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Autore: MariaGraziaKilljoy    04/01/2013    5 recensioni
"Come ci si sente quando senti la vita che pian piano ti scivola tra le dita?
Come ci si sente quando la linfa vitale sta abbandonando le tue spoglie membra?
Come ci si sente quando si è vuoti, ma vuoti dentro, nel cuore e nell'anima?
Come?" - Dal primo capitolo.
Frerard.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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POV: Frank
 
Note:
 
"Come ci si sente quando senti la vita che pian piano ti scivola tra le dita?
Come ci si sente quando la linfa vitale sta abbandonando le tue spoglie membra?
Come ci si sente quando si è vuoti, ma vuoti dentro, nel cuore e nell'anima?
Come?
 
Io lo so, lo so da diciassette fottuti anni.
Non sono particolarmente bello o talentuoso. I bulli della mia scuola mi odiano. Non sono popolare. Non mi piace neanche studiare, e ciò mi fa pensare che la mia non sia una personalità ben definita. Non ho una ragazza, ma questa è la mia ultima preoccupazione. 
Mi piac....amo alla follia la musica. E' la mia vita, è l'unica cosa che mi tiene ancorato alla vita.
L'unico motivo per il quale la mattina decido di affrontare un'altra orrenda giornata colma di cose che non mi appartengono, e cose alle quali io non apparterrò mai. Suono, non sono una cima ma metto il cuore nelle sei corde della mia chitarra. Metto tutto il mio spirito e la mia scarsa voglia di vivere tra le note che essa crea. Le do tutto me stesso, ed è la cosa più bella che un essere vivente possa fare.
 
Ed ora mi ritrovo a scrivere su un cazzo di diario, come le ragazzine innamorate. Ma la verità è che io non ho alcun amico con cui sfogarmi, al quale poter dire tutto ciò che mi passa per la testa. Sono un adolescente in fondo. Un po' diverso dagli altri ma pur sempre un adolescente. Ed ho bisogno di esternare i miei sentimenti. Non posso farlo con mia madre, che è sempre occupata. Non posso farlo con mio padre, che ci ha lasciati anni fa per rincorrere il suo sogno.Giuro che, quando avrò dei bambini, se ne avrò, non li abbandonerò mai per rincorrere alcun sogno, lo giuro. Perchè poi chi ci penserà ai loro di sogni se non il loro papà?
Bene, ora sarà meglio che la smetta...non so neanche se sia una buona idea tenere questa sottospecie di diario di Barbie, ma chi se ne frega. Tanto non ho nulla da perdere, purtroppo."
 
Sono le 7:59 di mattina, alle 8:15 ho lezione. Il problema è che mi sono appena svegliato. Porca puttana, porca putt....ehi, non perdiamo tempo ad imprecare.
Mi infilo una t-shirt rossa che molto probabilmente non è stata ancora lavata, un paio di jeans ed un paio di Converse e corro lungo il vialetto di casa mia. Carino, il vialetto. Insomma, lo cura mia madre in quei pochi momenti liberi che ha. Potrebbe utilizzare quei momenti per parlare con suo figlio, ma non fa nulla: sono abituato a passare inosservato, con ciò non intendo dire che sia indifferente per mia madre. Mi vuole bene, è ovvio, ma potrebbe fare di più, come potrei fare io. Come potrebbero fare tutti.
Ho perso l'autobus, bene. Molto, molto bene. Okay, mi tocca correre a perdifiato anche oggi.
8:10, ho cinque minuti per arrivare in orario, posso farcela. Cazzo, un'auto stava per investirmi, mi ha evitato appena in tempo. Io non ho cercato di evitarla, comunque.
Guardo di sfuggita l'orologio: 8:13. Dio, ho due minuti, solo due. Corro più veloce, sempre di più. Sento il sudore scendermi lungo le tempie ed il cuore battere all'impazzata. Il respiro diventa sempre più irregolare. 8:15. Intravedo la scuola ma le ginocchia iniziano a cedermi. Mi faccio forza e...8:16, sono davanti alla porta d'ingresso piegato un due per l'incredibile corsa mattutina che ho sostenuto, nonostante io non abbia voluto. Sento qualcuno che mi spinge con forza -Scusa, nanetto. E' che non ti si vede nella folla-, ride rumorosamente. E' Fred, un tizio che non mi sopporta e che, a quanto pare, ha deciso di rendermi la vita ancora più complicata. E questa decisione l'ha presa....da circa sette anni. Esatto, mi rompe le palle da quando ne avevo dieci, ma ormai non ci faccio quasi più caso. Sorrido, come a beffarmi di lui, e lui alza il sopracciglio destro in un'espressione di incomprensione.
Finalmente raggiungo la mia aula, la numero 17. Afferro la maniglia ed entro. La signorina Brett è ancorata alla cattedra, questa mattina ha uno sguardo ancora più impenetrabile del solito.
-Iero, sempre in ritardo, eh? Vada a sedersi.- dice inacidita. Io obbedisco senza fiatare ma fancendo un cenno di assenso col capo. Sarebbe stata una giornataccia. Un'altra, forse solo una delle tante.
  
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