Premetto che io sono una NaruHina convinta e ho fatto i
salti di gioia leggendo il capitolo 615, ma quando mi è stata richiesta questa
one–shot (da Lawliet_chan) tutto s’è messo a frullarmi in testa e alla fine
l’impasto si è amalgamato ed ecco qui che dal forno è uscita questa
one–shot xD spero gradirete e, in caso
vi piaccia, lasciatemi una recensione, che non vi costa niente ed è sempre
apprezzata, positiva o negativa che sia u.u
«La tua vita… non è… più soltanto la tua».
L’eco di quelle parole gli giunge distante mentre accompagna
a terra il corpo privo di vita di Neji, un senso di devastazione a corrodergli
il cuore e la mente, le labbra che tremano e gli occhi che trattengono a stento
le lacrime.
Neji… è morto. Ho
lasciato che il mio compagno morisse, che morisse per me…
«Non avevi detto che non ci avresti permesso di uccidere i
tuoi amici? Beh… guardati intorno… Naruto… Prova a ripeterlo!»
La voce fredda e dura di Obito accompagna le sue parole
accusatorie, costringendolo a sollevare lo sguardo e a guardarsi attorno.
Morte. Solo morte, corpi vuoti, compagni in fin di vita o la
cui anima già corre lontana. E Neji, il corpo trafitto e abbandonato a terra,
un amico che ha dato la vita per salvare la sua e quella di Hinata, ora in
lacrime, che sarebbe morta se non fosse stato per il sacrificio del cugino. E
sangue, ovunque, tantissimo sangue, chiazze scarlatte ovunque.
«Ti ho detto, prova a ripeterlo!»
Come una lama ghiacciata, quelle parole gli squarciano il
petto, facendolo tremare.
Ho lasciato che voi
moriste…
«Lo senti che i tuoi compagni stanno diventando freddi, ti
rendi conto... che stanno morendo!»
Del trambusto alla scoperta che Neji è morto gli giunge solo
un’indistinto eco, mentre quelle parole lo distruggono facendosi strada dentro
di lui. Sente i suoi compagni chiedersi se il talentuoso Hyuuga è davvero
morto, e uno dopo l’altro lo vedono lì, ai suoi piedi, privo di vita. Una moltitudine
di occhi si posa su di lui, osservando la sua reazione, aspettandone una. Gli
sguardi corrono tra lui e Obito, le cui parole non tardano ad arrivare, ma
Naruto le sente come se provenissero da miglia e miglia di distanza; le sente,
e si chiede perché continua a parlare, a ricordargli quante persone ha perso
nella sua vita, quanto dolore ha già dovuto vivere.
«… E tu lo sai già… cosa c’è dopo tutto questo… solitudine!!»
Non posso lasciare che
qualcun altro muoia… devo… devo agire, devo fare qualcosa…
«Non c’è più alcun bisogno che tu rimanga inchiodato in
questa realtà. Vieni. Vieni da me, Naruto!»
Con una lentezza che non gli appartiene, alza lo sguardo e
fissa la mano tesa di Obito. Una mano tesa per invitarlo a raggiungerlo, a far
finire tutto, tutta la sofferenza e tutto il dolore di cui il mondo è permeato,
di cui il suo cuore è pieno. E allora perché non raggiungerlo e porre fine a
tutto?
Fa forza su un ginocchio e si alza, sentendosi gli occhi di
tutti incollati addosso. Lancia un’occhiata a Hinata, ancora a terra, i cui
occhi sono posati su di lui, che però non sa interpretare quel che vi vede.
Indecisione, forse, timore, una disperata ricerca di coraggio per riuscire ad
agire.
Distoglie lo sguardo e, un passo dopo l’altro, si avvia
verso Obito, la cui figura domina dall’alto il campo di battaglia assieme a
Madara. Possibile che le sue gambe lo stiano conducendo dal suo nemico?
Una sola volta si gira all’indietro, incontrando gli occhi
di Hinata, colpevoli e accusatori allo stesso tempo, una mano tesa verso di lui
senza poterlo raggiungere. Vede Sakura, un’espressione addolorata sul viso
impolverato e una richiesta muta negli occhi. “Fermati, Naruto, non andare”. Sa
che le sue parole non potranno fermarlo, quindi perché esprimerle? E Kakashi, il suo maestro da anni, l’unico il
cui sguardo non è fisso su di lui ma su Obito; occhi colmi di tristezza e
rabbia fissano il suo ex compagno di squadra, l’amico che aveva perso e a lungo
pianto e che solo da poco ha scoperto essere vivo. Quell’amico che ora gli sta
rubando il suo allievo.
Tutte le persone in quel luogo credono in lui, ma lui non
crede più in sé stesso. Indirizza uno sguardo d’affetto a tutti coloro che sono
lì, perché l’hanno supportato fino a quel momento, dandogli la forza per
continuare. Ma ora non può far altro che avanzare verso Obito, la mano ancora
tesa verso di lui.
Rammenta a malapena la convinzione di poco prima, le sue
parole che gli sembrano così vuote e insulse innanzi a tutti i morti
disseminati sul campo. “Io non diventerò mai come te!! Non so più come devo
ripetertelo… io diventerò l’Hokage!!”
Un sorriso di scherno verso se stesso gli nasce sulle
labbra.
Non diventerò mai
Hokage…
Questo pensiero lo accompagna insistente mentre raggiunge i
due Uchiha, Madara che lo guarda con un’espressione ironica e indifferente,
Obito con un sorriso soddisfatto, la mano che si protende ulteriormente verso
di lui.
Nella sua coscienza si fa largo un’ultima consapevolezza.
Nella vita ha raggiunto tutti i suoi obiettivi: si è fatto degli amici, è stato
accettato, è stato riconosciuto come un eroe, ha incontrato i suoi genitori. Ma
non sarà mai Hokage. Il suo desiderio più grande, il suo obiettivo più
importante… non diverrà mai reale.
Giunto a destinazione, afferra la mano di Obito, che lo
spinge dietro di sé, l’espressione così soddisfatta e compiaciuta di poco prima
sostituita da una fredda determinazione e una bramosia sconfinata di veder
reale ciò per cui ha vissuto finora.