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Autore: jawaadxx    05/01/2013    3 recensioni
Hope, una ragazza senza più voglia di vivere. Bullismo. Ecco ciò che subisce da un anno.
Il suo nome significa speranza, ma Hope la speranza l'ha già persa, da un pezzo. O forse...ce n'è ancora un picclo barlume, in fondo, troppo in fondo perchè valga la pena di scovarlo.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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You never really can fix a heart.


 

Chapter 1
I'm hopless.

-Sono senza speranza.-

 
Un fulmine squarciò il cielo nero, seguito subito dopo dal suono frastornante di un tuono. Hope si svegliò di soprassalto, sudata e impaurita. Aveva sempre avuto paura dei temporali. Si alzò a sedere di scatto, e subito si pentì di quel gesto. Quella mossa avventata le provocò un dolore lancinante all'altezza dello stomaco. Scese dal letto, dolorante, e strusciando i piedi sul soffice tappeto che ricopriva la maggiorparte della superficie del parquet, arrivò al bagno. Non si preoccupò nemmeno di chiudere la porta, nella sua stanza non sarebbe entrato nessuno a quell'ora. Era sola. Incredibilmente sola. Hope si portò stanzamente davanti allo specchio. Era stanca di tutta quella solitudine. Si alzò la maglietta, lentamente, e se la sfilò, facendo attenzione a non sfiorare i tagli e i lividi sparsi sul suo corpo. Chiunque si sarebbe spaventato guardando il suo riflesso in quel momento, ma lei no. Era abituata a vedere il suo corpo in quelle condizioni. Gli occhi caddero sui numerosi lividi, alcuni stavano 
guarendo, altri erano freschi.Con la punta delle dita ne toccò uno sulla pancia piatta, e i muscoli sussultarono. Nella mente le affiorò il pensiero di quei momenti, non lontani. I ricordi le facevano male, più di quel sangue pesto posizionato sul suo corpo. Il ricordo di quelle mani su di lei, che la strattonavano, picchiavano. Stinse forte gli occhi cercando di scacciare quelle immagini dalla sua mente, ma quel pensiero non la lasciava mai. La tormentava. La tormentava la consapevolezza che quella scena si sarebbe ripetuta, ancora, e ancora,e ancora. Con lo sguardo percorse la lunghezza delle braccia, interamente ricoperta da tagli. Quei tagli non le facevano male, invece. La facevano star bene. Era il suo unico modo per sfogarsi, per trasformare quel dolore mentale che la uccideva continuamente, in dolore fisico. Lo sguardò si posò sull'armadietto appeso al muro del bagno. Lì dentro, nascosta da decine di scatolette, profumi, borsette, c'era l'arma, la colpevole delle sue cicatrici, la sua unica via di 
fuga, la sua migliore amica, la sua peggior nemica. La lametta. L'aveva inutilmente coperta e nascosta, ma sapeva che nessuno sarebbe mai venuto a cercare nella sua roba. Non aveva nessuno. Hope si accasciò al pavimento, stringendo le ginocchia al petto. L'esile corpo tremava, avvolto solo da una leggera felpa verde. Verde, il colore della speranza. Il suo nome, significava speranza. Ma Hope, la speranza l'aveva persa da molto tempo. Gliene rimaneva solo un barlume, in fondo, troppo in fondo, tanto che le sembrava inutile andare a cercarla. Tanto non serviva a niente.
 
Avvolta da una delle sue felpe larghe, che nascondevano le sue forme proporzionate, e i segni del suo dolore, uscì di casa, per dirigersi a scuola.Già, anche il 27 Dicembre ci dovevano andare. Per quell'orribile prigione chiamata scuola, le vacanze non esistevano. Solo per Natale e la vigilia avevano concesso dei giorni a casa. Oltrepassò il cancello della sua villetta, sistemandosi la borsa a tracolla sulla spalla, quando si sentì chiamare. Si girò spazientita. Non voleva fare tardi a scuola. Non voleva che la gente la guardasse camminare a testa bassa nei corridoi, e le ridesse alle spalle. -Hope! Aspettami!- disse. Attese qualche instante, finchè suo fratello non la raggiunse. Scocciata, cominciò a camminare. -Oh, buongiorno anche a te, sorellina. Si, sto una meraviglia, anche se lo stomaco mi brontola dalla fame perchè non ho avuto nemmeno il tempo di mangiare, grazie dell'interessamento.- disse divertito Ryan. Hope sbuffò. -Non ti ho detto io di venire con me.- 
-Voglio passare un pò di tempo con la mia piccola sorellina, non si può fare?-
-Allora non prendertela con me, Ryan.-
Sorrise divertito.Amava scocciare la sorella. 
-Come va con i tuoi amici? Hai trovato qualche ragazzo? Prima di uscire con lui, lo devo assolutamente conoscere, non voglio che tu frequenti gente non adatta, ok?- chiese il ragazzo. Hope si irrigidì, ma so costrinse a sorridere. Ryan credeva che lei avesse degli amici. Credeva che lei interessasse a qualche ragazzo. Non sapeva che lei era una completa emarginata. Deglutì.
-Va benissimo. Tu, invece..con Nicola?- chiese cercando di deviare il discorso.
-A gonfie vele! E' tutto perfetto con lei!- disse sognante il fratello. Era innamorato cotto di quella Nicola, e lei era contenta per lui. Almeno qualcuno doveva pur essere felice, no?
Mentre Ryan parlava sulla sua ragazza, Hope non lo ascoltava. La sua mente era rivolta altrove. Avvolte si perdeva nei suoi pensieri su quanto sarebbe bello avere una vita diversa. Avrebbe voluto anche lei avere degli amici, una migliore amica a cui poter raccontare tutto, un ragazzo che l'amasse, dei genitori. Non che non li avesse i genitori. Ma per lei era come se non esistessero, e lo stesso era per loro. Ryan li odiava semplicemente, perchè non c'erano mai stati nella loro vita. Il fratello provava un grande risentimento per loro, perchè, quando aveva bisogno di qualcuno, di un padre a cui chiedere aiuto, una madre a cui potersi confidare, loro non c'erano. Sparivano. Per il loro stramaledettissimo lavoro. Lei e Ryan erano dovuti crescere praticamente da soli, senza alcun sostegno da parte dei genitori, come dovrebbe essere. Lei aveva 11 anni, e il fratello 14, quando avevano cominciato a vagare per il mondo, a tornare a casa una volta ogni tanto, come se crescere i propri figli fosse un optional. Hope 
li odiava.La sua attenzione fu attirata da cinque sagome che si vedevano in lontananza. La mora fu presa dal panico. Iniziò a sudare e tremare, si accorse che Ryan stava ancora parlando. -Prima non avevi fame?- chiese nervosa la sorella. Lui annuì perplesso, la ragazza per tutta risposta lo prese per una manica, trascinandolo dentro lo Starbucks di fronte a loro. Si sedettero al tavolo. Estrasse il suo iPhone5. regalo dei suoi genitori, che credevano di poter rimpiazzare l'affetto con i regali, dalla tasca del giubbotto, e vide che mancavano 25 minuti fino all'apertura della scuola. Guardò suo fratello mangiare, mentre lo incitava a sbrigarsi. Era ancora agitata, e spostava continuamente lo sguardo sulla strada. Niente, non li vide passare. Tirò un sospiro di sollievo. 
Si alzarono da tavola, il ragazzo andò a pagare, poi uscirono insieme. Camminarono ancor un pò, fino ad arrivare alla fermata del bus. Si fermò, scoccò un bacio sulla guancia del fratello, poi continuò a camminare. Ryan avrebbe dovuto prendere il bus per arrivare alla sua scuola. Lei non aveva voluto iscriversi insieme a lui, infatti aveva chiesto il trasferimento dopo nemmeno un mese dall'inizio della scuola. Non voleva che Ryan si vergognasse di sua sorella. Era sicura che sarebbe stato così, chi vorrebbe farsi vedere in giro con una sfigata? Suo fratello era la persona più importante della sua vita, l'unica che amasse davvero, lui si era sempre preso cura di lei. Era certa, che se solo avesse saputo di ciò che doveva subire ogni giorno, l'avrebbe fatta pagare a tutti, ma lei non voleva che si creasse problemi, non voleva che si immischiasse nei suoi affari. 
Camminando, si guardava intorno. A Londra si sentiva l'aria ancora natalizia, nonostante fosse ormai la fine dell'anno. Era il 27 Dicembre, il cielo era ancora nuvoloso a causa della tempesta della notte, ma c'erano comunque ragazzini sulla strada che si divertivano a scoppiare i petardi, facendo spaventare le vecchiette e arrabbiare i proprietari dei negozi che costellavano le strade affollate ad ogni ora del giorno. Si rattristò guardando coppie felici di innamorati, famiglie contente che passeggiavano, sapendo che lei non avrebbe mai avuto parte di quella gioia. Pensò che lei, ancora una volta, avrebbe trascorso l'ultimo dell'anno sola, suo fratello sarebbe andato a ballare e festeggiare, perchè lui aveva degli amici, una ragazza, aveva una vita. Mentre lei sarebbe rimasta sola. Quel pensiero l'assillava. Non ne poteva più di quella solitudine.
Arrivò davanti alla scuola. C'erano gruppetti di ragazze che chiaccheravano tranquillamente, altre oche che camminavano sventolando le natiche e le tette rifatte davanti ai ragazzi. Poi c'erano quelli che copiavano i compiti all'ultimo, e i ragazzi superfighi, che facevano parte delle squadre sportive della scuola. E infine c'era lei, che non faceva parte di nessuno di quei gruppi. Lei era diversa. Sola. 
-Ehi, Bandler, scansati.- Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare. Si girò tremando. Alzò la testa, e il suo sguardo incontrò il loro. Deglutì.
-Che c'è, non hai sentito? Levati, verme!- disse il finto biondo. Hope strinse i denti, facendosi da parte e lasciandoli passare.Loro proseguirono con un ghigno soddisfatto dipinto sul viso.
Hope entrò nel cortile della scuola, attraversò il grande ingresso, e camminò per i corridoi, fino ad arrivare al suo armadietto. Tutto questo a testa bassa,come sempre. Prese i libri di biologia e chiuse l'armadietto. Si girò, trovandosi davanti una bionda sorridente. Hope sobbalzò. -Oh, scusa, non volevo spaventarti.- disse la ragzza. Hope la guardò torva. La bionda non smise di sorridere, e le porse la mano. -Piacere, sono Jessie Kim Hamilton. Sono nuova, e non so come orientarmi. Mi sei sembrata l'unica normale quà dentro, senz'offesa.- 
-Io sono Hope Emma Bandler, e penso che ti sbagli. Io sono quella diversa, quì dentro.- Hope cercò di sorridere. Jessie non parve capire. -Che vuol dire?- -Niente, lascia stare.- Iniziò ad incamminarsi verso la sua aula. Jessie la rincorse. -Ehi, scusa, senti..percaso mi potresti mostrare la scuola?-. Hope sospirò. -Non credo sia una buona idea. Potresti rovinarti la reputazione a farti vedere in giro con me.- -Ma perchè? Io non ti capisco.- -Non sperare di riuscirci, bionda.- borbottò. -Ehi, ma mi vuoi aspettare?- trillò Jessie. Hope si girò spazientita. -Si può sapere cosa vuoi da me?- La bionda agrottò le sopracciglia, perplessa. -Niente, volgio solo stringere amicizia. Mi sembri simpatica, e l'unica normale.- -E io ti ripeto che ti sbagli, non sono simpatica, nè normale.- -Ma perchè sei così?- -Così come?- -Fredda.- -Istinto. Mi ha insegnato a non fidarmi di nessuno, e a essere distaccata.- La bionda non smise di sorridere. Stava cominciando a dare sui nervi a Hope. -Ma si può sapere perchè ridi sempre?- 
-Istinto. Mi ha insegnato a prendere la vita con positività.- La risposta di Jessie la spiazzò. Sorrisero entrambe. -Allora? Ti va di fare questo giro o no?- chiese la mora. Annuì, e insieme si incamminarono verso la palestra.
 
-Certo che sono davvero gran pezzi di...- Jessie cercava di trovare la parola giusta. -Merda?- suggerì Hope. Scoppiarono a ridere. -No, idiota. Volevo dire che sono davvero belli, insomma..fighi!- -Bè, si, avranno un fisico carino, ma sono degli idioti.- -Carino?! Ma l'hai visto il numero 20? Aveva dei pettorali scolpiti dai dei greci!- disse con voce sognante la ragazza, provocando la risata dell'altra. Hope si fermò, perplessa. Era quasi la decima volta che rideva in sole 2 ore. Non succedeva da.. non ricordava nemmeno quando! Quella ragazza era così solare che le metteva allegria! Sentirono la campanella trillare, e le folle di ragazzi si sparsero per i corridoi, provocando un terribile baccano. -Ora cos'hai?- disse riferendosi alla materia. -Filosofia.- rispose Jessie. -Perfetto, anch'io!- disse, prendendola per mano e dirigendosi verso l'aula.
Non era ancora arrivato nessuno, così approfittarono per prendere posto all'ultimo banco, vicino alla finestra. -Raccontami di te.- disse Hope. -Che dire, mi chiamo Jessie Hamilton, ho 16 anni, sono nata in Canada, ma ho trascorso tutta la mia vita a New York. Ora, a causa del lavoro di mio padre, ci siamo dovuti trasferire quì. Ho dovuto lasciare tutti i miei amici, tutta la mia vita, in America. Ma fortunatamente ho conosciuto te.- Hope sorrise.- Ho una sorellina di 8 anni, Honey. Il mio colore preferito è il rosso, amo la musica di Justin Bieber, il mio sogno è quello di trovare un principe azzurro e vivere una favola. E.. vivo insieme a mio padre.- disse. -Tua madre?- -E' morta.- disse rigida, senza nessuna emozione.
-Come...?- -Overdose, 8 anni fa. Honey aveva appena qualche mese. Non la portò mai perdonare, ci ha lasciati così, per un suo stupido capriccio. Ecco perchè non.. non mi fa nessun effetto parlare di lei.- Hope annuì. -Capisco.- -Ora parlami di te.- -Mi chiamo Hope Bandler, ho 16 anni, sono nata e vivo a Londra, ho un fratello di 19 anni e mezzo, Ryan...- Sono autolesionista, odio i miei genitori, odio la mia vita, il mio sogno è quello di poter cominciare tutto daccapo. -E sono una sfigata che non dovrebbe stare sedute a quel tavolo.- 
Si girarono verso la porta. Hope aveva le guance in fiamme. Zayn Malik, uno dei suoi peggiori incubi, era davanti a loro. -Come scusa?- chiese Jessie innervosita. Hope teneva la testa bassa. -Ha detto a quel verme di levarsi, e dovrebbe farlo al più presto, se non vuole trovarsi un occhio nero.- Louis Tomlinson era alle sue spalle. Hope fece per alzarsi, ma la bionda la trattenne. -Jessie non..- -Hope, no! Non sei il giocattolo di nessuno. Non mi pare che ci sia scritto de nessuna parte il vostro nome, quindi, potete anche spostare comodamente i vostri deretani da quì, grazie mille.- Hope le fece segno di stare zitta,si alzò, prese la borsa a tracolla e face un passo, ma l'altra ragazza la tirò per il polso, facendola sussultare. -Alzati immediatamente da quella sedia, puttana. Tu, bionda, puoi anche restare. Magari possiamo fare amicizia e...- Il biondo fu interrotto da Jess.
-Coglione, puttana la chiami a qualcun'altro, ok? E preferirei morire, piuttoste che 'fare amicizia' con te.- Ferma e decisa, Jess aveva lasicato a bocca aperta 
tutti e cinque i ragazzi. Avrebbe voluto continuare, ma si bloccò vedendo Hope. O meglio, vedendo la manica della sua felpa. Era macchiata di rosso. Hope abbassò lo sguardo, vide anche lei, e con gli occhi pieni di lacrime scappò. corse in bagno, si alzò la manica fino al gimito. Sussultò nel vedere lo stato pietoso dei suoi tagli. Strappò via tutti i braccialetti, e fece scorrere i polsi sotto il getto dell'acqua gelata del rubinetto. -Hope..?- -Te l'avevo detto io, che era meglio non avvicinarti a me. Sono un orrore. Perfavore, se vuoi odiarmi, odiami, ma lasciami in pace e non dire niente a nessuno, ti prego.- Jessie sorrise. -Idiota, io non me ne vado. Ti voglio bene.Io..vorrei solo capire. Perchè?- Hope l'abbracciò. Si pulì un altra volta il braccio, poi si sedette sul pavimento sporco del bagno, con le spalle al muro e le ginocchia raccolte al petto. Jessie la imitò. -Mi chiamo Hope Bandler, ho 16 anni, vivo a Londra con mio fratello di 20 anni, Ryan. I miei genitori non sono mai a casa, preferiscono il lavoro a noi. Li odio, non hanno mai avuto il tempo per stare con loro figlia. Sai, avvolte avrei avuto davvero bisogno di una madre a cui confidarmi, chiedere aiuto, specialmente in fase adolescenziale. Ma niente, siamo dovuti crescere da soli. Da...da circa un anno, quei cinque... mi picchiano. Sempre. Ogni giorno. Ogni volta che mi vedono fuori scuola è un occasione per darmele. Subito dopo che tutto questo è iniziato, ho cominciato anche a tagliarmi. Avevo assolutamente bisogno di trasformare il dolore mentale in fisico. Dopo aver provato, vidi che funzionava, e continuai, fino a che non diventò una dipendenza. Ora non riesco più a smettere, come vedi- disse, indicandole i polsi lacerati. -Ma loro.. perchè..?- -Non lo so Jessie, non me lo chiedere. Non ne ho la minima idea. Davvero, non capisco cosa ho fatto.- Poi continuò. -Ho due sogni. Scappare. Viaggare per il mondo, ovunque! Visitare Venezia, Parigi, Barcellona, New York, Tokyo. Vorrei andare dapertutto.- -E il secondo?- -Avere una vera amica a cui poter raccontare tutte queste cose. E ora cell'ho.- disse. Le due ragazze sorrisero e si abbracciarono.
-Raccontami di più... su quei ragazzi..- disse vagamente Jess. Hope scoppiò a ridere. -Ooh, non mi dire che ti piacciono! Comunque, quello col ciuffo che sempre una rampa da skaterboard, è Zayn Malik. Il finto biondo è Niall Horan. Il riccio Harry Styles. Quello castano scuro con gli occhi azzurri e Louis Tomlinson, e il biondo scuro, quello con la faccia dolce, è Liam Payne. Sono i puttanieri della scuola, ovviamente si sono passati tutte le ochette tipo Eleanor e le sue amiche.- -Bè, non si può negare che siano davvero..belli. Ma sono anche dei grandi idioti. Come fanno a... povera piccola, vieni qua. non riesco nemmeno a pensare che esistano persone così!- Jessie sospirò profondamente.



 
Salve a tutti, ladies and gentleman
eccomi quà con la mia prima FF pubblicata su questo sito.
Ci tengo molto a lei, mi ci voglio davvero impegnare,
perche Hope mi rappresenta. 
Allora, secondo voi ho affrettato le cose tra Hope e Jessie?
E' solo che non ne potevo più di tutta quella depressione lol.
Comunque le cose presto cambieranno, non vedo l'ora,
davvero non riesco a far fare i cattivi ai ragazzi,
insomma, voi ce li vedete i One Direction a picchiare una ragazza
e a parlarle in quel modo? Io no T.T
Ook, ora vado, lasciatemi qualche recensioncina e il vostro parere, 
se vi va.
Baciii, V.

 
 
 
 
  
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