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Autore: Hon_yaku    06/01/2013    2 recensioni
Dopo essere stato testimone dell'ennesimo massacro in nome della Giustizia Assoluta, Smoker è perseguitato dai sensi di colpa e dalla convinzione di essere inutile. Ace ha già provato qualcosa di simile e pensa di sapere come aiutarlo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Portuguese D. Ace, Smoker | Coppie: Ace/Smoker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A bridge
"The best bridge between despair and hope is a good night's sleep."
~E. Joseph Cossman


Un sospetto. Il capitano di vascello che l'aveva preceduto su quell'isola aveva agito sulla base di un piccolo, incerto sospetto. Smoker sapeva  era sicuro  che quel Marine non poteva aver avuto in mano nessuna prova certa che gli abitanti di quel luogo stessero davvero offrendo rifugio ad un pirata, eppure... Eppure non aveva esitato a bruciare e a radere al suolo, a distruggere e a saccheggiare, a torturare e a uccidere, senza fare differenze tra veri pirati e civili innocenti. E tutto a causa di un piccolo, incerto sospetto. Tutto a causa di qualcuno che credeva che quelle persone stessero nascondendo un pirata  un solo, fottuto pirata.

Il legno del parapetto scricchiolò sotto la forza della sua stretta, mentre Smoker fissava l'isola dal ponte della sua nave. Non riusciva a distogliere lo sguardo. Sotto un cielo plumbeo, i suoi uomini cercavano i pochi sopravvissuti che si erano rifugiati nei boschi e disponevano i cadaveri in file ordinate – così diverse dai mucchi in cui erano stati ritrovati alcuni dei corpi, ammassati senza ordine, senza cura, senza rispetto, su quelle strade ancora imbrattate del loro sangue. Muovendosi freneticamente tra le macerie ancora fumanti, Tashigi cercava di calmare e rassicurare i superstiti.

Era inutile. Smoker aveva visto abbastanza stragi, abbastanza tradimenti, abbastanza dolore, per sapere con assoluta e terribile certezza che, qualunque cosa avessero fatto, le cose non sarebbero mai più tornate come prima. Ricordava con orribile chiarezza i corpi straziati, bruciati, torturati, i volti sfigurati dall'orrore e dall'incredulità, le urla di disperazione, le lacrime, il sangue, la paura, la morte... Ma ciò che più di ogni altra cosa gli era rimasto impresso  nella mente, nel cuore, in ogni fibra del corpo  era il terrore, il puro terrore che aveva letto negli occhi dei sopravvissuti quando li avevano tratti in salvo. Perché, Smoker rifletté, osservando gli ultimi edifici rimasti accartocciarsi e crollare a terra in una nube di polvere e detriti, dopo ciò che era successo  dopo il sangue, la morte e il tradimento che quei bastardi avevano causato  gli abitanti di quell'isola avevano avuto paura, paura che i suoi uomini si sarebbero comportati come i Marines da cui erano stati attaccati e massacrati, paura che i loro salvatori si sarebbero trasformati da difensori in carnefici.

Smoker digrignò i denti al pensiero. Non avrebbe mai permesso che dei bastardi del genere facessero parte della sua ciurma.

Alla fine, comunque, il sospetto si era rivelato infondato. Non c'era nessun pirata  non c'era mai stato. In compenso, la Giustizia Assoluta aveva fatto il suo corso. Decine di persone erano morte  erano state brutalmente uccise, si corresse Smoker , ma non importava: un debole sospetto era stato sostituito dalla certezza che in quel luogo non c'erano pirati ed era stato lanciato un avvertimento forte e chiaro a tutti i fuorilegge. Un avvertimento inutile e controproducente, rifletté Smoker, ma chiaro, orribilmente chiaro. Se la Marina si aspettava di intimidire i pirati e gli aspiranti tali mettendo a ferro e fuoco intere isole e uccidendo persone innocenti, allora non faceva che confermare i suoi sospetti che gli alti gradi  e non solo  fossero un branco di idioti. In quel modo, ed era evidente, l'unico risultato che ottenevano era suscitare orrore e disgusto nelle persone  pirati, civili, qualche raro Marine , che si davano alla pirateria in numero sempre crescente, e intere popolazioni disperate, in cerca di aiuto, preferivano affidarsi ad una ciurma di pirati, per quanto piccola e apparentemente inaffidabile essa fosse, piuttosto che sperare in un aiuto che non sarebbe arrivato  non dalla Marina, non dal Governo Mondiale. Perché in quell'Era i Marines erano i cattivi  corrotti, egoisti, avidi, crudeli  e i pirati erano i buoni  generosi, giusti, imparziali. E la prova vivente ce l'aveva a fianco.

Portgas aveva aiutato. Aiutava sempre quando poteva.


~*~


Ace sapeva che il suo contributo era stato prezioso. Senza di lui, i Marines avrebbero impiegato molto più tempo a contenere gli incendi e non sarebbero stati in grado di trarre in salvo coloro che erano rimasti intrappolati tra le fiamme, tuttavia... Tuttavia al contempo sapeva che il suo intervento aveva messo a disagio gli uomini di Smoker, perché li aveva costretti a confrontarsi con una realtà che avrebbero preferito continuare ad ignorare. Se da un lato la consapevolezza che ci fossero pirati buoni era motivo di conforto, dall'altro non faceva che evidenziare ancora di più  come se ce ne fosse stato bisogno  la corruzione, la viltà e la crudeltà che serpeggiavano tra i Marines.

Come se ciò non fosse già più che sufficiente, le ricerche dei dispersi, il conteggio dei morti, la preparazione di un accampamento per alloggiare e curare i sopravvissuti, la stesura di un rapporto che nessuno avrebbe letto perché conteneva una verità scomoda  tutto era stato faticoso e stressante, e il peso dell'ingiustizia gravava sulle spalle di tutti e di ognuno, e a fine giornata Smoker era stanco, terribilmente stanco  fisicamente e mentalmente.

Una lunga notte di sonno ininterrotto è talvolta la migliore cura che un dottore possa prescrivere, per la mente e per il corpo, ed Ace lo sapeva. Così come sapeva che non c'era speranza che Smoker dormisse, quella notte  non con le immagini di quella giornata ad affollare e monopolizzare i suoi pensieri, non con la consapevolezza che centinaia di persone  centinaia di innocenti  erano morti per un sospetto che nessuno si era curato di accertare.

Aveva ragione.

La prima notte dopo il massacro, Smoker non riusciva a prendere sonno, non voleva, e rimase per ore sul ponte della sua nave, da solo, a pensare.

Ace sapeva che Smoker era esausto, che aveva bisogno di riposare, di dimenticare, di chiudere gli occhi e dormire. Semplice, facile, naturale  e al contempo così immensamente difficile.

L'aveva costretto a tornare a letto, e Smoker era così stanco che non si era nemmeno opposto. Si era addormentato non appena aveva toccato il materasso, ma due minuti più tardi era già sveglio. Non riusciva a prendere sonno o, se ci riusciva, veniva continuamente svegliato dagli incubi. Incubi astratti, confusi, ma vividi, terribilmente vividi  così vividi da sembrare reali.

Ace sapeva come si sentiva. Lo sapeva fin troppo bene, perché l'aveva sperimentato in prima persona, perché aveva vissuto la stessa, orribile esperienza e l'aveva superata, e per questo si sentiva in debito. Era stato Smoker ad accompagnarlo attraverso gli incubi, ad abbracciarlo e rassicurarlo quando Impel Down e Marineford tornavano a perseguitarlo, ed Ace gli era grato per tutto l'aiuto che gli aveva dato, gli era grato per il semplice fatto di esserci stato, di essere rimasto al suo fianco anche quando la sua mente era paralizzata dal terrore e dai sensi di colpa e il suo corpo portava i segni della guerra e della prigionia.

C'era voluto tanto tempo, molte parole e qualche bacio per convincere Smoker che era dannatamente normale che durante la guerra lui si fosse schierato con il Governo Mondiale e che Ace non lo incolpava di nulla, perché lo conosceva e sapeva che Smoker considerava totalmente idiota e senza senso che un figlio pagasse per le colpe di un padre che non aveva mai nemmeno conosciuto. Ace non aveva mai preteso che Smoker si comportasse diversamente, né lo avrebbe mai fatto, perché capiva da dove nasceva il suo odio per i pirati e perché il mondo non poteva permettersi di perdere uno dei pochi Marines che combattevano per la pace e la giustizia  e perché non conosceva abbastanza pirati buoni per potergli dimostrare che si sbagliava, ma si trattava di una consapevolezza che Ace non aveva nessuna voglia di ammettere, nemmeno a se stesso.


~*~


Il giorno successivo i superstiti celebrarono i funerali delle vittime. La sproporzione tra le poche persone sopravvissute e le tante decedute era così grande, così incolmabile, che la sepoltura dei corpi, anche con l'aiuto dei Marines, durò tutto il pomeriggio.

Di tanto in tanto, Ace lanciava un'occhiata a Smoker da sotto la visiera del cappello da Marine che indossava per non essere riconosciuto, anche se, rifletté amaramente, dubitava che, giunti a quel punto, gli abitanti dell'isola si sarebbero spaventati per un pirata.

Lo osservò per tutta la durata della cerimonia, dall'inizio  quando Smoker, isolato, in disparte, si appoggiò a braccia conserte ad un muro pericolante per seguire i funerali lontano dal resto del gruppo  alla fine  quando Smoker si allontanò in silenzio, cercando di ignorare chiunque gli si avvicinasse per ringraziarlo.

I suoi denti affondavano distrattamente nei sigari spenti che serrava tra le labbra e i suoi occhi erano vuoti, distanti, inespressivi, eppure Ace sapeva con assoluta certezza che Smoker aveva seguito tutta la cerimonia e che aveva osservato e assorbito ogni gesto, ogni parola, ogni espressione  tutte immagini che non sarebbero svanite facilmente dalla sua mente e che lo avrebbero perseguitato, alimentando i suoi incubi.


~*~


Ace rimase sulla nave di Smoker per altri tre giorni.

Per i primi due non notò alcun cambiamento. Talvolta, nel corso della giornata, Smoker si addormentava – sopraffatto dalla stanchezza, dalla frustrazione, dalla voglia di dimenticare –, ma si risvegliava subito e allora ricominciava a pensare, a riflettere, a odiare – a odiare Marines e pirati indifferentemente e, più di ogni altra cosa, a odiare se stesso, perché era arrivato in ritardo, perché ancora una volta si era dimostrato inutile, perché si rendeva sempre più conto di essere da solo nella sua battaglia contro l'ingiustizia.


~*~


Ace sapeva che Smoker non si stava rifiutando di dormire  non consciamente, almeno. Smoker voleva dormire, lo voleva disperatamente e ne aveva bisogno, ma i ricordi e le immagini e la rabbia e il dolore erano sempre lì, in agguato, nascosti sotto la superficie della razionalità e della forza di volontà, in attesa di poter approfittare di un momento di debolezza per squarciare il velo della ragione e prendere finalmente il sopravvento, ed erano potenti  così potenti da costringere Smoker a svegliarsi, a cedere, a lasciare che la sua mente, il suo cuore, il suo tutto tornassero agli eventi del giorno prima, e a quelli del giorno prima ancora, e a quelli del giorno ancora prima, fino a giungere all'inizio di tutto, quando il piccolo Smoker si era ritrovato per la prima volta faccia a faccia con l'ingiustizia e la corruzione e aveva giurato di diventare un Marine  un vero Marine  per difendere tutto ciò che di buono e giusto c'era nel mondo.

E il sonno si faceva attendere, si faceva desiderare, e quando finalmente arrivava e costringeva gli occhi del Marine a chiudersi, era un sollievo solo per il corpo, mentre la mente e il cuore restavano svegli ed irrequieti.

E così, al mattino, Smoker fingeva. Fingeva di stare bene, fingeva che la morte, il sangue, il tradimento del giorno prima non lo avessero turbato, che non avesse bisogno di niente, che tutto si sarebbe sistemato.


~*~


Ace voleva aiutarlo. Aveva cercato di convincerlo a dormire con lui, perché magari, gli aveva cautamente suggerito, stare tra le sue braccia gli avrebbe fatto bene. Ignorando l'occhiata omicida che aveva ricevuto in risposta, gli aveva confessato di come si sentisse al sicuro quando Smoker lo abbracciava, lo avvicinava a sé e gli permetteva di passare la notte accoccolato contro di lui, con il viso sprofondato nell'incavo del suo collo e il cuore che batteva un po' più forte del dovuto contro il suo petto. Aveva tentato di spiegargli che dormire con lui lo faceva sentire protetto, non dalle sofferenze fisiche o dai mali del mondo, ma dai pensieri troppo cupi, dai ricordi dolorosi, dalle memorie che riaffioravano di tanto in tanto dall'abisso e combattevano strenuamente per non esservi ricacciate.

Tremò inconsciamente al pensiero di Barbanera, di Impel Down, della guerra, e il brivido che scosse il suo corpo e la sua mente anche quando cercò di controllarsi gli ricordò che certe cicatrici non svaniscono mai, neanche con tutto il tempo e l'aiuto del mondo, e che lui non era ancora guarito del tutto e probabilmente non lo sarebbe mai stato.

Ma se era guarito  almeno un po', almeno in parte , lo doveva a Smoker. Tutti coloro che gli volevano bene, tutti coloro che avevano rischiato le proprie vite per salvare la sua – tutti gli avevano detto e ripetuto che lui non aveva nessuna colpa, ma Ace non ci aveva veramente creduto finché Smoker non l'aveva afferrato per le spalle e lo aveva scosso con forza, urlandogli in faccia tutta la sua rabbia, tutta la sua frustrazione, tutto il suo dolore, perché, aveva detto con il respiro affannato e gli occhi sospettosamente lucidi, Barbanera era diventato forte e potente grazie all'avidità e all'omicidio, Impel Down era l'Inferno portato sulla Terra da sadici bastardi che ricorrevano alla tortura per sottomettere un criminale o per semplice divertimento, e Marineford... Marineford era stata colpa del Governo Mondiale  era stata colpa della Marina, dei Marines, dell'organizzazione di cui faceva parte.

Erano le stesse, identiche parole che i suoi amici gli avevano ripetuto dieci, cento, mille volte. Ma loro erano i suoi nakama, la sua famiglia  era loro compito rassicurarlo e cercare di farlo stare meglio. Un Marine, invece...

Mentre Smoker lo trascinava in un abbraccio rigido e riluttante, Ace aveva deciso che, se il Cacciatore Bianco  che odiava i pirati e non avrebbe fatto sconti a nessuno, nemmeno a lui, quando si trattava di guerra e giustizia  diceva che non era stata colpa sua, allora doveva essere vero.

Era stato un sollievo, ma accettare di non avere colpa era solo il primo passo. Gli spettri della prigionia, della guerra e dell'oscurità invincibile erano ancora lì, pronti ad attaccarlo non appena avesse chiuso gli occhi, intenzionati a fare il possibile per emergere e corrodere la sua razionalità, il suo cuore, la sua anima.

Ma in quei momenti Smoker era lì, sdraiato accanto a lui, e bastava che Ace si lasciasse sfuggire un flebile singhiozzo o gli sfiorasse delicatamente un fianco perché Smoker si girasse verso di lui e lo stringesse in un abbraccio finché Ace ne avesse avuto bisogno. E poi lo costringeva a parlare, lo metteva di fronte alle sue paure e lo obbligava ad affrontarle. Non c'era niente di gentile nelle loro conversazioni, non c'era niente di delicato nel loro tono di voce. Smoker gli ordinava di parlare, di darsi una mossa a sputare fuori ciò che lo tormentava, e poi, quando Ace reagiva, quando finalmente si apriva e iniziava a vomitare un fiume di parole incoerenti sulla guerra, sulla morte, sull'oscurità, Smoker lo insultava. Perché solo uno stupido non si sarebbe reso conto che i suoi amici avrebbero volentieri sacrificato la propria vita per lui, che non lo incolpavano di nulla e non lo consideravano debole, perché i veri deboli erano coloro che si lasciavano sopraffare dal passato invece di trarne nuova forza per rialzarsi e ricominciare a vivere con la consapevolezza di aver imparato dai propri errori.

Era il suo modo di fargli aprire gli occhi. Brutale, forse, ma aveva funzionato e in fondo era meglio così: Ace non cercava compassione e Smoker non sapeva offrirla.

Si era spesso domandato perché il Marine si preoccupasse per lui, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo, perché temeva la risposta e perché, in fondo, la stranezza di quel comportamento perdeva d'importanza di fronte ai preziosi ricordi delle notti in cui Smoker lo aveva abbracciato, placando i suoi incubi e facendogli capire che non poteva guarire da solo, che trascorrere la notte con qualcuno di speciale era mille volte meglio che da soli.

Nonostante gli scaldassero il cuore e gli facessero apprezzare ancora di più quello scontroso di un Marine, però, Ace preferiva non ripensare a quei momenti. Impel Down e Marineford, assieme al loro pesante carico di cause e conseguenze, erano una brutta parte del suo passato  una parte violenta e cupa, una parte piena di crudeltà, buio e odio  verso gli altri e verso se stesso , una parte che preferiva rimanesse sepolta, ora che aveva finalmente imparato ad accettarla. Ma aveva provato a costringere Smoker ad affrontare ciò che lo tormentava e aveva fallito miseramente, perché il Marine era sempre stato testardo e poco incline ad aprirsi, così Ace si fece forza e si costrinse a ricordargli di ciò che Smoker aveva fatto per lui, di come e quanto lo avesse aiutato – si costrinse a disseppellire quella parte del suo passato che avrebbe voluto dimenticare, si costrinse a ricordare tutte le notti in cui era crollato sotto il peso delle memorie, dei fantasmi, delle paure, per fargli capire che conosceva ciò che stava provando, che conosceva quel senso di colpa, quella frustrazione e quella sensazione di non poter fare niente per risolvere la situazione. E se in quel momento i suoi occhi divennero un po' lucidi o il suo corpo tremò flebilmente, nessuno dei due diede segno di averlo notato.


~*~


La notte del terzo giorno, senza dire nulla, Smoker appoggiò il capo sul petto di Ace, sopra al suo cuore, e lì si addormentò.

Perché ancora una volta Portgas gli aveva mostrato le sue debolezze, si era aperto con lui, si era tuffato nella sua memoria e aveva riportato a galla sentimenti e ricordi che aveva fatto di tutto per dimenticare e sigillare in un angolo remoto della sua mente e del suo cuore. Smoker aveva visto il disprezzo che Ace provava per se stesso, aveva visto il suo dolore e la ferma convinzione di essere debole ed inutile, di essere immeritevole, immeritevole di qualsiasi cosa  comprensione, amicizia, aiuto. Era stato lì con lui, e l'aveva visto.

Portgas aveva combattuto duramente per tenere a bada quei ricordi e quei sentimenti, per affrontarli e infine per accettarli, eppure non aveva esitato un secondo a riportarli alla luce. Per lui. Cazzo.

Dopo un atto del genere, come poteva non fare un tentativo?

Funzionò. Anche se gli costava ammetterlo, Smoker si addormentò subito, cullato dal battito del cuore del moccioso  che forse era solo un po' più veloce del normale , dormì per tutta la notte e nel sonno sentì lievi baci e carezze leggere come una piuma sfiorargli il viso e le spalle, ma era impossibile, così Smoker si limitò ad attribuire quell'inspiegabile sensazione ad un pessimo scherzo della sua mente in subbuglio.

Il fatto che avesse dormito bene per una notte non avrebbe riportato la giustizia nel mondo né avrebbe impedito altri massacri immotivati, però era servito a schiarirgli le idee e a ricordargli ciò che lui stesso aveva inculcato a forza in quella minuscola testa che miracolosamente Portgas si ritrovava ancora attaccata al resto del corpo: che lasciarsi influenzare dalle colpe degli altri e chiudersi in se stessi non serviva a niente, che bisognava rialzarsi e combattere, e che per farlo talvolta era indispensabile l'aiuto di qualcun altro.

Forse non era molto, ma era qualcosa.


~*~


Ace osservò Smoker dormire placidamente, soddisfatto, e aumentò un po' la stretta sul suo corpo. Non lo avrebbe svegliato per niente al mondo  non dopo tutta la fatica che aveva fatto –, così si limitò a baciargli una tempia e a ritornare a dormire.




A/n:

Sì, indovinato: era tutta una scusa per farli coccolare un po'. Palesemente :/

A parte questo, mi sembra un po' confusa. Nella mia testa era tutto molto più semplice, più lineare, invece, una volta messo per iscritto, è uscito questo. Non so, mi sembra di essere andata indietro, poi avanti, poi di nuovo indietro, per poi cambiare punto di vista tre o quattro volte  il tutto senza una logica precisa. Mi sembra che non si capiscano bene i collegamenti, ecco. Senza contare che ho divagato alla grande rispetto all'idea originale e adesso ho l'impressione che tutta la pappardella su Ace, ID e MF sia inutile, ripetitiva e fuorviante, ma immagino che non si possa avere tutto dalla vita.

Detto questo, buona Epifania e buon Tutte-le-feste-che-ci-sono-state-in-questo-periodo :)

  
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