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Autore: Ellie M_ellark    04/01/2013    2 recensioni
Rosalie Hale ha un'amica speciale: Cassie. Cassie ha un dono, un dono che non vuole, un dono che chissà perchè è toccato a lei, dono che però le ha permesso di conoscere i Cullen.
Lo stesso dono le porterà nuove amicizie nei pressi di La Push che potrebbero diventare di vitale importanza quando le cose si metteranno davvero male.
Storia senza troppe pretese, che potrebbe strapparvi spesso un sorriso e ogni tanto qualche lacrimuccia.
Dal primo capitolo: "Un’altra cosa che condividiamo io e Bella è la goffaggine. Che ci posso fare se mamma mi ha fatto due piedi quadrati? E sembra quasi che lo sapesse quando mi ha messo al mondo, che sarei diventata un cataclisma, tanto che mi ha chiamato Cassandra, come la povera profetessa troiana che non veniva creduta da nessuno e presagiva solo disgrazie.
Immaginate invece le risate che si sono fatti a casa Cullen sentendo il mio cognome. Ridono ancora e per Edward sono diventata Bloody, anche se in fondo non c’entra niente."
Recensite e fatemi sapere che ne pensate ;)
Genere: Commedia, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Rosalie Hale, Un po' tutti, Volturi | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
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1. pilot

 

 

 

 

Chapter 1

Pilot.

Se il primo capitolo non lo chiami PILOT, che primo capitolo è?

 

 

 

 

 

 

 

 

«Questo ragazzino credeva di trovarsi di fronte un babbeo e invece, beh, ero io.»
Tutti ridono immaginando la scena. Emmett Cullen è uno dei ragazzi più presuntuosi della scuola, del mondo addirittura, eppure è anche il più simpatico e il più amato.
Dall’altra parte del tavolo c’è Edward Cullen, impaziente mentre aspetta la sua Bella, Alice Cullen che delucida le cheerleader con consigli di moda, il suo ragazzo Jasper Hale esasperato, ma sempre sorridente e al suo fianco, seduta sulla panca del tavolo della mensa, c’è la bellissima e biondissima Rosalie Hale, la ragazza di Emmett che si bea alla vista di cotanta bellezza. O almeno questo sta pensando del suo “scimmione”.
Chi sono io? Semplicemente la sua migliore amica e ironia della sorte vuole che mi chiami Cassandra, Cassie, Bloodgood – capirete più avanti il perché del mio commento – e che bazzichi spesso dalle parti di casa sua. 
I cinque sopracitati sono tutti i figli adottivi del dottor Carlisle Cullen e della signora Esme Cullen. Ovviamente si è parlato per mesi dello scandalo che rappresentavano le due coppie, ma le male lingue si sono zittite quando è stato presentato a tutti il fenomeno Cullen.
In poco tempo sono riusciti a farsi amare da tutti, sebbene restando sempre riservati e in disparte.
E’ normale restare in disparte quando sei un vampiro… Ah, si, dimenticavo.
Sono tutti vampiri, mammina e papino compresi. Per me ormai è la routine, non ci penso più, ma è decisamente un dettaglio che fa la differenza. Sebbene adesso siamo tutti così amici il nostro incontro non fu esattamente dei migliori.
La scuola era cominciata da qualche giorno ed io me ne stavo davanti il mio armadietto a far nulla.
Ah, ecco, ho dimenticato un’altra cosa. Sono un tipo con la testa fra le nuvole e mi capita spesso di dimenticare dei particolari di vitale importanza; ho un dono – ognuno lo chiama come vuole, cambiano i punti di vista – che non sempre con facilità controllo e che a volte mi stressa terribilmente: leggo nel pensiero.
Non stupitevi troppo, i miei amici fanno cose che farebbero sembrare le mie capacità inezie, se non fosse che io riesco a giocare con la mente degli altri.
Potrei sembrare antipatica e presuntuosa, ma in realtà mi vanto soltanto con Edward, anche lui capace di leggere nel pensiero. Il mio dono è più come avere un telecomando puntato sulla mente degli altri, posso decidere io che canale vedere e quindi cosa fargli pensare. A volte lo faccio con Edward, lui si infastidisce e minaccia di mordermi, ma non mi spaventa nemmeno un po’.
Aggiunto questo particolare, torniamo a me ferma come una fessa davanti al mio armadietto. Circolavano degli strani pensieri nell’aria quel giorno ed io, curiosa come nessuno mai, stavo sondando le menti di tutti per cercare di capire di chi fossero.
E finalmente le mie ricerche diedero i loro frutti: i pensieri venivano da qualche armadietto di distanza dal mio, Edward e Rosalie stavano parlando, o più che altro litigavano. Lei non faceva che dire e pensare che Edward dovesse smetterla di comportarsi come un idiota e dovesse frenare la sua sete, Edward pensava di staccarle la testa e nasconderla nel bosco.
Quando si accorsero delle occhiate scioccate che gli lanciavo, cominciarono altri pensieri strani e macabri, tanto che non potei fare a meno di rispondere ad alta voce.
Da lì scoprirono il mio segreto ed io scoprii il loro e con il tempo mi accorsi che Rosalie aveva un carattere molto simile al mio e che insieme ci trovavamo molto bene.
Così eccomi qui, in fila accanto a Bella Swan, amica di vecchia data, fidanzata con il vampiro dalle manie omicide, che aspetto il mio pranzo.
«Và da Edward, prima che sbricioli il tavolo. Da quanto non vi vedete? Ieri?» chiedo sondando la mente di Edward.
«Tre giorni. Sai, le belle giornate…»
Bella è un tipo timido, ma decisamente testardo quando ci si mette. Non siamo mai state sinceramente amiche, ma il condividere un segreto enorme ci ha unite e strano a dirsi non la trovo più snervante come prima. La sua storia con Edward è cominciata nello stesso periodo in cui ho scoperto tutto, ora che ci penso.
Un’altra cosa che condividiamo io e Bella è la goffaggine. Che ci posso fare se mamma mi ha fatto due piedi quadrati? E sembra quasi che lo sapesse quando mi ha messo al mondo, che sarei diventata un cataclisma, tanto che mi ha chiamato Cassandra, come la povera profetessa troiana che non veniva creduta da nessuno e presagiva solo disgrazie.
Immaginate invece le risate che si sono fatti a casa Cullen sentendo il mio cognome. Ridono ancora e per Edward sono diventata Bloody, anche se in fondo non c’entra niente.
Dopo pranzo torno in classe per la lezione di filosofia. Sarò sincera: non sono una brava studentessa, ma quando leggi nel pensiero e in più hai una memoria fotografica ottima hai tutte le risposte. Non mi è mai realmente importato molto della scuola, ho cose più importanti a cui pensare. Ecco finalmente che la campanella mi salva ed esco dall’edificio tetro della scuola.
«Tuo padre sta per tornare, Cassie.» mi avverte Alice. Lei prevede il futuro, è utile avere una veggente come amica.
«Quindi mi sa che non potrai venire più tardi, vero?» chiede Rosalie.
«No, dovrò stare tutto il tempo con lui, sapete com’è.»
Mio padre è un pilota d’aerei e la sua compagnia si occupa di voli internazionali, quindi non passiamo molto tempo insieme. Quando torna per qualche giorno a casa cerco di stare con lui il più possibile. Il resto del tempo lo passo con mia zia Tessa, sua sorella. Lei sa tutto del mio segreto e perfino di quello dei miei amici. È incredibile come riesca a scoprire tutto.
«Zia Tessa, sono a casa!» urlo su per le scale. Tessa sarà già andata nel panico per l’arrivo di mio padre e starà correndo di qua e di là come una matta.
«Cassie, Cassie!» urla scendendo di corsa. «Steve sta tornando!» E’ difficile chiamare Tessa zia dato il suo aspetto. Mia madre è morta quando avevo dodici anni e visto che mio padre non c’era mai a casa è toccato a lei occuparsi di me. Non che le dispiaccia, lo ha fatto con piacere, ma quando è successo aveva soltanto vent’anni e spesso penso che abbia dovuto fare dei grandi sacrifici per stare con me. «Lo so, me lo ha detto Alice.»
«Avrebbe potuto dirlo anche a me! Tuo padre mi ha chiamato un’ora fa da Seattle, appena sceso dall’aereo.»
«Per quanto resta?» chiedo levandomi la giacca.
«Solo un giorno. Partirà domani dopo pranzo.» risponde lei lanciandomi un pacchetto di biscotti.
«Non capisco dove riesci a trovare il tempo di fare i biscotti.»
«Credi di essere l’unica ad avere dei poteri? Ah, a proposito…»
«Si, lo so.» le rispondo anticipandola. Steve è a conoscenza del mio segreto anche se la cosa non lo entusiasma troppo, ma non sa nulla dei Cullen e quando viene qui cerco di tenerli lontani quanto più possibile. Io e mio padre in realtà non parliamo molto del mio dono, non è una cosa che gli piace particolarmente. Se siamo nella stessa stanza cerca di non pensare a cose che potrebbero ferirmi o infastidirmi ed io cerco di non ascoltarlo. Credo che pensi che io sia strana.
Affaccio alla finestra e lo vedo finalmente arrivare.
«Bentornato.» gli dico aprendo la porta. Lui posa l’unica valigia per terra e mi abbraccia. Mio padre è un grande chiacchierone, ma non è affettuoso o espansivo. Per me va bene così: non sono mai stata capace di dirgli delle frasi tipo “mi sei mancato” o “ti voglio bene”.
Tessa gli prepara del pollo arrosto e sediamo tutti attorno al tavolo, mentre lui ci racconta del suo ultimo viaggio. Quand’ero più piccola mi ripeteva spesso che appena fossi stata abbastanza grande mi avrebbe portato con lui. Chissà se lo ricorda ancora?
«Ah, Steve, non ricordo se ti ho detto di Sarah Black.» dice Tessa in un momento di silenzio.
«Si, lo hai fatto.» risponde mio padre afflitto. Da quel che ricordo Steve ha due grandi amici: il capo della polizia e padre di Bella, Charlie Swan, e Billy Black un vecchio nativo americano che vive nella riserva di La Push. La moglie di Billy è morta, ma è successo un sacco di mesi fa quando mio padre era ancora in viaggio. «Credo che più tardi andrò a trovare il vecchio Billy. Venite con me?» continua Sam.
«Certo.» risponde fulminea Tessa. La guardo per capire se c’è qualcosa che non va. Sebbene non abbia dei poteri o non riesca a leggere nel pensiero, Tessa ha un sesto senso che farebbe invidia perfino a quello di un vampiro. Non so com’è possibile, magari è da lei che ho ereditato i miei poteri, ma percepisce delle sensazioni, positive o negative lo decide lei, che riescono ad indirizzarla sulla giusta o la cattiva strada. Non si tratta solo di indovinare se pioverà o meno, cosa non difficile a Forks, dato che piove un giorno sì e l’altro pure.
Tuo padre ha qualcosa che non va. Tu non ci hai fatto caso, ma non ha smesso di guardarti un secondo da quando è arrivato.
Questo è quello che pensa Tessa e come a conferma di ciò, vedo con la coda dell’occhio che mio padre mi fissa, quasi mi scruta. C’è sul serio qualcosa che non va.
Per tutto il tragitto in macchina nessuno parla, solo mia zia sembra essere viva e cambia di continuo stazione radio. Io sono occupata a sondare la mente di mio padre e lui invece è impegnato a tenere la sua mente impegnata cantando una vecchia canzone anni 60’. Insomma, siamo tutti e tre molto, molto occupati.
Arriviamo alla riserva, che tra parentesi puzza di salsedine ed è gelata, e il mio cellulare squilla. E’ Bella, non posso non rispondere, potrebbe trattarsi di qualcosa molto importante, così dico ai miei – si, li chiamo miei anche se Tessa non è mia madre – di andare avanti senza di me.
Alla fine la chiamata di Bella mi tiene impegnata cinque minuti scarsi, non era nulla di importante, così mi avvio verso la piccola casa rossa.
Busso leggermente, ma pare che nessuno mi senta. Allora busso più forte e sento qualcuno urlare. Ad aprirmi è un ragazzone che occupa l’intera porta, – ad una prima occhiata giuro che mi pare pure più grande di Emmett – ha la faccia assonnata e anche parecchio arrabbiata, forse l’ho svegliato. Il tizio, che ancora non mi ha rivolto parola, mi squadra dalla testa ai piedi e mi guarda come se fossi la cosa più insignificante sulla faccia della Terra.
Beh, grazie tante.
A parte la faccia imbronciata ha un bel visetto, i capelli tagliati molto corti e dei muscoli che farebbe invidia ad un campione di pesi massimi. Non so perché mi viene in mente uno dei pesi massimi, in realtà ho di nuovo pensato a Emmett. Io non sono una ragazza molto alta, quindi i tipi grossi e robusti mi impressionano facilmente - non sono fissata con Emmett, ecco! -.
«Dimmi.» dice l’energumeno.
«Dovrei entrare.» rispondo io cercando di superarlo, ma la cosa mi riesce difficile, dato che occupa l’entrata. Per tutta risposta, mi guarda male e mi sbatte la porta in faccia tornando da dove è venuto. Scioccata busso un’altra volta e mi vedo spuntare davanti un ragazzo più piccolo del precedente, ma sempre messo bene e con una notevole somiglianza.
«Non compriamo niente, grazie lo stesso.»
Questo cerca di essere più gentile, ma nemmeno mi fa parlare che mi sbatte di nuovo la porta in faccia. Ora si che mi sento sul serio presa in giro. Mi aggiusto il cappellino di lana morbida sulla testa – me lo ha regalato Alice quando è tornata dalla Francia, praticamente lo indosso tutti i giorni – e busso di nuovo con il fumo che mi esce dalle orecchie. Sono un tipo calmo se non mi fanno infuriare. Questa volta il ragazzo che mi apre – quanti ce ne saranno ancora lì dentro?! – ha un sorriso stampato in faccia che sembra emanare luce propria. Assomiglia agli altri due idioti di prima, ma ha qualcosa di diverso. Forse è il cipiglio divertito ma allo stesso tempo dolce negli occhi che noto e che mi rimane impresso.
«Senti mi dispiace, forse non capisci bene la nostra lingua e il fatto che due persone diverse ti sbattano la porta in faccia, ma mi piacerebbe molto che la smettessi di bussare ancora alla porta di casa mia, perché stai disturbando sia me che i miei amici. Comprendi?»
Ritiro il complimento sul sorriso e sul fatto di sembrare diverso, perché questo qua mi sembra più idiota degli altri due. La battuta alla Jack Sparrow, poi, mi fa incazzare in maniera assurda e mi metto ad urlare.
«No, senti tu! Non so cosa tu e i tuoi amici scemi vi siate fumati stasera, ma io sono qui fuori da abbastanza e non mi sento più le dita dei piedi! Ora fammi entrare oppure dì a mio padre che ci vediamo a casa!» Quasi si affoga, eppure non ha niente in bocca a parte la sua saliva immagino.
«Sei la figlia di Steve?» domanda allarmato.
«Oh, beh, grazie per averlo chiesto. Ora posso entrare o devo avere un permesso scritto da tuo padre?!» Mi azzardo a dire tuo padre perché mi pare di aver riconosciuto l’imbecille e poi perché ha detto “casa mia”. Dovrebbe essere Jacob, l’unico figlio maschio dei Black.
Se posso permettermi in quanto a cervello non gli è venuto tanto bene.
Farfuglia qualcosa imbarazzato fino alla punta dei capelli, mentre io entro gongolante. Attraverso il salotto e tre paia di occhi mi si puntano addosso. Tutti i ragazzi che vedo sembrano fatti con lo stampino; poi mi ricordo: riserva, nativi americani, si assomigliano un po’ tutti per i colori e la fisionomia. E che fisionomia!
Chiedo a Black – se ti chiamo per cognome sei sulla mia lista nera – dove sono mia zia e mio padre e lui mi indica la cucina, ancora rosso in viso. Ben gli sta.
La mia testa si affolla velocemente di pensieri prettamente maschili e per un minuto sono tentata di buttarci in mezzo qualche borsetta e un po’ di trucco tanto per confonderli, ma mi limito ad isolarli e mi accomodo accanto a mia zia, facendo finta di seguire la conversazione mandata avanti da Billy. Ho un bel ricordo di quell’uomo e anche di sua moglie, a dir la verità. Mi è dispiaciuto quanto ho saputo che è morta. Poi penso a Jacob e alle sue sorelle e a quanto devono avere sofferto e un po’ mi sento in colpa per come ho risposto poco fa. Però io so che vuol dire perdere la madre e so anche che qualche commento acido non fa tanto male. A me non lo ha fatto.
Qualcuno pronuncia un nome nel mezzo della conversazione, il nome più bello del mondo: Artemis. È il nome di mia madre, la mia mamma greca, la mamma che adesso non c’è più. Steve l’abbreviava in Emis e tutti la conoscevano così. Ogni notte veniva nella mia stanza, si sedeva ai piedi del letto e mi raccontava la storia delle dee e delle muse greche, ogni notte una diversa. Dopo la sua morte restai spesso a fissare il punto in cui era solita sedersi, aspettando forse che tornasse lì, ma il cancro me l’ha portata via per sempre.
Steve e Billy parlano delle loro perdite e mio padre cerca di aiutarlo in qualche modo, ci parla, vuole che non smetta di essere quello che è sempre stato perché Sarah non lo vorrebbe vedere così. Gli dice anche che secondo lui sarebbe una buona idea che io e Jacob ci frequentassimo, per fare in modo che parlandone Jacob superi la cosa.
Non capisco subito cosa ha detto mio padre, ma poi intuisco che la cosa implica me e l’imbecille pompato nella stessa stanza da soli a parlare. Fermi tutti. Che cosa?!

Angolo autrice:
Eccoci giunti al primo capitolo. Beh, cosa ne pensate?
Il secondo capitolo è già pronto aspetto solo le vostre opinioni per postarlo!
Cosa nasconde il padre di Cassie?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo?
Un bacio, Cel. ;)
   
 
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