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Autore: younghearts    06/01/2013    1 recensioni
Stesso pianeta, stessa nazione, stessa regione, stessa provincia, stesso paese, stesso quartiere. Mancava solo che dividessero la stessa casa.
Il loro era un paese abbastanza grande. Trentacinquemila abitanti, ma, nonostante tutto, più o meno tutti conoscevano tutti. Molti lo conoscevano come il paese delle ceramiche, il paesello pacifico circondato dalle campagne di uliveti e viti.
Eppure nessuno si sarebbe mai aspettato di una piccola bomba che, seppur impercettibile, scoppiò nel cuore di quei due ragazzi, scombussolando – quasi – l’intero paese, o almeno i loro coetanei.
Amicizia, odio, ancora amicizia e poi ancora odio. Un amore sottinteso, da leggere tra le righe, quasi come se fosse un qualcosa di talmente scontato da non poter essere descritto nella sua purezza.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Stesso pianeta, stessa nazione, stessa regione, stessa provincia, stesso paese, stesso quartiere. Mancava solo che dividessero la stessa casa.
Il loro era un paese abbastanza grande. Trentacinquemila abitanti, ma, nonostante tutto, più o meno tutti conoscevano chiunque.
Molti lo conoscevano come il paese delle ceramiche, il paesello pacifico circondato dalle campagne di uliveti e viti.
Eppure nessuno si sarebbe mai aspettato di una piccola bomba che, seppur impercettibile, scoppiò nel cuore di quei due ragazzi, scombussolando – quasi – l’intero paese, o almeno i loro coetanei.

 

 

 
  
 

I.

 

“There​’​s somet​hing wrong​ with me chemi​cally,
 somet​hing​ wrong​ with me inher​ently.”
Wrong, Depeche Mode

 
 
“Bella maglia” esclamò divertito lui.
La chioma disordinata di lei si mosse impercettibilmente quel tanto che bastò ad essere girata verso il suo viso. Lo scrutò con uno sguardo interrogativo.
Il riccio si spostò di fronte a lei e fissò la macchia enorme di gelato che le si era appena poggiata sulla maglietta.
La ragazza strabuzzò gli occhi e fece per dire qualcosa. Ne uscirono solo imprecazioni silenziose riferite al gelato che si stava sciogliendo tra le sue mani.
“Vuoi un fazzoletto?” chiese gentilmente lui.
“Ci conosciamo?” replicò lei impertinente. O forse scocciata?
“Stavano per presentarci, poi ho visto il tuo disegno astratto sulla maglietta” rise.
Le porse un pacco di fazzoletti, premurandosi di prendere il gelato che lei aveva nelle mani. Era ancora divertito, al contrario della ragazza che ora strofinava il tessuto in modo convulsivo.
“Così è peggio” la ammonì lui.
“Lo so. È solo colpa tua” esclamò nervosa.
“Cosa?” gli occhi di lui uscirono dalle orbite e mostrarono un colore verdognolo tendente al marroncino che le ricordava quella pianta che le intralciava la strada ogni mattina davanti casa.
Inutile e schifosa, proprio come lui, pensò.
“Se mi avessi avvisata prima non sarebbe successo tutto questo macello!” la voce di lei si alzò di qualche decibel di troppo.
Ma lui, ovviamente, non poté che rispondere a tono.
“Non solo ti ho aiutata” le puntò il dito contro facendo un passo indietro “ora tu ti lamenti pure?”
La faccia di lei gli fece capire che era fermamente convinta di quel che diceva. Tutti i loro amici si voltarono verso di loro. Chi rideva, chi scommetteva che si sarebbe arrivati ad una rissa, chi – specie tra le ragazze – sosteneva che in realtà ci stessero provando entrambi.
La scena, però, fece incuriosire anche altri ragazzi che ora si trovavano nella piazza principale del paese, l’unico luogo con un po’ più di vita.
Lei che sventolava i fazzoletti sporchi e lui con quel cono gelato ancora in mano. Quel gelato stava letteralmente evaporando, altro che sciogliersi.
Il caldo del sud era sempre stato detestabile.
"Quannu è tiempu di scirocco, scenni Peppu e nchiana Roccu, quannu invece è tramuntanaRoccu scenni e Peppu nchiana"  era la filastrocca riguardo al tempo caldo della Puglia che i nonni raccontavano per far divertire i propri nipotini.
Ma tornando alle due teste calde, ahimè, non smisero un attimo di coprirsi di insulti e nessuno dei due si degnava di muoversi da lì.
È una questione di principio, pensavano entrambi, o mi chiede scusa o io non me ne vado.
Fu solo una ragazza a separarli dopo un po’, dicendo che era tardi e che sarebbe stato meglio se si fossero distratti.
Le urla dell’altra, invece, facevano intendere ben altro: pretendeva che qualcuno la accompagnasse a casa a cambiarsi.
“Io non esco più in questo stato” ringhiò fissandolo.
“Non sono di certo fatti miei” obiettò lui.
La loro testardaggine avrebbe fatto concorrenza a quella di un cane che non aveva alcuna intenzione di finire un osso – lo so, è una metafora alquanto strana.
Tutti i loro amici, ancora lì, continuavano a confabulare divertiti. La ragazza che prima li aveva separati oramai non sapeva che pesci pigliare.
“Avanti, ti presto una mia maglia” disse infine.
“Non preoccuparti, torno a casa e ne prendo una” detto questo, girò sui tacchi e si diresse sfinita verso casa sua, dall’altra parte del paese. Era estate e non avrebbe nemmeno potuto coprirsi l’enorme chiazza marrone sulla maglia bianca con un cardigan.
Indossò le cuffie e iniziò ad ascoltare la musica.
There​’​s somet​hing wrong​ with me chemi​cally, somet​hing​ wrong​ with me inher​ently.
La canzone Wrong dei Depeche Mode le rimbombò nella testa.
Quale frase migliore di quella per descrivere un’adolescente seccata e infastidita da tutto senza alcun motivo preciso?
Si cambiò velocemente, indossando una delle sue maglie preferite: quella che lei stessa aveva disegnato, raffigurante i Beatles nella loro perfetta mise da cantanti alternativi nei loro anni d’oro.
La piantina che la fece inciampare, come al solito, sbucò – come ogni giorno, casualmente – senza preavviso. Erano quindici anni che viveva in quella casa ma non si era mai abituata a quello stupido oggetto d’arredamento che la sua vicina di casa considerava ‘bello, semplice e demodé’.
Cosa ci trovi in un oggetto passato di moda? Che poi, come possono le piante passare di moda?
Ma lasciò perdere i suoi pensieri ed in un attimo il suo vivere in un altro mondo finì.
Il riccio era davanti al cancello di casa sua con le braccia incrociate e la schiena poggiata al muro. Ora, però, aveva lo sguardo perso, quasi dispiaciuto.
La ragazza prese fiato e premette il tasto per aprire l’inferriata davanti a sé. Fece un sacco di rumore per farsi accorgere dal tizio che ora, infatti, si era voltato verso di lei con un sorriso sbilenco.
“Sei uno stalker?” proruppe infine divertita.
Lui fece un passo verso di lei, mostrando divertito la macchia sulla sua maglia. Le spiegò che il gelato aveva fatto macchiare anche lui, facendoli cadere in una risata ancor più forte della precedente.
“Comunque bella maglia” ammise, sempre lui.
“Non oso guardare. Anche questa è sporca?”
“No, è che hai bei gusti musicali.”
Le guance di lei si colorarono di un bordeaux acceso.
“Ora tocca a te seguirmi fino a casa, devo cambiarmi anch’io.”
Non obiettò, anzi, le piacque parlare con quel tipo.
E quella sera non si domandarono nemmeno quale fosse il nome dell’altro, troppo presi dai loro discorsi.

 
  
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