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Autore: klabeks_ks    05/01/2013    5 recensioni
[Primo premio e premio fluff al "The Original's Family Contest]
Dal testo: "Era notte fonda, ma riuscivano comunque a vedersi per merito della loro natura soprannaturale. E soprattutto, lui riusciva perfettamente a vederla avvolta in quella camicia da notte che, purtroppo o per fortuna, non lasciava nulla alla sua fervida immaginazione di artista."
E se.. lei non fosse davvero interessata all’altro?
E se.. Klaus decidesse finalmente di togliere la maschera dietro la quale si era sempre nascosto per paura? E se.. la notte tempestosa portasse consiglio? E..se? E se..?!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Klaus, Rebekah, Mikaelson
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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Titolo: Thunder Buddy – Come una cosa sola
Genere: Romantico, Introspettivo, Fluff, Slice of life 
Avvertimenti: Incest, What if? 

Alla mia Beks


Thunder Buddy – Come una cosa sola

Riaprì gli occhi nel suo letto, a causa di un lampo che squarciò il cielo e della luce che filtrò dalle imposte semi-chiuse.
La sua donna gli dormiva addosso, con le gambe intrecciate alle sue e il broncio messo in evidenza dal viso schiacciato contro il suo petto.
Le passò un braccio intorno alle spalle e lasciò scorrere lo sguardo su di lei, analizzando ogni più piccolo particolare di quel corpo coperto dalla leggera camicia da notte e tanto perfetto da riuscire sempre a scuoterlo. Si fermò ad osservare le onde chiare sparse sul cuscino improvvisato e quelle labbra imbronciate capaci di farlo sempre impazzire.
Amava guardarla dormire, ammirarla quando nessuno poteva distrarlo dalla sua visione. Amava prendere spunto per un nuovo ritratto da completare in gran segreto, solo per poi bearsi nel vedere quegli occhioni profondi come il mare in tempesta illuminarsi quando si posavano sul foglio di carta.
Ancora non riusciva a credere che una tale fortuna avesse bussato proprio alla sua porta, non dopo tutto il male che era riuscito a infliggerle.
Lei era sempre stata il suo punto di riferimento, l’unica che l’aveva sempre seguito durante i suoi spostamenti, l’unica che era sempre riuscita a sopportarlo. Perché lo sapevano anche i sassi che bisognava possedere una pazienza di ferro per sopportarlo.
Eppure lei non l’aveva mai abbandonato anche se alcune volte era stata sul punto di farlo.
Ma lui, seppure dopo secoli, aveva capito i motivi che l’avevano spinta a decidere di allontanarsi da quello che all’epoca era solo il suo carceriere, colui che le toglieva ogni libertà.
Perché appunto, questo Klaus l’aveva capito solo da quasi un secolo, in quasi mille anni non aveva fatto altro che toglierle ogni libertà. L’aveva sempre tenuta prigioniera in una gabbia dorata, offrendole solo il sentore di una vita che invece non le aveva mai dato modo di vivere come lei avrebbe desiderato e meritato. 
L’ennesimo tuono della nottata portò la ragazza a stringersi ancora di più al suo uomo, che le scostò un ciuffo ribelle dalla fronte e continuò a guardarla in silenzio. Klaus sapeva bene quanto i tuoni la terrorizzassero e non riusciva ad esserne sorpreso.
Anche con mille anni sulle spalle, ci sono paure che non passano facilmente, neppure a distanza di tempo.
Restano dentro di te, ti consumano e ti ricordano che quel tuo lato umano che credevi di aver perso è comunque rimasto.
La sua umanità invece era custodita nella ragazza che dormiva aggrappata a lui. Era sempre stato così da quando entrambi erano ancora umani.
Anche quando era troppo accecato dalle sue ossessioni prettamente negative, dal suo desiderio di rivalsa sul patrigno, dal suo volere ad ogni costo spezzare la maledizione che lo teneva prigioniero al fine di tornare ad essere un ibrido e creare tanti esseri uguali a lui.
O quando la gelosia e la possessività lo rendevano ancora più mostruoso di quanto già non fosse. In tutte quelle circostanze, un barlume di umanità era comunque rimasto ed era rappresentato dalla sua Rebekah. La strinse più forte a sé quando un altro tuono ruppe la tranquillità della loro camera, mentre i ricordi cominciarono ad affacciarsi alla sua mente.
Ricordi relativamente vicini se paragonati a quelli del resto del loro millennio.
Quegli stessi che segnarono l’inizio di tutto, della parte più bella della loro esistenza.

Lui non era geloso, era solo irritato.
Certo, perché quella sera sua sorella avrebbe preferito restare con quel tizio dalla strana capigliatura piuttosto che tornare a casa con lui.
E Klaus, quel Salvatore l’avrebbe preso volentieri a calci.
O gli avrebbe direttamente strappato via il cuore dal petto se non ci fosse stata lei a fermarlo.
Proprio come aveva fatto secoli addietro, quando aveva approfittato del momentaneo sonno della sorella per uccidere ogni stupido essere che ostruiva il suo passaggio.
In quella lontana notte di sette secoli addietro, aveva massacrato cinque uomini in una manciata di minuti e non si era ovviamente curato del sangue che gli aveva sporcato le mani.
Uno di loro aveva pugnalato la sua Beks e lui aveva reagito di conseguenza.
Aveva prima ucciso gli amici del tale, decidendo di lasciare proprio lui per ultimo, così da potersi godere meglio quell’uccisione.
E l’aveva fatto, strappandogli la lingua dalla bocca e piantandogli una spada dritta nel cuore, riducendoglielo in poltiglia.
Quella sera, invece, troppo impegnato a nutrirsi e a bere come una spugna, l’aveva persa di vista per ritrovarla poi in un privé in compagnia di quel tale. Non riusciva a chiamarlo per nome neppure nei suoi pensieri, tanta era la rabbia di averlo visto insieme a sua sorella.
“E allora vai senza di me, non sono la tua ragazza” gli aveva detto Rebekah con quel tono di sfida che gli aveva provocato uno degli ormai soliti attacchi d’ira, quando lui aveva palesato il desiderio di concludere la serata al bar di Gloria e di tornare a casa.
Aveva usato la scusa della noia, ma la realtà era ben diversa. Klaus voleva allontanare Rebekah da quel tale, voleva riportarla a casa cosicché non dovesse più vederla troppo vicina a un altro uomo.
E aveva reagito con la solita ira e la solita possessività perché nessuno, neppure sua sorella, poteva permettersi di contraddirlo.
O forse l’unica a non poterlo fare era proprio lei.
Era rimasto scottato dall’ultima volta che lei aveva scelto l’amore alla famiglia, rischiando di farli uccidere tutti e adesso non poteva permettere che ciò accadesse ancora una volta. Quel Salvatore, non gli piaceva.
Non si fidava di lui e neppure del giudizio di Rebekah.
Temeva che con quella sua strana pettinatura, quel tale avrebbe potuto affascinarla tanto da farle dimenticare.. lui.
“No, ma sei mia sorella, questo significa che devi fare ciò che dico”
Era solito parlarle in quel modo, afferrarla con tanta forza, far prevalere il suo ruolo di uomo.
Fratello maggiore, si corresse. Lui era il suo fratello maggiore, aveva il compito di proteggerla e di portarla con sé in ogni suo spostamento per paura che Mikael li braccasse e riuscisse a ucciderli.
Quella sera non aveva superato se stesso, si era comportato come suo solito, eppure aveva avvertito una strana sensazione pervaderlo.
Una sensazione del tutto nuova, anche se forse non era proprio così.
Era la stessa provata quando erano ancora umani e gli uomini del villaggio solevano guardarla troppo insistentemente o quando ancora era lei a guardare qualcuno con interesse.
Questo aveva sempre suscitato in lui delle reazioni che non aveva mai avuto modo di comprendere.
Si rendeva conto che dall’esterno sarebbe potuto apparire in modo diverso da ciò che in realtà era, eppure non gli era mai importato. Rebekah era sua. E in quasi mille anni ciò non era mai cambiato.
Lei era sua nel senso più morboso e viscerale del termine.
Era la luce in fondo a quel tunnel oscuro che era diventata la sua esistenza.
Era l’unica persona che lo teneva legato al vecchio se stesso, il Niklaus umano che ormai nessuno conosceva più.
E infatti solo lei ed Elijah conoscevano ogni suo aspetto.
E, mentre il fratello delle volte aveva deciso di lasciarli per recarsi altrove, lei era invece rimasta insieme a lui.
«Nik?» Klaus, con ancora lo sguardo fisso al soffitto, voltò la testa verso la porta aperta e vide la sorella con una mano sulla maniglia e il labbro inferiore artigliato tra i denti.
Era notte fonda, ma riuscivano comunque a vedersi per merito della loro natura soprannaturale.
E soprattutto, lui riusciva perfettamente a vederla avvolta in quella camicia da notte che, purtroppo o per fortuna, non lasciava nulla alla sua fervida immaginazione di artista.
Il vampiro sbuffò pesantemente e portò un braccio piegato sotto la testa, tornando a osservare le venature del soffitto candido.
«Nik, c’è il temporale» il tono lamentoso della sorella lo fece sbuffare ancora una volta, mentre la sua mano si stringeva in un pugno sotto la testa.
«Non c’è il tuo prezioso Stefan a proteggerti dai tuoni?» sibilò con astio, ben conoscendo l’assurdo terrore della sorella verso i tuoni.
La terrorizzavano da quando era solo una bambina e, ogni volta che questi turbavano il suo sonno insieme agli incubi, lei correva a rifugiarsi tra le sue braccia.
Ma i tempi erano cambiati, lei non era più una bambina e lui aveva lasciato che il mostro dentro di sé prendesse il sopravvento.
Adesso non aveva alcuna intenzione di tornare a fare il fratello maggiore, il Niklaus umano che forse lei si aspettava di trovare steso su quel letto. Adesso lui era solo arrabbiato e dannatamente geloso, era riuscito ad ammetterlo a se stesso sebbene questo secondo sentimento fosse del tutto sbagliato e fuori luogo.
Non poteva però ignorare quel doloroso groppo che aveva alla gola e quel peso che gli schiacciava il torace come un macigno.
Era doloroso e opprimente perfino guardarla.
Chiuse gli occhi quando sentì il materasso abbassarsi sotto il nuovo leggero peso, due braccia esili circondargli l’addome e una guancia posarsi sul suo petto nudo. La ragazza represse un sorriso, soddisfatta di essere finalmente riuscita a smuovere il fratello. Aveva cercato in ogni modo di catturare la sua attenzione e alla fine vi era riuscita in quello più semplice.
Lo aveva provocato per tutta la serata, avvicinandosi a Stefan e provando a mostrarsi interessata.
E, ammise con se stessa, le era anche piaciuto. Non era stato difficile mostrare interesse verso il giovane redivivo, poiché questo si era rivelato persino divertente. Sapeva bene quanto fosse difficile attirare l’interesse di Niklaus, era raro che una donna riuscisse ad affascinarlo o a farlo arrabbiare tanto quanto lei.
La presa ferrea e il modo in cui l’aveva tirata a sé, però, le avevano fatto intendere quanto irritato e geloso fosse in quel momento.
Si strinse ancora di più a lui, sorridendo soddisfatta che il suo piano avesse ottenuto l’effetto sperato e grata che non potesse essere vista in quel momento.
«Nessuno potrebbe mai proteggermi dai tuoni come fa mio fratello» Rebekah affondò il viso contro il petto dell’uomo che adesso le circondò le spalle con un braccio, reprimendo una risata. Lo sentì scattare sebbene fosse ancora immobile e decise di dargli il corpo finale.
Nik doveva smettere una buona volta di comportarsi da fratello iperprotettivo e prendersi ciò che da sempre era suo.
Perché lei, sebbene flirtasse con gli altri uomini, sapeva di appartenere solo a uno di questi.
«Mi hai fatto fare brutta figura questa sera con Stefan» continuò a provocarlo, sperando in una reazione che non tardò ad arrivare.
L’espressione di Klaus si indurì non appena sentì quel nome fuoriuscire dalle labbra della sorella e strinse i pugni ancora di più, così come gli occhi che quasi gli dolevano per lo sforzo di stare chiusi. Il vampiro avvertì ogni parte del corpo tendersi e irrigidirsi a causa della rabbia che si mescolò alla gelosia sempre più presente e pressante.
«Non hai sonno, Rebekah?» le domandò con un tono che non ammetteva repliche, stringendola comunque quando un tuono la fece sobbalzare. «E comunque me l’hai detto tu che quel tale ha una strana capigliatura.»
La mano della ragazza si posò leggera su una guancia ispida del fratello, muovendola in modo che lui la guardasse in viso.
Entrambi avvertirono una strana sensazione non appena i loro sguardi si incrociarono, come se mille brividi in quel momento stessero attraversando i loro corpi.
«Non mi piace quando mi chiami Rebekah, preferisco quando mi chiami con quel nomignolo che usi sempre e solo tu» sussurrò non smettendo di guardarlo negli occhi.
E Niklaus le era in un certo senso grato, perché adesso non era più difficile guardarla.
Adesso era tornato ad essere piacevole e unico perché in quella camera, su quel letto, c’erano solo loro due e lui poteva permettersi la libertà di essere se stesso, anche se sapeva che questo sarebbe stato un errore.
«Perché sei qui, Beks?» Klaus si tirò a sedere facendo quindi alzare a sedere anche lei e tornò a chiamarla con quel nomignolo che solo lui aveva usato in quasi mille anni.
Non sapeva per quale motivo, ma chiamarla in modo diverso da tutti gli altri, faceva sentire diverso perfino se stesso.
Poteva essere Rebekah o Bekah per gli altri, ma per lui era sempre la sua Beks.
E guai a rubargli il nomignolo, perché sarebbe stato capace di commettere una strage.
«Te l’ho detto, c’è il temporale» Rincuorata che lui fosse finalmente tornato a usare quel nomignolo, Rebekah continuò ad accarezzargli la guancia, trovando in quel contatto ruvido un senso di familiarità.
Amava tutto di quell’uomo.
I suoi occhi, le mani grandi, quella barba che la solleticava al tatto, il caratteraccio che solo in pochi riuscivano a comprendere, la sua gelosia, quella possessività che la faceva impazzire, la sua voce e quelle labbra tanto simili a petali di rosa che lei si era sempre domandata che sapore avessero.
Schiuse le proprie non appena la mano di Nik si posò sulla sua, trattenendo il respiro nel vederlo adesso tanto vicino.
Si era avvicinata a lui senza rendersene conto, trovandosi adesso a pochi centimetri di distanza.
I loro respiri, che si erano fatti più veloci e pesanti, riuscivano a incontrarsi mentre quello dell’uomo che le era di fronte le solleticava il viso. Perché era lì? In quel momento cominciò a domandarselo anche lei.
Avrebbe potuto sgattaiolare fuori dalla finestra e raggiungere Stefan nel bar di Gloria, dove era certa lui la stesse aspettando.
E invece era rimasta a casa e si era rifugiata tra le braccia di quell’unico uomo che non avrebbe mai potuto considerare suo.
Anche se in cuor suo, lei lo aveva sempre considerato tale. Era rimasta con lui, per lui. E non avrebbe voluto essere in altro luogo che non fosse quel letto, circondata da quel profumo unico e quel calore che le penetrava le ossa e riusciva a scuoterla.
«Dovresti tornare in camera tua» Klaus non era minimamente convinto delle sue parole.
Non voleva che Rebekah andasse via, che si allontanasse da lui, ma sapeva che l’allontanamento era necessario.
Sapeva che se lei fosse rimasta a guardarlo in quel modo, tanto vicina da riuscire a percepire il suo respiro sulla pelle, non avrebbe resistito e avrebbe fatto qualcosa di cui subito dopo si sarebbe pentito.
«Si, forse è il caso» Lei abbassò lo sguardo e annuì mentre lui le lasciava andare la mano che scivolò lungo la guancia ispida.
Il vampiro chiuse gli occhi, mentre un senso di frustrazione prese a pervaderlo.
Diventava sempre più difficile tenere un comportamento da fratello, ciò che lui era almeno in teoria.
Perché invece avrebbe voluto continuare a guardarla, avrebbe ancora voluto sentirla stesa di sé, avrebbe ancora voluto proteggerla dai tuoni come quando era solo una bambina. Avrebbe voluto essere per lei ciò che invece qualcun altro prima o poi sarebbe stato.
Avrebbe voluto essere suo perché era così che si sentiva.
Sentiva di appartenerle con ogni fibra del suo essere e questa consapevolezza diventava ogni attimo più forte di quell’assurdo legame familiare che cercava in ogni modo di tenerlo lontano da lei.
Riaprì gli occhi quando la sentì muoversi sul letto e voltò il capo di lato mentre la sua mano si fermò sul polso della ragazza, bloccandola anche se lei avrebbe potuto facilmente liberarsi.
Rebekah alzò lo sguardo sul profilo del “fratello” che non riusciva più a vedere come tale, o forse non era mai riuscita a vederlo in quel modo. Non sentiva che quello era suo fratello. In mille anni lo aveva visto in tanti modi, ma mai come fratello maggiore.
Nik non era come Finn, Elijah o Kol. Era sempre stato diverso.
Lui era stato prima il bambino, poi il ragazzo e infine l’uomo che l’aveva sempre protetta e amata come nessun altro era mai stato in grado di fare. Anche se molte volte lui tendeva a non mostrare i suoi sentimenti o peggio, a mostrarli in modo del tutto sbagliato.
Ma lei lo sapeva. Sapeva che dentro quel cuore che Nik credeva ormai morto, c’era quell’amore che aveva sempre e solo riservato a lei.
Forse peccava di presunzione, ma era certa che il suo Nik la amasse con la stessa intensità con cui lei amava lui.
«Vuoi davvero che torni in camera mia?» gli domandò lei con un filo di voce, conscia che quel piccolo passo avanti che aveva fatto scatenando la sua gelosia, si era rivelato un caso isolato.
Klaus era appena tornato a nascondersi dietro la sicura maschera del fratello, causandole l’ennesima delusione.
Lei non voleva andare via, non voleva lasciare il calore di quel letto immerso nell’oscurità così come non voleva essere amata solo in silenzio. Rebekah voleva la sua totale attenzione, voleva che lui nutrisse un disperato bisogno di lei, che la volesse.
Aveva bisogno che tutte le negative ossessioni di Nik sparissero cosicché lei potesse sostituirle.
Rebekah voleva essere la sua unica e costante ossessione.
Klaus si domandò se davvero l’amore fosse la più grande debolezza di un vampiro, come aveva detto secoli addietro al fratello maggiore, spinto dal ricordo di quel sentimento che era stato sempre costretto a celare.
Ma l’amore era davvero questo?
Avendo amato la stessa donna sia da umano che da vampiro, cercando e trovando distrazioni in altre che non riuscivano neppure sforzandosi di togliergliela dalla testa, poteva con certezza confermare la sua tesi.
Il sentimento per la donna che cercava ancora di non guardare era da sempre la sua più grande debolezza, in quello che era il senso più positivo del termine.
Era consapevole della sua forza di vampiro Originale, ma questa forza comprendeva solo il fisico, lasciando in balia del cuore e della debolezza le emozioni.
Quando si trattava della sua Beks, tornava ad essere lo stesso ragazzo umano che si lasciava trascinare da lei nella grotta del loro villaggio. Lei era l’unica persona al mondo in grado di mostrargli chi lui fosse realmente, di rimembrargli quell’uomo perduto da ormai troppi secoli e che aveva lasciato posto all’abominio. 
«Non..» le parole di Klaus si arrestarono quando voltò nuovamente il capo e i loro sguardi si fusero ancora una volta, così come le loro labbra. Finalmente, dopo novecento anni, Klaus riuscì a sentire il sapore di quelle labbra tanto morbide al tatto da rimembrargli i dolci petali di quel fiore che lui aveva sempre collegato a lei.
Il tulipano bianco, meraviglioso nella sua semplicità e in quella purezza che da sempre lo caratterizzava.
L’amore puro, vero e profondo. L’amore proibito, quello stesso in grado di divorare e infiammare l’anima.
E la sua era esplosa nell’esatto momento in cui le sue labbra si erano posate leggere su quelle della ragazza che, sorpresa da quel gesto in cui aveva sempre sperato ma che non si aspettava, ricambiò il dolce bacio e affondò una mano tra i riccioli scomposti dell’uomo che si fece più vicino.
«Ci sono i tuoni, non puoi tornare in camera tua» mormorò Klaus su quelle labbra che lo richiamarono subito dopo, come il canto di una sirena che si faceva sempre più irresistibile.
Erano state create per posarsi sulle sue, per ricevere i suoi baci e quei leggeri morsi che causarono nella ragazza l’ennesimo fremito, stavolta del tutto piacevole.
«I tuoni non ci sono più» rispose lei, parlandogli senza permettere alle loro labbra di separarsi. Si parlavano tra un leggero tocco e l’altro, mentre le loro mani affondavano reciprocamente nei capelli l’altro. I loro cuori, sebbene la loro natura di non-morti lo rendesse alquanto improbabile, sembravano battere all’unisono. I battiti si incontravano e si rincorrevano nello stesso modo in cui le loro lingue saggiavano i loro sapori, unendoli e creandone uno tutto nuovo.
«Ma potrebbero tornare da un momento all’altro e io devo proteggerti» il sorriso malizioso del vampiro andrò a incontrare nuovamente quelle labbra gonfie e perfette, rese ancora più purpuree da quelle di lui e dai denti che continuavano a mordicchiarle.
Come se quei leggeri morsi avessero potuto in qualche modo attestare che la sua Beks era, appunto, solo sua perché solo lui poteva permettersi di catturare quei dolci petali e renderli propri.
Lei era una sua proprietà esclusiva e a Rebekah quella possessività piaceva sempre di più.
La faceva sentire importante, amata, desiderata, voluta.
Erano sempre riusciti a capirsi con un solo sguardo e anche in quel momento, prima che i loro occhi si chiudessero e i loro corpi si stendessero nuovamente sul letto, sapevano entrambi che quello sarebbe stato l’inizio di qualcosa di totalmente inspiegabile e inconcepibile a coloro che li avrebbero senz’altro additati come immorali e perversi.
Ma loro erano già degli assassini a causa di quella natura che lei aveva sempre mal sopportato, quella stessa natura che li rendeva mostri ma che al tempo stesso faceva loro provare ogni emozione più amplificata e intensa.
Quindi perché crearsi inutili problemi se ciò che volevano era unicamente vivere quel sentimento che per mille anni non aveva fatto altro che logorarli e farli sentire totalmente fuori posto? Il loro posto, appunto, risiedeva l’una nelle braccia dell’altro.
Erano nati in un’epoca in cui quell’assurda legge morale che li aveva sempre tenuti lontani non aveva significato, non era ancora stata formulata, per questo non si sentivano in alcun modo spregevoli.
E c’erano molti altri motivi per cui avrebbero dovuto sentirsi in questo modo, non di certo per quel loro puro e vero sentimento finalmente venuto allo scoperto.

Rebekah aprì gli occhi quando un tuono la destò dal sonno e posò un leggero bacio sul petto nudo del suo uomo, sorridendo nel sentire quell’inconfondibile aroma che la cullava ormai da innumerevoli notti.
Alzò lo sguardo e trovò quello di Klaus attento su di lei e questo le fece imporporare le gote.
Perché poteva anche essere una vampira millenaria piuttosto perfida con chi le pestava i piedi, ma con lui tornava sempre ad essere la dolce umana che era stata secoli addietro.
Era così che il suo Nik la faceva sentire con tutte le attenzioni che le riservava e quell’amore che, in quasi un secolo, non aveva fatto altro che crescere sempre di più.
Amava quella sicurezza che lui le donava e quel groviglio di emozioni che le si formava all’altezza del cuore ogni qualvolta lo sorprendeva a guardarla.

«Perché sei sveglio? È notte fonda» gli domandò con la voce assonnata, facendo scorrere una mano sulla sua pelle.
Klaus le sorrise, pensando a qualche scusa da dirle per non sembrare un completo idiota e le prese la mano per baciarne il dorso.

«Non ho sonno» borbottò lui, mentendo palesemente perché il sonno lo aveva, ma non riusciva a dormire proprio come ogni volta che il temporale imperversava. Voleva restare vigile e controllare che lei non avesse paura, che non tremasse.
E voleva fare in modo di essere sveglio in caso lei si fosse destata nel cuore della notte, impaurita come ogni volta che i tuoni non la facevano dormire rilassata.

«Adesso che ti sei liberato di questa bugia, me lo dici perché sei sveglio alle tre del mattino?»
Lo sguardo che la sua Beks gli rivolse era carico di curiosità e sicurezza perché era più che palese che lei lo conoscesse meglio di chiunque altro e quindi sapeva ben riconoscere la verità dalle bugie.
«Ancora con questa tua assurda ossessione per gli inutili e idioti ibridi?»
Non era un segreto che Beks odiasse qualsiasi cosa concernesse sangue “magico” e ibridi, ma cercava di tollerarli per amore del suo uomo.
Tranne in alcuni frangenti in cui l’esasperazione prendeva il sopravvento e lei minacciava di uccidere doppelganger e ibridi.
Tutti insieme, magari appiccando un bel falò.
Odiava qualsiasi cosa si frapponesse tra di loro, qualsiasi cosa che la tenesse lontana dal suo Nik.
E l’ossessione degli ibridi era forse la cosa che più di tutte lo teneva distante da lei.

Klaus le lanciò un’occhiataccia e strinse le labbra, sebbene l’insofferenza della sua donna verso gli ibridi lo divertisse e lo facesse impazzire.
Adorava vederla gelosa o arrabbiata, era una stuzzicante perversione in mille anni non lo aveva mai abbandonato.
Rebekah era sempre bellissima, ma quando i suoi occhi fiammeggiavano d’ira, lui non poteva fare altro che restare ad ammirarla e a cercare in ogni modo di resistere dal fare qualcosa che l’avrebbe fatta arrabbiare ancora di più.
Come zittirla in quel solito modo che entrambi conoscevano bene o, peggio ancora, restare fermo a squadrarla dalla testa ai piedi.
Perché, sebbene gli sguardi insistenti di Klaus la facessero ogni volta capitolare, era anche vero che insieme alla lucidità tornava sempre anche la rabbia. E allora si ricominciava.

Lui la guardava, lei capitolava e poi tornava nuovamente arrabbiata. Era un circolo vizioso del quale nessuno dei due si sarebbe mai stancato. Vivevano il loro amore tra gli alti dei loro sentimenti e i bassi del chiacchiericcio comune e dei continui attacchi dei loro nemici.
«Hai notato che lì fuori c’è un temporale?» indicò la finestra dal quale provenivano i tuoni e le saette che squarciavano il cielo.
La teneva ancora stretta a sé perché, sebbene lei sembrasse aver dimenticato che fuori la tempesta stava imperversando, lui poteva sentire il suo corpo scosso dai fremiti dovuti alla paura.

Rebekah annuì, sorridendo colpevole e capendo infine il motivo per il quale lui fosse ancora sveglio.
Non si capacitava ancora di quanto fosse fortunata ad aver trovato un uomo come lui e di quanto con lei riuscisse ad essere diverso.
Non era il Klaus del quale tutti i nemici avevano timore e che odiavano; con lei era semplicemente il suo Nik, quello che si assicurava che dormisse serena e che la paura non avesse la meglio.
«E ditemi, Milord» quegli appellativi e quel “voi” che solevano usare per stuzzicarsi, prendersi in giro, uno dei tanti piccoli particolari che li rendeva sempre più uniti e complici, «avete intenzione di restare sveglio tutta la notte solo per guardarmi dormire?» la voce melodiosa e il tono malizioso della vampira gli fecero serrare la mascella e assottigliare lo sguardo, perché sapevano entrambi a cosa avrebbe condotto quella sveglia notturna.

«No, Milady» Klaus sorrise, sempre più stupito da quella donna meravigliosa unicamente e totalmente sua, «ho intenzione di proteggervi dai tuoni» la fece rotolare di schiena sul letto e afferrò le lenzuola, tirandole fin sopra le loro teste e sorridendo adesso sornione, mentre le loro labbra si incontravano celate dall’oscurità, «o magari di non farveli sentire affatto»
«Dobbiamo restare uniti come se fossimo una cosa sola, sempre e per sempre» Rebekah gli circondò il collo con le braccia, mentre non erano solo le labbra a sorridere, ma anche gli occhi, «Giusto, traditore?»
Quella promessa, quelle stesse parole usate un millennio addietro, vennero fuori come una melodia che mai avevano dimenticato perché parlava di loro. Quella stessa promessa che loro due avevano mantenuto alla lettera.
Klaus scoppiò a ridere sentendosi dare del traditore proprio come un millennio prima, quando lei l’aveva trascinato nella grotta per incidere i loro nomi sulla pietra.
Vivevano nel presente e nel passato al tempo stesso, ricordando quei momenti che non facevano altro che renderli ancor più felici per ciò che erano diventati. Uniti come una cosa sola.
«Giusto»


Note:
Ed eccomi di ritorno.. scommetto che nessuno ha sentito la mia mancanza xD
Questa one-shot ha partecipato al “The Original's Family Contest” di xXx Veleno Ipnotico xXx e, sorpresa delle sorprese, è arrivata al primo posto.
Non me l’aspettavo proprio, ma sono davvero contenta che sia piaciuta a lei e che abbia vinto.
Ho cercato di mostrare il lato umano di Klaus, quello che nella serie lui mostra a Caroline, insieme a quel lato possessivo e geloso che diviene lampante quando si tratta di Rebekah.
ps. Una nota per il titolo: “Thunder Buddy” è la posizione del tuono amico o dell’orsetto tuono e si usa quando si ha paura dei temporali.
In questo caso l’amico tuono di Rebekah è Klaus, nel senso che lui la “protegge” dai tuoni.
Sembra un po’ una cavolata, ma è collegato al Closeph (Claire Holt e Joseph Morgan) e non ho resistito *o*
Spero che questa storia vi sia piaciuta e che mi lasciate un commentino, altrimenti come faccio a sapere se vi è piaciuta o se vi ha fatto schifo? xD
A presto, Klabeks_ks





 

   
 
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