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Autore: hanaemi_    05/01/2013    2 recensioni
"Quella era la solita notte di Natale fredda, triste e noiosa, come ormai tutte le notti di Natale erano. Anzi, come ormai tutte le notti erano."
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tears and kisses on a cold December night



{Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Prussia x Hungary
Pairing: Prungary
Parole: 865 (grazie a:
http://www.freetiamo.altervista.org/index.php/conta-parole.html)
Playing:
"Kiss the rain"- Yiruma--> https://www.youtube.com/watch?v=imGaOIm5HOk  (ascolto consigliato durante la lettura della storia.)}





Era la notte di Natale. Nevicava, fuori. Gilbert era da solo, come al solito, nella sua grande casa, ormai vuota da molto tempo.
Quella era la solita notte di Natale fredda, triste e noiosa, come ormai tutte le notti di Natale erano. Anzi, come ormai tutte le notti erano. Per Prussia, infatti, la differenza tra giorni festivi o meno non esisteva più da tanto, forse troppo tempo.



Sospirò, scendendo le scale che portavano all'ingresso, per dirigersi nel salone. Era tutto buio, solo il caminetto emanava qualche bagliore che rendeva visibili lievemente i contorni delle cose presenti nella stanza. Conosceva a memoria ogni singola camera. Lì, sulla sinistra, vi era il grande divano di pelle bianca, che occupava metà parete. Ai lati due poltrone in coordinato, con al centro un tavolino basso. Accanto al divano uno scaffale con i libri, poi l'enorme finestra, coperta da pesanti tende di velluto rosso e davanti vi era il piano. E dall'altro lato una cassettiera con sopra delle foto, il grande camino, e poi uno spazio vuoto destinato all'albero di Natale, quell'albero che aveva deciso di non fare. A cosa servivano tutti quegli addobbi, se lui era sempre, perennemente senza nessuno? E poi....e poi nessuno si sarebbe ricordato di lui e sarebbe andato a trovarlo, nemmeno quell'anno, ne era sicuro. Si diresse al pianoforte, chiuso da parecchio. Anch'egli ormai non suonava più da tanto, vi era sopra abbastanza polvere a coprirlo. Gilbert si sedette allo sgabello, per poi accarezzarne la superficie con un sorriso malinconico.



-Ciao, amico mio...anche tu ormai non hai più nessuno a cui dedicare le tue note, eh....- sussurrò, per poi aprire delicatamente il coperchio della tastiera. I tasti bianchi e neri scintillarono al bagliore del camino.

Gilbert si sgranchì le mani.





-Vediamo se ricordo ancora come si fa...-





Chiuse gli occhi, cercando la giusta ispirazione. E l'ispirazione gli venne proprio dal suo cuore. Perché nel suo cuore...nel suo cuore sapeva già a chi dedicare quella melodia.


E lì per lì, improvvisando, intonò un motivo dolcissimo, carico di tristezza, malinconia, amore perduto, uno di quei motivi che ti nascono dal cuore, che non hai bisogno di pensare per comporli. Continuò a tenere gli occhi chiusi, ricordando i bei momenti passati con Elizaveta, le loro disavventure, i loro litigi da bambini, ma anche le loro carezze, i loro sorrisi complici, e poi...il bacio. Quell'unico, ultimo bacio che gli donò prima che lui, Roderich, gliela portasse via.







«Conservalo con cura. Questo bacio sarà tuo, per sempre. E con esso il mio cuore.    », furono le sue parole.








Gilbert smise di suonare, prendendosi la testa tra le mani e poggiandosi con essa sulla cassa dello strumento, strizzando gli occhi e digrignando i denti con furia. Perché? Accidenti, perché? Perché gliela aveva portata via? Perché proprio lei? Non era mai riuscito a essere davvero felice in tutta la sua vita, tranne che con Eliza, e poi lui gliela aveva letteralmente tolta, così come la sua felicità...Sentì qualcosa bagnargli le maniche del maglione. Lacrime. Stava....piangendo. Sì, stava piangendo. Il Magnifico Gilbert Beilschmidt stava dimostrando quanta fragilità nascondesse dietro la sua maschera da egocentrico, arrogante e menefreghista che mostrava a tutti. Sospirò, tirando su col naso e asciugandosi le lacrime. Non si vergognava del suo pianto. Sapeva che quella era la testimonianza di quanto ancora tenesse ad Eliza e di quanto quella situazione lo facesse stare male. Appoggiò nuovamente le braccia sulla casa, per poi posarvi il capo, ascoltando il silenzio. Allora il fatto che nessuno lo calcolava gli faceva davvero comodo, almeno era sicuro che non avrebbe avuto qualcuno a importunarlo in un momento tanto inopportuno come quello.




Sentì suonare il campanello.




Forse non era così.








"Chi accidenti potrà mai essere a quest'ora?" fece tra sè, sollevando il capo dal pianoforte, in attesa. Probabilmente era qualcuno che si era sbagliato, chi si sarebbe mai sognato di andare a trovarlo la notte di Natale? Ma il campanello trillò un'altra volta. Chi era dietro la porta non aveva sbagliato, era venuto a trovare lui.


Gilbert si alzò, passandosi le mani sui calzoni, e andò alla porta.


-E-Eliza?- riuscì a stento a sussurrare, quando vide la figura della ragazza sulla soglia. Era un sogno, quello? La ragazza entrò, mordendosi le labbra. Soffriva, era ben visbile.

-Gil....- fece lei, a capo chino, torcendosi le mani in grembo -Roderich e io....ci siamo lasciati. E io sono qui perché...Perché ti amo ancora, Gilbert.- sollevò appena il capo, con gli occhi lucidi. Stava...piangendo? Lei, la sua Eliza, stava piangendo...per lui? Allora era davvero un sogno. Scrollò la testa, con un sospiro.

-E-Eliza, io....io....- non sapeva cosa dire. E allora fece ciò di più naturale al mondo. La prese tra le braccia e la strinse a sè, cullandola piano, lasciandola piangere sul suo petto, mentre con una mano le accarezzava i lunghi capelli chiari e con l'altra chiudeva la porta.

-Gilbert...- fece lei a un certo punto, alzando il capo -ma tu...tu cosa provi per me?-

-Eliza....- le rispose, prendendole il mento tra pollice e indice e avvicinando i loro visi -anche io ti amo. Non ho mai smesso di amarti.-

E, tremante, le prese il volto tra le mani e le posò un dolcissimo bacio sulle labbra, sigillando, così, un amore finalmente sbocciato.

Quella notte di Natale fu, per Gilbert, la più magica e inaspettata che la vita potesse riservargli.
   
 
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