Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: paolozza    03/01/2013    2 recensioni
"Vengono di notte, attraverso il foro nel muro", le aveva detto la prima volta, "io voglio andare via mamma, torniamo alla casa vecchia, questa qui mi fa paura".
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dal foro nel muro entravano sempre spifferi d'aria gelida ed era anche questo che a Bruno non piaceva. Si era più volte immerso nelle coperte, sotto il piumone pesante, il coniglio di pezza stretto al petto, a riscaldargli il cuore. Non dovevano cambiare città, suo padre non avrebbe dovuto perdere il lavoro e costringerli a cambiare tutto. La casa nuova era troppo vecchia e cigolava, l'impianto elettrico faceva sempre i capricci e più volte, di notte, la luce della lampada a forma di grossa cavalletta che aveva sulla scrivania aveva tentennato, accendendosi e spegnendosi ad intermittenza fino a morire del tutto, lasciandolo al buio. Ed era quando calavano le tenebre, quando si spegneva anche il lampione del giardino che di solito illuminava la stanza di blu tenue, che cominciava a sentire qualcosa strisciare sul pavimento in prossimità del buco nel muro. Era uno strano raschiare, come di tante mani artigliate, o di denti che sfregavano contro altri denti. Bruno aveva cominciato a chiamarli "i piccoli esserini della notte" e più volte ne aveva parlato con sua mamma, durante una di quelle mattine che l'aveva sorpresa intenta a preparargli i panini con la maionese per la scuola.

 

"Vengono di notte, attraverso il foro nel muro", le aveva detto la prima volta, "io voglio andare via mamma, torniamo alla casa vecchia, questa qui mi fa paura".

 

La mamma si era limitata a sospirare e a fargli una carezza di cortesia. Era chiaro che anche a lei la nuova sistemazione non andava tanto a genio, ma era anche vero che aveva deciso di non farne una colpa al marito e accettare in silenzio senza fare storie.

 

"Riparerò il buco, promesso!" fece poi suo padre un giorno di ritorno da lavoro, poi aveva infilato la porta del suo studio e vi si era chiuso all'interno, come faceva di solito per non essere disturbato.

 

Ma non riparò mai quel buco, e di notte faceva sempre più freddo e l'aria pungente penetrava anche attraverso le pieghe del piumone d'oca.

 

"L'impianto di riscaldamento è tutto da rifare, le tubature sono vecchie e dai rubinetti esce acqua rossa, la casa di notte fa strani rumori, ma non ci sono certo folletti nella tua stanza né altre creature immaginarie Bruno, mettitelo bene in testa, ormai sei abbastanza grande da non credere più alle storielle. E smettila una buona volta di svegliarci nel cuore della notte, i bambini buoni non lo fanno di certo.."

 

Bruno conosceva parecchie storie a riguardo, d'estate si recavano spesso in campagna dai nonni e gli era capitato più volte di origliare i discorsi che sua nonna Marie faceva con alcune sue amiche del gruppo di preghiera, e lei ne conosceva tante di storie simili, come quella dei piccoli monaci pelosi e alti quanto un pollice che attraversavano gli specchi trascinandoti nel loro mondo dove era sempre buio e c'erano i corvi cattivi che ti strappavano la carne a brandelli o dei diavoletti che si nascondevano tra i rami delle piante più alte e ti saltavano addosso per cavarti gli occhi se ti trovavi a passare sotto uno di quegli alberi, e succedeva sempre quando faceva qualcosa di male, ed era Dio che ti puniva in questo modo.

Per un po' Bruno decise di non fare storie, che avrebbe imparato a convivere con la casa, che se continuava a lamentarsi avrebbe fatto solo peccato e Dio gli avrebbe mandato i piccoli monaci che lo avrebbero trascinato dietro lo specchio.

Di notte allora pregava affinché la cavalletta sulla scrivania continuasse a rimanere accesa, illuminando di verde la stanza piena di crepe, la carta da parati scrostata e le macchie di umidità sul soffitto.

"Non ti spegnere, non ti spegnere, non ti spegnere....per favore Dio, non farla spegnere..."

Tenendo stretto al cuore il coniglio di pezza, continuava a ripetersi finché non si addormentava.

Poi una notte sentì raschiare...

Aveva aperto gli occhi di scatto, destato da un raschiare più forte del solito, che non somigliava al picchettare dei rametti secchi del pino contro la finestra o del borbottio sordo delle tubature... era qualcosa di molto più insistente e più spaventoso.

Aprì gli occhi di scatto e credette all'istante di essere diventato cieco. La cavalletta sulla scrivania aveva smesso di fare luce così come il lampione del giardino.

"Non ci vedo più..." fu la prima cosa che pensò nel dormiveglia, poi realizzò dell'impianto elettrico difettoso e della corrente elettrica che era saltata anche quella volta... e cominciò ad aver paura.

Il rumore che lo aveva svegliato era il solito, quello che sentiva durante le notti buie e lo teneva inchiodato al letto mentre rivoli di sudore gli varcavano la fronte.

"Risnccc....RInsccc..." sempre più insistenti.

Seguivano tonfi e strani versi striduli.

"I piccoli esserini della notte..." pensò... e avrebbe voluto gridare, chiamare i suoi ma aveva promesso alla mamma di essere un bambino buono e non voleva certo essere beccato dai corvi cattivi.

 

Allora rimase in silenzio e immobile, nell'attesa che le piccole creature ai piedi del suo letto non lo avrebbero notato e sarebbero andate via, come facevano sempre.

Ma stranamente una serie di piccoli tonfi in prossimità del foro gli diceva che molti altri ne stravano entrando e che il pavimento sotto il suo letto ne era stracolmo.

Un odore pungente simile alla patina vischiosa nel laghetto del parco, si cominciò a sentire nell'aria e dopo un po' la stanza ne era completamente impregnata.

"Rinsccc...Rinscccccc" ancora

"Rinsc...Rinsccc"...

Il cuore quasi gli mori in gola, deglutì a fatica e cominciò a tremare...

Poi senti un peso in prossimità dei suoi piedi sul letto, avvertì la pesantezza di quel corpo tondeggiante dai movimenti rapidi.

L'esserino cominciò a muoversi tra le pieghe del piumone.

Bruno lo sentì sul suo petto e stavolta un grido soffocato gli morì in gola.

Non poteva, non poteva gridare, non adesso...

Il piccolo esserino avrebbe potuto accorgersi della sua presenza e per lui sarebbe stata la fine.

E ne sentì un altro raggiungere l'amico facendosi strada camminando gattoni sul piumone e fermarsi all'altezza della sua testa.

Con la punta dell'orecchio avvertì il pelo ispido del dorso dell'essere e trattenne il fiato e le lacrime.

"Non piangere, non piangere, non piangere...." cominciava a ripetersi.

E non lo fece nemmeno quando avvertì la presenza di ben altre cinque creaturine pelose appesantirgli il petto.

"Sono un bambino buono, non piango, non piango...non piango... non chiamo la mamma, non ancora...non ora..."

Gli esseri avevano un cattivo odore, allo stagnante del laghetto del parco si mischiava quello forte della pipì dei bagni della scuola. Allora si accorse che aveva proprio voglia di farla, la pipì,e dopo un po' non riuscì più a trattenerla e fu costretto a bagnare il letto.

La sentì calda, bagnargli il sedere e le cosce...impregnare i pantaloni del pigiama, le lenzuola e il materasso.

No, non poteva essere accaduto, se si fosse venuto a sapere a scuola l'avrebbero preso in giro tutti.

Ma per ora non voleva ancora pensarci, anche perché aveva un problema ancora più grave da risolvere.

Poi un altro si infilò sotto le lenzuola, raggiungendo lo spacco tra le gambe e annusando la macchia di umido sul materasso.

Non gridare, non ora, non ti muovere, non ora...”

Ma poi un'altra di quelle creature affondò i denti sulla punta del suo alluce destro e un urlo di dolore gli sfuggì al controllo... e subito non gli fu più possibile gridare perché un essere ne approfittò per infilarglisi in bocca e scendere fin in gola facendosi strada nell'esofago con i piccoli artigli a raschiare la carne delle pareti.

Bruno vide più buio del buio e smise di respirare nel momento in cui l'orda di creature pelose lo assalì completamente e con la miriade di piccoli denti e artigli, cominciò a dilaniare la pelle e i muscoli che rivestivano le ossa fragili.

Il mattino dopo i signori Foltran lo sapevano, o almeno immaginavano cosa avrebbero trovato una volta aperta la porta della stanza del bambino.

Sul letto qualche topo era ancora rimasto a rosicchiare i piccoli ossicini spolpati.

La donna si avvicinò al letto, gli occhi lucidi, le mani alla bocca per non vomitare.

Andate via bestiacce!” Gridò ai topi, poi si rivolse al marito che era rimasto fermo sulla soglia:

Avremo fatto la cosa giusta?” le lacrime cominciavano a solcarle il viso...

Ne abbiamo discusso a lungo Linda...è stata la scelta giusta, non potevamo mantenere più il piccolo, non ne abbiamo le possibilità”

La donna non parlò, anche se avrebbe voluto aggiungere che forse avrebbero potuto escogitare un modo meno doloroso affinché il bambino non soffrisse...ma non disse nulla, era troppo tardi e poi era sempre suo marito che prendeva decisioni e a lei non era mai dato permesso di obiettare. Si mi limitò a chinare il capo.

Devi chiamare la polizia Linda...” Fece poi l'uomo

Perché io? Non puoi farlo tu?”

Sei la madre e sei la più scossa tra i due, a te daranno più credito...”

Ancora una volta Linda non obiettò. Raggiunse la cucina e chiamò, la cornetta del telefono stretta all'orecchio.

Pronto?...” fece poi, la voce tremante ...”Mio figlio è stato mangiato dai topi...”.

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: paolozza