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Autore: Sisthra    02/01/2013    3 recensioni
Shuan poteva dire ciò che gli pareva, ma a Desmond Monteriggioni piaceva: camminava spesso per le strade semi-deserte, a tarda sera, confrontando la città davanti ai suoi occhi con la sua versione passata.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Desmond Miles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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" La storia è formata da cambiamenti Desmond, e se qualcosa non evolve è morto."
Shaun poteva dire ciò che gli pareva, ma a Desmond Monteriggioni piaceva. Quella piccola cittadina di poche anime nella campagna toscana era ormai simile ad una città fantasma, ma lui vi trovava una strano fascino, anche se non sapeva spiegarsi se era perchè gli piaceva geniunamente o se si era semplicemente fatto influenzare dalle ore passate nell'Animus.
Camminava spesso per le strade semi-deserte, a tarda sera, confrontando la città davanti ai suoi occhi con la sua versione passata.  Una Panda parcheggiata in un vicolo dove cinque secoli prima si trovava un carretto pieno di fieno, convenientemente piazzato da Mario Auditore. Chissà che fine aveva fatto, il carretto. Probabilmente era stato spostato con nonchalance quando il suo scopo era stato ormai dimenticato da tempo...di sicuro nessuno aveva più eseguito un salto della fede, da lassù.
I cartelli di divieto di sosta, quelli sicuramente non gli aveva mai visti, nell'Animus. Ezio il suo cavallo lo aveva sempre fermato dove più gli pareva, di sicuro nessuno gli aveva mai fatto una multa.
Si fermò davanti alla vecchia chiesa per osservare il rosone; per un istante, davanti agli occhi, vide brillare in equilibrio precario sulla cima una piccola statuetta, prima che l'immagine sbiadita di un giovane dalla veste di Assassino non si arrampicasse agile sul tetto e la afferrasse...
Riprese a camminare, volgendo le spalle alla scena. Era già la terza volta che la vedeva passando di lì: frammenti di ricordi costretti a ripetersi all'infinito come la scena di un film che si continua a rimandare indietro, ancora e ancora. Svoltò lungo una stradina e si avviò lungo la via principale. Al posto del mercante d'arte c'era un piccolo caffè, il gabbiotto del dottore era diventato un piccolo appartamento privato. Si chiese se ci vivesse un medico: la coincidenza sarebbe stata piuttosto divertente.
Si avvicinò al caffè, entrando nel locale ancora aperto- i locali italiani sono aperti fino a tardi, aveva scoperto, soprattutto quando il caldo afoso dell'estate permette di uscire solo la sera-.
<< Un espresso, per favore.>> borbottò, a bassa voce. Aveva scoperto di aver imparato l'italiano piuttosto fluentemente, un particolare che lo aveva sorpreso. Fino a poco tempo prima aveva ancora avuto bisogno dei sottotitoli inseriti da Rebecca per districarsi nei ricordi del suo antenato, ma quando qualche giorno prima era entrato nel locale pronto ad ordinare a gesti, si era trovato ad intavolare una sorpresa conversazione con il barista.
Il barista- Giovanni, tra parentesi, un nome che gli aveva dato un tuffo al cuore quando l'aveva sentito. Qualche giorno dopo, quando aveva scoperto che due uomini italiani su tre si chiamano Antonio, Mario o Giovanni, si era dato dell'idiota.- gli fece un cenno di saluto e si affrettò a servirlo.
Non parlarono granché, anche perchè dopo la prima stupita conversazione Desmond non aveva la benché minima idea di cosa avrebbero potuto parlare. Bevve il caffè in fretta ed uscì.
<< Non pensi che questo colore mi doni?>>
<< Cosa?>> chiese, voltandosi di nuovo verso la porta del locale. Giovanni alzò lo sguardo dalla piccola televisione montata sul bancone e lo fissò stupito.
<< Io non ho detto nulla.>>
Lanciò un'occhiata alla sua destra: la figura traslucida di una donna reggeva un vestito appena comprato dal sarto, fissando interrogativa la figura del marito, concentrato invece probabilmente sui fiorini spesi..le due figure sparirono dopo averlo superato camminando.
<<  No, stavo solo...pensando ad alta voce.>> si scusò goffamente, allontanandosi in fretta. Dopo pochi passi dovette fermarsi, passandosi una mano sul viso. Le apparizioni erano troppe. Troppe, e troppo nitide.
Era troppo facile immergersi in quel fiume di momenti immortalati per sempre nei ricordi, ma non doveva permettersi di iniziare a confondere passato e presente...
Una decine di guardie lo superò correndo, agitando le armi ed abbattendo indiscriminatamente chi gli si parava di fronte, senza pensarci si abbassò ad evitare uno schizzo di sangue...
<< Signore...>>
<< Avete bisogno di qualche medicamento?>> la voce pacata di un dottore...
<< Signore...>>
Un bambino che giocava a palla...
<< Signore, si sente bene?>>
Riaprì di scatto gli occhi, ritrovandosi a fissare una signora anziana che lo osservava preoccupato. Udì il rumore di qualcosa che cadeva ripetutamente alle sue spalle. Batté le palpebre, aspettandosi di vederla svanire, ma dopo qualche secondo si convinse che sì, era reale e sicuramente del suo tempo.
<<...sì, tutto a posto. Solo un po di mal di testa...il caldo.>> borbottò, rialzandosi.
Il bambino con la palla lo osservava da lontano.
Lo aveva scambiato per un'altra apparizione.
Sospirò e si avviò verso Villa Auditore, pronto a dire a Lucy che sì, stava benissimo e no, non aveva avuto altre crisi, andava tutto bene. Sulla soglia della villa si voltò un'ultima volta: non c'è che dire, Monteriggioni restava comunque un bel paese.

L'effetto osmosi mi affascina in tutta la sua semplicità, ma di sicuro il povero Desmond deve aver avuto non pochi problemi a gestirlo nel luogo esatto in cui si trovano così tanti ricordi di Ezio...è la mia prima fic su Assassin's Creed e l'ho scritta dopo aver appena iniziato Brotherhood(cioè ieri sera), nella scena in cui arrivano a Monteriggioni ho provato un piccolo tuffo al cuore, pensando "Questo non può far bene al ragazzo.". Ah sì, so bene che Monteriggioni esiste davvero e che è tutt'altro che "una citta fantasma", ma la versione del gioco sembra abitata, se tutto va bene, da quattro gatti xD.
   
 
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