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Autore: Lykill_KeyHole    06/01/2013    2 recensioni
Aprii gli occhi. C’era questo profumo, che aleggiava nell’aria, qualche tipo di cologne. Non l’avevo mai annusato prima. Spostai il mio sguardo dal soffitto. La stanza era strana, non familiare. Il cuore cominciò a battere velocemente contro il mio petto. Non c’era niente di familiare. Non sapevo dove fossi.

Amnesia (dal greco Ἀμνησία) è una condizione in cui la memoria di un individuo è interamente o parzialmente persa in base all’estensione del danno ricevuto. Qualunque condizione che interferisca con il funzionamento del sistema può causare amnesia.
- amnesia retrograda - ovvero perdita di memoria per eventi accaduti prima della causa, ma completa lucidità per tutto ciò che è successo in seguito.
- amnesia anterograda - ovvero perdita di memoria che non compromette i ricordi passati, ma limita enormemente la capacità dell'individuo di memorizzare informazioni nuove.
Entrambi i tipi di amnesia possono essere presenti sullo stesso paziente.
(Wikipedia)

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Autore: BlingingLockette ; Paring: JongKey.
Traduzione a cura di: Lykill_KeyHole.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Titolo: Amnesia.
-Autore: BlingingLockette.
-Pairing: JongKey.
-Genere: Angst; Romance; Twoshot.
-Personaggi: Kim Jonghyun; Kim “Key” Kibum.
-Warnings: //
-Rating: Verde.
-Capitoli: 2
-Disclaimer: Io, in qualità di traduttrice, non possiedo nulla di questa fanfiction, e la vera autrice nulla riguardo i personaggi.
-Link della storia originale: http://www.asianfanfics.com/story/view/284011/amnesia-angst-jonghyun-jongkey-key-kibum-romance-twoshot

Amnesia








Aprii gli occhi. C’era questo profumo, che aleggiava nell’aria, qualche tipo di cologne. Non l’avevo mai annusato prima. Spostai il mio sguardo dal soffitto. La stanza era strana, non familiare. Il cuore cominciò a battere velocemente contro il mio petto. Non c’era niente di familiare. Non sapevo dove fossi.
Cosa avevo fatto la notte precedente? In che tipo di party ero stato?
 
Aspetta, avevo almeno i vestiti addosso? Febbrilmente gettai via la coperta. Indossavo i pantaloni di un pigiama ed una t-shirt sgualcita che non avevo mai visto in vita mia. Che diavolo era successo?
 
Proprio mentre cercavo di prendere respiri profondi, notai qualcosa che mi fece saltare dalla mia parte di letto. O meglio qualcuno. C’era un dannatissimo ragazzo nel mio letto. Non nel mio letto, ma probabilmente nel suo
C’era un bellimbusto, che non avevo mai visto in vita mia, nel letto con me. Cazzo, cazzo, cazzo. Questo non sta accadendo. Cosa diavolo ho fatto la scorsa notte?
 
Mi afferrai il capo solo per mugolare sorpreso quando trovai morbidi capelli. Corsi verso l’unica porta della stanza, cercando di essere il più veloce e silenzioso possibile, ed avanzai nel corridoio, aprendo un paio di porte finché non trovai il bagno.
 
Ci entrai ma mi bloccai per un attimo. Aprendo nuovamente i miei occhi e cercando di controllare il mio rapido cuore ed il respiro irregolare, feci lentamente qualche passo fino allo specchio. La vista che mi si presentò mi fece emettere un verso di orrore.
 
Nello specchio non c’era il diciassettenne con i capelli per metà rasati, ma un me più vecchio con capelli di un marrone scuro ed arricciati. Non credendo al terribile cambio, portai le mie dita sul mio viso, sfiorando la mia pelle, notando i primi segni di rughe attorno ai miei occhi.
 
Solo quando soppressi le lacrime di shock dal riempirmi gli occhi, notai le fotografie fissate sullo specchio. Con mani tremanti presi la prima per poterla osservare.
 
C’ero io come mi ricordavo, sebbene non ricordassi della foto scattata. Stavo mangiando un gelato. Io odiavo il gelato.
Nella successiva c’ero io con gli stessi abiti, ma con quel ragazzo, quello con cui mi ero svegliato accanto. Eravamo seduti sulla panchina di un parco e stava mantenendo la fotocamera il più lontano possibile, per far entrare entrambi nell’immagine. C’erano sorrisi sui nostri visi.
 
Presi la prossima foto nelle mie mani. Avevo un taglio differente di capelli. Era abbastanza normale se non per la frangia tagliata diagonalmente. Mostravo il dito medio, ma il sorriso senza pensieri sul mio volto era qualcosa che non ricordavo aver mai avuto.
 
Con un intorpidimento così non da me, afferrai l’ultima foto. La foto era stata presa da una terza persona ed eravamo di nuovo io e quel ragazzo, in una strada trafficata, mani unite in mezzo, e sorrisi sui volti.
 
Non sapevo più neanche cosa pensare. Fissai prima la fotografia, poi lo specchio, la testa che girava e nulla che avesse senso. Chiunque fosse quel ragazzo, io non ero gay. Piazzai le fotografie vicino al lavandino, voltando la schiena al mio riflesso ed incamminandomi nel corridoio.
 
Aprii qualche porta, silenziosamente cercando dei vestiti. In realtà qualsiasi vestito sarebbe stato utile. Senza notarlo ero già entrato nella stanza dove mi ero svegliato. Non avevo idea di cosa stava accadendo ma sapevo che dovevo andarmene da lì.
 
“ Oh, sei sveglio. “ La voce mi spaventò, facendomi girare di colpo. Il ragazzo era ancora sdraiato nel letto, ma i suoi occhi erano ben aperti. Lo fissai, pensando alla mia prossima mossa. Non era brutto, a dir la verità. Attualmente era molto attraente. Divertente, assomigliava un po’ ad un dinosauro.
“ So che sei confuso, e se aspetti un minuto, ti spiegherò tutto, Kibummie. “
 
I miei occhi si spalancarono a quel nomignolo. Ciò di cui ero sicuro era che nessuno, davvero nessuno, mi chiamava in quel modo. Il mio nome era Key. Tutti i miei amici sapevano che ero Key. In tutta la mia vita non avevo mai detto a nessuno il mio vero nome. Era l’unica certezza che avevo.
 
Sorridendo, si alzò dal letto. Mi girai quando notai il suo petto scoperto, muscoli ed addominali ben definiti. Ridacchiò leggermente ed io pretesi di ispezionare la zona circostante, camminando fino alla scrivania e guardando i fogli pieni di una terribile scrittura. Realizzai che erano per la scuola.
 
Quando mi girai, per chiedere al ragazzo a riguardo, lo scoprii a fissarmi con un sorriso triste. A quel punto scosse il capo e mi segnalò di seguirlo.
 
Andammo in una cucina. I miei occhi caddero sull’orologio, che segnalava che erano appena le nove passate. Il ragazzo si girò verso la macchinetta del caffè ed io mi sedetti al tavolo, guardandolo silenziosamente. Prese delle cose dal frigo e cominciò a preparare dei sandwich, tranquillamente canticchiando tra sé. Lo fissai soltanto, non avendo davvero qualcosa da dire. Solo quando realizzai che non sapevo neanche il suo nome aprii bocca.
 
“ Il mio nome è Jonghyun. “ Portò lo sguardo su di me e mi sorrise. Era carino, glielo concedevo. In realtà sembrava un cucciolo.
 
“ Ho ventisei anni e lo stesso tu. Lo spiegherò in un secondo. “ Finì i sandwiches, posò il piatto tra di noi e mi segnalò di prenderne uno. Quando lo feci, sistemò due tazze di caffè sul tavolo e si sedette.
 
“ Okay. So che non sai cosa ti sta succedendo, ma ho bisogno che tu ti fidi di me riguardo ciò che sto per dirti. “ Disse, sorseggiando il suo caffè e prendendo un sandwich. Per qualche ragione sembrava uno di cui potersi fidare. Il minimo che potevo fare era ascoltarlo. Poi avrei deciso se credergli o no.
 
“ Soffri di amnesia. Puoi ricordarti le cose solo per un giorno. Quando ti addormenti, dimentichi tutto. Di solito non ricordi molto dopo il tuo diciottesimo compleanno. So che non mi riconosci. E so che non è colpa tua. “ con le sue ultime parole potevo vedere quanto tentasse con difficoltà di mantenere il sorriso al suo posto.
 
Mi sorpreso come andò subito al dunque. Doveva essere ormai abituato a spiegarmi queste cose, sapeva che odiavo quando si girava attorno alle cose. Amnesia. In realtà spiegava tutto. Perché non apparivo più come un diciassettenne, perché non ero a casa, perché ero nello stesso letto con lui. Beh, non esattamente quello.
 
“ Non sono gay. “ Dissi senza pensare, sentendo il bisogno di difendere me stesso. Quando notai il suo cambiamento di espressione, me ne pentii immediatamente. Sembrava come se il suo cuore si fosse rotto. Ma fu veloce a coprirlo.
 
“ Lo so che è dura d’accettare, però… Ci siamo davvero amati. Ti amo ancora. Ti amerò, sempre. Non preoccuparti, non mi aspetto che tu mi ami di rimando. Capisco che tu mi hai praticamente incontrato oggi. Ma… Eravamo felici. Per favore, non dubitarlo. “
 
Le sue parole erano sincere, potevo dirlo. Mi sentii improvvisamente triste per lui. Se davvero avevo amnesia come aveva detto ( e non avevo ragioni per credergli né per non credergli ) doveva avere avuto una vita incasinata. Per amare qualcuno che non ti amerà mai di rimando, che non ti riconosce neanche, che non ha un futuro. Per amare qualcuno come me.
 
“ Non ho molto tempo. Devo andare a lezione. “ Disse, mentre posava la sua tazza nel lavandino “ Vieni con me. “ Mi portò in soggiorno. C’era una TV, un divano confortevole e nell’angolo su un tavolo potevo vedere pennelli e colori.
 
“ Puoi non saperlo, ma ti piace davvero dipingere. Solo prova, ed uscirà magnificamente, te lo assicuro. Hai talento. “ Ascoltai dubbioso le sue parole. Dipingere non sembrava adatto a me.
 
“ Tornerò verso le tre. Così possiamo andare a pranzo assieme. Se hai fame, c’è del cibo in cucina, basta guardare sugli scaffali o in frigo. Puoi uscire per una passeggiata se vuoi, ma per favore torna prima delle tre. Altrimenti dovrò chiamare di nuovo la polizia. “ Lo disse con tono leggero ed un sorriso, eppure per qualche ragione mi sembrò che non scherzasse.
 
Camminò verso la porta e si mise una giacca leggera. Prese una sacca che non avevo notato prima e mi salutò, il suo sorriso mi fece sentire un pochino meglio. Comunque, non appena la porta si chiuse dietro di lui, la sensazione sparì e venne rimpiazzata dall’ansia.
 
Passai da una stanza all’altra, osservando tutto, cercando di trovare qualcosa di familiare. Se avessi ricordato almeno qualcosa… ma non lo feci. Non ricordai nulla.
La depressione mi colpì mentre attraversavo camera dopo camera. Presi delle cose in mano, le tastai, occhi chiusi e provandoci duramente. Nulla. Non avevo assolutamente nulla.
 
Avrei desiderato che le lacrime si placassero. Piangere non avrebbe cambiato nulla. Lo facevo probabilmente ogni giorno. Camminavo probabilmente attorno allo stesso posto, facendo le stesse cose, piangendo sulla mia stessa sfortuna. Patetico. Ero assolutamente patetico.
 
Perché vivevo? Non era una vita questa. Era un incubo. Qualsiasi cosa avessi fatto, avessi sentito, sarebbe sparita il giorno successivo. Mi sarei svegliato e non avrei ricordato nulla.
 
Sarei andato in panico, trovando lui nel letto, di nuovo? Avrei pianto sui miei anni persi di nuovo? Lo avrei ascoltato dire le stesse cose, sentire le stesse confessioni? Era ogni giorno della mia vita lo stesso? Uguale fino alla fine? Per anni e anni? Per quanto? Per quanto potevo vivere in questo modo? Vivere senza passato e futuro.
 
Ero già morto. Non ero una persona. Ero solo qualcosa di rotto, che ripeteva le stesse cose giorno per giorno. Nessuna verità, nessuna menzogna, solo un ripetersi.
 
Mi avviai verso il soggiorno. Erano quasi le undici. Che cos’era un’altra ora persa in mezzo ad anni di totale oscurità? Non avevo nulla da fare e tutto il tempo del mondo da ammazzare. Potevo almeno provarci.
 
Trovai della carta e presi un pennello e dei colori acrilici. Chiudendo i miei occhi, visualizzai il risultato e mi misi all’opera. Per mia sorpresa, mi venne tutto naturale. Senza pensarci presi del colore ed il pennello cominciò a far lavorare la sua magia senza mie direzioni. Venne tutto dall’interno, non aveva nulla a che fare con me. La mia mano si muoveva di sua volontà, seguendo i comandi di qualcun altro. Ed i miei occhi registrarono tutto in meraviglia.
 
Mi bloccai e diedi un’occhiata al dipinto. Non avevo più nulla da sistemare. Con un soffice sospiro posai il pennello.
 
Lanciai uno sguardo all’orologio, notando solo in quel momento tutto il tempo che era passato. Eppure avevo ancora tre ore prima che quel ragazzo – Jonghyun, corressi me stesso – tornasse.
 
Non dissi a casa. Perché non era casa mia. Non era familiare, non mi sentivo sicuro. Era estranea e sconosciuta. E Jonghyun era solo un ragazzo. Non poteva essere niente di più. Forse prima, ma ora non più. Questa era e sarebbe sempre stata la mia vita, dove niente sarebbe stato mio. Nessuno sarebbe stato mio.
   
 
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