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Autore: Like_a_Skyscraper    05/01/2013    3 recensioni
"Immaginavo spesso che il Sole, in quelle giornate, si sforzasse a combattere le tenebre, si sforzasse a risplendere, con i suoi raggi, in tutta la sua unica bellezza e spesso io mi immaginavo come uno di quei meravigliosi raggi che doveva combattere per splendere nel bel mezzo del cosmo, doveva mettere tutte le sue forze e concentrarsi al massimo per farsi notare, anche solamente da un occhio umano, ma doveva brillare."
La vita esilarante di un adolescente di Madrid, ricco di sogni e di ambizioni da voler realizzare e raggiungere fino a quando però, la sua vita, verrà completamente stravolta da una persona che per lui diventerà il suo inizio e la sua fine.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Capitolo.
Mi nombre es Fer.

Non avevo mai immaginato, prima di allora, il mio futuro. Non avevo minimamente pensato  a cosa sarei andato incontro dopo aver appena cominciato il mio terzo anno al liceo Zurbaràn: il più prestigioso liceo di Madrid i cui lunghi corridoi si biforcavano in ogni direzione e conducevano alle infinite aule illuminante, la maggior parte delle volte, dalla luce del Sole, a volte debole e tenue nelle giornate d’Inverno, altre volte potente e calda, come nelle giornate d’Estate dove tutto cominciava di nuovo a riprendere vita, come un ciclo che si ripeteva all’infinito. Tuttavia c’erano giornate nelle quali la luce flebile del Sole era offuscata, completamente coperta da stormi di nuvole nere che si addensavano compatte in quel timido cielo che si intravedeva a malapena. Immaginavo spesso che il Sole, in quelle giornate, si sforzasse a combattere le tenebre, si sforzasse a risplendere, con i suoi raggi, in tutta la sua unica bellezza e spesso io mi immaginavo come uno di quei meravigliosi raggi che doveva combattere per splendere nel bel mezzo del cosmo, doveva mettere tutte le sue forze e concentrarsi al massimo per farsi notare, anche solamente da un occhio umano, ma doveva brillare.
Mi trovavo lì, davanti a quell’enorme cancello di un color nero metallico con le punte arrugginite per via delle frequenti piogge passeggere che rovinavano a volte l’intera giornata. Guardavo con uno sguardo ricco di meraviglia quell’ampio cortile messo a nuovo dal dirigente scolastico: era completamente diverso dall’anno precedente. Al centro del cortile era stata infatti posizionata una grande aiuola coperta di fiori ed erbetta che spuntava un po’ da ogni parte. Al centro dell’aiuola invece, si alzava, quasi come una torre di un castello fiabesco, un alto albero di quercia che stava iniziando a far mutare il colore delle foglie che erano appese ai suoi lunghi rami. Si intravedevano infatti delle venature rossastre che percorrevano per intero la maggior parte delle foglie verdi e brillanti ricoperte, tuttavia, dalla fresca rugiada mattutina.   
Il piazzale, dal suo canto, era completamente asfaltato e pulito ma ancora per poco, anzi per altri 15 minuti esatti.
Mi trovavo lì davanti da un bel po’ di tempo pronto per iniziare un nuovo e faticoso anno scolastico che forse mi avrebbe cambiato del tutto la vita, o probabilmente, era soltanto la mia stupida immaginazione e la speranza che qualcosa avrebbe cambiato radicalmente la mia esistenza.  Ero un sognatore, non c’erano dubbi, ero un ragazzo con la testa persa chi sa dove nel mondo delle fiabe, circondato dalle nuvole e magari da sogni irrealizzabili e lontani mille anni luce da me.
Non chiedetemi la ragione per la quale io ero arrivato davanti al mio liceo mezz’ora prima del dovuto, forse perché non volevo arrivare in ritardo proprio nel mio primo giorno di scuola, visto che ero un grande ritardatario ma avevo già programmato il tutto una settimana prima: vestiti,scarpe,libri da portare,sorriso finto da sfoggiare con i miei compagni di classe.
Già, l’ultimo punto era quello da prendere di più in considerazione. Sognavo molto spesso, sì, ma la maggior parte delle volte ricevevo tante di quelle insoddisfazioni e delusioni che ormai il mio sorriso, quello che esprimeva davvero la mia felicità, si era ormai mutato da anni in un finto sorriso forzato, stracolmo di insicurezze e paure.
-Fer?!
Le mie riflessioni davanti a quel possente cancello di ferro vennero turbate dalla voce squillante di una ragazza che intanto aveva chiamato ad alta voce il mio nome, anzi, l’abbreviazione del mio nome. E’vero, scusate, non mi sono ancora presentato; che ragazzo maleducato ma rimedierò subito. Sono Fernando Redondo Ruano, più comunemente chiamato dai miei amici, Fer.
Mi voltai di scatto tenendo il mio zaino violaceo a tracolla sulla mia spalla destra cercando di riconoscere quella ragazza che precedentemente mi aveva chiamato e che adesso si stava avvicinando sempre di più a me. Come potevo non riconoscere quel timbro di voce così allegro? Non potevo. Avrei riconosciuto il tono squillante di quella voce tra altre mille in una stanza completamente affollata da sconosciuti: era Yoli, la mia migliore amica, la mia compagna d’avventure, per così dire la anima gemella con la quale passavo ogni momento, bello o brutto,insieme.  Con lei mi confidavo la maggior parte delle volte, lei sapeva tutto sul mio conto, sulla mia vita, tranne un piccolo ma grande particolare che in fin dei conti avevo tenuto nascosto a tutti, di cui solo io ne ero a conoscenza e che voi però, saprete più in là.
-Oh. Mio. Dio. Yoli!
Esclamai scandendo quelle quattro  e semplici parole con ordine per poi gettarmi tra le sue braccia aperte senza tener conto delle poche persone, tra cui alcuni studenti dello Zurbaràn, che stavano nei dintorni.
-Ehy chico! Piano con gli abbracci o finirà che mi rovinerai il trucco. Ho impiegato un’ora e mezza a truccarmi e devo durare fino alla fine delle lezioni. Intesi?
Era sempre la solita ragazza che avevo conosciuto tempo fa e che tempo fa mi aveva completamente stravolto la vita con la sua effervescente pazzia. In qualche modo però, con quella sua frase diretta, mi fece scappare un piccolo sorriso seguito poi da una leggera risata. Era sempre stata capace di farmi sorridere, forse era quello il motivo reale per cui l’adoravo, sebbene avesse molti difetti.
-Va bene mia principessa, non l’abbraccerò mai più in questo modo, lo giuro!
Promisi davanti a lei mettendomi una mano sul cuore, come se fosse uno dei quegli antichi giuramenti inviolabili e punibili addirittura con la morte. Le sorrisi nuovamente alzando il sopracciglio destro per poi sentirmi spinto da lei con la sua stessa mano.
-Ma piantala Fernando Redondo Ruano. Sii serio.
-Allora, mia cara Yolanda-  questo era infatti il suo nome di battesimo –sei pronta per un nuovo ed estenuante anno scolastico?
-Ma quale pronta?! Io sto già nella merda e ancora non sono iniziate le lezioni, pensa te!
Yoli, rivelava sempre, in ogni sua parola qualche sprazzo di umorismo e a volte anche di volgarità; era il suo carattere dopotutto.
-Beh, ti consiglio di iniziare a studiare seriamente visto che mancano pochissimi minuti prima che questo stramaledetto cancello si apra definitivamente.
Il tempo era voltato quasi magicamente parlando con Yoli e ormai una folla di studenti era tutta rivolta verso il cancello ad aspettare che si aprisse. Alcuni, soprattutto dei ragazzi, si lamentavano, altri sbuffano, altri ancora sembrava che stessero dormendo ancora, magari immaginando di essere nei propri letti sotto le calde e soffici coperte. Mi voltavo da ogni parte e vedevo ragazze che salutavano le proprie amiche con baci sulla guancia o anche con abbracci affettuosi, sentivo dire “Ma quanto sei diventata alta e magra.”  Cosa diavolo hai combinato durante l’Estate” oppure “Dove ti sei cacciata? Non ti ho visto più in giro..”
Insomma, tutto in quel momento era in un grande stato confusionale.
-Yoli, mi sta salendo l’ansia!- come tutti gli anni scolastici dopotutto –Devo stare calmo, okay? Fer, fai un respiro profondo che andrà tutto bene -
Dissi ad alta voce davanti alla mia migliore amica che invano cercava di calmarmi facendomi aria con la propria mano fino a quando l’agitazione crebbe maggiormente al suono stridulo di quella campanella che tanto avevo odiato nei due anni precedenti.
-Avanti Fer, andiamo, muoviti! Su, forza, sbrigati!
La ragazza mi prese per il braccio fortemente facendosi spazio tra quell’immensa folla, dando spintoni e gomitate ad ognuno che le ostacolava la via come se avesse paura di entrare in ritardo.
-Yoli! Non c’è nessuna fretta di entrare, anzi, salvami da quest’agonia! Ti prego.
Intanto la ragazza che spingeva per farsi avanti fece cenno di no con la testa per farmi capire che saremmo entrati nell’atrio del liceo da un momento all’altro ed io, dovetti azzittirmi e sospirare sperando, inutilmente, che qualcuno mi sarebbe venuto a salvare.
Dopo pochi minuti dal suono della campanella e dall’apertura del cancello da parte dei bidelli, sentì la presa di Yoli allentarsi ogni secondo di più fino a lasciare il mio braccio libero del tutto. La vidi poi scomparire ad un tratto lasciandomi solo in mezzo a quel brulichio di studenti per poi vederla baciarsi amorosamente con un ragazzo, a me sconosciuto, contro una parete dell’edificio. Capì allora il vero motivo della sua fretta e della sua impazienza di entrare a scuola. Lei infatti odiava la scuola. Andava discretamente bene in tutte le materie ma non si applicava per niente, non voleva raggiungere mai il massimo dei voti, si accontentava infatti di un semplice sei ma a quanto pare i ragazzi erano il suo punto debole, in ogni circostanza, tanto da farsi soprannominare da tutti con un appellativo non molto carino.
Scossi la testa voltandomi poi verso la vetrina della porta d’entrata sospirando e vedendo entrare gli ultimi studenti che sarebbero venuti quella mattina. Puntavo il mio sguardo al di là di quel cancello che avrei superato soltanto dopo l’una e dieci, quando le lezioni sarebbero finalmente terminate ma per il momento dovetti farmi forza ed affrontare con successo la prima di quelle tremende e infinte giornate che avrei dovuto passare tra quattro mura di un’aula dall’aria irrespirabile.
“Avanti Fer. Che lo show abbia inizio!” Continuai a ripetere questa frase nella mia testa per farmi coraggio e poi mi avviai, con passo lento e indeciso, verso la mia classe; una delle innumerevoli che tempestavano i corridoi di quell’enorme edificio dove tutto sarebbe iniziato, dove finalmente la mia vita avrebbe preso una svolta significativa.
  
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