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Autore: Gaia Bessie    03/01/2013    5 recensioni
– Luke non c’è più – risponde lei, piano. Lotta per trattenere le lacrime. – Ricordi?
Ma Thalia non ricorda mai.
[Luke/Thalia; Accenni di Luke/Annabeth]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nuovo personaggio, Talia Grace
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: Probabile OOC. LA ff non tiene conto degli avvenimenti della seconda serie. Ampiamente "What if".

 

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Per Ginny,
Per tutte le volte in cui mi sono fermata e lei si è fermata con me,
anche solo per dirmi che stavo sbagliando tutto.
Ti voglio bene, sorellinaH



Lo specchio le restituisce l’immagine di una Thalia sempre identica, incapace di invecchiare e mutare: il suo aspetto di sedicenne mancata resta tale, non viene intaccato dal tempo. Nessuna ruga incresperà mai il suo volto, gli occhi azzurri non si appanneranno. In fondo, si chiede ogni volta, a cosa serve poi crescere?
La risposta, la ignora sempre, la relega in un angolo della sua testa piena di pensieri. Non la ricorda, in verità. Non ricordaniente. I ricordi sono stati, per la maggior parte, fagocitati da quel dolore che la divora dall’interno, come un cancro malvagio che ha messo radici nel suo stesso cuore. Il tempo è costantemente fermo, il suo cuore batte forte ogni volta che getta un’occhiata preoccupata alla superfice riflettente dello specchio. Lui è lì, sempre. Peccato che Thalia non ricordi nemmeno vagamente chi sia. Oltre il vetro della finestra, il sole tramonta e tinge di rosso il cielo, il tempo assassina con fredda follia i ricordi superstiti. Thalia alza una mano, osservando rapita il riflesso della luce solare che le tinge d’oro la pelle. Sorride ad un riflesso che vede solo lei, una serie di perle bianchissime perse nella sua bocca. Le vede solo lei.
Una figura esile e bionda scivola sul pavimento, accanto a lei. Una bambina, non avrà più di sedici anni, il viso abbronzato è incorniciato da una folta chioma di ricci color miele.
– Annabeth? – domanda Thalia, incerta. La sua voce è un eco che giunge da lontano, un richiamo mancato per qualcosa – o qualcuno – che è morto. La ragazza le rivolge uno sguardo indecifrabile, gli occhi azzurri sono duri come zaffiri. C’è una sfumatura di grigio, il colore nelle nubi, in quegli occhi. Thalia vede solo quello.
– Sono Zoe – osserva la ragazzina, stringendosi nelle spalle. Thalia non la sente minimamente, assorta nei suoi pensieri. Continua a rigirare fra le mani una vecchia foto, ingiallita dal tempo e leggermente rovinata lungo i bordi.
– Chi è quel ragazzo? – domanda Thalia. – Chi è, Annabeth?
Zoe non guarda nemmeno la foto, conscia che è sempre la stessa, che Thalia dimentica sempre prima che il sole torni a sorgere. Hanno assassinato tutti i ricordi, ormai: rimane solo una sequenza indefinita di ricordi confusi e frammentati.
– E’ Luke Castellan, Thalia – risponde Zoe, scrollando le spalle. –Ricordi?                   
È una domanda retorica e inutile, Zoe lo sa bene, ma non riesce a resistere alla tentazione di porre sempre quella domanda, sperando in una risposta diversa, in un racconto differente. Ma Thalia non ricorda mai. È come se un velo impenetrabile di polvere si fosse posato sui ricordi, offuscandoli, e lei non riesce più a distinguerli con chiarezza.
Thalia spalanca gli occhi, come se fosse consapevole. Inconsapevolmente, Zoe raddrizza le spalle sperando in un commento coerente e consapevole. Che non arriva.
– Perché non è qui? – domanda, guardandosi attorno. – Dov’è andato Luke, Annabeth? – s’interrompe, incerta. Un sorriso dolce sboccia sulle sue labbra. A Zoe sembra quasi che quel sorriso voglia dividerle in due il volto. – Eravamo una famiglia, noi tre. L’aveva promesso.
– Luke non c’è più, Thalia – sussurra Zoe, incerta. – Te ne sei dimenticata?
Thalia scuote la testa, i capelli neri – ormai striati di bianco – le coprono il volto, secondo lei, eternamente privo di rughe. – Una famiglia – mormora, con tono sognante. – Quando tornerà?
Zoe sorride, triste. Non tornerà, vorrebbe dire. – Presto – risponde, con il fare dolce che riserverebbe a una vecchia nonna malata. Magari, Thalia lo è davvero. – L’ha promesso, no?
Thalia sorride. Luke l’ha promesso.
 

Thalia passa le giornate a guardare fuori dalla finestra, assorta nella contemplazione del vuoto. Da un po’ di tempo, vuota è diventata lei, svuotata dei ricordi che le scorrevano nelle vene al posto del sangue e le imbandivano il cuore. Aveva solo quello e di conseguenza quelli le sono stati tolti, per punirla di tutti i crimini che mai ha commesso. O per ringraziarla dei suoi servigi, donati agli Dei nonostante quel cuore che l’appesantiva e minacciava di ucciderla. Zoe Jackson non lo sa proprio: guarda la vecchia amica di sua madre, Thalia Grace, e non si sa spiegare perché sia appassita in maniera così drastica e immediata. Le siede accanto, come soleva fare sua madre, e ascolta i suoi rari e frammentari deliri. Di notte, Thalia le chiede spesso di rimanere. Lo fa anche quella sera, pallida e tremante come una bambina, chiedendole di aspettare con lei che Luke torni da loro. Di solito, non le dice mai espressamente di rimanere con lei, persa com’è nella sua adolescenza lontana, così diversa dalla sua vecchiaia. Le sorride e in quel sorriso, Zoe vede sempre una tacita supplica: resta con me. E resta regolarmente con lei, vinta dalla tenerezza e dalla pietà. Sorride a Thalia e si siede ai suoi piedi, come una bambina. Quella sera, ha deciso di rimanere solo perché si aspetta che accada qualcosa.
– Sono strane le stelle, questa sera – sussurra Thalia, inclinando la testa per avere una visione migliore del cielo notturno. Indica la costellazione della Cacciatrice, dedicata alla persona di cui Zoe Jackson ha ereditato il nome. – Quella costellazione – mormora Thalia, socchiudendo gli occhi. – Quella costellazione, Annabeth, non ci dovrebbe essere.
– E’ la Cacciatrice, Thalia – risponde Zoe, con calma. – Zoe Nightshade, si chiamava. Era una Cacciatrice di Artemide, proprio come lo eri tu.
– Adesso non lo sono più? – domanda Thalia, perplessa. Spalanca gli occhi, come la bambina che non è più. Non lo è mai stata.
– No – risponde Zoe, scrollando le spalle. Quella storia, non la conosce neppure lei. Thalia sorride, celata dalle ombre: continua a vedere il suo riflesso nello specchio, le linee sfumate dal buio della notte. Dentro di sé, Thalia riusciva quasi a vedere la stessa oscurità.
– Non più – mormora Thalia, assorta. Non si può essere Cacciatrici per sempre, Thalia. Sorride. L’ha detto lui.
 

– Quando si smette di essere una Cacciatrice? – domanda Thalia, gli occhi chiusi. Non riesce a dormire. Non riesce mai a dormire, c’è un incubo che preme urgente fra le pareti del cranio e la tormenta con le sue visioni.
– Non si smette – risponde Zoe, semplicemente. – O, almeno, smetti quando rompi il tuo giuramento alla Dea.
– Io l’ho rotto? – domanda Thalia, perplessa. – Per chi?
– Non hai rotto il giuramento, Thalia – spiegò Zoe, indulgente. Le strinse con delicatezza una mano, come per confortarla.
– Cos’è successo, allora? – chiede, curiosa. Una sottile ruga si unisce alle altre, le increspa la fronte. – Sono ancora giovane, no? Sono ancora una Cacciatrice, giusto?
– No – risponde Zoe, semplicemente. E quel no assume nella sua testa un significato e un suono particolare, noto eppure sconosciuto, assume le sembianze di una persona che non riesce più a riconoscere.
Non sarai una Cacciatrice per sempre, Thalia.Thalia spalanca gli occhi, fissa con astio lo specchio. È sempre Luke Castellan a sorriderle e lei non lo riconosce mai.
 

Sogna che è di nuovo giovane, anche se mai si è accorta di essere invecchiata. Non ha mai avvertito su di sé il peso del tempo che scorreva, gli anni che passavano e si portavano via un po’ di lei. A quasi settant’anni, di Thalia non rimaneva poi molto: tutto si era perso nelle volute fumose dei ricordi, che s’intrecciavano attorno alla sua sanità mentale, logorandola.
Non è sola. È nel vuoto, uno spazio ligneo ma impersonale, silenzioso. Un profumo strano, forse di pino, invade l’aria e i polmoni della ragazza. Sente delle voci, dall’esterno, ma sono così lontane che non sempre riesce a carpire le singole parole. C’è una mano, sulla corteccia del suo albero: non è sola. Il ragazzo, il proprietario di quella mano, Thalia lo conosce bene. Dopo anni ne ha dimenticato l’esistenza, ma il suo nome adesso invade prepotentemente la sua testa, penetrando nel cervello come quell’insistente profumo di pino. Luke Castellan, figlio di Ermes. Thalia lo conosce bene, l’ha già visto più volte: ogni mattina esce furtivamente dal campo e va al suo albero. Posa una mano sul tronco e mormora preghiere impossibile da comprendere, parla di cose che Thalia non riconosce. Però, dentro la corteccia antica dell’albero, sorride: lei e Luke sono una famiglia, sempre. Non riesce mai a parlargli, può solo osservarlo e ricordare cos’hanno passato, insieme. Luke va a trovarla ogni mattina, in gran segreto. Passa le prime ore del giorno davanti al pino, senza dire una parola. Non si accorge mai che, a pochi passi da lui, Annabeth lo spia, rossa in volto. Che quando se ne va, lei si avvicina al pino e mormora a denti stretti una preghiera. Vuole che Luke si accorga di lei. Thalia non l’ascolta mai. Non ne avrebbe  a forza, probabilmente, di accogliere nel suo spazio angusto un sentimento che la distruggerebbe, opposto al turbine di emozioni che la scuote e che conserva gelosamente, senza mostrarle a nessuno. Thalia non lo ricorda, ma anni prima aveva espresso lo stesso desiderio di Annabeth. Chissà se poi Luke si è davvero accorto di lei. Scuote la testa, mentre si sforza di ricordare. Proprio non ce la fa.
 

Sogna che è di nuovo delusa da Luke. L’ha avvelenata, in una notte senza luna, veleno misto a miele che ha facilmente versato nel cuore del suo pino. Ha pianto, quando credeva che lei non potesse vederlo, per sempre celata nella cavità dell’albero. Le ha chiesto scusa, solo una volta. Thalia l’ha guardato sparire, inghiottito dalle tenebre. Senza poterlo fermare. L’ha odiato solo per quella volta, un’eccezione alla regola che si era imposta di approvare: Luke l’amava. Perché avesse tentato di ucciderla, Thalia non riesce a comprenderlo.
 

Sogna di vederlo di nuovo, l’estate prima di diventare Cacciatrice. Un sogno, forse, una frase sussurrata nell’orecchio senza che lei sia in grado di rispondere. Non andartene. Thalia non riesce nemmeno a dirgli che se n’è già andata, da tempo, quando lui l’ha avvelenata e poi le ha chiesto scusa. Non andartene, continua a ripetere Luke. Ma Thalia se n’è già andata.
 

Thalia non sogna più. Ci riesce raramente, ormai.

 
Le tengono le mani, con preoccupata delicatezza, quasi come se credessero che Thalia fosse in grado di andarsene. Una donna dai capelli biondi striati di grigio la guarda, preoccupata, tenendo sottobraccio la piccola Annabeth.
– Chi sei? – domanda Thalia,  perplessa. – Sei la mia anima?
La donna scuote la testa, stringe una mano di Thalia fra le sue. – Sono Annabeth, Thalia – sussurra.
– Annabeth? – chiama Thalia, perplessa. Guarda Zoe, tutto il tempo. – Dov’è Luke? –
– Luke non c’è più – risponde lei, piano. Lotta per trattenere le lacrime. – Ricordi?
Ma Thalia non ricorda mai.
 

– Siamo una famiglia – mormora Thalia, affranta. – Non è vero?
– Certo – mormora Annabeth, stringendole la mano. – Adesso ricordi, non è vero?
Thalia scuote la testa, lievemente. Non ricorda niente.
– Ti manca, non è vero? – domanda, all’improvviso. – Luke.
Annabeth sorride, salda, senza incrinarsi. – Manca a tutti – mente, senza vedere l’occhiata di malcelato divertimento di suo marito.
– Lo amavi? – domanda Thalia, la voce rotta.
Questa volta, Annabeth non mente. La guarda negli occhi, un bagliore cupo che sembra sprigionarsi attorno a lei in ampie volute di fumo argentato. – Sì – sussurra, sottovoce. Non sente nemmeno il “mamma” scandalizzato di Zoe, guarda solo gli occhi di Thalia. Sembra sul punto di crollare. – Ma non gliel’ho mai detto.
Thalia sorride, un bagliore di sanità mentale nel suo sguardo. – Lui lo sapeva – sussurra, ricambiando la stretta di Annabeth. Lui lo sapeva. Annabeth ricambia il sorriso. Le lacrime rompono gli argini. Anche Thalia lo sa.
 

Era venuto da lei di notte, quando era già cacciatrice, la luna gli conferiva un pallore spettrale e inquietante. Thalia non era stata felice di vederlo: una ferita si era riaperta, gettando sulla strada fiumi di sangue. Lei era già Cacciatrice, lui votato all’Oscurità.
– Vattene – mormorò Thalia, semplicemente. – Non voglio parlare con te, Luke.
La mano di lui le sfiorò i capelli. – Scusa – mormorò, guardandola sottecchi. – Se sono venuto solo per te.
– Importa qualcosa, adesso? – chiese lei, dura.
Luke scosse la testa, sorridendo davanti all’espressione truce di lei. – No – ammise. Poi, le impedì di parlare, soffocando le parole con le proprie labbra.
 

– Sono una Cacciatrice – mormorò lei, spingendolo via con decisione. – E tu non dovresti essere qui.
Luke le sorrise, irriverente, mentre percorreva con le dita il profilo del viso di lei. – Non sarai per sempre una Cacciatrice, Thalia – un altro sorriso. – Lo sai anche tu.
Lei non rispose.
 

La scena che le si presentava davanti era grottesca e imbarazzante, Luke steso a terra, gli occhi fissi sul viso di Annabeth.
Mi hai mai amato, Annabeth?
Thalia aveva trattenuto il fiato, fino a farsi dolere i polmoni.
No. Credevo… per me sei solo un fratello.
Bugiarda, avrebbe voluto urlare. Lo ami da sempre, perché stai mentendo?
Thalia guardò lo sguardo vacuo di Luke e si costrinse a non correre da lui, per l’ultima volta. Rimase immobile come una fredda statua di ghiaccio, le unghie che affondavano nella sua stessa carne. Probabilmente, si disse, anche lei avrebbe mentito.
Incantata si fermò ad ascoltare l’eco di quel suo “ti amo” silenzioso. Si chiese distrattamente se Luke fosse in grado di sentirla.
 

– Anche mia figlia merita un premio– osservò Zeus, corrucciato. – C’è qualcosa che desideri, Thalia.
– Vorrei dimenticare, padre – osservò, con voce atona. – Tutto quanto.
Zeus si sforzò di sorriderle. – Così sia – mormorò, semplicemente.
 

Thalia spalanca gli occhi, improvvisamente consapevole. Sorride ad Annabeth, come se la vedesse per la prima volta dopo tanto tempo.
– Adesso ricordo – osserva, anticipando la solita domanda. Poi, chiude gli occhi. – Anche io lo amavo – mormora. Scivola via, lentamente. Lo specchio riflette solo un’ombra.





Bessie's Corner
Mi rifiuto di credere di aver scritto una Thaluke. Io che shippo Lunabeth.
Gin, sistaH, sappi che è solo per te. Non credo ci sia molto da spiegare: questa è la mia ennesima versione alternativa dei fatti. Ovviamente, spero che vi sia gradita. 
Zoe è ovviamente figlia di Percy, e l'accenno di Lunabeth CI STAVA perchè il mio Otp deve essere ovunque u.u
E niente. Cosa verrà dopo? Spero - ne sono certa- non una Percabeht u.u
Vi ricordo che recensire fa bene e non uccide, quindi fatemi sapere cosa ne pensate u.u
Bess
   
 
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