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Autore: Impossible Prince    06/01/2013    3 recensioni
L'amore è una drga che ti porta a voler esser amati anche per pochi minuti. Giusto il tempo di una flebile quanto forte illusione.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Sai, è una sensazione di vuoto mista a impotenza quella che sento. E’ l’essere inabili, l’essere incapaci e al contempo ingiustificati per la propria situazione.
Ma dovevo immaginarmelo alla fine. Dopo la salita, dopo l’ascesa, dopo che il mio corpo si è assuefatto della tua presenza mostrata e portata avanti come un vanto, quasi come uno scudetto cucito sul petto è sempre dura capire e accettare che alla fine tu non ci sei semplicemente più.
Bene? Male? Non lo so.
Probabilmente mi sono fatto vanto non di aver trovato una persona particolare ma di aver trovato una persona di bella presenza per cui sognavo ad occhi aperti e non. Per cui sognavo un qualcosa di duraturo sebbene tutto questo fosse probabilmente mosso da una semplice attrazione fisica.”
Anne era ferma davanti allo specchio indossando solo un reggiseno e un paio di mutande, entrambi di color nero.
Il suo sguardo era perso, perso, ricolmo di malinconia e i suoi occhi a fatica trattenevano un mare di lacrime pronto ad inondare il suo viso.
“E’ per caso l’espiazione delle mie colpe questa? E’ a causa dei pensieri superficiali che ho avuto? Rispondimi!” gridò in un impeto di rabbia e furia. “Rispondimi!” con voce sempre più forte mentre abbassava la testa stringendo forte gli occhi e coprendosi con le mani il viso.
Lui la fissava dall’altra parte della stanza. Non sembrava particolarmente interessato, ma neanche annoiato. Stava lì, fermo, con le mani nelle tasche del cappotto indossando il suo solito cappello Borsalino che non permetteva la visione dei suoi occhi.
Non rispose. Neanche un verso di approvazione.
“Oh, forse quello di cui avevi bisogno era di qualche puttanella appena svezzata. Loro sì che ti piacciono, non è vero?” riprese la donna.
L’uomo sospirò profondamente e con voce gelida sussurrò: “Anne, sei tu che mi hai voluto qui. Sei tu che mi hai chiesto di venire. Tu. Non sono io che sono venuto a bussare alla tua porta.”
Anne si sentì pietrificare. Era vero, era stata lei a volerlo lì.
L’uomo riprese a parlare: “Lo so che stai pensando che è vero. So che lo sai che ho perfettamente ragione. E allora dimmelo perché mi hai voluto riportare qua. Non c’è scelta, non c’è ragione, è finita, te ne vuoi render conto? FI-NI-TA”
“Lo so!” gridò la donna con la voce strozzata dalle lacrime “Lo so, lo sapevo che prima o poi sarebbe finita. Un rapporto del genere non può durare. Un rapporto del genere teoricamente non deve neanche esistere.”
Il silenzio cadde all’interno della stanza, ma fu interrotto quando l’uomo tentò di parlare “E all…” ma Anne istintivamente riprese: “Mi sono messa il cuore in pace. Ma poi arriva il contraccolpo. Giorni, settimane o anche mesi. Ed eccolo qua. Angosciante e forte, potente e distruttivo, quasi mi sono costretta a rivedere le tue foto, a rivedere quello che è stato il mio sogno e che forse è stato un pochino mio per un certo periodo; dovrebbe essere una sorta di consolazione ma non mi sembra che stia funzionando.”
“E allora? E allora cosa c’è?” l’uomo sembrò perdere l’infinita calma che cullava il suo corpo che fu tradotto da una sorta di irritazione per il comportamento enigmatico della donna.
“Te l’ho detto. Mi avevi ma volevi di più. Di più di più e di più. Cos’altro vuoi? Vuoi i miei gioielli? Prendili”
Con uno scatto la donna si girò, aprì il primo cassetto del comò e prese nelle mani una manciata di anelli, orecchini e collane e le scagliò contro la persona con cui stava parlando.
“E’ abbastanza ora? O ne vuoi altri? Vuoi anche i miei soldi, Frank?”
Frank si tirò via il cappello e lo gettò sul pavimento.
Era alto, con lunghi capelli neri e la carnagione mulatta. Afferrò Anne per i polsi e la strinse a sé. Poteva sentire il suo respiro sulla pelle e sentirsi trapassare dal suo sguardo gelido.
Poi la girò e le toccò i suoi biondi capelli.
Anne si sentì cullata, per la prima volta da quando Frank l’aveva lasciata, o dal suo punto di vista abbandonata, dentro di se desiderava che quel momento non finisse mai, illusa forse del fatto che forse la sua relazione potesse riprendere vita e risorgere come l’araba fenice, dalle sue ceneri; ma contemporaneamente era come se un lungo guinzaglio stringesse il collo alla donna e il capo della corda ce l’aveva lui, Frank.
La vista si annebbiò, sentì il suo corpo cedere e cadde pesantemente a terra.
Si sveglio dopo diverse ore. Il sole stava facendo capolino fra i tetti e stava entrando nella camera da letto.
Anne era stordita, con un forte dolore alla testa, distesa sul pavimento di legno. Si rialzò a fatica e girò la sguardo confuso per la stanza. Frank non c’era.
Aprì il cassetto del comò e notò che i gioielli erano tutti ordinatamente al loro posto. Non ne mancava nessuno.
Il cappello lanciato sul letto era scomparso.
Si sedette sul letto, con le mani fra i capelli fino a quando non notò qualcosa sul pavimento, sul punto in cui era crollata.
Una fotografia di Frank. La raccolse, era umida, forse delle lacrime che Anne aveva perso.
Continuava a chiedersi e domandarsi cosa fosse successo, se si era sognata tutto oppure la conversazione era davvero avvenuta.
Era stata un’allucinazione provocata da dei ricordi potenti e pericolosi come le droghe? Oppure davvero l’uomo era stato in camera sua fino a qualche ora prima?
Poi capì. L’album di fotografie era fuori posto così come fuori posto era  la sua testa in quel momento, colpita e atterrata dal ritorno alla realtà. Lo rimise a posto con malinconia pensando fra sé e sé che doveva andare a dormire e ammonì se stessa di non riaprire l’album nei sogni, non lo avrebbe potuto reggere.
   
 
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