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La fine del
mondo?
Cos’è la fine del mondo? Perché la fine
del mondo? Fine? Cosa finisce?
Quante domande. Ce n’era una in particolare, però,
che dava fastidio anche a un
pezzo di ferro, un tutt’uno come lui.
Cosa vorresti fare prima che il mondo
finisca?
Come il conto alla rovescia prima di Capodanno, una tesissima
ventina di
minuti prima della fine.
Ridusse gli occhi acquamarina a due fessure.
Gran aveva perso tantissime occasioni, se le era lasciate sfuggire come
saponette, come fiocchi di neve al vento. Una
dopo l’altra. Ora nella mente le contava, le
rivedeva, rimpiangeva il freno
che aveva messo a tutti – o tanti suoi impulsi.
Voleva dimostrare a suo padre che era degno di essere chiamato Hiroto,
Kiyama
Hiroto, che non era solo un sostituto, una bambola che conteneva
l’anima del
figlio perso.
Poi, accarezzando la polvere sugli angoli degli armadietti, poi,
pensò, quella
mattina avrebbe potuto dire a Gazel che Shuuya lo stava cercando.
Invece si erano trovati, sì, di nuovo a litigare, pieni di
graffi, sangue e
sudore, lividi e gonfiori.
L’eco delle urla sembrava sentirsi ancora, aveva impregnato
le pareti di
rabbia, assieme a tutte le altre, come tanti fantasmi.
Era difficile lasciare la persona a cui aveva pensato tutta
la giornata, tutta
la settimana, il suo tutto in quel
vuoto, alla fine della lista dei pensieri.
Ma decise di sforzarsi di mettere prima di lui tutto il resto,
dimenticarlo per
qualche attimo, anche se non aveva
senso. Era una cosa da testardi, si disse.
Gran rifiutava l’amore.
Passo dopo passo finì di fianco alla stanza di
Reize, che dormiva come se
stesse facendo da conchiglia a Diam, sopravvissuto per miracolo a un
sovraccarico della pietra.
Capitava spesso, troppo spesso.
Sentì un buco nero al petto. Era un momento in cui gli
sembrava di non aver
avuto un’anima, un corpo, un pensiero. Buio. Il buio di tutti
i giorni.
Arrivava a fare le cose automaticamente, senza pensare.
Una frase scritta su un foglio, cancellata, scritta e cancellata senza
mai fermarsi.
Beh, si sarebbe fermata. Sarebbe stata cancellata un’ultima
volta, o interrotta
a metà.
Anche se, c’era da dire, che in ognuna di quelle frasi
compariva una nota
diversa grazie al suo tutto, che
non
era niente di meno che un suo fratello.
Sentì qualcuno piangere.
“Fuusuke, Fuusuke, Fuusuke”
ripeteva
fra i singhiozzi il co-capitano della Prominence.
Un nodo tirò come una corda la gola di Gran.
“Fuusuke, cazzo, come suona bene il tuo nome.
Perché non l’ho mai detto prima?
Fuusuke, Fuusuke.”
“Shuuya, ti amo, ti amo, ti amo”
Dicevano sempre che erano cose da innamorati, quelle di tenersi
stretti,
piangere assieme, tenersi per mano e baciarsi. Dicevano sempre che
essere
innamorati rendeva stupidi e superficiali, faceva credere chiunque di
essere un
poeta che si emozionava troppo facilmente. Dicevano sempre di non
essere
innamorati.
A Hiroto, tutto quello faceva pensare a una cosa sola. Una persona sola.
Aveva sempre pensato che avere bisogno di qualcuno fosse una gran
cazzata, che
ce la si poteva fare da soli, con coraggio e lucidità.
Ma c’era l’inghippo, c’era
l’inganno anche lì, si chiamava amore, il bastardo.
Gran rifiutava l’amore, Gran era
innamorato.
Innamorato di un sorriso beffardo e di capelli rosso vivo, una
pettinatura
strana e un paio di occhi ocra.
Più si costringeva a pensare che fosse solo interesse,
più se ne innamorava sul
serio.
L’amore era una cosa stupida.
Era un
ritardato, l’amore, come dicevano quei due. Non era cieco,
solo ritardato.
Sorrise. Pensò di essere uno stupido,
mentre usciva dal corridoio e camminava sul tetto, dove
l’avrebbe trovato.
Cosa
vorresti fare prima della fine?
Vorrei
chiedergli scusa, non so per cosa. Dirgli che sono stato un codardo a
non
dirgli mai nulla, a non chiedergli di essere la squadra più
forte insieme a me,
che lo amo fottutamente troppo.
Baciarlo, passargli le mani fra i capelli, sentirlo ansimare e
chiamarmi senza
rabbia, sorridergli e vederlo sorridere, sentirmi stupido e avere le
farfalle
allo stomaco; vorrei ritirare tante cose che ho detto e sostituirle con
altre.
Ma non c’era più tempo.
Gran voleva
solo stare con lui, poteva solo stare con lui.
“Bur—Haruya.”
Si corresse, avvicinandosi alla divisa sporca del Nagumo.
Sembrava
sorpreso di vederlo, Burn. Aprì la bocca e lo
chiamò piano, quasi
senza crederci. “Gran...” ma cambiò
immediatamente atteggiamento. Aggrottò le
sopracciglia, sfidandolo con lo sguardo. “Che ci fai qui? Sta
per fermarsi
tutto – sorrise, tentando di renderlo uno dei suoi soliti
sorrisi arroganti – e
alla
fine
il migliore sei tu.” Era
malinconico, quasi arreso.
“Non
sono il migliore.” Le parole gli scivolarono fuori dalle
labbra, d’impulso. “Tu...
– si sedette di fianco
a lui – cosa vorresti fare prima di morire?”
Dieci. Nove.
“Ci
sono tante cose, Hiroto.” Trattenne un singhiozzo.
“Tante.”
Otto. Gran voleva
abbracciarlo. Sette.
Sei. Cinque.
In fondo gli bastava
stare con lui negli ultimi attimi.
Quattro.
“Burn...”
Quello si
girò, con gli occhi gonfi, rossi.
“Scusami.
Per tutto.” Tre. “Ho
paura.”
Due.
Scivolò
fra le sue braccia, il migliore, tremando. Aprì le labbra.
Uno.
Non
c’era più tempo.
♔
Angolo.
YOOOOOOOO (?) çAç Ma era da un sacco che non postavo –non vedevate l’ora che io tornassi, né?- -machitivuole- ok. T_T
Uhm, non so che dire di questa roba. Inizio scrivendo che efp mi è mancato un sacco, è da... settembre che non posto, mi pare. Mi mancava un sacco scrivere e mi mancava la gentaglia di efp, sì, tanto. ♥ #momentoscioglievolezza
Quindi visto che il tema della fine del mondo –i Maya ci hanno trollati- mi ispirava assaie (??) quindii ci ho scritto una cosina.
E ho finito per affezionarmici un po’. Insomma, è la mia prima GuraBan. Non è che sia un granché ma è pur sempre la mia prima GuraBan.
Non lo so, mi sono innamorata follemente di sti due, anzi. Credo sia un'ossessione. Anche se ho un po' di nostalgia per la BanMaki, lo ammetto. çç
E’ che non sono brava a scrivere sull’amore (?) e mi dà persino fastidio scriverla e dirla, quella parola.
Però fatto sta che fatta sto vi amo, mi mancavate e non vedevo l’ora di rompervi le balle di nuovo su questo sito.
-inchino-
Un grazie infinito a chi recensisce, o anche solo ha letto. ♥
cha.
P.S.: Antequam significa “prima che” in latino *il libro Maiorum Lingua le tira un calcio*