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Autore: Aiko Aislinn Jane    04/01/2013    1 recensioni
"Il sole era ormai sparito all'orizzonte, nascosto dagli alti palazzi. L'unica fonte di illuminazione erano le candele che avevo acceso poco prima; il loro profumo esotico era inebriante."
Ho scritto questa storia il 24 marzo 2012, e ora l'ho lievemente sistemata per pubblicarla :) devo dire che ero innamorata quando l'ho scritta, sia di un ragazzo che di una città, Tokyo, ora sono innamorata solo della città xD ah, questa è la prima storia che pubblico nella sezione Originali, spero vi piacerá :)
Aiko
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Io e te, un bagno caldo e Tokyo sullo sfondo.

Soffiai sul fiammifero consumato, spegnendo la piccola fiamma. Tutto intorno a me, decine di lumini illuminavano l’ambiente. Mi avvicinai alla grande finestra di vetro che riempiva la parete, offrendo una meravigliosa vista su Tokyo; vi poggiai le mani e lasciai che la bellezza del panorama mi calmasse il cuore in subbuglio. Sotto di me, il rosso fiammeggiante del sole al tramonto dava un’aspetto diverso alla città, mentre centinaia di luci brillavano da dietro le finestre degli edifici come piccole stelle. La bellezza della città al calar della sera era indescrivibile, troppo affascinante per essere espressa a parole.

Mi allontanai dalla vetrata e lasciai la stanza da bagno, attendendo impaziente. La tavola era apparecchiata e le patate cuocevano in forno; ne avrebbero avuto almeno per un’altra mezz’ora. Sul gas, la salsa attendeva in una pentolino di essere scaldata, mentre gli utensili lavati asciugavano su un panno.

Controllai che non ci fosse nulla fuori posto, ma già sapevo che era tutto perfetto, dato che avevo controllato almeno altre quattro volte. Comunque, per ingannare l’attesa, sistemai i cuscini già in ordine sul divano, lisciai la coperta sulla poltrona ed impilai nuovamente i giornali sul tavolino di vetro e legno chiaro di abete. Poi, pensando che così apparivano troppo perfetti, li feci scivolare in modo che si vedessero alcune copertine. Guadagnorono subito un aspetto più naturale.

Mi portai vicino alla porta d’ingresso per avere una visuale migliore. Così va molto meglio, pensai compiaciuta.

Guardai l’orologio. Mancavano ancora dieci minuti, ma non ne potevo più. L’attesa mi esasperava. Tornai nella stanza da bagno e sfiorai l’acqua nella vasca con un dito, assicurandomi che fosse ancora calda. Lo era.

Contemplai l’ambiente, immensamente soddisfatta. Quella casa mi rendeva felice, quella città mi rendeva felice. Per lunghi anni avevo desiderato abitarci e, sebbene ormai ci vivessi da più di un anno, ogni volta che osservavo i vari particolari dello stile del mio appartamento, sorridevo beata.

La stanza da bagno non era particolarmente grande, ma era gradevole e accogliente. Di fronte all’ingresso c’era la vetrata da cui si poteva rimirare Tokyo, e sulla parete sinistra, tinteggiata d’un caldo rosa salmone, c’era la vasca da bagno, di forma tonda, in legno di betulla. Era appoggiata su una griglia di assi di legno d’acacia, che con il loro colore più scuro davano un aspetto più caldo alla stanza. Sulla parete opposta, appeso al muro, c’era uno spruzzo per lavarsi prima di entrare nella vasca, come voleva la tradizione giapponese. A un metro di distanza, accanto alla porta, c’erano quattro ganci per i vestiti, mentre in parte alla vasca erano appesi due soffici accappatoi, pronti all’uso.

Rimirai un istante ancora l’arredamento che avevo scelto, semplice e invitante, poi attraversai il breve corridoio che portava alle stanza da letto e mi assicurai che anch’essa fosse in ordine. Il grande materasso era coperto da un piumone azzurro come il cielo primaverile, che aspettava di essere usato. Le mura erano color panna e portavano dipinti dei fiori di ciliegio che sembravano sospinti dalla brezza. Anche quella stanza godeva di un’ottima vista sulla città.

Tornai in cucina e accesi il fornello su cui si trovava la salsa, che necessitava di poco più di trenta minuti di cottura a fuoco basso, poi andai a sedermi sul divano, in attesa. Nel silenzio della casa, il mio cuore batteva facendo un gran baccano. Guardai nuovamente l’orologio: mancavano un paio di minuti.

Iniziai a giocare con l’anello che portavo all’anulare sinistro, un suo regalo.

Toc-toc.

Sorrisi, preda di una grande felicità. Andai alla porta, trassi un profondo respiro, e abbassai la maniglia. Nel vederlo, mi aprii in un sorriso ancora più grande di quello che già portavo in viso. Mi alzai sulle punte dei piedi per baciarlo.

«Ehi» mi sussurrò lieto dell’accoglienza. Appoggiò qualcosa sul mobile all’ingresso e portò una mano tra i miei capelli, mentre con l’altra mi avvicinò a lui avvolgendomi in una stretta amorevole.

Ci baciammo per alcuni minuti, con dolcezza, fermandoci ogni tanto e riprendendo subito.

Infine, mi staccai da lui e lo presi per mano, ma lui mi bloccò e mi consegnò con scherzosa solennità una piccola scatola a forma di cuore. Il coperchio della confezione era trasparente, e dentro c’erano svariati cioccolatini, tutti a forma di cuore.

«Un pensierino» mi sussurrò all’orecchio.

«Uno splendido pensierino» risposi ammiccando.

Seguendo la mia intenzione originale, lo condussi verso la cucina, dove appoggiai la scatola sul tavolo. Lo invitai a togliere il giaccone e lo sistemai sul divano, poi lo presi di nuovo per mano e oltrepassai la cucina, diretta al corridoio.

«Non ceniamo?» mi domandò stupito e con un’aria vagamente infantile che mi sciolse il cuore.

Mi strinsi a lui, al massimo della felicità. Arrivammo davanti alla porta scorrevole della stanza da bagno e la aprii, precedendolo all’interno.

Il sole era ormai sparito all’orizzonte, nascosto dagli alti palazzi. L’unica fonte d’illuminazione erano le candele che avevo acceso poco prima; il loro profumo esotico era inebriante, e ci colse con piacere.

La serata era destinata alla perfezione più assoluta. Mi voltai e lo attirai a me con forza, baciandolo con passione. Proseguimmo verso la doccia, un bacio dopo l’altro, e i vestiti rimasero ad attenderci sulla porta. L’acqua gelida non ci raffreddò affatto: eravamo troppo presi per badarci o attendere che si scaldasse.

Rimanendo abbracciati, andammo alla vasca, la cui acqua bollente mi imporporò le guance mentre vi entravo. Lui mi precedette, sedendosi con il muro alle spalle, e mi fece segno di sedermi sulle sue gambe. Accolsi il suo invito e riprendemmo a baciarci, l’uno stretto nelle braccia dell’altra. Le nostri menti smisero di riflettere, e i nostri corpi si mossero per noi. Sprofondammo nell’acqua, i visi appena fuori per continuare a respirare, ma avevamo il fiato corto e il caldo della stanza era allo stesso tempo piacevole e soffocante. Ci abbandonammo al nostro amore, lasciando che la passione ci travolgesse mentre la notte calava sulla città fuori dalla finestra.

   
 
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