That kind of love never dies
Quel
tipo d’amore non muore mai.
Guarda, Klaus, guardati intorno. Cosa possiedi? Nulla. Non
hai nulla, a parte cinque bare chiuse contenenti i pezzi del tuo cuore infranto
dall’odio e da dieci secoli di solitudine. Una è stata appena sigillata dalle
tue dita tremanti. Quella che contiene le spoglie della tua unica sorella,
almeno se non rimugini sulla piccola Jamelia bruciata viva nella sua casa da
Mikael con tutta la sua famiglia. Rebekah. Un sorriso forzato ti arcua le
labbra. Rebekah. Sussurri piano il suo nome, come se potessi destarla dal sonno
indotto da te stesso con quel lieve mormorio. Rebekah. Dolci onde profumate di
lavanda in cui amavi immergerti quando la consolavi dopo l’ennesima delusione a
causa di uomini troppo sciocchi e indegni delle sue attenzioni. Occhi color del
mare in cui ti rifugiavi quando la paura ti irradiava il cuore di quei suoi
raggi malefici che tanto ostentavi di non possedere dinanzi agli altri, ma che,
sempre e per sempre, ti avevano accompagnato nella tua eternità, nel tuo
Inferno personale. Tu hai un cuore, Klaus? Per Rebekah la risposta sarebbe
sempre stata sì. Credeva in te, si fidava di te, ti amava come nessuno aveva
mai fatto, nemmeno tua madre. Tua madre che rimaneva inerme quando quello che
credevi essere tuo padre ti picchiava, alle volte ti frustava e quelle
cicatrici puoi giurare di averle ancora soprattutto nell’animo,- lo senti
ancora il fragore delle sue cinghiate risuonarti nell’orecchie mille e mille
volte ancora, Niklaus? Tua madre che piangeva sommessamente quando scorgeva il
sangue oramai rappreso e secco sulle tuniche prima candide di te ed Elijah dopo
l’ennesima lotta per l’amore di Tatia. Tua madre che ti aveva rinnegato dinanzi
a un altare di fuoco e sangue di persone a cui avevi imparato a voler bene nel
corso dei tuoi anni da umano. Te li ricordi i loro volti, Klaus? I volti delle
tre persone che sono morte per te quella notte di Luna piena? Era la notte del
secondo Odinsdagur*
della stagione invernale e la natura era satura di elettricità. Bjorg, Awan,
Tatia. Il vampiro, il licantropo, il doppelganger. Morti per impedire
all’abominio che sei sempre stato di emergere e macchiare il mondo di infamia. Sei un abominio, Niklaus. Ne sei
consapevole? Figliolo, è così che deve essere. Non guardarmi. Perché, Madre? Perché sono così? Perché?
Perché la verità è che non saresti dovuto nemmeno nascere. Dalla violenza non
si genera che distruzione. E tu, sciagurato figlio mio, non sei altro che uno
stupro. Solo un rumore seguì quelle frasi pregne di cattiveria e diniego.
Quello di un cuore spezzato. E di un altro che cadeva al suolo. I ricordi ti tormentano, nevvero
Niklaus? Non sono forse loro a tenerti sveglio di notte? Da quando non dormi,
Klaus? Forse da quella sera lontana mille anni del 987? O forse da quando non
l’hai tra le tue braccia?
Quel
tipo d’amore non muore mai.
Amore. Parola
sconosciuta ai più, agognata da molti, disprezzata da altri, ripudiata da chi
l’aveva provata ed è rimasto ferito. Ricordi il tuo primo amore, Klaus? No?
Eppure la sua immagine vive ancora nella città in cui ti sei insediato senza
rispetto, animato da una presunzione che ti sei cucito addosso come una seconda
pelle ritenendoti sempre il più forte, il più potente, il più scaltro. È bella
Elena Gilbert, splendida con quei grandi occhi dolci color delle castagne, con
quei lunghi e setosi capelli dalle sfumature color mogano, con quell’inarcato
olivastro e ovale che avrebbe incantato anche il più cieco tra gli uomini, con
quelle labbra rosee e leggermente a cuore che avrebbero potuto generare delle
guerre intestine per quanto erano soavi da lambire; è pura Elena Gilbert,
meravigliosamente compassionevole e dolce, una figlia devota, una sorella
gentile e disponibile, una giovane timida e discreta. Sì, Elena Gilbert è bella
e pura, ma per te, per te Niklaus, lei non è nemmeno lontanamente paragonabile
alla sua antenata. Se Elena Gilbert è bella, Tatia Petrova era la perfezione
incarnata in una donna che di puro non aveva ispirato molto negli uomini del
suo villaggio. Tatia possedeva un fascino che difficilmente era possibile
arginare, ricordi Klaus? Ricordi i giorni in cui, da bambini, ti rivolgeva un
soave sorriso e ti imbarazzavi tanto da arrossire? Ricordi come rideva quando
scorgeva le tue gote rosse e paffute, con quelle fossette angeliche? La risata
di Tatia era limpida e ti innamorasti di quella, più che del suo corpo. Volevi
che fosse felice, volevi renderla felice. Volevi che fosse tua affinché la sua
vita potesse essere la più sgombra di preoccupazioni possibile. Lo volevi
davvero, Niklaus. Il tuo amore era puro, così come quello di tuo fratello. Gli
altri bramavano il suo corpo, voi la sua anima. Ma Tatia era una donna ingorda
e terribile, capricciosa. Giocò con i vostri cuori, li strinse in una morsa
letale, facendoli sanguinare per poi perire. Entrambi. Non scelse nessuno e a
voi, a te e al tuo adorato Elijah, il padre che avresti desiderato fosse il
tuo, non rimasero che le ceneri delle vostre anime spezzate. Non ti innamorasti
mai più. L’amore è per i deboli, dicevi, e tu non eri un debole. Tu non provavi
amore. Quando giacevi con una donna, la più avvenente e la più sensuale, una
donna di rango, lo facevi per lussuria, non per sentimento. Non serbavi neanche
il ricordo di Tatia. Era stata una delusione troppo forte per il te ragazzo,
una delusione che il te vampiro tramutò in odio viscerale. È per questo motivo che
hai indugiato tanto nella vendetta per la fuga di Katerina Petrova? Sì, e lo
sai. Ti privasti di quel fratello che è sempre stato la tua guida, il tuo punto
di riferimento soltanto perché lui aveva avuto tanta compassione di lei da
rivolgerle sguardi riguardevoli per metterla in allarme. Sai e sapevi anche
allora che Elijah non ti avrebbe mai tradito. Eppure l’hai mandato via, il
vostro rapporto si è progressivamente deteriorato per poi svanire del tutto. E
ti è rimasta soltanto Rebekah. Rebekah che ha ricollegato i pezzi del tuo cuore
e che ti ha curato, spronandoti. Sapevi che per lei quella scelta, rimanere con
te e lasciare andare Elijah, era costata molto, ma non si era mai pentita.
Perché tu avevi bisogno di lei più di quanto lei avesse bisogno di te. Avete
continuato la vostra eternità da soli, tra feste, nobiltà e stragi efferate.
Una vera goduria all’inizio. Una vera noia dopo poco tempo. Novecento anni,
secoli di vuoto, in cui il tuo cuore non esisteva più, non batteva, non pompava
sangue, in cui il tuo corpo si manteneva in vita per puro dispetto e per la
linfa vitale delle tue vittime innocenti. Ed è bastato un solo sguardo a
cambiare le carte in tavola. Due smeraldi preziosi che osservavano il mondo con
arroganza, sfrontatezza e baldanza, come se fossero i suoi padroni. Ne
rimanesti conquistato. Incantato persino. E lui ti te. Per la prima volta dopo
tanto tempo riscopristi cosa fosse l’amore.
Quel
tipo d’amore non muore mai.
Chicago era bellissima negli anni Venti. Il mondo intero risplendeva
negli anni Venti. Le donne erano splendide, i liquori prelibati, le feste
nobili e perverse insieme quando l’eleganza si mescolava con la sensualità, la
musica deliziosamente colta. Un mondo di luci e di colori, il posto ideale per
un artista come te. E poi, beh, poi c’era lui.
Lui è stato il tuo secondo vero amore, per certi versi anche l’unico della tua
esistenza. Difficile dargli un’identità ben definita, un aggettivo non potesse
qualificarlo, nemmeno il termine perfetto. Sarebbe stato troppo riduttivo per
te. Lui era vento. Era insieme una calda brezza estiva, di Libeccio, quando,
dopo aver fatto l’amore, si ristorava al tuo fianco, appisolandosi sul tuo
petto glabro e nudo, e forte Maestrale quando si animava di passione mentre ti
parlava, ammaliandoti come nessuno mai era stato in grado di fare prima di
allora. Ti aveva fatto sentire un re, un imperatore, il capo di tutte le genti.
Aveva dato un senso al tuo nome, un significato che, dopo il tradimento di
Elijah e l’indifferenza di Kol, era passato in secondo piano. Era stato insieme
padre, madre, fratello e amante**. Era stato tutto ciò che avevi perso, o che non
avevi mai posseduto davvero. Stefan Salvatore. Un bel nome, altisonante al
punto giusto, né troppo artificioso e pomposo né scialbo e banale. Ti sono
sempre piaciute le doppie iniziali con la stessa lettera, nevvero? Quanto tempo
avete impiegato a cadere l’uno nelle braccia dell’altro? Poco e lo sai anche
tu. Chi abbia ceduto per primo non è importante, - fu lui, ma, ti ripeti, non è
importante. Ciò che davvero contava e conta è che l’amore colpì entrambi nello
stesso istante. Il pensiero di Rebekah fu l’unico a fermarti per poco tempo,
poi lo accantonasti. A tua sorella quell’infatuazione sarebbe passata. Ma la
tua, la tua Niklaus, era una situazione ben diversa dalla semplice sbandata di
qualche settimana. Il tuo era amore. Vero, passionale, vivido, lussurioso,
lascivo, dirompente. Distruttivo. Un amore come il vostro non è mai esistito e
non esisterà mai. Il vostro amore è unico, come lo eravate voi. Due re. Due
facce della stessa medaglia. Due complici. Un qualcosa che superava la banale
perfezione.
Quel
tipo d’amore non muore mai.
Eppure è morto, vero Klaus? Sei solo un patetico illuso. Per
lui non sei più nulla. Lui così innamorato della sua Elena, così soave, così
angelica, così pura. Così dannatamente falsa e bugiarda. Lui è tuo, Niklaus.
Stefan Salvatore è tuo di diritto perché l’hai amato così tanto da farti male,
così tanto da distruggere la corazza di gelida indifferenza che hai eretto
quando hai ricevuto il colpo finale con il tradimento di Elijah. Non ti fidavi
più di nessuno, tante volte non hai prestato ascolto nemmeno alla tua piccola e
cara Rebekah. Perché avevi paura. Un immenso timore che anche lei potesse
andare via e lasciarti solo e inutile, senza nessuno su cui poter far
affidamento, senza nessuna famiglia che ti amava per quello che eri e che non
tentava di cambiarti, proprio come avevano fatto tutti. Stefan è stato più
forte. Più potente dei dubbi, dei timori, della paura. È penetrato con forza
nel tuo animo logorato e corrotto dal tempo e ha distrutto i muri, le pareti,
le corazze, gli scudi. Ti ha spogliato di ogni difesa e ha accarezzato la parte
più intima di te, quella più pura, quella più onesta, quella che apparteneva al
te ragazzo che correva tra i boschi limitrofi al suo villaggio per la libertà
di sentirsi soltanto un bambino, non un uomo come avrebbe voluto tuo padre.
Stefan è diventato l’unico. Il solo a poterti vincere. Non hai mai permesso a
nessuno di sfiorarti il cuore, non hai mai permesso a qualcuno di potersi
avvicinare così tanto a te da fondere i vostri corpi e le vostre anime. Non hai
mai condiviso il tuo sangue, nobile, potente e puro, con qualcun altro. Hai
trasformato pochi umani in vampiri appunto per quello. Perché non li ritenevi
degni di possedere il tuo sangue. Ma con Stefan è stato diverso. Stefan era tuo
e tu eri suo. Non v’era nulla di più semplice e perfetto per te. Però è finito.
Il tuo sogno si è infranto e a sgretolare il tuo mondo e le tue fantasie è
stata la stessa persona di cui cercavi approvazione da bambino. Mikael ha avuto
un tempismo eccezionale, non c’è che dire. È arrivato proprio nel momento in
cui eri più felice. Nell’istante in cui, per Bekah, Stefan stava divenendo solo
la scia di un amore terminale. Conoscevi bene quegli istanti prima della fine.
Rebekah era volubile, capricciosa ed estremamente passionale. Impetuosa e
impulsiva. Cercava amore, un amore vero, reale, vivido, ma, quando si accorgeva
che non ci poteva essere futuro, per un motivo o per un altro, si disinnamorava
con la stessa facilità che l’aveva animata all’inizio. Di solito non durava
molto. Con Stefan aveva trascorso un mese scarso. E quello era l’istante
ottimale per la tua mossa. Ma quei proiettili di legno hanno distrutto
qualsiasi speranza. Hai preso Rebekah e l’hai portata via, impedendole di farsi
uccidere dalla sua stessa ingenuità. E hai guardato negli occhi il tuo Stefan
per l’ultima volta. Fratello, l’hai chiamato fratello. Avresti voluto
ringraziarlo per molto altro, ma sapevi che, se gli avessi donato lo stesso
appellativo che mugugnavi soddisfatto dopo aver fatto l’amore, non l’avresti
più lasciato andare. E lui non poteva venire con te. No. Non volevi che Mikael
scoprisse di lui. L’avrebbe disintegrato soltanto per vendetta contro di te.
Non saresti stato la causa della morte dell’unica persona che ti abbia fatto
sentire qualcosa in novecento anni. No. Non avresti ucciso il tuo Stefan. L’avresti
lasciato andare. Un giorno vi sareste rincontrati e gli avresti fatto ricordare
tutto. Avreste vissuto la vostra eternità insieme. Ma non era quello il tempo e
dovevi abbandonarlo. Avresti desiderato poterlo baciare un’ultima volta, solo
un piccolo incontro di labbra, niente di eclatante, ma non potesti. L’odore del
cacciatore ti impregnava le narici. Fuggisti nella notte buia, lasciandoti
tutta la felicità alla spalle. Eri così arrabbiato, lo ricordi Klaus? Uccidesti
Rebekah solo perché aveva osato nominare il tuo Stefan. Il suo nome era sacro e
soltanto tu avevi il diritto di sussurrarlo. Il vostro amore è morto quella
notte, lo sai. Non esiste più per lui. Eppure tu continui ancora a crederci.
Quel
tipo d’amore non muore mai.
« Klaus!» Una voce imperiosa, accompagnata dal tonfo della
porta d’ingresso contro il muro non ancora imbiancato, ti chiama dall’entrata
di casa tua. Sei nella sala, in una di quelle più piccole, al pian terreno,
nell’unica che sia stata completata dagli operai proprio quel pomeriggio. Ora è
sera. Hai salvato quella biondina, quella Caroline Forbes, da morte certa. Hai
ottenuto l’appoggio, il lasciapassare, di sua madre, lo sceriffo, nonché quello
del sindaco Lockwood. La città è nelle tue mani adesso. Eppure ti senti
sconfitto. Ti sei privato del tuo orgoglio. Della tua dignità. E sai che è lui
la causa di tutti i tuoi mali. Lui che ti ha costretto a sottometterti. Lui che
ti ha piegato. Come se fosse più potente di te. Non lo è. Tu sei l’ibrido,
l’Originale più forte. Lui non è nulla in confronto a te. Nonostante ciò, però,
ti ha costretto ad adempiere alle sue condizioni, come se fossi un novellino. E
ora osa entrare in casa tua, senza rispetto. Sbatte le tue porte, camminava con
passi pesanti sul tuo parquet, ti urla contro. Urla il tuo nome come se fosse
una bestemmia. Oh se solo potessi ucciderlo. Ma non puoi, vero Niklaus? No. Non
puoi ucciderlo, è vero, ma potresti sempre torturarlo sino a fargli implorare
pietà. Questa sì che sarebbe una bella prospettiva. Sorridi languido mentre il
minore dei Salvatore arriva sulla soglia della sala.
« Stefan,» sussurri quasi dolcemente, bevendo un sorso di
cognac dal flute di vetro trasparente. Nonostante tutto non riesci a pronunciare
il suo nome con odio, è più forte di te. Tu non dimentichi. Non puoi. Lui è
tutto per te. Ancora. Dopo novant’anni nulla è cambiato. Ricordi quando Stefan
ti mormorò, la prima volta in cui faceste l’amore, che era stata l’unica notte
in cui si era sentito davvero sazio? Ricordi quanto ridesti per quella strana
dichiarazione? Stefan, il tuo dolce Stefan, si imbarazzò e riprese i vestiti
dal pavimento del suo appartamento. Prima che potesse anche solo infilarseli,
lo traesti a te. Sapevi il significato di quelle parole. Sapevi che era come
una dichiarazione d’amore eterno. Solo più alla Stefan.
« Guardami mentre ti parlo, cazzo,» ti riprende come se
fossi un bambino e lui tuo padre. Ironico. Potresti essere un suo antenato, ma
lui ti parla come se fossi un suo pari. Odi e ami quest’atteggiamento
indisponente. Odi la superiorità con cui ti si rivolge, la presunzione che
ostenta quando crede che tu non ti arrabbierai per quella mancanza di rispetto.
Ami la sua onestà, quella scintilla di rabbia, passione che lo anima ancora,
nonostante abbia perso molto dell’idea di vampiro. Se solo fosse diverso.
« Sei felice adesso?» gli domandi distrattamente, senza
l’ombra di un qualche sentimento nella voce roca e calda, sensuale. Gli rivolgi
uno sguardo in tralice e per un attimo, impercettibile ed etereo, ti soffermi
nel guardarlo. È bellissimo, il tuo Stefan. ha gli occhi verdi come delle
foglie di quercia, in questo momento dardeggianti di rabbia, i capelli marrone
chiaro, sollevati col gel, - sai che se ci fosse suo fratello lo prenderebbe in
giro per quello,- le spalle larghe e il corpo longilineo. E quel caratterino.
Come si potrebbe non amarlo? Non riesci a credere che certe donne gli
preferiscano il fratello. Damon non ha nulla a che vedere con l’avvenenza di
Stefan.
« Felice!» quasi urla come se quella parola fosse una
bestemmia orribile, « Felice per cosa, se posso chiedere? Per essere stato
gettato direttamente all’Inferno o per il fatto che non mi hai ancora
ammazzato?» continua tentando di darsi un falso tono tranquillo, risultando soltanto
stridulo. Vorresti alzarti dalla poltrona, fare pochi passi e inchiodarlo al
muro. Oh come vorresti farlo. Tutte quelle provocazioni ti stanno irritando e
il fatto che faccia il finto tonto oltraggia il tuo orgoglio e la sua intelligenza
ancora di più.
« Ho fatto un passo indietro. Ho ceduto. Mi hai sconfitto.
Hai battuto the big bad wolf. Almeno
spero tu sia felice di questo,» esclami velocemente, ma senza entusiasmarti per
la causa. Rammentare le parole del tuo patrigno ti causa un lieve turbamento,
nulla che non si riesca a dissimulare con molta maestria dopo un migliaio di
anni sulla Terra. In fondo Mikael è morto. Tu l’hai ucciso. Adesso sei pronto a
vivere. Non hai più nessuna spada di Damocle pendente sul collo. Sei libero.
Libero di spostarti dove desideri. Libero di stabilirti in un luogo che ti
soddisfi. Libero di vivere. Libero di amare. Stefan sorride, quasi maligno, i
suoi occhi diventano più scuri, e tu ti accorgi che sta per dire qualcosa che
potrà ferirti. Un bel gioco. State proprio mirando al cuore, vero Klaus? Stefan
ti colpisce nell’orgoglio, e tu, tu come lo colpirai?
« Sì, è stato bello averti sotto tiro. Abbastanza
soddisfacente,» ti mente e tu te ne rendi subito conto. Riconosci le sporche
menzogne che deturpano delle labbra così belle, sottili e rosee. Labbra che sai
profumare di menta ed essere soffici e vellutate. Labbra che vorresti baciare
sino a farle divenire gonfie. Labbra che vorresti mordere sino a farle
sanguinare. E, in fondo, cosa te lo impedirebbe? La consapevolezza che Stefan
non è più tuo.
« Non osare mentirmi,» Adesso la senti la rabbia, Klaus? La
saluti come una vecchia amica e la accogli. Lei è un po’ ingombrante, ma, in
fondo, nel tuo animo semivuoto e privo di molti sentimenti, non impiega molto a
stabilirsi, « Io non ti ho mai, mai mentito. Potrò anche essere un bastardo,
un’infamia, un abominio, ma io non ti ho mai mentito,» soggiungi ed è la
verità. Non gli avresti mai potuto mentire. Lo stimavi e lo stimi troppo per
poterlo fare, e poi, se mentissi a lui, mentiresti anche a te stesso. E tu sei
tutto fuorché un bugiardo. Perché dire una menzogna quando sei tanto potente da
poterti permettere di dire la verità senza alcuna conseguenza negativa per te? «
Quindi non osare farlo tu adesso,» gli ordini puntandogli il dito contro. Non
ce la fai già più a trattenerti, Klaus? Brutta situazione. Il tuo Stefan
potrebbe non uscire vivo da casa tua. E sarebbe un vero peccato. Che spreco di
un corpo perfetto.
« Cos’hai?» ti domanda e sembra quasi preoccupato. Tubato è
il termine migliore. Già, Niklaus, cos’hai? In fondo non è nulla. È solo una
piccola bugia. Per quanto piccola, però, non dovrebbe esistere, e lo sai. Il
tuo Stefan non ti mentirebbe. Non sarebbe giusto. È come se dinanzi a te ci
fosse un estraneo, non l’uomo di cui ti sei innamorato tanti anni fa. Ma tu non
brami un estraneo. Tu rivuoi il tuo Stefan. perché deve essere tutto così
maledettamente difficile per te? Perché devi innamorarti sempre della persona
sbagliata, di quella che sai che ti arrecherà soltanto sofferenze? « Che
diavolo ti succede? Rispondimi,» ti ordina imperioso, come se non potesse
continuare a vivere senza sentire la tua voce risuonare nella stanza. E per un
attimo vorresti poter rispondergli, parlargli con franchezza, come eravate
soliti fare negli anni Venti, ma lui non è lo Stefan degli anni felici e
spensierati.
« Niente,»
mormori contro i tuoi primi propositi. Non è più il tuo Stefan, non puoi fidarti
di lui. non più. Potrebbe tradirti, usare le tue debolezze per i suoi scopi.
Potrebbe annientarti ancora una volta. Ma non puoi permetterglielo. Non a un
passo dalla felicità. Non dopo aver sconfitto la tua paura più grande, «
Vattene adesso,» la cacci con una mano, come se fosse una mosca molesta, « Se
sei venuto per attaccar briga, ti avverto: non è la serata adatta. Potrei anche
ucciderti. Non risponderei delle mie azioni. Non sono in me,» lo avverti ed è
vero anche questo. Non sei mai in te quando c’è lui in una stanza. Che
sensazione esasperante. Di totale impotenza.
« Dimmi una sola volta in cui lo sei stato,» infatti ti
riprende, quasi ammonendoti. Un’altra volta il bambino e il padre. Che scena…
divertente. Per chi non sapresti dirlo. Se non fossi così coinvolto in ogni
cosa che riguardi minimamente Stefan, allora ti parrebbe uno spasso prima della
fine. E la fine sarebbe l’estrazione del suo cuore dal petto o, in alternativa,
la sua testa sul tuo pavimento,« Non me ne vado. Se mi vuoi fuori da casa tua,
dovrei cacciarmi a pedate dritte in quel posto,» ti sprona, rivolgendoti un
sorriso sornione, accattivante, quasi suadente. E i suoi occhi verdi brillano
nel buio di quella sala cupa e pomposa. Proposta allettante, non c’è che dire. Proposta
degna del tuo Stefan. Che lo Squartatore stia tornando a giocare? Se così
fosse, parteciperesti al gioco?
« Con piacere,» esclami poi ti issi in piedi, abbandoni il
calice sul tavolino e ti avvicini a lui con passo baldanzoso e sicuro di te. Lo
raggiungi con poche falcate e ti posizioni dinanzi a lui. Lui che ancora
sorride come se stessi giocando a fare il duro. Come se non pensasse che sul
serio l’avresti colpito. Da vicino il suo odore di menta, misto a colonia
francese, ottimo connubio per di più, diviene ancora più forte e ti invade i
sensi, annebbiandoteli. Quante volte quel profumo è stato anche il tuo? Tante.
Prima che possa anche solo alzare un pugno per colpirlo, ed è quello che
vorresti fare sul serio perché mirare ai jeans attillati del tuo Stefan non
sarebbe una buona idea quella sera, lui ti afferra per gli avambracci e ti trae
a sé con forza prorompente. Per un attimo vi scrutate, poi si china sulle tue
labbra e ti bacia appassionato. Cielo, quanto ti è mancato quel tocco, Klaus. È
un bacio duro. Per niente casto. Un bacio che non conosce inibizioni e regole.
Lo ricambi senza accorgertene e, quando Stefan sente che ormai sei suo, allenta
di poco la presa, chiudendo gli occhi. Lo segui subito dopo. Modelli le labbra
sulle sue, in una posa più comoda per entrambi. Quando, però, Stefan chiede di
più, carezzandoti il labbro inferiore con la lingua per poterlo schiudere, ti
scansi, interrompendo quel sogno che vi ha visti entrambi partecipi. Apri gli
occhi e Stefan con te, turbato e indispettito da quel rifiuto, « Perché sei
qui? Voglio una risposta e la voglio adesso,» comandi, scostandoti dalle sue
braccia forti per poter riprendere il controllo. Hai bisogno di farlo.
Condividere la stessa aria di Stefan ti sta soffocando. Stefan si riprende
subito, scuotendo il capo. Si disincanta e ti rivolge un sorriso accattivante.
« Sempre così autoritario, eh Nik?» si fa beffe di te, e dei
tuoi modi così falsamente distaccati, avanzando di un passo, quasi sfiorandoti
le vesti con le proprie. Sta giocando con il fuoco e, lo sai, si brucerà a
breve, « Come quando mi hai ordinato di farti mio sino a quando non avresti
urlato il mio nome tra i gemiti. E, ricordo, ne è passato di tempo prima che lo
facessi,» un ghigno malandrino gli distende le belle labbra e vorresti soltanto
cancellarglielo. Con un bacio o con un pugno? Sai bene che sceglieresti sempre
la seconda seguita subito dopo dalla prima.
« Cosa vuoi, Stefan Salvatore?» domandi con la voce ancora
più arrochita, l’accento molto più marcato del solito. La passione ti sta
ottenebrando i pensieri e Stefan se ne accorge dal tuo tono. Sembra quasi
soddisfatto di se stesso. E ti rendi sempre più conto che il tuo Squartatore
sta tornando nelle luci della ribalta.
« Vorrei ucciderti,» ti risponde e una parte di te sa che è
sincero. Una parte di lui vorrebbe farti fuori per tutti i danni che gli hai
arrecato. Perché l’hai fatto, vorrebbe chiederti, perché mi hai fatto questo
sapendo quello che abbiamo condiviso un tempo. Cosa gli risponderesti? La
verità, soltanto la verità. Perché ti amo, gli diresti, « Vedere se hai ancora
un cuore trapassandoti con un paletto che riuscisse ad ammazzarti. E
trapassartelo ancora. E ancora una volta. Per novant’anni. Come il tempo in cui
mi hai tenuto all’oscuro di tutto, di noi. Vorrei poterti uccidere,» continua
in un sussurro quasi spezzato. Scorgi le lacrime nei suoi splendidi occhi verdi.
Lacrime che ti feriscono. Lacrime che ti bruciano il cuore, che lo stritolano
in una morsa malevola, facendolo sanguinare copiosamente. Quanto vorresti
cancellargli quelle gocce salate dagli angoli degli occhi. Lo vorresti con
tutto te stesso. Non ti importano le sue parole. Sai che sono vuote. Ti importa
soltanto dei suoi occhi. Tristi, spenti, addolorati. Stefan si avvicina a te,
annullando la distanza tra i vostri volti, sollevando il mento per poter
avvicinare le vostre labbra.
« Vattene,» gli ordini prima che possa baciarti ancora,
riportandoti nel baratro più nero. Per quanto i tuoi desideri di congiungerti
nuovamente a lui possano essere forti, l’unico motore che può animarti
dev’essere l’autoconservazione. Lo sai. È così che deve essere. Non può essere
altrimenti. Non v’è altra soluzione.
« Non posso. Non mandarmi via,» quasi mugugna di dolore,
come un bambino a cui stavano rubando persino l’aria, l’amore della madre e del
padre. Piccolo dolce Stefan, non sai se preferire lui o lo Squartatore. Però
anche lo Squartatore sapeva essere così dolce alle volte, soprattutto nel buio
di un appartamento di periferia, « Qui comando io. Questa città è mia, non tua,»
riprende il suo tono autoritario, da uomo maturo, o da eterno diciassettenne
dal 1864, ottima annata tra l’altro.
« Il mondo, però, mio caro Stefan, il mondo appartiene
soltanto a me. E, ricordati, sono io che ti permetto di vivere,» sussurri
suadente contro le sue labbra, indugiando a un soffio da quelle splendide rose.
Scorgi la speranza nel suo sguardo smeraldino e poi ti scansi lasciandolo
insoddisfatto. Bene, hai ripreso le redini del gioco. Potete andare avanti.
« Ti odio,» borbotta infastidito da quella mancanza, da
quella giocosità. Sai che non è vero, sai che il tuo Stefan non ti odia. Ti prende
con la forza, come pochi minuti prima, e ti bacia trattenendoti per le spalle
per non lasciarti scappare. Potresti scostarlo con un quarto della tua potenza
di ibrido e vampiro Originale, e lo sapete entrambi, ma non lo fai e indugi
sulla sua lingua, sfiorandola con tocchi rapidi e decisi. Stefan fa scendere le
mani lungo la tua schiena, passando i polpastrelli sulla tua camicia bianca di
lino. È impalpabile e senti le dita di Stefan sulla pelle. Quasi gemi contro le
sue labbra mentre le tue mani cercano la sua vita fasciata da dei blue jeans stretti. Lo avvicini a te
e percepisci la sua eccitazione crescente. Intensifica il bacio, tenta di
farlo, ma tu ti scosti, non sciogliendo però quell’impacciato abbraccio.
« Baci con quella passione le persone che odi?» sogghigni
quasi cinguettando contro le sue labbra, sfiorandogli la punta del naso alla
francese con la tua. Gli occhi di Stefan divengono due fessure indignate e lo
sguardo che ti rivolge è di puro fuoco.
« Non prenderti gioco di me, Niklaus,» ti ordina, usando il
tuo nome per intero. Oh il piccolo Stefan è tornato a giocare. Ci sarà da
divertirsi. È un gioco affascinante per te, mentre per lui deve essere un
momento non proprio piacevole quello di essere quasi rifiutato dall’uomo a cui
aveva sussurrato tutto il proprio amore nelle notti di un Estate calda e
lasciva, « Non è serata. Elena mi odia. Stavo per ucciderla e trasformarla in
un vampiro sullo stesso ponte dove sono morti i suoi genitori. Mi odia. E anche
Damon mi odia. Sto rovinando tutto. Ero riuscito a controllarmi per tanto di
quel tempo. Damon ed io eravamo quasi a un soffio dal ritornare ad essere i
fratelli che siamo sempre stati da umani,» fa una pausa, d’effetto ritieni, come
se stesse per giungere al succo del discorso. Te l’ha raccontato una volta. Suo
padre era solito tenere dei discorsi molto lunghi e gli aveva insegnato qualche
tecnica di retorica. Eppure Stefan preferiva poche parole, ma efficaci a
discorsi vagheggianti e persuasivi. Lodabile capacità sintetica, a tuo dir,« Poi
arrivi tu, tu con la tua follia omicida e le tue brame di potere. Tu con i tuoi
occhi, Dio mi perdoni, ma guarderei i tuoi occhi per ore e ore. Ore che
diventerebbero eternità. E poi l’intera estate con tutta quella tensione
nell’aria. Cielo, alle volte avrei solo voluto sbatterti al muro e dimenticarmi
di tutto quanto tranne che di te e delle tue dannate labbra rosse,» ti riporta
alla mente quei giorni e quasi sobbalzi per quella rivelazione. Credevi che
quell’estate fosse stata terribile per lui poiché era in tua compagnia. E in
effetti lo era sul serio. Ma non per disgusto, o per timore, o per odio. No.
Per desiderio struggente. Questo cambia le carte in tavola, Klaus. Per la
miseria se le cambia, « Mi vergognavo di me stesso per quei pensieri. Mi
chiedevo cosa avrebbe pensato mio padre di me se avesse potuto conoscere i miei
desideri per te,» quando nomina suo padre, di cui una volta ti ha raccontato
dicendoti che l’aveva ucciso con un colpo di fucile dritto al cuore, senti la
sua voce tremare lievemente. Non aveva paura di suo padre, ti ha sempre
ripetuto, ma sapeva lui stesso che il vecchio conte e giovane proprietario
terriero non provava per lui un affetto esorbitante. Giuseppe Salvatore non era
Mikael, no, ma si avvicinava alquanto, « Con che espressione disgustata mi
avrebbe guardato Damon dopo che tu hai terrorizzato questa città. Al dolore che
avrei dato ad Elena. E mi bloccavo. La vergogna mi bloccava dall’agire sul
serio. Ma mi hai riportato tutto alla mente. Ed io, io… io non ce la faccio.
Non c’è vergogna, o scusa, o giustificazione fasulla o imbarazzo che tenga dinanzi
ai nostri ricordi insieme. Io ti amavo,» ti rivela ciò che tu sapevi già, perché
te lo ripeteva ogni notte. Eppure quelle sue parole ti rinfrancano maggiormente
l’animo. Lui ti amava. Adesso lo ricorda, « Ti amavo così tanto, sei stata la
persona che più ho amato. E adesso che lo ricordo, io non posso fare a meno di
pensarci e pensarci. Non posso fare a meno di provare anche adesso qualcosa per
te,» continua e questo ti turba sul serio. Lui prova ancora qualcosa per te.
No, non può. Non glielo permetterai. Non gli permetterai di ucciderti, di
calpestarti il cuore ancora una volta. Non permetterai a Stefan Salvatore di
divenire Tatia Petrova. Quelle parole non ti costringeranno a odiarlo per
l’eternità. No. Stefan è molto più importante di Tatia e non gli permetterai di
farsi odiare da te, « Cielo, Nik, io ti…»
« Fermati. Smettila di sproloquiare. Non ti ho mai sentito
mettere in fila tutte queste parole e devi smetterla. Tu non capisci niente,
intesi? Non sai nulla. Vuoi soltanto toglierti un peso da quel cuore ingrato che
ti ritrovi nel petto. E io? Chi pensa a me? Te lo dico io: nessuno. Come credi
che continuerò a rimanere in questo covo di inutili personcine di provincia,
lontane dall’arte, dalla cultura e dalla più fine eleganza, dopo che mi dirai
che mi ami e poi tornerai dalla tua cara Elena che, intanto, non ha perso tempo
a farsi tuo fratello?» gli domandi velocemente, con voce chiara, alta e
vibrante. Non sai se quell’insinuazione sia effettivamente vera o meno, ma non
ti importa. Sai che Stefan la perdonerebbe comunque. Sai che non si
arrabbierebbe con lei, ma con suo fratello. Quando Elena sarebbe colpevole
quanto Damon, se di colpevolezza si può parlare, « Vattene, vattene adesso. È
troppo. Questo è troppo da sopportare persino per me,» gli dici e abbassi lo
sguardo per un istante. La tua sembra quasi una preghiera. Tu, tu che non
pregavi neanche da umano. Tu che non credevi in un Aldilà, o in un dannato
Paradiso. Tu che di quelle favolette per idioti ti beffavi allegramente. Adesso
preghi un uomo? Un ragazzino in confronto a te? Un bambino dagli occhi verdi e
vispi e dai capelli così… buffi? Il gioco ti sta sfuggendo di nuovo. Ed è a
causa di quell’amore che non riesci più a dissimulare.
« Klaus,» sussurra, distendendo la mano destra verso di te,
cercando di sfiorarti l’avambraccio. Lo scacci, indietreggiando di un passo.
Vedi nei suoi occhi il dolore per quelle parole dure. Non capisce perché tu gli
stia facendo questo. Come potrebbe? Come potrebbe un semplice vampiro di
centocinquant’anni a comprendere l’afflizione, la sfiducia, la sconforto di un
Immortale dinanzi all’aspettativa di una vita felice dopo tante vicissitudini e
tanta amarezza? Semplicemente non può.
« Se davvero quello che avevi intenzione di dirti era che mi
ami, allora vattene,» lo blocchi, impedendogli di continuare. È ora che lui se
ne vada. Qualsiasi motivo che l’abbia spinto a venire a casa tua, per
ucciderti, come ha detto, per baciarti, come ha fatto, o per altro, tutti i
sottintesi nei suoi gesti e nei suoi sguardi, non è importante. Lui deve
andarsene. Se veramente ti ama, deve lasciarti solo. Però questa è la vera
domanda: Stefan ti ama? Eppure lo sai, Niklaus. Conosci quella sensazione di
impotenza presente nello sguardo che il
tuo Stefan ti rivolge prima di annuire distrattamente, chinare il capo
sconfitto, e volgerti le spalle. Conosci
quell’andatura pesante, come se un peso immane, un macigno di roccia, gravasse
sulle sue belle spalle larghe, quelle a cui amavi aggrapparti quando ti dava
piacere con pochi tocchi ben calcolati. Conosci quei gesti così pregni di
dolore, come se ogni passo che vi allontanava costasse fatica e generasse un
dolore che mai, mai sarebbe potuto essere curato, se non da te, dalle tue
parole. Ti servirebbe poco, Klaus, e lo sai bene. Ti servirebbe sussurrare il
suo nome e lui tornerebbe da te. Lui, il solo a cui permetti di entrare nel tuo
animo. Il tuo unico amico. Il tuo unico amore. L’unica famiglia di cui avresti
bisogno. Non ti servono gli ibridi, Niklaus. Chi sono loro per te? Solo degli
estranei. E agli estranei, è risaputo, non bisogna dare confidenza. Invece
Stefan, Stefan è il tuo tutto. Allora che aspetti, Klaus? Chiamalo. Sussurra il
suo nome. In fondo è così facile. È un nome così bello, è così facile farlo
scivolare sulla lingua. L’hai sussurrato così tante volte in quei novant’anni,
nelle sere spente, nere, senza di lui, in grandi metropoli che avresti tanto
voluto visitare con lui. Coraggio, Niklaus. Ti serve soltanto un pizzico di
coraggio e audacia, un solo passo in avanti e avrai tutto ciò che hai sempre
desiderato. Stefan continua a camminare, la sua andatura ancora lenta, blanda
come se sperasse che tu cambiassi idea. Allora cambiala. Ammettilo, Klaus. Tu
hai bisogno di Stefan Salvatore. E Stefan Salvatore ha bisogno di te. È così
semplice, così naturale. Non opporti, Klaus. Accetta. Ama. Amalo come lo amavi
negli anni Venti, amalo come se non esistesse un domani, come se il mondo
dovesse finire in questo istante. Forse vi rivedrete all’Inferno, se varrà la
sua fede, ma non importa. Importa soltanto amare lui, proprio qui, proprio ora.
Tu accorgi che è lì sulla soglia, indugia. Non senti come ti ama, Niklaus? Così
tanto da abbandonare l’orgoglio per te. Perché lui ci crede ancora. Credici
anche tu. Amalo. È la tua ultima occasione. Chiamalo. Abbi coraggio, abbi fede.
Abbi la speranza di credere in un futuro migliore. In metropoli colorate e
vivaci, rese ancora più perfette dal vostro amore. Ti ricordi la sua città
preferita? Ridesti quando te lo comunicò perché non riuscivi a credere che un
uomo come Stefan potesse amare la fantasiosa Fez***, patria di miti e leggende
straordinarie. Non perderti in fantasie, in congetture quando puoi rendere
reale ciò che brami, Klaus. Fallo. Soffoca l’orgoglio. Come ha fatto l’uomo che
ami. Chiamalo. Schiudi le labbra. Bravo, Klaus, è il primo passo. Un piccolo
respiro fuoriesce dalle tue labbra morbide e rese dolcemente gonfie dai suoi
baci appassionati. Secondo passo completato. Adesso serve la voce. Anche solo
un mormorio. E Stefan sarà di nuovo tuo. Vi apparterrete per sempre. Richiudi
le labbra. Chi vuoi ingannare, Klaus? Come puoi prenderti gioco di te stesso?
Stefan ama la sua dolce Elena, non te. È solo sconvolto dalla brama di sangue
che tu gli hai indotto, risvegliando lo Squartatore. Lui non è più tuo. Ed è
giusto che torni da chi riesca ad amarlo sul serio, senza la paura di
commettere un errore fatale che lo avrebbe allontanato per sempre. Stefan
scompare nella foschia della sera. L’hai lasciato andare. Codardo. Lo sei sempre stato, lo sei e sempre lo sarai. Aveva
ragione Mikael allora? Sei un codardo, Klaus? Sorridi adesso, ma per cosa?
Perché lo sai. Sai che un giorno tornerete insieme, e sarete felici, gli uomini
più beati dell’intero universo. Condividerai con lui il mondo intero. Solo non
adesso. In quella cittadina non c’è spazio per voi, troppe persone pronte a
intaccarvi. Devi solo aspettare il tempo propizio e allora sarà tutto perfetto.
E aspettare non è un grande impedimento per te. Il tempo non significa nulla.
Sei il burattinaio, Klaus. Disponi le tue marionette come meglio ritieni e poi
agisci. In fondo l’attesa non rende tutto migliore?
Salve a tutte e benvenute nella prima storia di questa
raccolta. Inizio col dire che il Klefan è la mia coppia preferita, che il
Klaroline lo sopporto a fatica e che sono profondamente Delena. Perché queste
premesse? Possono aiutare a comprendere questa prima shot. Penso di dover dare
altri due chiarimenti. Odinsdagur corrisponde, nel calendario norreno, al
nostro mercoledì; Fez, invece, è la città, un capoluogo del Marocco, dove sono
ambientate alcune storie tratte da “Le mille e una notte”. Essendo una
raccolta, tutte le storie saranno scollegate tra di loro, unite soltanto dal
filo del Klefan (cosa ci posso fare, questi due mi ispirano troppo) Se vi va,
lasciate un commento. So che non è una coppia molto gettonata, ma per me è un
toccasana scriverla. Un saluto, alla prossima, Chocolat.
** citazione ripresa dall’Iliade.