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Autore: Eternal_Blizzard    05/01/2013    6 recensioni
«A-ha» annuì Tsurugi, respirando pesantemente. «Facciamo così: se ammetti che sei venuto per me, ti dirò a che mi servono i soldi» optò, alzando una spalla. Il più grande storse le labbra, riflettendoci, ma poi annuì.
«Ok, sono venuto per te» sibilò, distogliendo lo sguardo che ripuntò repentinamente in quello dell’altro. «O meglio, per vedere se potevi davvero essere tu a fare il commesso» rettificò. «Palla a te» gli fece cenno con la mano di dire la sua parte. dopo un brontolio sordo dal petto, Tsurugi si ritirò dritto.
«Per un regalo. Siccome siamo sotto Natale ed è una cosa a cui tengo particolarmente… Non volevo chiedere i soldi a miei, ma guadagnarmeli» ammise, facendo il vago. A quelle parole, Shindou allargò gli occhi e mostrò un sorriso sincero, annuendo con convinzione.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shindou Takuto, Tsurugi Kyousuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era abituato a fare shopping, ma quando Kirino – il suo migliore amico – gli chiedeva di accompagnarlo lo faceva sempre più che volentieri, anche perché lo portava ogni volta in luoghi che altrimenti non avrebbe mai visto o immaginato di visitare. Quel giorno era la volta di un centro commerciale appena aperto dietro casa del ragazzo dai capelli rosa.
«Certo che è grande eh… Per dire, ci sono una miriade di negozi tutti insieme» sbatté le palpebre Shindou Takuto, meravigliato. Era come se un’intera via piena di attività diverse si fosse riversata in quell’unico, grande edificio. Il castano sobbalzò quando, ancora con il naso all’aria mentre osservava sbalordito il luogo, sentì ridere l’amico al suo fianco. «C-Che c’è?» domandò.
«Niente, niente…» si coprì la bocca con una mano Kirino. «È che se ti sentisse qualcuno penserebbe che finora tu abbia vissuto in una caverna» ridacchiò ancora, per poi indicarlo. «Forse ti salveresti solo perché non indossi esattamente degli “stracci”» gli sorrise e l’altro arrossì, voltandosi piccato.
Quel giorno, come ogni volta che non indossava la divisa scolastica o calcistica, portava abiti dei tessuti più pregiati e delle marche più importanti ed eleganti. «Non è una mia scelta comprare tutto alle boutique o simili» si giustificò. «Sai che è mia madre che fa come le pare» storse le labbra. All’ennesima risata del compagno gonfiò leggermente le guance e spostò seccato lo sguardo sulle vetrine alla sua destra, continuando a camminare.
«Comunque mi è venuta un po’ di fame… So che mi servono le scarpe nuove, ma se prima facessimo un salto al Mac qui sopra?» propose allora Ranmaru.
Perché? Ci sono anche posti dove mangiare, qui?si domandò mentalmente Shindou, non esternando questa sua perplessità per non essere nuovamente deriso. «Se non sei tu ad avere fretta, io non ho problemi» fece spallucce continuando ad ispezionare attentamente, ma senza un reale interesse, tutte le vetrine a cui passava accanto. Non riusciva a trovare nulla di suo interesse. Nulla, finché un piccolo spazietto tra due manichini, all’interno di un negozio lo vide. Si bloccò di colpo e si avvicinò con gli occhi sgranati al vetro per accertarsi di aver visto bene.
«Certo, non ho fretta. Tanto non devo nemmeno studiare visto che domani interrogano Nishiki» fece spallucce il rosa, continuando ad avanzare. «Ah, già!» s’illuminò poi. «Se però finiamo presto, già che ci siamo mi dai una mano con inglese, vero?» domandò con un sorriso, voltandosi verso l’amico che però non era più al suo fianco. Si fermò guardandosi indietro, trovandolo piegato per vedere dentro un negozio con il viso praticamente attaccato alla vetrina. «Se volevi fermarti potevi anche avvertirmi, invece di farmi parlare da solo…» lo raggiunse.
«C-Cosa?» sobbalzò Shindou, colto di sorpresa. «Hai ragione, scusami… Cosa stavi dicendo?» domandò irrequieto, tornando involontariamente con lo sguardo al vetro una volta rialzatosi.
«Ti avevo chiesto, se finivamo presto, se ti andava di aiutarmi con inglese…» bofonchiò dopo un sospiro, portandosi le mani ai fianchi. Vedendo che come unica risposta il castano aveva aperto la bocca, ma da quella ancora non usciva un suono, gli si avvicinò poggiando la propria guancia contro la sua. «Si può sapere che diamine hai visto?»  domandò seccato, cercando a sua volta di vedere all’interno, cosa che però si rivelò impossibile da quella posizione a causa dei manichini.
«Niente!» sussultò, spingendo via la testa dell’amico. «O meglio, ho visto una sciarpa che adoro e volevo da tempo, ma non trovavo da nessuna parte!» spiegò annuendo.
«Ah sì..?» inarcò un sopracciglio il rosa, poco convinto. «Beh, che aspettiamo allora? Entriamo, no?»
«Eh no! Non hai detto che se finiamo presto ti devo aiutare con inglese?» scosse la testa con veemenza, serio.  «Per risparmiare tempo facciamo così: io compro la sciarpa e tu intanto fai un salto al Mac, che tanto a me non fa impazzire il cibo da fast food. Che ne dici?» propose sorridente. «O vuoi ce ti faccia compagnia anche mentre mangi?» chiese.
«No, per me non c’è problema, prendo un hamburger al volo. Basta che mi aiuti a scegliere le scarpe dopo…»
«Ovvio, sono qui per questo! Te l’ho promesso» gli ricordò, incrociando le braccia al petto.
«Va bene…» annuì Kirino leggermente stranito. Beh, c’erano volte in cui era meglio far finta di nulla. …anche se più tardi avrebbe “indagato”. «Che facciamo, ci vediamo qui tra un quarto d’ora? Ti basta?» domandò e l’altro annuì. Si salutarono rapidamente con un cenno veloce e, quando il rosato fu sparito oltre le scale mobili, il castano si voltò verso la porta del negozio, dandosi coraggio. Non sapeva nemmeno perché stesse entrando, in realtà, invece che andare a mangiare con il suo amico; non aveva un pretesto per farlo. Ma ancor meno si spiegava perché tutti quegli scrupoli a varcare la soglia. Quando aprì la porta, la sua entrata fu accompagnata dal tintinnio del campanello posto sopra l’uscio, ma ad accorgersi di lui fu solo un cliente che stava guardando dei maglioncini. Takuto si avviò con passo deciso verso il bancone al di là del quale si trovava una faccia a lui ben nota, pallida, dalle lunghe ciglia e i capelli blu come la notte. Sembrava essere intento a sistemare dei soldi all’interno della cassa e quindi non si accorse della presenza del castano in avvicinamento, che accelerò. Quello, però, fu preceduto da una ragazza che appoggiò le mani al bancone.
«Scusa… Sapresti consigliarmi una gonnellina?» domandò ridacchiando e il ragazzo alla cassa alzò lo sguardo su di lei, annoiato.
«Se vuole, i miei colleghi sono molto più ferrati di me, in fatto di moda» affermò senza trasporto.
«Sì, ma… Non importa, vorrei comunque che fossi tu a consigliarmi!» arrossì. «Me ne piacerebbe una viola» l’informò, sbattendo le lunghe ciglia nere. Il ragazzo sospirò dal naso, chiudendo la cassa.
«Ho capito» acconsentì, andando a mostrare alcuni capi alla signorina, ancora senza notare la presenza del castano all’interno del negozio. Gli si avvicinò un commesso chiedendogli se avesse bisogno d’aiuto, ma Shindou scosse la testa, troppo preso dalla scena tra il cassiere e la ragazza. Quest’ultimo accompagnò, sotto sua richiesta, la giovane al camerino, osservò i suoi cambi d’abito e, seppur controvoglia, le diede consigli su cosa abbinare con cosa. Una volta concluso il tutto tirò un sospiro di sollievo e mandò la cliente alla cassa. Lei sembrò evidentemente delusa del fatto che non fosse lui a servirla fino all’ultimo, ma c’era poco da fare.
«”Se vuole il mio parere, il viola sta bene con il rosso”» citò Shindou, avvicinandosi. «Io avrei consigliato il blu, ma in effetti quell’accostamento di colori è proprio da te» annuì, facendo sobbalzare il ragazzo dai capelli blu che sgranò gli occhi, guardando chi avesse detto quella frase.
«Che ci fai tu qui?!» sbottò, imbarazzato e nervoso.
«Ma come, a me non dai del lei?» fece il finto offeso il più grande. «Eh, Kyousuke?» sorrise beffardo.
«Sparisci, non puoi stare qui!» si lamentò, tornando alla cassa.
«Cosa cosa? È così che si trattano i clienti?» domandò seguendolo. «Perché non mi consigli qualcosa da comprare? È anche tutto abbastanza economico» disse, alzando la manica di una camicia, dando un’occhiata.
«Lo sarà per i figli di papà come te. Non è chissà quanto caro, ma non è nemmeno economico» sbuffò.
«Kyousuke, devi trattare bene i clienti» sospirò il castano.
«E tu non devi darmi tutta questa confidenza! Da quando mi chiami per nome?» domandò irrequieto e vide il più grande indicarsi il petto, sulla sinistra.
«Hai un cartellino, sul grembiule» disse, puntando poi il dito verso l’oggetto. «Dice “Mi chiamo Kyousuke”, quindi» rese noto, ovvio, sforzandosi per non mettersi a ridere. Era decisamente troppo strano vederlo in camicia bianca infilata nei pantaloni neri e, sopra a tutto, un grembiule giallo. Che poi, il senso di indossarlo in un negozio d’abbigliamento gli sfuggiva, ma se avesse aperto bocca per chiederglielo il suo buon proposito di non ridere sarebbe andato a farsi benedire. Il commesso arrossì impercettibilmente appena gli fece notare cos’avesse indosso e con un gesto fulmineo si sfilò il capo con il cartellino. «Perché sei conciato così?» non riuscì a non chiedere, portandosi una mano alla bocca.
«Fatti gli affari tuoi» ringhiò. «Se senti tanto il bisogno di ridere, sparisci» brontolò proprio mentre passava un suo collega.
«Kyousuke! Non ci si rivolge così ai clienti, scusati!» lo rimproverò. Il blu strinse le labbra ed aggrottò le sopracciglia, abbassando lo sguardo.
«No, non serve. Io sono un suo senpai, noi giochiamo sempre così» lo difese, agitando una mano. L’uomo osservò leggermente interdetto il ragazzo e, anche se con poca convinzione ed annuì, scusandosi lo stesso a nome del più giovane, che nel mentre aveva alzato lo sguardo indispettito su Shindou.
«Non c’era bisogno che mi difendessi» brontolò, incrociando le braccia al petto.
«Mi sarei sentito in colpa se ti avessero licenziato a causa mia. Se uno come te si è messo a lavorare, deve esserci un motivo, o sbaglio?» fece spallucce, ritrovando la sua serietà. Certo, faceva davvero un effetto strano, ma se si trovava lì doveva esserci una ragione plausibile e quindi era intervenuto, siccome ad infastidirlo era stato lui. …ma probabilmente, anzi, sicuramente, si sarebbe intromesso anche se estraneo ai fatti, vedendolo in difficoltà. Osservò l’espressione imbarazzata del più piccolo ed allungò una mano sul bancone. «Se proprio vuoi sdebitarti, però, potresti dirmi il grembiule da dove viene» sorrise, indicando il pezzo di stoffa che l’altro stava cercando di nascondere dietro la schiena. Quello apparve titubante e difatti non si mosse, limitandosi ad ignorare la richiesta. Il senpai attese un paio di minuti e poi capovolse il sorriso, seccato. «Ho capito, ti saluto…» commentò lasciandosi scappare un leggero sbuffo e facendo per voltarsi, salutando con un gesto della mano.
«McDonalds» tossì Tsurugi, arrestando la camminata appena iniziata di Shindou, che sbatté più volte le palpebre, voltandosi a guardarlo. «Lavoro sia qui, che al McDonalds di sopra. Oggi, quando ho finito il turno al Mac mi hanno detto che se correvo qui potevo fare un turno extra e siccome mi servono soldi…» spiegò contrariato, arricciando il naso. Puntò lo sguardo in quello nocciola del compagno ed inclinò la testa, vedendolo decisamente perplesso, tanto da avere la bocca aperta. «Non ci fai una bella figura, con quell’espressione».
«Sei fortunato a non aver incrociato Kirino, allora! È al Mac proprio adesso» l’informò, indicando il piano superiore con un dito. Da quel che sapeva non adorava molto Ranmaru e sembrava evidentemente a disagio a farsi vedere al lavoro, quindi incrociarlo gli sarebbe pesato molto a suo avviso. Il blu roteò gli occhi scocciato, ma non disse nulla al riguardo. «Comunque, posso chiederti perché ti servono soldi? Va tutto bene?» domandò seriamente preoccupato, avvicinandosi ancora. Gli era capitato più spesso di quel che si credeva di chiacchierare del più e del meno, ma anche di cose piuttosto serie, solo che non avevano mai toccato l’argomento economico. E detto sinceramente, non avrebbe mai nemmeno pensato che Tsurugi – o un altro qualsiasi dei suoi amici – potesse trovarsi in difficoltà finanziarie. Kyousuke aggrottò le sopracciglia dapprima interdetto, per poi realizzare e scuotere piano la testa.
«Non fraintendere. A casa va tutto bene, è a me personalmente che serve del denaro» sospirò. L’altro tirò un sospiro di sollievo e piegò le labbra in un sorriso, visibilmente tranquillizzato.
«E posso chiedere come mai?» curiosò, ma il kouhai schioccò la lingua e gli rispose in malo modo che non erano affari suoi, indispettendolo. «Senti, sono io che ho impedito a Kirino di venire a vederti fare il commesso, quindi mi devi un altro favore!» rimproverò, portandosi le mani ai fianchi.
«Non pensavo rinfacciassi così tanto» sghignazzò. «E comunque, se non voglio dirtelo, non sono costretto a farlo» girò la testa convinto. Vedendo che – sia lodata la sua razionalità – il castano non aveva da che replicare, ma gli si leggeva in faccia che era comunque curioso di sapere, abbozzò un mezzo ghigno. «Ma tu sei venuto apposta per me, oppure per dei vestiti?» domandò, poggiando i gomiti al bancone.
«Che?» si guardò introno Shindou, preso in contropiede. «Nessun motivo particolare… Per dare un’occhiata!»
«A-ha» annuì Tsurugi, respirando pesantemente. «Facciamo così: se ammetti che sei venuto per me, ti dirò a che mi servono i soldi» optò, alzando una spalla. Il più grande storse le labbra, riflettendoci, ma poi annuì.
«Ok, sono venuto per te» sibilò, distogliendo lo sguardo che ripuntò repentinamente in quello dell’altro. «O meglio, per vedere se potevi davvero essere tu a fare il commesso» rettificò. «Palla a te» gli fece cenno con la mano di dire la sua parte. dopo un brontolio sordo dal petto, Tsurugi si ritirò dritto.
«Per un regalo. Siccome siamo sotto Natale ed è una cosa a cui tengo particolarmente… Non volevo chiedere i soldi a miei, ma guadagnarmeli» ammise, facendo il vago. A quelle parole, Shindou allargò gli occhi e mostrò un sorriso sincero, annuendo con convinzione.
«Ma certo! Sono sicuro che Yuuichi ne sarà contentissimo!» dichiarò e da lì cadde il gelo. Kyousuke lo guardò un misto tra il torvo e l’interrogativo, aprendo bocca per dire qualcosa, ma per poi richiuderla, ripetendo il processo diverse volte. Dopo un po’ scosse la testa e si grattò il naso.
«No, scusa, ma sei impazzito? A Yuuichi l’ho già fatto tempo fa. Mica potevo correre il rischio di farmi cogliere impreparato. Scherziamo?» rispose secco e freddo. Come aveva già detto, Natale era alle porte, mica poteva ridursi all’ultimo per suo fratello, ma siamo matti? Al suo regalo aveva già provveduto ad inizio dicembre.
«Ah, scusa… E allora chi?» inclinò la testa Takuto, portandosi una mano al mento. «Qualcuno che conosco?» chiese e Tsurugi, tornando a fare il vago, annuì. «Del club, magari?» chiese e l’altro annuì ancora. Quando però il castano fece per aggiungere un’altra domanda, il più piccolo sovrastò la sua voce, imbarazzato.
«Cos’è questo terzo grado?! Basta così, accontentati!» sbottò. Osservò la sua reazione, aspettandosi che se ne andasse oppure rispondesse alterato, ma invece rimase immobile a fissare il pavimento, riflettendo su tutti i membri componenti del club di calcio. Mentre ragionava in una perfetta posa plastica da pensatore, annuiva o scuoteva la testa, dicendo uno ad uno ogni nome dei propri compagni. Tutti tranne uno. «Sei proprio uno stupido, mi stai facendo perdere la pazienza» ringhiò Tsurugi.
«Perché? Ora ci arrivo! Se è importante… Beh, ultimamente ti sei avvicinato molto a Kariya!» s’illuminò.
«M-mi cadono le braccia!» dichiarò esasperato il giovane. «Non ci arrivi, quindi amen! Anzi, sai che ti dico? Non lo faccio più, è una cosa inutile, ridicola ed imbarazzante, quindi dimenticati subito che dovevo farlo e vai a fare quel che dovevi fare!» fece per cacciarlo, aggirando il bancone ed agitando le mani.
«Inutile? Ridicola? Imbarazzante? Perché?» chiese il castano e l’altro scosse la testa.
«Perché sì. Lavorare qui  imbarazzante. Poi, l’altro non se l’aspetta, quindi pensavo gli facesse piacere, ma è evidente che in realtà non gli interessi!» soffiò. «E poi fare un regalo ad una persona… non è da me, è da stupidi. Posso capire i migliori amici o simili, ma… Che ne so, se tu e Kirino ve ne faceste sarebbe una cosa bella, ma…» s’inceppò nel suo stesso discorso. Cavolo, stupido senpai, la colpa era tutta sua. Lui era sempre freddo, calmo e controllato. Non si imbarazzava o, comunque, non lo dava a vedere. Ma quel discorso stava prendendo una brutta piega; già non l’avrebbe voluto iniziare, già non avrebbe voluto farsi vedere, se poi ci si metteva anche la sua ottusità… Per sua fortuna – o forse sfortuna? – però, il suo chiacchiericcio fu interrotto da Takuto, che gli diede una sonora craniata, prendendolo poi per il colletto della camicia e tenendo ben premute le loro due fronti.
«Ascoltami. Lavorare non è imbarazzante, specie per un motivo come questo» disse, serio. «I regali sono sempre apprezzati. Certo, se qualcuno che proprio non sopporti te ne fa uno è un conto, ma nel nostro club non c’è nessuno che si odia, quindi puoi andare tranquillo. Ovvio che se c’è un’amicizia che dura da anni come quella tra me e Kirino è bellissimo, ma ti assicuro che chiunque tu abbia scelto per fare un regalo lo accetterà con gioia!» affermò, serio, ma con il sorriso. «Io, ad esempio, se ricevessi un regalo da te ne sarei felice, sai?» annuì staccandosi. «Quindi vai tranquillo e smetti di farti problemi idioti» terminò il rimprovero.
Tsurugi era rimasto sbalordito, con la bocca semiaperta mentre fissava allibito il ragazzo di fronte a sé. non si sarebbe mai aspettato quel comportamento dal suo senpai. Una capocciata?! E poi, cos’era, aveva capito a chi era destinato il regalo e stava velatamente dicendo che lo voleva? Trattenne un sorrisetto ed annuì.
«Ecco, bravo» si portò una mano al fianco il castano, per poi alzare il pollice. «Vedrai, Tenma ne sarà entusiasta!» ridacchiò. E lì, Shindou dovette solo essere grato al cielo per il fatto che Tsurugi non poteva fulminarlo lì, in quel preciso istante in quel preciso luogo. Inspirò profondamente e poi, senza dire nulla, gli indicò la porta, visibilmente nervoso.
«Senpai. Devo lavorare» sibilò a denti stretti.
«Hai ragione, scusa. E poi se ritardo, Kirino rischia di entrare… Beh, ci si vede a scuola, buon lavoro» salutò. «E mi raccomando, compragli quel regalo che dicevi!» si raccomandò, ricevendo uno “sparisci” come saluto definitivo. Shindou corse fuori ignorando il facepalm del kouhai e, arrossendo appena, fece un piccolo inchino di scuse all’uomo rimasto ai maglioni, unico spettatore della scena di pochi secondi prima. Che vergogna, come gli era saltato in mente di dargli quella testata, in un luogo pubblico poi?! Varcò nuovamente l’uscio del negozio e si premette una mano sugli occhi, scuotendo la testa. «Che idiozia…»
«Oh, Shindou, sono in ritardo di cinque minuti, scusa!» apparve Kirino, facendolo sussultare per lo spavento.
«No, non preoccuparti… Anche io, sono appena uscito» sorrise il castano.
«E la sciarpa?» inclinò il capo il rosato non vedendo alcuna busta del negozio.
«Eh?» ci mise un po’ ad afferrare. «Ah! Sì! Eh, no, avevo visto male purtroppo, non era quella che cercavo io…» ridacchiò, grattandosi la testa. «E… dai, non dovevi vedere le scarpe? Forza!» spinse l’amico, che lo guardò storto. «Mi chiedevo, prima di andare da te e dopo aver visto quel che ti serve… Ti va di aiutarmi a fare un regalo?» azzardò, con un sorrisetto vago. Kirino non si sentì di fare altro che annuire con un sospiro.
Decisamente, Shindou quel giorno era strano. E altro che inglese, dopo gli avrebbe fatto un bell’interrogatorio.
 
 
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Salve. Eh.
E’ una schifezza, lo so, nonsense e con i personaggi OOC. Però… se mi sento di pubblicarla, evidentemente non la vedo così orrida. …no ok, sì, ma ormai l’ho scritta, voglio metterla. Più che altro l’ho scritta una settimana prima di Natale, essendo appunto pensata per quella festività, solo che l’ho fatta a mano. E voi non conoscete la mia scrittura a mano, quant’è… PICCOLA. Ero scoraggiata. E son pesacula. Quindi eccola in ritardo e amen-
Bah, non ho molto da dire, credo sia tutto chiaro e non ho messo cose sottointese, quindi… Boh spero non vi sia dispiaciuta :I E dire che ho anche le alter fic. E una natalizia in ritardo, oltre questa. Aaaaahhhh.
Che dovevo dire? Ah, nulla di importante. Vabbene. Ah, naturalmente titolo e fine orripilan-
Ehm, vi saluto e… grazie se vi siete presi la briga di leggere… ciò.
Alla prossima, che sarà migliore
 
Ryka
  
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