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Autore: TheREVolutionary    04/01/2013    1 recensioni
La verità è uno dei sogni più antichi degli uomini. Anche in guerra, la verità portata ad un uomo può distruggere il suo mondo interiore, o quello esteriore. Quale dei due è più importante?
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sibilo inconfondibile dei missili continuava incessante a fargli tremare il cuore. Mentre correva, il battito non era velocissimo per la fatica, ma per la paura. La paura che solo la gente come lui può provare. La paura che, da un momento all'altro, tutto ciò in cui hai creduto, tutto ciò che hai, tutto ciò che senti, possa finire da un momento all'altro.
Il fucile gli pesava. Avrebbe voluto scaraventarlo a terra, ma non ci riuscì, come se lo sentisse una parte di se, un piccolo ma importante frammento del suo essere.
Riuscì a calmarsi, se così si può dire, solo poco dopo, appena raggiunse una piccola altura, con una cavità coperta da piante finte. Come riuscì a notarla, non avrebbe saputo dirlo. Il suo istinto gli disse di cercare sotto a quel cespuglio, e, spostando una piccola botola, aveva scoperto ciò che vi era sotto, minuziosamente nascosto.
Scese per una piccola scala improvvisata, fatta di legno e di un materiale che a primo impatto gli sembrò plastica. Scendeva per qualche metro sotto terra, per poi sfociare in una piccola stanza.
Le dimensioni gli sembravano le stesse della sua vecchia cantina. Ma, per la seconda volta, non avrebbe saputo fornire una spiegazione del perché quella associazione. C'erano parecchi scaffali, colmi di grandi barattoli, sacchetti e scatoloni. Sul piccolo tavolo a destra c'erano delle scatolette di carne. Probabilmente chi aveva preparato quel rifugio contava di rimanere lì a lungo. E quel qualcuno era di fronte a lui, girato per tre quarti. Sapeva che lo aveva visto, ma per qualche oscuro motivo, stava continuando il suo lavoro, senza curarsi della sua presenza. A giudicare dalle patch, dal tipo di mimetica e dall'equipaggiamento, doveva trattarsi di un soldato avversario. Aveva di fronte a lui un nemico, qualcosa che potenzialmente lo avrebbe potuto uccidere. Da un momento all'altro.
Lui aveva ancora il fucile attaccato, carico, e pronto a sparare. Volendo, in tre secondi avrebbe potuto eliminare quella caga minaccia che, di fronte a lui, armeggiava imperterrita.
Visto che non sapeva cosa fare, provò a rivolgergli la parola. "Ehi, you" disse, visto che non aveva idea di che lingua parlasse. "Tranquillo, io parlo la tua lingua" rispose l'altro soldato, con un accento particolare, simile a quello degli antichi tiratori scelti della Boemia. Ne aveva conosciuti tanti.
Vedendo che il soldato non parlava, il proprietario della “stanza” proseguì "Perché non mi hai sparato, appena sei entrato? Avrai capito subito che sono un nemico". Lui, onestamente, non sapeva cosa rispondere. "Non c'è un motivo" disse infine, scegliendo bene le parole "Non mi sembri pericoloso. Penso sia per questo, che non ti ho sparato". E dopo questo scambio di parole, calò il silenzio. Durante quel silenzio, il soldato sceso si tolse il fucile di dosso, e, mettendolo in sicura, lo appoggiò ad uno scaffale. Appena accennò un passo, l'altro soldato si girò, e, guardandolo dritto negli occhi, disse: "Io ho una moglie e una figlia, lontano da qui". Nella sua voce e nel suo sguardo non c'erano odio, cattiveria o aggressività. Ma solo tristezza. Tristezza e un vago accenno di solitudine. "Ora si trovano negli Stati Uniti. Stanno bene, hanno un rifugio molto migliore del mio. Lo so". A quelle parole, il soldato cambiò espressione. Lui sapeva che gli Stati Uniti non erano un posto sicuro. Perché non esistevano più. Circa due settimane prima, tre ordigni nucleari di precisione li avevano completamente rasi al suolo. Probabilmente, anzi, sicuramente, quell'uomo non sapeva del disastro.
Ora era di nuovo girato di spalle. Ora, per pietà o senso di dovere, l'inquilino si sentiva di dover fare qualcosa.
Tirò fuori silenziosamente la pistola dalla fondina, altrettanto silenziosamente caricò un colpo, e la puntò verso l'uomo di spalle.
Trattenendo il respiro, la puntò contro l'uomo, chiuse gli occhi e agì.

Lasciò la pistola sul tavolo e, senza una parola, senza un movimento superfluo, riprese il fucile ed uscì dal rifugio.
Ripensava alle parole dell'altro soldato, mente, solitaria, una piccola lacrima gli solcava il viso.

  
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