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Autore: VomitingKlainbows    05/01/2013    1 recensioni
Kurt decide di partecipare ad un corso di arrampicata, insieme ai suoi colleghi di Vogue. Quello che non si aspetta è di incontrare un istruttore che renderà la sua scalata molto più... felice.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Pessima idea.
Era stata decisamente una pessima accettare.
Kurt Hummel era terribilmente in ritardo e si stava recando ad un corso di arrampicata. Sì, avete capito bene.

Isabelle aveva proposto a tutti gli impiegati di Vogue di fare un'uscita, per conoscersi e divertirsi insieme e soprattutto scaricare lo stress- magari trovando l'ispirazione che sembrava non arrivare a nessuno-.

L'opzione più votata alla fine era stata il partecipare ad un corso di arrampicata, in una palestra a qualche isolato dalla sede della rivista.

Se non fosse stato per Rachel, Kurt avrebbe finto di avere l'influenza o avrebbe trovato una scusa qualsiasi pur di non andare, ma quando la sua coinquilina si impuntava su qualcosa non c'era modo di fermarla.

Il motivo per cui la ragazza era così ostinata a farlo partecipare a quel corso era molto semplice: Rachel teneva davvero, davvero tanto a lui, era il fratello che non aveva mai avuto. Dopo la rottura con Josh, avvenuta mesi prima, Kurt non si era più ripreso, non usciva più- se non per lavorare- ed era veramente preoccupata per lui; così pensò che un'uscita in compagnia dei suoi colleghi poteva risollevargli il morale e svagarlo almeno un po'.

Rach, è domenica mattina. Chi te lo fa fare? Potresti dormire. E potrei farlo anch'io, quest'uscita non è obbligatoria, Isabelle non-”
Senti, da quando siamo qui a New York non fai altro che lavorare, lavorare e lavorare. Hai bisogno di uno staccare la spina, credimi. E ora vieni qui, ti ho preparato la colazione- o almeno ci ho provato.”

E così dicendo lo svegliò con un gran anticipo, lo aiutò a prepararsi e lo accompagnò a prendere la metro, assicurandosi che salisse e che non scappasse per ritornare sotto le accoglienti coperte del suo letto.
Nonostante la grande organizzazione della ragazza, Kurt riuscì comunque a non arrivare in orario, a causa di un ritardo della metro; scese e si avviò di corsa verso la palestra, cercando di non imprecare, o perlomeno di non farlo ad alta voce.
Percorse velocemente le scale, seguendo le indicazioni scritte malamente su dei fogli di carta, per arrivare agli spogliatoi e potersi cambiare, sperando che qualcuno, come lui, fosse in ritardo o che magari l'incontro fosse alle 10.30 e non alle 10... ok, probabilmente questa opzione era da scartare.

Non posso credere di essermi fatto coinvolgere in tutto questo, mi spezzerò l'osso del collo, me lo sento.” cominciò a borbottare.
Ancora una rampa di scale?! Quella non doveva essere la sua giornata fortunata a quanto pare.
Finalmente riuscì ad arrivare allo spogliatoio. Doveva essere stato ristrutturato da poco; era molto moderno, con spazi singoli che dall'esterno apparivano come bagni ma che in realtà erano molto ampi, con una panchina e un lavandino con una doccia accanto. Nello spazio comune, invece, erano presenti una grande quantità di armadietti con tanto di chiave e lucchetto, pronti a contenere gli abiti dei clienti della palestra.

Proprio nell'arco di quei pochi secondi, passati ad esplorare l'ambiente nuovo, entrò un ragazzo, che doveva avere qualche anno più di lui. Riccio, moro, poco più basso di più ma con un accenno di barba che gli dava un aspetto più adulto. E due occhi color... che colore era quello? Kurt non sarebbe riuscito a descriverlo nemmeno se avesse passato una giornata intera a fissarli. Sì, quel ragazzo era decisamente carino.
Dopo essere uscito da quello stato di trance, si fiondò verso l'unico spogliatoio rimasto libero, dal momento che tutti gli altri erano occupati; era vero che quel riccioluto non era per niente male, ma doveva raggiungere gli altri al più presto, così gridò al ragazzo appena entrato: “Scusascusascusa! Sono in un ritardo pazzesco, devo assolutamente cambiarmi adesso o mi ammazzeranno! Oddio, Isabelle mi licenzierà, sono fregato! Ma in che situazione mi sono cacciato?!” e così dicendo cominciò ad andare nel panico, parlando (o meglio, gridando) con se stesso, dimenticandosi del ragazzo appena al di là della porta e di tutte le altre persone presenti negli spogliatoi a pochi metri da lui.

Passati pochi minuti, dopo essersi vestito e, soprattutto, calmato, uscì dallo spogliatoio con l'intenzione di scusarsi con quel povero malcapitato che aveva dovuto sopportarlo nel re dei suoi giorni 'no', ma non c'era traccia di lui: probabilmente aveva trovato uno spogliatoio libero prima che finisse lui.
Un po' dispiaciuto per non aver incontrato di nuovo quel ragazzo, Kurt salì le scale di corsa e raggiunse la palestra, cercando mentalmente una scusa per il suo ritardo.
Vide e salutò con un sorriso Isabelle e tutti gli altri, avvicinandosi al centro della palestra, dove si trovavano tutti, divisi in vari gruppetti: alcuni facevano stretching, altri erano seduti per terra a chiaccherare, altri erano in piedi con l'aria assonnata tipica della domenica mattina.

Buongiorno Isabelle! Scusami per il ritardo, davvero-”
Ciao Kurt! Non preoccuparti, non abbiamo fatto molto finora: l'istruttore deve ancora arrivare, ma sono sicura che sarà qui tra poco.”

L'allegria e l'ottimismo di quella donna lo stupivano giorno dopo giorno: era proprio una di quelle persone che ti mettono il buon umore non appena le vedi.

Dopo cinque minuti passati a chiaccherare del più e del meno con Isabelle, raggiunge il gruppetto di ragazze che stavano sedute per terra.
Poco dopo vide tutti girarsi verso l'ingresso della palestra. Non aveva intenzione di alzarsi subito; doveva ancora riprendersi da quella mattinata che lo aveva scombussolato e che non era che all'inizio. Così, coperto dai suoi colleghi che stavano in piedi, non vide da chi proveniva la voce maschile che aveva appena iniziato a parlare: “Salve a tutti e perdonatemi per il ritardo. Sono Daniel Sonnebar e oggi sarò il vostro istruttore di arrampicata! Sarà un clichè, ma vengo dalla Germania ed è proprio lì che, da bambino, mi sono appassionato alla scalata. Ma non siamo qui per parlare; c'è qualcuno che vuole farsi volontario e mostrare a tutti come arrampicarsi? Scalerò con voi, quindi non preoccupatevi!”

Proprio in quel momento Kurt si alzò da terra aiutandosi con la spinta delle mani: gesto mal interpretato da tutti che lo guardavano sorridenti, ansiosi di vederlo arrampicarsi. Aspetta un attimo! Il ragazzo dello spogliatoio è l'istruttore? Cosa? Oddio, devo scappare di qui, subito!

Hey, guarda un po' chi si vede! Apprezzo il tuo coraggio; vieni qui, dai!”
I-io.. no no, grazie, penso che aspetterò qualche altro minuto, non ho fatto ancora abbastanza stretching, sai com'è-”
Su, non fare il timido! Dai, ragazzi facciamo un applauso a... Qual è il tuo nome?”
Oh, si chiama Kurt!” rispose prontamente Isabelle, dando una leggera gomitata a Blaine.
Forza ragazzi, un applauso a Kurt!” e dicendo questo Daniel mi prese per mano e mi condusse alla parete. A quanto pare non avevo alcuna alternativa. Okay Kurt, fai un respiro profondo. Ce la puoi fare.
Tranquillo, è più semplice di quanto tu possa pensare. Io sarò qui vicino a te, se vuoi scendere basta che tu lo dica, va bene?”
C-certo.” Forse non è così difficile, dai. Mi basta non guardare verso il basso e andrà tutto ben-
Oh, siamo saliti abbastanza, eh?
Okay, un altro metro e poi scendo.
Tutto bene, Kurt? Sei piuttosto bravo, sai?”
Ah, d-davvero? Fra poco però scendo, altrimenti vomito tutto quello che ho in corpo.”
Facciamo così: se arrivi fino a quella presa dopo ce ne andiamo a bere un caffè insieme, che ne dici?” disse fissandomi negli occhi, con un sorriso che poteva sciogliere tutta la neve dell'Himalaya. Il tutto accompagnato da un bell'occhiolino.

Le mani cominciarono a diventare sudate e proprio poco prima di raggiungere il traguardo cominciai a scivolare, rimanendo appeso solamente con una mano, a peso morto. E' come se tutto fosse caduto in un vortice, che gira sempre e sempre più veloce...
Prendi la mia mano Kuuuurt! Nooo-”

 


“Kurt! Kurt! Devi aiutarmi subito, ti prego! Stavo preparando un'omelette ma qualcosa è andato storto e la cucina sta andando a fuoco!”
“Cos- Che diavolo sta succedendo?!”

Avete presenti quei sogni che sembrano così reali, forse troppo? Quelli che la mattina, subito dopo essersi svegliati, ti lasciano l'amaro in bocca a causa della consapevolezza che siano una semplice illusione che ti investe come una doccia fredda?
Quel giorno aiutai Rachel a fermare l'incendio che avrebbe rischiato di bruciare il nostro appartamento e poi decidemmo di andare a fare colazione fuori, visti i risultati disastrosi ottenuti poco prima.

Probabilmente l'essere stato svegliato di colpo, all'improvviso, mi aveva lasciato un po' stordito, a metà tra la realtà e il sogno che era stato bruscamente interrotto. Perché potrei giurare di aver visto un ragazzo incredibilmente simile a quel Daniel, quel carino istruttore che aveva saputo rubarmi il cuore, seppur in sogno. Aveva perfino gli stessi occhi, di un colore indescrivibile, luminosi come pochi.
Non credo nel destino, o almeno non lo facevo. Pensavo che niente è già scritto o deciso, siamo soltanto noi a scegliere la strada da percorrere. Ma forse non ne sono più così tanto sicuro; o meglio, ora penso che la vita ci indirizzi verso un percorso piuttosto che un altro, che poi noi scegliamo di far nostro o meno. Credo che ogni giorno ci siano presentati dei piccoli dettagli che, se colti, possono portarci alla felicità.

Quel giorno incontrai un ragazzo di nome Blaine Anderson, dall'aspetto incredibilemente simile al ragazzo del mio sogno. Quel Blaine, mentre andavo verso il bar, mi porse un volantino. Stetti qualche secondo a fissarlo, stupito da tutta quella somiglianza, ma, poi, andai avanti per la mia strada. Fu solo qualche sera dopo che ritrovai quel foglietto spiegazzato nella tasca del mio cappotto. Rachel mi chiese subito cosa stava succedendo, perché la mia espressione era tale e quale a quella di una persona che ha appena visto un fantasma. Il volantino che mi aveva dato quel ragazzo pochi giorni prima era un invito a una lezione di prova gratuita di arrampicata.
Raccontai tutto a Rachel che, conosciuta tutta la storia, mi obbligò a partecipare. “Mal che vada impari un nuovo sport, no? Partecipi alla prima lezione e se non è come te l'aspetti non ci vai più, semplice. Potrebbe essere che tutto questo sia una gigantesca coincidenza, ma se non lo fosse?”

Andai al corso di arrampicata che, fortunatamente, non ebbe la fine tragica del sogno. Blaine era stato davvero gentile con me e mi ero divertito, così mi dissi “Perché no?”. Dopo qualche settimana, con tutto il coraggio che avevo, gli chiesi se gli andava di bere un caffè insieme, qualche volta. Quello che non mi sarei mai aspettato è che quella proposta, avanzata con un timido sorriso, si trasformasse in una sorta di abitudine; Blaine ed io ci incontravamo per bere qualcosa insieme prima di ogni lezione e, dopo qualche tempo, cominciammo ad uscire anche in altre occasioni. Ci raccontammo delle strane vicende che ci portarono a New York e, dopo un mese esatto dal nostro primo incontro, quella volta in cui lui mi diede quel volantino, riuscii ad aprirmi completamente, raccontandogli di tutto ciò che avevo subito al liceo solo perché amavo chi era come me, perché amavo in modo sbagliato, a detta degli altri. Mi sentivo completamente vulnerabile ma avevo deciso che ormai era giunto il momento di essere sincero con lui in tutto e per tutto. Lui, come al solito, mi sorrise e, con mia totale sorpresa, mi disse di essere come me e mi raccontò di tutto ciò che aveva passato. Disse di essere riuscito a sopportare tutto quello perché sapeva che un giorno avrebbe incontrato una persona che l'avrebbe fatto sentitre giusto, finalmente, e doveva lottare per poterla incontrare. Quella sera io e Blaine parlammo fino a notte tarda e ci baciammo per la prima volta.

Siamo fidanzati da un anno, ormai. Non so dire se durerà per sempre; siamo giovani, accadranno ancora tante cose. Posso solo dire di aver capito cosa intende la gente quando parla di felicità.
Nelle settimane successive alle prime lezioni di arrampicata, mi interrogai a lungo. Cercai di ricordare ogni dettaglio di quel sogno, ogni piccola cosa che potesse farmi capire cosa diavolo mi stava succedendo. Quando, poi, scoprii che Blaine Anderson non era altro che l'anagramma di Daniel Sonnebar diedi completamente di matto.


Le coincidenze esistono? Sto per caso vivendo un sogno e sono destinato a svegliarmi tra poco? Ormai ho smesso di interrogarmi. Avrei potuto buttare via quel volantino subito dopo aver girato l'angolo, avrei potuto leggerlo ma non partecipare al corso, e chissà quante altre varianti ci sarebbero potute essere. Ma io ho scelto di non ignorare quei “segnali” che mi erano arrivati ed eccomi qui. Ho trovato la mia felicità.

  
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