeans con la strappatura al ginocchio, le magliette con delle scritte comiche che in Italia nessuno avrebbe potuto ammirare, dato che le scritte erano tutte in francese, la maglietta autografata della nazionale di calcio francese, che in Italia avrebbe accuratamente evitato di mostrare a qualunque ragazzo italiano accanito di calcio e tifoso della squadra italiana, poi la canottiera lunga dei Guns'n'Roses, e tutto il resto. Okay, c'era tutto. Passò alle scarpe.
“All Star giallo evidenziatore, ci sono. Air Force bianche con lacci verde fosfo, ci sono. Stivaletti neri, ci sono. All Star azzurre, ci sono. Verdi, ci sono. Bianche, ci sono. Perfetto, c'è tutto. Bisognerò vedere come farcele entrare tutte.. va beh, ci penserà la mamma.”
Una cosa positiva era quella che non aveva bisogno d trousse e borsette, aveva solo bisogno del suo spazzolino, da nonna avrebbe trovato gli shampoo, i bagnoschiuma e il dentifricio e gli accappatoi. Di trucchi, non ne aveva bisogno. Non amava truccarsi, anzi detestava totalmente i trucchi.
Bene, c'era tutto. Prese le All Star azzurre dal mucchietto di scarpe pronte per essere messe in valigia, un paio di shorts dalla pila, e la maglia dei Guns'n'Roses. Entrò in bagno e chiuse la porta a chiave, si lavò i denti, la faccia, le mani, poi prese la spazzola e si fece il segno della croce. Aveva i capelli ricci, gonfi, color bianco sporco. Labbra poco carnose, apparecchio ortodontico con le fascette metalliche a forma di stellina e gli elastici azzurri, occhi grandi e grigi, ciglia lunghissime. Per questo detestava i trucchi. Si piaceva così com'era, acqua e sapone. Dopo essersi pettinata, con numerosi gemiti di dolore, che era riuscita a soffocare per un pelo, fece un gran sorriso allo specchio ammirando i suoi denti cosparsi di stelline, e si domandò se anche in Italia usavano degli apparecchi ortodontici con forme stravaganti. Uscì dal bagno, con il foglietto e il pennarello in mano, e scese le scale di corsa senza far rumore. All'ultimo scalino fece un ruzzolone, e cadde per terra con un tonfo secco. Aveva dimenticato di allacciarsi le scarpe e perciò si era pestata i lacci da sola ed era caduta. Si rialzò velocemente, aggiustandosi la maglia e restando per un attimo immobile per sentire se dei rumori provenivano dal piano di sopra, dove i suoi genitori e i suoi fratelli dormivano. Nessun rumore, per fortuna. Avevano il sonno pesante, i suoi cari. Entrò in cucina, prese dei soldi dal portafogli dalla mamma e poi scrisse sul foglietto. “Se vi siete svegliati e io non sono ancora a casa, sto andando a comprare le ultime cose per il viaggio e poi vado a salutare i miei amici. Sarò di ritorno prima di pranzo. Ho preso un po' di soldi dal borsellino di mamma perché con gli amici andiamo a fare colazione tutti assieme.”
Entrò nel bagno piccolo accanto la cucina, si spruzzò abbondante Calvin Klein addosso, poi si ricordò di aver lasciato il telefono in camera, salì a prenderlo e poi scese le scale, aprendo la porta di casa e uscendo. Abitava in un paesino vicinissimo a Parigi, quindi avrebbe preso il pullman per andare in città, e alla fermata avrebbe trovato i suoi amici che la aspettavano. Entrò in un bar, che fungeva anche da biglietteria per le persone che prendevano il pullman alla fermata lì di fronte. Si avvicinò al bancone, con aria tutta contenta.
“Pierre, puoi farmi un biglietto Andata-Ritorno per Parigi? Grazie!”
“Ma certo piccolina, ti vedo più raggiante del solito e -ahimè- molto più furbetta del solito. Che succede?”
“Indovina Pierre, eh? Vado ad abitare in Italia! Ma ci pensi? In Italia! Frequenterò lì il liceo e tutte cose. E non sarò di ritorno prima di aver preso il diploma! Certo ovviamente l'estate tornerò per qualche settimana, ma poi tornerò in Italia, dai nonni, perché sono loro che mi ospitano, sisi!”
Aveva cominciato a parlare a raffica, stava scaricando tutto il suo entusiasmo su un pover'uomo baffuto e panciuto che la stava ad ascoltare a bocca aperta.
“Quindi mi stai dicendo che non avrò più la mia cliente d'onore al banco delle caramelle e dei dolciumi? Oh no, chi più comprerà a quantità industriale i miei muffin?”
“Tranquillo Pierre, ho intenzione di prenderne un bel po' per il viaggio, avrò bisogno di energie, no? Perciò, dammi tutti quelli che hai preparato fino ad ora!”
Erano le otto e un quarto, il bar aveva appena aperto e avevano messo in vetrina solo una ventina di muffin al cioccolato.
“Ma certo, piccolina! E sai cosa? Ti faccio un bel regalino, non pagarmi, in fondo, è l'ultima volta che ti vedo! Tieni!”
“Oh no, Pierre, per l'amor del cielo, non posso accettare! Insomma va bene lo sconto ma un condono totale no! Ti manderei in bancarotta!”
“Ma figurati, piccolina, ora niente storie, va via che ho da fare, su!”
E con un dolce sorriso la spinse fuori dalla porta, per evitare che provasse ancora a mettergli i soldi in mano o in tasca o in qualunque posto le capitasse sottomano.
“Ah, e non dimenticare il biglietto, ecco tieni, e anche il sacchetto. Oh guarda, c'è il pullman, corri!”
“Me la pagherai Pierre, anzi, te li pagherò Pierre!” gli urlò correndo verso il pullman che ormai stava partendo e facendo un cenno all'autista per farsi aprire la bussola. Salì sul pullman, si fece timbrare il biglietto, e andò a sedersi in una coppia di sedili vuoti, dalla parte del finestrino, e appoggiò il sacchetto con i muffin nel sedile accanto a lei, mettendosi le sue cuffione e guardando fuori dal finestrino, dove vide Pierre che la salutava e le sorrideva. Con un sorriso raggiante, agitò la mano e sussurrò “Au revoir, Pierre.”.
Collegò le cuffie al cellulare e mise Charlie Brown dei Coldplay. Era la sua canzone preferita, dopo Hurts like Heaven dei Coldplay e Hall of Fame dei The Script ft Will.I.Am. Appoggiò la testa al sedile e cominciò a pensare.
Dopotutto, le sarebbe mancato tutto della Francia. I suoi genitori, i suoi fratelli, i suoi amici, i muffin di Pierre, Pierre, i suoi muffin, ma anche solamente l'aria francese, la sua casa, il suo cucciolo, il suo letto..
Scese alla sua fermata, e la trovò affollatissima da tutti i suoi amici che non appena la videro le corsero incontro abbracciandola come se fosse l'ultima volta che l'avrebbero vista..oh, aspetta, quella era l'ultima volta che l'avrebbero vista. Beh, l'entusiasmo era ben giustificato.
“Guardate, ha portato la colazione per tutti!”
Urlò Hans, un suo vecchio compagno di scuola, di classe e di banco alle medie. Subito la comitiva decise di andare al parco per stendersi sull'erba a parlare e mangiare. Si fermarono in un bar prima del parco e presero due bottiglie d'acqua, e poi una palla da un venditore ambulante. Arrivati al parco si sedettero tutti sull'erba e cominciarono a mangiare i muffin. Erano circa una dozzina, seduti tutti a cerchio attorno al mucchio di muffin messo al centro.
“Allora, Leila. Cosa farai durante il tuo soggiorno in Italia?” le chiese Hilda, la sua compagna di pazzie preferita. Non era la sua migliore amica, la chiamava solo quando voleva andare a fare qualche cavolata, come un Flash Mob, una manifestazione, un sit-in, andare alle piste di pattinaggio non avendo la più pallida idea di come si pattina, andare all'inaugurazione di un nuovo parco divertimenti, eccetera. Con lei non esistevano le passeggiate tranquille, per questo uscivano praticamente sempre assieme.
“Beh.. studierò là, mi farò degli amici, imparerò a cucinare i piatti tipici siciliani come si deve, e.. boh, non lo so, poi là vedrò!”
“Hai già imparato l'italiano?” Le chiese Marie, una sua amica che faceva pallavolo con lei.
“Oh, si, perfettamente! Mio padre è italiano, mi ha insegnato lui la lingua, e inoltre mi ha regalato la sua collezione di libri di Harry Potter in italiano, per allenarmi. In italiano me la cavo abbastanza bene, sì!”
“Ma sarai solo tu a casa dei tuoi nonni?”
“A dir la verità no, mamma mi ha detto che i nonni ospitavano un'altra studentessa dal Nord Italia, ma non so né chi è, né come si chiama, né quanti anni ha, non so nulla. Spero solo non sia una di quelle che occupano il bagno per mezz'ora solo per truccarsi perché altrimenti pregherei i nonni di rispedirla dal buco da cui è uscita!”
Ci fu una risata generale, poi ricominciarono a farle domande.
“Ma se per esempio vuoi comprare qualcosa inutile, un ricordino, una maglia, devi chiedere i soldi ai tuoi nonni?”
“No, i miei mi hanno fatto una prepagata e ogni mese mi metteranno una bella cifra di soldi, che mi serviranno per le uscite, per i pasti fuori e per i giorni di shopping, per l'attrezzatura scolastica invece ci penseranno i nonni!”
Tutti i suoi amici la tempestarono di domande, poi alcuni si alzarono per seguire Hilda, che si era alzata, aveva preso la palla e aveva cominciato a correre urlando agli altri di provare a batterla a pallavolo, se ci riuscivano. Quasi tutti la seguirono sghignazzando. Quasi tutti, tranne uno. Un ragazzo rimase fermo, seduto a gambe incrociate, con il suo muffin ancora intatto tra le mani, lo sguardo fisso a terra. Leila si alzò per seguire Hilda, ma, notandolo da solo per terra, gli si avvicinò.
“Louis? Che succede?”
Non ricevette risposta. Il ragazzo si morse piano un labbro, chinò ancora di più il capo.
“Louis, rispondimi per favore! E' successo qualcosa?”
Il ragazzo alzò lentamente lo sguardo verso di lei, la guardò con gli occhi color cielo pieni di rancore e le sussurrò solamente: “Fatti tanti amici, in Italia, mi raccomando..” e poi chinò di nuovo la testa, rigirandosi il muffin tra le mani.
“Oooh, Louis!” Esclamò Leila buttandogli le braccia al collo e stringendolo forte, accarezzandogli i bei capelli castani che adorava attorcigliare sempre tra le dita. “Potrò avere tutti gli amici che voglio, ma il mio migliore amico sei e resterai solamente tu!” gli sussurrò in un orecchio, vedendo con la cosa dell'occhio che il ragazzo era arrossito, e anche se non ricambiava l'abbraccio, almeno si stava facendo abbracciare e questo era un buon segno.
“Seria?..”
“Mai stata più seria. Te lo prometto.”
“Mi mancherai tanto Leila!” Esclamò improvvisamente il ragazzo voltandosi e stringendola forte a sé.
Lei sorrise, accarezzandogli la schiena e stampandogli un bacio sulla guancia.
“E' per questo motivo che eri giù di morale?”
Il ragazzo annuì. Leila si staccò delicatamente, si alzò da terra e lo guardò: era ancora rosso in viso. Tese la mano verso di lui.
“Allora, raggiungiamo Hilda e le facciamo vedere chi sono i campioni della pallavolo?” Gli chiese, con un gran sorriso. Louis alzò il capo, la guardò per un attimo, poi prese la sua mano e si alzò da terra, e insieme raggiunsero di corsa la comitiva. Mano nella mano.

   
 
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