On
the
road… whit a stranger
<<
È
chiuso >> mi dice l’uomo senza nemmeno
guardarmi in faccia e sta già
abbassando la serranda della biglietteria.
<<
Come
chiuso? Devo fare il biglietto per il treno >>.
<<
Quale
treno? Oggi c’è lo sciopero, ma non li legge i
giornali? >>. In effetti,
non li avevo letti.
<<
Beh,
ma non saranno tutti soppressi, no? Devo arrivare a New York entro
domani
mattina >>, insisto.
<<
Non
so cosa dirle, qualche treno viaggia, ma sono già tutto
pieni. Noleggi un’auto.
C’è un’agenzia qui fuori
>>. E senza darmi il tempo di dire altro chiude
di scatto la serranda.
La stazione
è pressoché deserta: è sera tarda e
stanno cominciando a venirmi i brividi.
Domani Finn e Rachel si sposano. Era tornato a Lima per partire con mio
padre e
Carole. Conoscevo la strana fobia di Carole per treni. Alla fine,
però, mi
ritrovai a dover ritornare da solo a New York, perché il
professor Schue aveva
saputo che ero tornato in città e mi aveva invitato a cenare
a casa sua.
Rachel, però, aveva bisogno di aiuto e Carole e mio padre
erano già partiti
qualche giorno prima. La cerimonia, però, era di pomeriggio
quindi ce l’avrei
fatta e avrei avuto tutto il tempo di vestirmi per bene. Ecco
perché sono
rinchiuso in dei semplici vestiti e ho piedi intrappolati in vecchie,
strette e
odiose scarpe da ginnastica.
La voce di
un ragazzo mi distrae dai miei pensieri.
<<
Scusi,
come mai è chiuso? >>. Eccolo qui
l’altro sprovveduto di turno, con il
suo trolley e l’aria sicura.
<<
Sembra
ci sia sciopero >>, gli rispondo alzando le spalle.
<<
Mannaggia!
Avevo sentito qualcosa, ma non ci ho dato peso. Devo essere a New York
domani >>.
Parla praticamente da solo. Dopo qualche minuto, però, vedo
che mi passa
davanti alla guida di una macchina. Si ferma e abbassa il finestrino.
<<
Si chiama autonoleggio >>, mi dice con fare che vorrebbe
essere brillante
ma che m’irrita da morire. << Lei dove deve
andare? >>.
<<
A
New York >>, rispondo seccato.
<<
Allora
potrei darle un passaggio. Potremmo fare il viaggio insieme
>>, propone.
<<
Ma
io nemmeno la conosco >>, mi oppongo con un po’
troppa veemenza.
<<
Intendevo
che potremmo dividere le spese del noleggio della macchina e guidare a
turno >>,
ribatte lui.
<<
Cerco,
avevo capito >>, mento << andrebbe bene per
le spese. Il fatto è
che… ho paura a guidare la notte >>.
<<
Ah…
Non importa, basta che non si addormenti, sono un po’ stanco
e non avevo
previsto di dover viaggiare in macchina. D’altra parte ho un
incontro di lavoro
e direi che non ho alternative >>.
Il ragazzo
non mi sembra un male intenzionato, quindi accetto e salgo in auto.
Noto che
non è proprio uno degli ultimi modelli sul mercato.
<< L’addetto mi ha
avvertito che l’aria condizionata non funziona: poco male, in
pieno inverno non
ci servirà molto >>, commenta lui. Poi
aggiunge: << Ah, io mi
chiamo Blaine e lei? >>.
<<
Buon viaggio, Blaine. Io sono Kurt >>, e gli porgo la
mano.
<<
Grazie.
E non sia così teso, sono un guidatore prudente
>>, mi rassicura
stringendomela.
<<
Oh,
non è quello. L’imprevisto sa… e poi la
giornata di domani non sarà facile
>>.
<<
Cosa
deve fare? Se posso chiederlo… >>.
Quella discrezione mi colpisce abbastanza da farmi venire voglia di
riversargli
addosso tutti i miei problemi.
<<
Sono
invitato al matrimonio del mio fratellastro e della mia migliore amica
>>.
Vorrei che mi chiedesse qualcos’altro per poter parlare.
Dopotutto è uno
sconosciuto con cui dividerò quattro ore della mia vita e
poi non lo rivedrò
più. È una bella sensazione, sento che posso
dirgli qualsiasi cosa. Mi rilasso
sul sedile del passeggero. Lui, però, tace. Intanto ci
stiamo mettendo sull’autostrada.
Per un minuto mi concentrò sulle luci delle macchine. Hanno
un non so che d’ipnotico.
<<
Non
mi dica che si sta addormentando. Mi aveva promesso di tenermi
compagnia.
Guardi che la scarico al prossimo autogrill >>, lo dice
serio, tenendo
gli occhi fissi sulla strada, ma so che sta scherzando.
<<
No,
sono le luci. Sono sveglio. Possiamo darci del tu, se per te va bene
>>,
azzardo.
<<
Naturalmente…
Io vado a New York per lavoro, anche per me sarà una
giornata difficile. Adoro
quella città. È il luogo in cui ho sempre
desiderato stare, ma mia madre è
malata e non posso lasciarla sola, quindi sono bloccato a Westerville.
E tu? >>.
<<
Io
ci vivo a New York. Sono tornato a Lima per poter accompagnare i miei
genitori
al matrimonio, ma sono stato invitato a una cena e non ho potuto
partire con
loro. Così, sono rimasto bloccato a Lima >>.
Sospiro e mi
lascio cullare dalle parole di una canzone che stanno trasmettendo alla
radio.
But
baby if you say you want me to
stay
I’ll change my mind
Cause I don’t wanna know I’m walking away
If you’ll be mine
Won’t
go,
won’t go
Mi
viene voglia di cantare e mi sfugge qualche nota dalle labbra. Blaine
mi guarda
e sorride. Ascoltiamo la musica e a tratti cantiamo insieme. Dopo un
po’ di
silenzio, mi chiede se sto bene.
<<
È che… mi dispiace, so che siamo appena partiti,
ma ho proprio bisogno di
andare in bagno >>, farfuglio imbarazzato.
<<
Che problema c’è? Potevo dirmelo prima. Mi fermo
al prossimo autogrill >>.
<<
Non è che poi mi lasci lì? >>,
chiedo scherzando a metà.
<<
Se prometti che poi continui a cantare con me, ti aspetto. Giurin
giuretto
>>. Giurin giuretto mi fa ridere. Non lo sento dire da un
adulto da… non
l’ho mai sentito dire da un adulto.
Quando
torno in macchina, mi sento più tranquillo. Ho preso dal mio
borsone anche un
paio di scarpe alla mia portata.
<<
Odio le scarpe da ginnastica. Mi sento intrappolato quando le indosso
>>.
<<
Vai benissimo >>, mi dice, poi continua senza un filo
logico. << Anch’io
ho un fratello più grande di me. Non ci sono mai andato
d’accordo a causa del
suo carattere egocentrico, ma in questi ultimi anni sto imparando ad
andarci
d’accordo. Devo ammettere, però, che gli ho sempre
voluto bene >>. Io lo
osservo e sorrido.
<<
Io vado molto d’accordo con mio fratello e lui, anche se ha
venticinque anni, è
come un bambino. È solo che il loro matrimonio, mi sta
facendo deprimere
>>, dico sospirando.
<<
Come mai? >>, mi chiede voltandosi curioso verso di me.
<<
Beh, tutti i miei amici sono in procinto di sposarsi o almeno hanno
qualcuno da
amare. Ora che la mia migliore amica va a vivere con mio fratello, non
mi
dispiacerebbe tornare a casa e trovare un ragazzo pronto ad accogliermi
>>, gli dico con lo sguardo rivolto alla strada. Mi giro
verso Blaine e mi
accorgo che sta osservando la strada con un’espressione
leggermente.
<<
Oh, scusami. Non ti ho detto che sono gay >>, dissi
abbassando lo
sguardo. Sono sicuro che ora si fermerà e mi
abbandonerà sull’auto strada.
<<
No problem. Lo sono anch’io >>. Stavolta, sono
io quello sorpreso. Non me
lo aspettavo per niente. Sorrido, arrossendo un po’.
<< Comunque, per il
tuo discorso di prima, non devi disperarti. L’amore arriva
all’improvviso, non
ti avvisa e sono sicuro che per te arriverà presto
>>, m’incoraggia. È
strano come uno sconosciuto può farmi stare meglio.
Armeggio
con il riscaldamento, ma non si accende. Probabilmente era a questo che
si
riferiva l’addetto al noleggio. Blaine si accorge che tremo e
mi offre la sua
giacca. La prendo e mi ci avvolgo. La giacca di uno
sconosciuto… Ha un buon
odore.
La
notte si sta schiarendo. C’è una bella luce, quasi
irreale. Ora riesco a vedere
meglio il mio compagno di viaggio e, mentre lo osservo, mi sembra
persino che i
suoi lineamenti mi siano diventati famigliari. Sarà
quest’atmosfera che si è
creata un chilometro dopo l’altro, questo clima disteso: non
ci dovevamo nulla,
non eravamo tenuti a piacerci, nessuno di noi si aspettava niente
dall’altro, e
non abbiamo dovuto nasconderci.
Blaine
si volta verso di me e per un attimo mi sembra che abbia intuito i miei
pensieri.
<<
Hai fame? >>, gli chiedo.
<<
Ora che mi ci fai pensare… >>.
<<
Ho fatto provviste prima, all’autogrill. Dolce o salato?
>>, dico
allungandomi a prendere la busta sul sedile posteriore.
<<
Tutti e due? >>.
Passiamo
dalle patatine alle brioches. Offro il sacchetto aperto a Blaine
perché possa
tuffarci la mano senza distrarsi dalla guida. Lui fa cadere delle
briciole sui
pantaloni e ride. Poi, così, senza preavviso mi dice:
<< Una bella
fortuna, questo sciopero >>.
Arriviamo
a New York all’alba. La città è ancora
addormentata, così è ancora più bella.
L’ultimo
quarto d’ora prima che Blaine mi lasci
all’indirizzo che gli ho dato lo
trascorriamo in silenzio.
Al
momento di congedarci mi sembra strano doverlo fare. So che il nostro
non sarà
un “arrivederci” e so anche di essere stato
così bene proprio perché ero
consapevole che ci saremmo salutati, che non avremmo condiviso che
quelle poche
ore, che non dovevo essere in nessun modo diverso da me stesso. Che
potevo
cantare ad alta voce e mangiare le patatine alle quattro di notte.
<<
Buona fortuna per il tuo lavoro >>, mi ritrovo a dire e
lui mi sorride,
ringraziandomi.
A
un tratto prende un foglietto e una penna e inizia a scrivere.
<<
Questo è il mio numero >>, mi dice porgendomi
il foglietto << se
hai bisogno di un altro passaggio >>.
Mentre
Blaine mi porge quel foglietto, mi rendo conto che il viaggio non
è finito. Che
devo essergli piaciuto così, con le mie paranoie da ragazzo
solitario e tutto
il resto.
Aspetto
un po’ prima di salire a casa di Rachel e Finn. In parte
perché è troppo
presto, e poi perché ho il bisogno di fermarmi a guardare il
punto in cui la
macchina di Blaine gira l’angolo. Decidere se dopo quella
svolta c’è davvero
altra strada da fare.
<<
Sono così felice che tu sia riuscito a venire!
>>, esclama Rachel appena
mi vede. E mi stringe in un lungo abbraccio.
Solo
ieri sera avrei pensato a quanto sarei stato male, dopo il suo
matrimonio.
Oggi, invece, riesco a pensare solo a quando io sarò come
lei.
<<
Volevo chiederti… ti dispiace se invito un amico?
>>, le dico.
<<
Non c’è nemmeno bisogno di chiedere
>>.
Immagino
che Blaine sia alla sua riunione di lavoro, così gli invio
un messaggio sul
cellulare:
“Sarei
contento se riuscissi a
raggiungermi al matrimonio di mio fratello”.
La
risposta arriva immediatamente. E leggendola sorrido:
“Lo
sapevo che avevamo ancora molta
strada da fare. Insieme. Il nostro viaggio è appena
iniziato”.
Angolo
dell’autrice
Salve
a tutti! Prima di
tutto vorrei augurarvi buon anno, anche se in ritardo. Beh, come si
dice?
Meglio tardi che mai.
Ok, questa è una piccola storiella che ha inventato il mio,
ormai in fin di
vita, ultimo neurone.
Mio padre stava guardando un film, dove c’era una mini scena
simile. Cioè, ha
fatto vedere solo che una signora non poteva prendere il biglietto e
poi
arrivava l’idiota di turno che non sapeva dello sciopero.
Fortunatamente, il mio unico neurone si è messo a lavoro e
ne è uscita fuori
questa storiella, che spero non faccia tanta pena.
Fatemi sapere cosa ne pensate e ricordatevi con ogni vostra recensione
il mio morente
neurone, guadagna dieci minuti di vita!
Alla prossima
xoxo KekkaFox