Sepulcro
Un
giorno come tanti altri una carovana di pionieri stava viaggiando verso
nord
alla ricerca di oro. Il capo della spedizione, tale Jeb Smith, aveva
convinto i
suoi compagni ad andare in territorio indiano e affrontare i selvaggi
per una
diceria: una cava piena zeppa d’oro, tanto da poterlo persino
buttare via e
vivere di agi e lussi per il resto della loro esistenza. Certo, niente
era mai
stato confermato e a molti era sembrata soprattutto una scemenza ma
Smith non
era un uomo intelligente, era solo testardo e credulone. I suoi compari
lo
erano però molto di più e lo seguivano come le
pecore seguono il pastore.
Dopo
un lungo ed estenuante viaggio si ritrovarono nella valle dove si
diceva
esserci la cava, montarono un campo e si prepararono a lavorare nei
giorni
seguenti. Erano tutti eccitati e quella sera festeggiarono, accendendo
un gran
fuoco, cantando e ballando per tutta la notte. Alcune delle donne e
quasi tutti
i bambini erano però inquieti, dicevano che c’era
qualcosa nell’aria, qualcosa
di strano che non riuscivano a capire e che sembrava dovesse portare
solo guai.
Gli uomini però risero loro in faccia o li batterono per le
fesserie che
dicevano, l’alcool li rendeva spavaldi e non gli faceva
sentire l’oscurità che
si stringeva attorno a loro.
Il
giorno seguente gli uomini iniziarono ad esplorare la valle mentre le
donne
restavano ai carri con i figli per i loro compiti. A ora di pranzo si
presentarono al campo alcuni stranieri a cavallo
-Chi
siete? Che volete?- gli chiese Smith baldanzoso
-Sono
lo sceriffo di questa contea- si presentò un uomo anziano,
con un bel paio di
baffoni folti e bianchi, gli occhi duri e grigi, un uomo, si capiva,
abituato a
farsi rispettare e temere
-E
che volete?- gli chiese sfacciatamente Smith, sputando a terra
-Sapere
cosa ci fate qui- gli rispose lo sceriffo
-Cerchiamo
l’oro-
-Al
solito… - sbuffò un ragazzetto al fianco dello
sceriffo, i capelli biondi e
arruffati, piuttosto avvenente e decisamente strafottente. Sul suo
petto
brillava la stella del vice sceriffo
-Miro…
- lo rimproverò lo sceriffo ma al ragazzo non sembravano far
nessun effetto gli
occhi omicidi del vecchio
-Sono
i soliti idioti arrivati qui pensando di poter scavare nella terra
senza
subirne le conseguenze, senza sapere neppure cosa succede qui
magari… non ve
l’hanno detto che questa terra è infestata dal
male? Che qui il demonio e la
sua corte ci vengono in vacanza? Secondo voi, anche essendoci
l’oro, perché
nessuno lo estrae?- i pionieri non avevano seguito molto il discorso
del
giovane ma una frase fece loro illuminare gli occhi
-L’oro
c’è! C’è oro!- iniziarono ad
urlare
-Dov’è?-
chiese Smith, mettendo mano alla pistola
-Ti
sconsiglio di minacciarci- fece lo sceriffo molto lentamente, calmo
-Dov’è
l’oro?- chiese ancora Smith estraendo la pistola. Non la
riuscì però a puntare
contro nessuno perché qualcuno sparò prima
facendogliela saltare di mano
-Va
l’avevo detto di non minacciarci- fece lo sceriffo, per poi
indicare il suo
giovane vice con un cenno della testa –Miro è la
pistola più veloce e precisa
del west e gli altri ragazzi hanno senza dubbio una mira migliore di
tutti voi
messi insieme, non vi conviene mettervi contro di noi se non desiderate
finire
nella fossa- Smith ringhiò e sputò prima di
ribattere
-Noi
non ce ne andiamo e voi non potete fare nulla per impedirci di rimanere-
-È
vero- ammise il vecchio sceriffo, spronando il cavallo per avvicinarsi
–ma voi
non venite da noi quando vi ritroverete immerso fino al collo nel
sangue e
nelle feci dei vostri amici, quando vedrete sbranati i vostri figli e
le vostre
mogli fatte a pezzi… quando il male scenderà
nella valle, la notte di luna
nuova, non venite a bussare alle nostre porte perché non vi
apriremo… vi
abbiamo avvisato: la valle non è un posto sicuro per degli
sprovveduti come
voi, non avrete scampo quando l’oscurità
arriverà davvero, quando neppure i
grandi fuochi possono tenere il male lontano… allora vi
ricorderete dei nostri
avvertimenti e vi pentirete di non esservela data a gambe
subito… -
Smith
e i suoi compari rimasero nella valle e iniziarono a scavare, trovando
quasi da
subito grandi quantità d’oro. Si convinsero tutti
che lo sceriffo fosse solo un
pallone gonfiato e che avesse cercato di spaventarli per tenersi
l’oro tutto
per sé. La luna nuova però si avvicinava e
l’inquietudine delle donne e dei
bambini si propagò e si acuì. Gli animali erano
sempre nervosi e spaventati ma
gli uomini dicevano che era tutta un’impressione delle loro
stupide mogli.
La
signora Jenkins, una vecchia vedova di una trentina d’anni
con due figli
piccolissimi a carico, non riusciva proprio a sopportare la notte in
quel posto
e rimaneva sempre sveglia accanto al fuoco, attizzandolo e tenendolo
alto per
tutto il tempo. Aveva paura di qualcosa che non comprendeva e che, di
notte in
notte, peggiorava. Così una mattina, spossata da
un’altra notte insonne, decise
di andarsene e abbandonò il gruppo di pionieri senza dire o
dare una
spiegazione a nessuno.
Seguì
il sole, andando verso est, come avevano detto gli sceriffi, e in meno
di un
ora arrivò a Sepulcro. Non era esattamente una
città, sembrava piuttosto un
forte militare: c’era un muro di legno e pietre a difendere
le case e quattro
torrette con delle mitragliatrici e dei cannoni sopra. Le case erano
poche e
disposte una di fianco all’altra su due vie che si
intersecavano a formare una
croce. Nel punto di intersezione delle due strade stava un recinto di
pietre,
basso e pieno di fuliggine come se al suo interno venisse acceso un
gran fuoco.
C’erano
molte persone, più di quelle che la signora Jenkins si era
aspettata, e tutte
l’accolsero con sorrisi e modi gentili. Una signora di colore
le offrì del the
e un uomo con un viso gioviale diede dei dolci ai suoi bambini senza
chiedere
nulla in cambio. Lo sceriffo e il suo giovane vice arrivarono poco dopo
per
darle il loro benvenuto in città e cercando per lei e i suoi
figli una
sistemazione decorosa. La signora Jenkins si sentì
sollevata: non era stata
cacciata dalla città e per la prima volta da quando era
arrivata nella valle si
sentiva tranquilla e al sicuro. Persino i suoi figli, che non avevano
fatto che
piangere e stare male da quando erano arrivati, ora sembravano stare
meglio e
giocavano con gli altri bambini del posto. L’unica cosa che
intimorì la signora
Jenkins furono gli indiani che giravano mezzi nudi fra la gente per
bene di
quel posto come se fosse normale. Ce ne doveva essere un intera
tribù, si disse
la signora, e la cosa la spaventò
-Non
abbiate timore- le disse lo sceriffo mentre l’accompagnava
alla sua casa
provvisoria, nell’hotel cittadino –gli indiani sono
nostri alleati, non dovete
temere nulla da loro-
-Avete
alleati inusuali… ma siete sicuro che non siano pericolosi?-
chiese ancora la
signora
-Se
non fosse per loro saremmo tutti morti, miss… non vi
preoccupate e vedrete che
in poco tempo vi abituerete a queste piccole stranezze di Sepulcro-
Il
giovane vice sceriffo stava pulendo e lubrificando le armi prima del
novilunio.
Altre tre famiglie, dopo la vedova Jenkins, si erano stabilite in
città e ora
anche le loro vite dipendevano dalla sua mira e dalle sue armi. Era
sempre teso
prima del novilunio, aveva paura che un arma si inceppasse nel momento
sbagliato e qualcuno morisse. Sapeva che quel mese la terra si sarebbe
sporcata
di sangue: quei pionieri, giù a Valle Escariosa, non
sapevano in che guaio si
erano cacciati ma lo avrebbero scoperto quella notte. Nessuno di loro
sarebbe
sopravvissuto. Era preoccupato e quando si preoccupava gli veniva mal
di
schiena e il torcicollo. Fortunatamente c’era sempre Sahale
per lui. Il giovane
indiano arrivava sempre quando Miro pensava di stare per impazzire, lo
abbracciava e poi gli massaggiava le spalle, facendolo parlare, gli
faceva così
dimenticare ogni preoccupazione. Quel giorno non fu diverso: il ragazzo
entrò
in silenzio nell’armeria dove Miro stava lavorando, lo
abbracciò e lo costrinse
a smettere per un attimo di lubrificare i fucili. Si era slegato i
capelli,
come piaceva a Miro, e si era anche già tolto gran parte dei
vestiti
-Non
riuscirò a pulire tutti i fucili se mi fermo adesso-
constatò il vice sceriffo
-Più
tardi verrà tuo nonno e i ragazzi ad aiutarti- gli
assicurò Sahale
accarezzandolo e svestendolo lentamente -intanto è meglio se
ti rilassi un poco
con me… nessuno vuole che il nostro miglior pistolero sia
teso e sbagli la
mira-
-Hai
ragione… - fece il ragazzo trascinando entrambi per terra
–ogni tanto un po’ di
svago ci vuole- si sorrisero complici e si liberarono dei pochi vestiti
che
restavano loro addosso.
In
cielo non c’erano neppure le stelle e la notte era buia e
asfissiante. Persino
i pionieri più stupidi e scettici con la luna nuova si
sentirono attanagliati
da un terrore che non avevano mai provato. Il male correva in quella
terra e al
calare delle tenebre mostri d’incubo emersero dal suolo.
Occhi rossi e dorati
fissavano famelici gli incauti pionieri, radunati attorno al fuoco
nella
speranza che li potesse proteggere, le armi nelle mani tremanti.
I
demoni sentivano la loro paura e accorrevano come falene al fuoco,
pronti a
sbranarli. Smith sparò ad uno di quei mostri e quello cadde
a terra, venendo
divorato da un altro che crebbe e divenne ancor più
spaventoso. Il sole era
calato da neppure mezz’ora e l’oscurità
era già viva e si stringeva sempre più
attorno alle sue prede mentre il fuoco sembrava sempre più
pallido e spento. Il
terrore attanagliò i cuori di quegli stolti e alcuni
impazzirono: cercarono di
scappare via dall’oscurità venendo divorati,
spararono ai demoni ma ne
apparvero sempre di più tremendi e dopo neppure un ora il
fuoco iniziò a morire
e così anche i pionieri. Uno ad uno vennero presi dalle
ombre, allontanati
dalla luce, e divorati vivi fra urla agghiaccianti.
Smith
vide i suoi compagni morire uno ad uno ed ebbe terrore di fare la
stessa fine.
Così prese sua figlia e sua moglie per i capelli e le
gettò in pasto ai demoni
per avere tempo di montare a cavallo e scappare da quel posto
maledetto. Lasciò
i suoi compagni a morire divorati dagli incubi e dalla paura mentre lui
scappava
cercando rifugio da quei mostri.
Arrivò
a Sepulcro, dove gli uomini si stavano difendendo a loro volta
dall’oscurità
con fuochi grandi e controllati per tutta la città e con le
magie degli indiani
che impedivano all’oscurità di penetrare. Quella
notte però la situazione era
piuttosto calma, i demoni si erano accaniti sui pionieri e avevano
lasciato loro
in pace. Avevano avuto la loro libra di carne e sangue.
Smith
arrivò alle porte della città facendosi largo a
colpi di fucile fra i demoni.
Invocò aiuto e pietà per sé stesso ma
le porte non gli vennero aperte. Smith
sparò e si difese dai demoni, spronò il cavallo
per cercare un varco nella
fortificazione ma non lo trovò. Urlò, pianse e
sparò.
Poi
il fucile scattò a vuoto e la sua fine giunse.
Nulla
rimaneva delle vittime della notte così il giorno successivo
al massacro i
cittadini di Sepulcro non avevano niente da seppellire. Contrariamente
a quello
che suggeriva il nome, Sepulcro non era un cimitero ma una
città dove non era
possibile avere una tomba.