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Autore: ItsNaike    04/01/2013    1 recensioni
Era l’alba di un’interminabile notte. E lui era ancora vivo. Jacob Wednesday. Wednesday come wednesday. Mercoledì. Si pronunciava allo stesso modo, si scriveva allo stesso modo, era la stessa parola. Con un nome così avrebbe dovuto fare il jazzista, o il gangster, o l'attore. E invece faceva il soldato.
Genere: Avventura, Guerra, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   Era l’alba di un’interminabile notte.
   - Come ti chiami, fratello?
   - Jacob. Mi chiamo Jacob Wednesday.
   Wednesday come wednesday. Mercoledì. Si pronunciava allo stesso modo, si scriveva allo stesso modo, era la stessa parola.
   - Io mi chiamo John Miller. Hai davvero una fortuna sfacciata, Jacob Wednesday, complimenti. Hai salvato le chiappe anche stavolta.
   Era dal suo bisnonno che si portavano dietro quel cognome. Il povero diavolo era un trovatello, e l’uomo che l’aveva trovato e portato a casa aveva avuto l’allegra idea di battezzarlo Arthur Wednesday, come il giorno in cui l’aveva raccolto per strada. E amen, così era stato. Forse aveva pensato di essere spiritoso. Di certo il suo bisnonno non c’aveva trovato nulla di divertente.
   - Ho salvato le chiappe?
   Nella sua famiglia tutti i maschi si chiamavano Arthur Wednesday, ma sua madre si era imposta per Jacob. Aveva detto che bastava la disgrazia del cognome a ricordargli quella parentela, e non c’era bisogno di aggiungere anche il nome. Gran donna, sua madre.
   - Diavolo, sì! Sei qui, siamo qui! Siamo vivi, Cristo Santo!
   Sua madre diceva sempre che con un nome del genere un poveraccio poteva fare solo il gangster o il saltimbanco. E invece Jacob faceva il soldato, sul confine, sporco e sudato all’alba di quell’interminabile notte.
   - Voglio tornare a casa, maledizione, - imprecò un sudicio compagno, leccandosi le ferite.
   Chissà dov’era la madre di Jacob.
   - Ci tornerai. Ci torneremo tutti, - sentenziò un tale alto e stempiato. Dopo un rapido censimento venne fuori che tra i superstiti era il più alto in grado, così prese il comando della truppa.
   - Dodici. Siamo rimasti solo in dodici, - piagnucolò il soldato Jeff Davies.
   - Ringrazia Dio, Davies, di essere tra questi dodici, - lo rimproverò lugubre un barbuto tenente.
   - Ehi, come hai detto che ti chiami, amico? Jacob Wednesday, no? Silenzioso? A che pensi?
   - Se cominciamo a camminare supereremo il fiume entro domani mattina. Speriamo che non piova, così potremo raggiungere casa in una settimana di marcia, – disse lo stempiato capitano.
   - Lascialo in pace, non vedi che è stanco?
   - Chi non lo è?
   - Non sprecate il fiato, vi servirà per camminare.
   Jacob Wednesday aveva in effetti poco da raccontare. Meditava confusamente sulla notte trascorsa. Pensò di dirlo, ma non fu una buona idea.
   John Miller rabbrividì e gli fece cenno di cambiare argomento: - Mai passato nulla del genere. Io ne ho viste di cose con questi occhi, ma stanotte…
   - Fuoco nemico ovunque, - rincarò Davies.
   - Compagni che cadevano…
   - E mi sono abbassato appena in tempo…
   - … mine. E bombe che piovevano come acqua.
   Non c’era alcun bisogno di ricordarlo, eppure uno per uno, tutti quanti desideravano aggiungere qualcosa a quella macabra reminiscenza collettiva. Jacob Wednesday se ne stava in silenzio, mentre i pensieri dolorosi dei compagni si affollavano nelle sue orecchie.
   - E morto… era morto…
   Jacob aveva paura della morte.
   - Era lì, e non era lì, capite…
   - Ci siamo salvati per miracolo…
   Miracolo. Era una parola che risuonava nell’aria lasciandosi dietro una curiosa scia. Se il miracolo era stato sopravvivere in dodici, non era all’altezza delle aspettative di nessuno. Era un miracolo a metà. 
   - Statemi a sentire, uomini. Abbiamo i nemici alle spalle, se non acceleriamo ci raggiungeranno per finirci. Non so voi, ma io voglio sopravvivere.
   Le parole del capitano suonavano stanche ma autoritarie. Per qualche ragione un ufficiale resta un ufficiale fino alla fine, o almeno finché ha fiato per dare ordini. E tutti tacquero di nuovo.
   Ecco cos’era successo quella notte: l’Apocalisse. Se Jacob avesse potuto descriverlo, avrebbe usato una sola parola. Mamma, stanotte è stato l’Apocalisse. Ma come, tesoro, io non mi sono accorta di nulla! Fidati, mamma, è stato così. È caduto tutto sopra di noi. Sopra noi poveri soldati.
   Erano centocinquanta nel fortino, una zona che era sempre stata tranquilla. E poi, senza che nessuno se l’aspettasse, era arrivata una bomba, e poi un’altra, e poi i soldati come loro, ma vestiti di un altro colore, con un altro accento. E si erano sparati addosso, per ferire, per uccidere. Poi, d’un tratto, erano rimasti in dodici, e gli altri centotrentotto se n’erano andati, un braccio di qua, una gamba di là, il ricordo nei cuori di chi avrà un bel da fare ad aspettarli.
   La voce di John Miller continuava a chiamarlo ‘amico’ da molto lontano, ronzando qualcosa che di sicuro non era interessante. Davies, più avanti, faceva una nervosa cronaca di ogni passo della marcia. Abbiamo superato il bosco, stiamo arrivando al fiume, sembra che sarà bel tempo, non ci sono soldati in giro, abbiamo raggiunto il fiume, abbiamo passato il fiume. E così finché Roger Teele non sbraitò di piantarla con quel suo fottutissimo fiume e Miller, per placare gli animi, sussurrò: - Siamo tutti un po’ agitati, amico.
   Aveva detto una cosa sacrosanta. Erano stanchi, sporchi, feriti e sconvolti, con la morte negli occhi. E più il capitano li portava vicini a casa, più la tempesta infuriava nei loro petti, chissà per quale bizzarra legge fisica.
   Marciarono per un giorno, poi per due, tre, senza fermarsi, senza parlare, senza mangiare. Era il quarto giorno quando finalmente la videro. Casa.
   Ed era un miracolo, questo sì, questo davvero. Avevano protetto la patria ed adesso rieccolo qui, quel villaggio al confine, pronto ad accogliere i dodici eroi, i dodici soldati, i dodici uomini che ora volevano solo riposare.
   Non c’erano che quattro case, ma era il loro paese.
   Jacob era tra i primi della fila. Per un breve attimo non credette ai suoi occhi, tanta era la gioia. La prima cosa che si incontrava, entrando nel villaggio, era una fontana attorno alla quale si erano riunite le donne per lavare i loro panni. Una di loro si stava incamminando con un grosso lenzuolo, quando passò davanti a loro senza guardarli.
   Jake sorrise appena. Dio, grazie, grazie! Siamo a casa, siamo tutti quanti a casa, fuori da questa stramaledettissima guerra! Siamo a casa e nulla potrà più colpirci. Dove sei, mamma? Una gran donna, l’ho sempre detto. Un donna come non le fanno più, al giorno d’oggi. E negli occhi di tutti c’è scritto il sollievo, la felicità, la salvezza.
   Fu il capitano a fare il primo passo, così si avvicinò alla donna, si sfilò il cappello. Ufficiale, sempre.
   - Signora?
   Ma lei passò oltre, verso la fontana.
   - Siamo stati attaccati, veniamo dal fortino, abbiamo bisogno di riparo…
   La donna non sembrò avere la benché minima idea di ciò che le veniva detto, quasi non lo sentisse neppure. Jacob osservò il suo volto per un istante, mentre lei si allontanava. C’è qualcosa che non andava in quegli occhi rossi, come se avesse pianto.
   - Signora, siamo i vostri soldati, i soldati che hanno combattuto per voi…
   Ma anche questo sussurro si dissolse lentamente nell’aria. Il capitano guardò gli altri e scosse appena la testa, senza capire. Neppure i suoi compagni capivano.
   John Miller corse avanti, verso la fontana: - Voi! – gridò, muovendo le braccia con le ultime forze, - Voi, aiutateci, siamo esausti, siamo sopravvissuti ad un attacco! Vi prego, siamo figli vostri, vostri fratelli e nipoti!
   Nessuna delle donne si mosse. Nessuna sembrò accorgersi delle grida, e quando volsero il capo fu solo per salutare la compagna che arrivava. Miller si immobilizzò, le braccia ancora alzate. Col respiro affannoso guardò i compagni, e fu allora che anche Jacob iniziò a gridare. E poi tutti gli altri, insieme, con dodici voci che erano una sola.
   - Aiutateci! Aiuto! Per favore!
   Ma fu un triste silenzio ad accogliere le preghiere dei soldati.
   Infine, la donna appena giunta parlò alla altre, mentre una lacrima le scivolava sul viso: - È appena arrivata la notizia che il fortino è stato attaccato.  Sono tutti morti, tutti i nostri ragazzi.
   Le donne si portarono le mani alla bocca, scoppiarono in piano, si strapparono i capelli. Non era giusto, non era normale. Faceva male vederle disperarsi inutilmente, perché la verità era che c’era un errore, doveva esserci. Non tutti erano morti, loro erano sopravvissuti. I dodici. Se solo li avessero ascoltati, erano lì che gridavano…
   Davies sussurrò appena: - No, non è così… non è così... Siamo qui, non vedete? Siamo salvi…
   E non osava avvicinarsi di più, tutto il suo coraggio di militare era sparito di fronte a quel gruppo di donne che non voleva o non poteva sentire i suoi lamenti. Ricercò con gli occhi gli altri soldati, e loro, silenziosamente, si scambiarono uno sguardo. Miller, con il terrore stampato sul viso, allungò il braccio verso la donna più vicina. Era bionda. Tese la mano e cercò di toccarla, ma la sua presa cadde nel vuoto. La sua presa era il vuoto.
   - Dio mio…
   E allora Jacob capì. Capì che non avrebbe rivisto sua madre l’indomani, e che quella marcia di quattro giorni non era stata che l’inizio del suo ultimo, lungo viaggio.
 
  
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