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Autore: Cathedral_de_la_Rose    21/07/2007    2 recensioni
La storia parla di una ninfa dell'acqua che è diventata tale a causa di una delusione amorosa... Prima era un'umana, ma la sua ricerca della morte l'ha portata a dover vivere un'altra volta in completa solitudine...
Genere: Malinconico, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-"Ricordo fin troppo bene il giorno della mia morte…"

Stavo nascosta dietro un albero, stupita di ciò che vedevo e sentivo: una ninfa protettrice dell’ acqua stava parlando con una cerva. L’avevo riconosciuta, l’avevo viste tante volte nei libri di mitologia: la corporatura esile su cui si posava un vestito semplice, senza trine né nastri, i capelli lunghi e azzurri mossi come onde e gli occhi sorridenti; ma in lei c’era qualcosa di diverso: dai suoi occhi color cielo pioveva tristezza simile a petali sospinti dal vento, lacrime leggere scorrevano come un ruscello, i singhiozzi sembravano pigolii…chiusi gli occhi.

"Vuoi ascoltare anche tu la mia storia?"

Aprii gli occhi. Stava parlando con me, con una qualsiasi ragazzina di 12 anni. Era ancora più carina da vicino.

"E’ una storia triste… come ti chiami?"

Mi osservò con quei suoi occhi grandi…quasi mi ci perdevo dentro.

"Reira, mi chiamo Reira. Beh, vorrei ascoltare la tua storia, sempre se hai voglia di raccontarmela…"

"Certo…sai, mi ricordi un po’ me quando ero ancora un’umana…"

"Sei stata umana?"

"Sì, ero la sacerdotessa al tempio qua vicino, poi però… aspetta, avviciniamoci al fiume, là ti racconterò tutto… a proposito il mio nome è Ainsel, piacere di conoscerti"

Ci avvicinammo al fiume, non l’ avevo mai guardato con attenzione: l’acqua era limpidissima, perfino la luna sembrava essersi avvicinata per specchiarcisi.

"Ero la sacerdotessa al tempio scintoista che si trova qui, nel bosco. I miei giorni si ripetevano sempre uguali, senza tregua, l’ unica cosa per cui pensavo che potesse valere la pena vivere era Ed, un mio compagno di scuola, ne ero innamorata, credo. Un giorno mentre ero al tempio sentii squillare il telefono e andai a rispondere: era una mia amica, mi disse di aver visto Ed ridere e scherzare con un’altra ragazza; disse che sembravano molto amici e che camminavano a braccetto, ridendo. Non che non dovesse, eravamo amici, ma non innamorati, o almeno lui non sembrava innamorato di me..."

Un pesce guizzò fuori all’acqua e cadde vicino ad Ainsel. Lei lo prese e lo rimise nel fiume. Poi riprese:

"Appena lo seppi, il mio cuore ebbe un sussulto; non c’era più niente per cui vivere, niente per cui lottare; provai a dire qualcosa, ma non ci riuscii: le mie parole gridate al vento erano solo un’ illusione, non avevo la forza di urlare. Scattò la mezzanotte. Per un attimo ebbi la consapevolezza che quello sarebbe stato il mio ultimo domani nuvoloso, il mio ultimo domani e nient’ altro. Ero spaventata. Caddi sulle ginocchia. La mia amica continuava a chiamarmi dall’altra parte del telefono, poi riagganciò. Oltre al dolore in me c’erano rabbia e disperazione, ma anche paura, la paura di rimanere da sola. Cominciai a correre per il bosco, inciampando nelle radici. Poi arrivai a questo fiume. L’acqua così limpida: l’opposto del mio stato d’animo. Decisi di volerci annegare le mie paure, i miei sentimenti. Iniziai a raccogliere sassi e a mettermeli in tasca. Andai sul ponte e salii in piedi sul muretto; sotto di me, come stanotte, solo il riflesso dell’ultimo quarto di luna. Le lacrime scivolavano come stelle cadenti; poi però sentii una voce e mi voltai: era Ed"

Ainsel cominciò a piangere, si sporse verso il fiume ed io vidi solo il fondersi delle sue lacrime con l’ acqua cristallina e il riflesso della luna tremare. E tra i singhiozzi:

"Mi disse di scendere, di non fare la stupida, disse che lo aveva chiamato la mia amica preoccupata perché non rispondevo al telefono e anche che la ragazza con cui era uscito era solo sua cugina. Mi disse anche che gli piacevo. Stavo per scendere, ma il muretto si sgretolò e caddi. Ed mi afferrò per una mano, mentre cercava di riportarmi sul ponte alzai lo sguardo, lo guardai e gli dissi:

-Scusami, sono solamente un peso, poi lo so che non mi sopporterai più e ti troverai un’altra… Ti piaccio, ma non mi ami; dopo che mi avrai salvata cosa farò io? Lo so che ci vuole più coraggio per continuare a vivere anzi che per uccidersi, ma se io quel coraggio non lo avessi? Sappi però che io continuerò ad amarti. Solo una cosa ti chiedo: ti prego, non odiarmi…- Lasciai la presa della sua mano, l’ultima cosa che sentii fu il mio nome; poi il freddo, l’acqua che mi riempiva i polmoni e il peso delle pietre e dei vestiti bagnati. I muscoli mi si intorpidirono e persi conoscenza… Non ricordo altro, mi dispiace"

Anche il mio volto era rigato dalle lacrime, non sapevo cosa dire. Mi guardò e poi disse:

"Ti stai chiedendo perché adesso sono una ninfa, vero?"

Feci cenno di sì con la testa.

"Questa è l’espiazione della mia colpa: io mi sono tolta la vita per non soffrire, ma adesso devo pagarne le conseguenze soffrendo tutta la mia seconda vita in solitudine come avevo sempre temuto, adesso, però, io sono felice, perché gli umani non possono vedere noi creature mistiche, invece tu puoi. Lo considererò come il tuo regalo per il mio ventesimo compleanno dopo la mia morte…grazie per avermi ascoltata".

Mi baciò sulla fronte e scomparve alla luce dell’alba. Tornai tutte le altre notti, ma non la trovai più. Dove stette seduta quella notte, ci nacque questo ciliegio-.

- E’ per questo che veniamo qui tutti gli anni, sempre lo stesso giorno, mamma? Eh? Perché è l’anniversario della morte di quella signorina?-.

- No, topino, è perché è l’anniversario del suo arrivo in paradiso-.

- Io penso che le piaceranno molto quei fiori, mamma-

-Credo anch’io. Tieni, appoggiali ai piedi dell’albero-.

-…Mamma? La senti anche tu questa voce? Cos’ è questo canto?-

- E’ la voce dei ricordi…-

 
  
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