Anime & Manga > Fate Series > Fate/Zero
Ricorda la storia  |      
Autore: Raito    05/01/2013    2 recensioni
Era passato troppo tempo da quando Rin aveva visto per l'ultima volta suo padre.
Maledettamente troppo tempo.
Gli mancava così tanto, e pensava di non stare chiedendo troppo desiderando di poterlo vedere ancora. Anche soltanto un'ultima volta...
In una gelida notte invernale, guidata da una misteriosa melodia, la bambina, forse, potrebbe finalmente vedere questa sua richiesta esaudirsi...
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Tutto ciò che voglio è rivederti...
… fosse anche per l'ultima volta...


~ Memorie Cremisi ~

 

 

« H-Ho freddo… »
Rin si voltò di lato, sollevando il piumone e coprendosi fin sopra la testa. Si strinse nelle spalle tremando e divenendo ancora più piccola di quanto non fosse già.
Alla bambina piaceva molto l’inverno, ma quando il vento artico si insinuava in camera sua da spifferi invisibili avrebbe desiderato con tutto il cuore che fosse ancora estate.
Mugugnò qualcosa, affondando la testa sul cuscino, la voce sembrava quasi singhiozzante.
« Papà… mi insegni una magia per mandare via questo freddo cattivo… ? » sussurrò tristemente ad occhi chiusi.

Nella sua mente si materializzò una chiarissima immagine di suo padre Tokiomi: il volto austero e anziano, ormai consumato dal tempo e dall’età, i capelli castano scuro, ordinatamente pettinati, e un pizzetto sbarazzino con il quale la bambina si divertiva a giocare e ancora di più nell'osservare le reazioni seccate di Tokiomi che cercava di stare allo scherzo. Ed infine gli occhi, dalla tenue sfumatura azzurro marino, limpidissimi come un cielo senza la minima nuvola. Rin li adorava, erano sicuramente il tratto più affascinante e incantevole di suo padre.
Gli mancava molto, e per ragioni a lei poco chiare le era consentito incontrarlo solo pochissime volte all’anno. In più occasioni la bambina aveva provato a chiedere alla madre – a cui era stata affidata da Tokiomi in persona – perché papà si facesse vivo così poche volte, e l’unica risposta che riceveva era che l’uomo aveva innumerevoli impegni a cui non poteva sottrarsi per nessun motivo. E se cercava di insistere per saperne di più, la madre o cambiava argomento oppure diceva di non sapere altro.
Per questo motivo Rin si era sempre fatta un’idea molto personale di suo padre, covando sempre più la speranza che un giorno egli sarebbe tornato da lei per stare finalmente insieme.

… Se solo fosse stata quella notte, quella gelida notte di Dicembre in cui Rin desiderava così tanto essere coccolata dalle calde braccia di suo padre, di udire la sua voce rassicurante e dolce… di poterlo rivedere ancora…

 

Ad un certo punto, le parve di udire un suono. Un sussuro debole e sfuggente. Sbattè gli occhi, staccando la testa dal cuscino e rivolgendola lentamente verso l’alto. Tese le orecchie, concentrandosi il più possibile per rintracciare quella melodia che le aveva appena solleticato l’udito; anche se era ancora un Mago alle prime armi i suoi sensi si stavano già rivelando essere più acuti di quelli di un normale essere umano.
Qualche minuto dopo, Rin udì di nuovo quel suono leggerissimo riecheggiare nel silenzio della stanza, questa volta accompagnato da altre impercettibili vibrazioni molto simili fra loro. In poco tempo si rese conto che la fonte di quei rumori si trovava lontano dalla sua stanza: essi rimbombavano in maniera ovattata, come se un muro o una porta stessero ostacolando la loro propagazione.

Rin scese lentamente dal letto, dandosi una lieve spinta con le braccia per toccare terra senza fare troppo rumore. Si avviò piano verso la porta, sbadigliando, e la aprì dopo essersi allungata sulle punte per girare il pomello.

Non appena oltrepassò la soglia, i suoni tornarono a presentarsi alle sue orecchie, Ma questa volta Rin non ebbe alcun problema ad identificarli: note musicali. Suonate da uno strumento a corda, molto probabilmente un pianoforte; si legavano armoniosamente tra di loro, componendo una melodia orecchiabile ed invitante , tuttavia non ancora completamente udibile.
C'era molto vicina, ma nello stesso tempo era ancora lontana dalla sua meta: avrebbe dovuto cercare ancora un po'.
Iniziò a scendere attentamente le scale con passo lento e quasi furtivo, aggrappata alla ringhiera, le orecchie pronte a captare ogni minimo cambiamento nell’aria.
Ad un certo punto si bloccò.
Iniziò a sentirsi strana, dentro di lei stava prendendo vita un calore insolito, ma allo stesso tempo inspiegabilmente familiare. Si guardò intorno con circospezione: quel luogo non sembrava essere casa sua, però era consapevole di averlo già visitato in precedenza. Incominciò a soffermarsi attentamente su qualsiasi dettaglio potesse aiutarla a chiarirsi le idee: i muri di mattoni color rame, le innumerevoli tende colorate che delimitavano gli accessi altre stanze, oppure la scala in marmo dove si era fermata, su cui si allungava un morbido tappeto di velluto rosso.

Le note tornarono a danzare nel silenzio, e la sua riflessione fu bruscamente interrotta da un leggero sobbalzo. La melodia sembrava avere guadagnato più volume.
Respirò profondamente. Anche se non era in grado di capire dove si trovava, si sentiva tranquilla e sicura.
Tornò a concentrarsi sulla ricerca della fonte della musica: sicuramente una volta risolto quel rompicapo tutto avrebbe iniziato ad acquistare il suo senso.
Proseguì dunque la sua indagine, superando gli ultimi gradini.


Non appena sfiorò il pavimento con la punta di un piede, la musica riprese a levarsi, leggermente più lenta e calma di prima. La bambina rallentò il passo, proseguendo adagio, ma a grandi falcate.
Il salone principale era immenso, sembrava una gigantesca sala da ballo restaurata e rispolverata da cima a fondo.
Rispettivamente ai quattro angoli della stanza si trovavano delle tende, di pregiatissimo damascato d' alta qualità, ognuna di un colore diverso dalle altre. La musica doveva provenire da una di quelle quattro sedi, ma quale?
Rin sbuffò, sedendosi a gambe incrociate sul tappeto che proseguiva dalle scale.
« Odio questo posto… assomiglia così tanto alla villa di papà! »
Serrò gli occhi.
Rimanendo seduta, fece un giro completo su sé stessa, analizzando lo stanzone per una seconda volta. Il suo cuore battè più forte: adesso capiva! Quella sensazione di sicurezza e di famliarità… era la Villa dei Tohsaka!
Se le cose stavano così, allora l’unica persona che poteva stare suonando in quel momento poteva essere…
La bambina scattò in piedi, e prima che se ne potesse rendere conto era già nell’ala occidentale della sala.

Sollevando di poco le tende rosso scuro per sbirciare all’interno, Rin udì la musica farsi subito più chiara e limpida. Senza alcun dubbio, la melodia stava provenendo da lì.
Perciò, forse avrebbe finalmente rivisto…
Deglutì, passando oltre la soglia con timidezza ed indecisione.

Superato l’ingresso, le sembrò di essersi avventurata in un universo parallelo.
Sebbene la grandezza della sala non fosse neanche paragonabile a quella del salone appena passato, Rin si sentiva letteralmente persa.
Due serie di candelabri a tre bracci, disposte parallelamente, donavano un’illuminazione tenue e soffusa all’intera stanza. Le pareti scintillavano di un bronzo lucido, totalmente prive di polvere.
Sul soffitto a volta si profilava una figura misteriosa, protesa verso l’alto, sfocata, cosparsa da numerose crepe e dai colori sbiaditi e rovinati. Un dipinto maestoso distrutto impietosamente dal tempo.
Poco più in là, in un ipotetico centro della stanza, ecco il famoso strumento dal quale proveniva quella melodia che aveva guidato Rin fin lì: un elegante pianoforte a coda, di pregiatissimo avorio bianco, dalle note chiare e precise. La bambina si fermò a guardarlo affascinata, prima che il suo sguardo si spostasse spontaneamente sul pianista; indossava un completo rosso, portava un nastro blu scuro legato al colletto della camicia bianca come un fiocchetto, ed i connotati del viso erano esattamente come se li ricordava.
Tokiomi teneva gli occhi chiusi, le labbra inarcate in un dolce sorriso rilassato. Le sue dita lunghe ed affusolate premevano i tasti con una tale leggerezza da dare l’illusione che lo strumento si stesse suonando da solo.
La bambina fece pochi passi, muovendosi piano e senza far rumore. Poi si sedette a gambe incrociate, posizionando i gomiti sulle ginocchia e appoggiando le guance sulle mani. Restò ad ascoltare, con un sorriso interessato; non aveva mai visto suo padre dilettarsi nel suonare uno strumento, e non si sarebbe mai aspettata che potesse essere così portato.
La melodia, ora più lenta e a tratti quasi malinconica, non potè fare a meno di intrufolarsi nella sua memoria: ben presto, Rin iniziò a ripercorrere con la mente i vecchi tempi in cui lei e Tokiomi giocavano assieme, tutti i bei momenti passati assieme rinchiusi nel laboratorio della villa, ad allenarla per diventare il prossimo successore dei Tohsaka nella guerra per il Sacro Graal.

Ad un certo punto, la melodia cessò, e il tutto si dissolse con essa come una nuvola di fumo.
L’uomo al pianoforte si girò a malapena, e non appena la scorse emise un verso di sorpresa.
« R-Rin… ? » domandò, stupefatto.
Gli occhi della bambina si erano fatti gonfi. Senza accorgersene, aveva iniziato a piangere nel silenzio più totale.
Tokiomi si inginocchiò dinnanzi a lei, afferrandole le spalle minuscole con le mani. Non appena si sentì sfiorata, la bambina cominciò a singhiozzare a bassa voce.
« Qualcosa non va, figlia mia ? » domandò l’uomo, visibilmente preoccupato.
« I-Io… »
I singulti della piccola iniziarono a farsi più sentiti, fino a trasformarsi in un vero e proprio pianto. In preda alle lacrime, Rin si gettò al collo del padre urlando il suo nome con un gridolino strozzato, abbracciandolo con tutta la forza che aveva in corpo. Appoggiò la testa al suo petto, i singhiozzi stavolta erano forti e più veri che mai.
« Mi manchi, papà, mi manchi così tanto!! »
Tokiomi sorrise, commosso, ricambiando la stretta della figlia. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quell’attimo che sembrava interminabile.

Quando si separarono, Rin singhiozzò ancora un poco sottovoce, strofinandosi gli occhi con le manine chiuse a pugno.
« Che cosa ci fai qui? Perchè sei tornato senza dirmi niente? » domandò curiosa, fissandolo.
Tokiomi esitò un istante, ma la sua risposta fu più che sincera:
« La Guerra per il Graal mi ha tenuto lontano da casa per troppo tempo... ho iniziato a sentirne troppo la nostalgia... » mentre parlava si inginocchiò davanti a Rin, sollevandola dapprima per i fianchi e poi facendo scorrere un braccio sotto le sue ginocchia per farla appoggiare comodamente; la ragazzina si appoggiò al petto del padre, avvertendo il dolce calore del velluto della sua giacca. « … ero venuto per parlare con tua madre, Aoi, ma dal momento che sembra non essere a casa ho deciso di rilassarmi per un momento... »
« Sei davvero bravo a suonare, papà! » lo interruppe lei con un sorrisone che si allungava da una guancia all'altra, « Fa anche questo parte dell'essere un Mago? »
Tokiomi fece una smorfia divertita, contagiato dal sorriso della figlia, mentre si accomodava sul seggiolino del pianoforte con lei.
« In parte... » Rin si accomodò sulle ginocchia del padre, intanto che anche lui si sistemava per bene, « … credo che vada a compensare il giusto equilibrio tra dovere e piacere. »
La bambina gli scoccò un'occhiata incerta, e Tokiomi non nascose una risatina.
« Scusami. Intendo dire che, sebbene tu sia la mia erede, questo non deve privarti dal voler fare ed essere ciò che vuoi. » appoggiò la mano destra sulla tastiera.
« L'essere un Mago e il combattere per il casato Tohsaka saranno la tua priorità, certamente. Ma niente ti vieterà di rilassarti facendo ciò che più ti metterà a tuo agio. » pronunciò l'ultima frase con un'espressione dolce e affettuosa.
Rin sentì un calore pervaderle il petto, e quando vide le mani di Tokiomi pronte per riprendere a suonare, appoggiò istintivamente le sue dita su quelle del padre, notando con sorpresa quanto fossero minuscole al confronto.
« Mi insegni qualcosina? Per favooooore! » chiese, quasi capricciosamente.
« Va bene! » rispose Tokiomi, ridendo spontaneo, « Ma solo se mi prometti che poi andrai a letto senza fare storie!»
Rin gonfiò le guance con disappunto.
« Uff... D'accordo! Ma non sono più una bambina piccola! Almeno, non così piccola! »
Tokiomi rise nuovamente, poi si concentrò e iniziò a suonare.

Le sue mani si mossero molto lentamente per permettere a Rin di seguirlo senza fatica, e nel contempo per poter memorizzare la melodia: non era niente di troppo complicato, ma allo stesso tempo si trattava di un motivetto limpido ed orecchiabile. Rin sorrise allegramente mentre cercava di seguire le dita del padre, che procedevano con sicurezza sui tasti bianchi e neri.
I due suonarono almeno per un'ora abbondante.

Rin rise ancora divertita anche parecchi minuti dopo che ebbero terminato l'esecuzione.
« Sei bravissimo papà! Sei davvero il papà migliore che abbia mai avuto!! » esclamò battendo le mani con entusiasmo.
Tokiomi sorrise, non nascondendo un breve sguardo malinconico, e poi la sollevò nuovamente in braccio.
« Uffaaaa! Ma è ancora presto! » lamentò Rin agitando le braccia.
« Che cosa mi avevi promesso? » ribattè Tokiomi, con un sorrisetto saccente.
« Uff... d'accordo, vado a dormire! »
La bambina sbuffò, ma poi si tuffò con la testa sul petto del padre, sorridendo rilassata e chiudendo gli occhi.
Senza accorgersene, si era già addormentata prima che Tokiomi l'avesse portata in camera sua.

--------------

Un bagliore fastidioso costrinse Rin a voltarsi svogliatamente di lato: non aveva alcuna voglia di svegliarsi.
Qualche minuto dopo, oltre a quell'irritante raggio di sole, ci si misero pure i cinguettii degli uccellini fuori la villa.
« Oh, e va bene, mi sveglio!! » disse stizzita, inarcando la schiena in avanti e lanciando le coperte davanti a sé.
Assunse un'espressione sbalordita quando vide le sue lunghe code castano scuro cadere dondolanti davanti a lei. Boccheggiò per un istante, sperduta, prima di gettarsi giù dal letto e correre a tutta velocità fuori dalla sua stanza.
Si bloccò, quando davanti a sé non vide altro che un lungo corridoio. Che fine aveva fatto quella lunghissima rampa di scale, su cui scorreva quel vellutato tappeto rosso? Che fosse stato solo... ?

Rin abbassò lo sguardo, mordendosi le labbra. Sentì gli occhi gonfiarsi e pulsare.
Si voltò di schiena, senza badare ad Archer, che era stato svegliato dal trambusto ed era giunto a controllare che fosse tutto a posto.
« Qualcosa non va? » chiese, preoccupato dalla reazione improvvisa della ragazza.

« Sì... » rispose lei, cercando di nascondere il lieve tremore della voce. Camminò lentamente, appoggiandosi poi all'entrata della sua stanza.

« … solo un maledetto sogno. »

Rientrò in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle.
Scivolò sulle sue ginocchia, non più in grado di trattenere le lacrime.
Eppure, qualche minuto dopo, sul suo volto fece capolino un timido sorriso.

« Grazie di tutto, papà. Ti voglio tanto bene. » sussurrò sottovoce.

 


 

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Fate Series > Fate/Zero / Vai alla pagina dell'autore: Raito