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Autore: Macy McKee    06/01/2013    5 recensioni
[Spoiler 7x05]
Due battiti sulla porta di ingresso, un mormorio assonnato proveniente dall’interno dell’abitazione e un fruscio di stoffa. Poche decine di secondi dopo, un volto pallido incorniciato da una criniera rossa scompigliata comparve fra il muro e la porta che veniva socchiusa.
La donna dai tacchi alti sorrise a quell'apparizione.
‹‹Ciao, mamma.››
Nella borsa che scivolava lungo il suo fianco destro, le pagine di un libro non ancora pubblicato frusciarono quando la donna si mosse verso la porta che si spalancava per accoglierla.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, River Song, Rory Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A Heart in New York 


New York, to that tall skyline I come, flyin' in from London to your door 
New York, lookin' down on Central Park 
Where they say you should not wander after dark 

Un alto orologio vegliava sulla grande piazza squadrata. Le lancette, piccole frecce scure e affusolate che sembravano volersi liberare dalla vite che le incatenava alla pallida luna piena che era il quadrante per fuggire lontano, osservavano dal loro piedistallo i pochi, intrepidi passanti che avevano il coraggio di camminare per quelle vie a notte inoltrata. In particolare, i due aghi neri erano incuriositi da un giovanotto magro che sedeva sul bordo della fontana, stringendosi le tempie fra le dita e tenendo lo sguardo incollato alle sue strane scarpe di tela, diverse da tutte quelle che le due lancette curiose avevano visto indosso ai passanti che visitavano la piazza ogni giorno.
 Lungo il perimetro della piazza, le botteghe dormivano serene dietro alle loro finestre scure. Davanti alla porta di una piccola edicola i giornali che non erano stati acquistati e che all’alba sarebbero stati gettati perché appartenevano ormai al giorno precedente riposavano dentro una grande cassa di legno, coperti da un lenzuolo ingiallito. Uno di questi quotidiani abbandonati sonnecchiava sulle ginocchia di Rory. “New York: la città si risveglia dopo l’uragano*” era il titolo che occupava buona parte della prima pagina, 1938 era il numero che concludeva la data che si stiracchiava placidamente in un angolo.
Erano passate quattro ore e diverse decine di minuti da quando Rory aveva visto il cielo chiaro di una soleggiata mattinata mutarsi nel cielo nero di una notte senza stelle né luna e le curve aspre del terreno coperte d’erba del cimitero appena fuori dalla città trasformarsi nei profili spigolosi degli alti palazzi del centro di New York.
Quando aveva capito cosa fosse accaduto, Rory aveva automaticamente spostato lo sguardo sui palazzi attorno a sé per cercare il Winter Quay, ma non lo aveva trovato. Aveva supposto che, non essendo mai avvenuta l’avventura in quell’assurdo edificio, quel luogo non doveva significare nulla per l’angelo che lo aveva dislocato lì: questo voleva dire che il luogo non era più, anzi non era mai stato infestato degli Angeli, che non erano mai esistiti. Rory aveva tirato un sospiro di sollievo giungendo a questa conclusione: significava che a mandarlo lì era stato un solo angelo e l’aveva fatto per puro e semplice istinto di caccia – vedere una preda e attaccarla – e non per dare di nuovo il via al terribile piano. Era una magra consolazione, ma era pur sempre qualcosa.
La piazza era abbracciata da una strada ampia sulla quale di tanto in tanto passava qualche auto solitaria. Si trattava di automobili che fino a quel momento Rory aveva visto soltanto nei flashback di personaggi nostalgici dei film di serie B che aveva guardato insieme a Brian per impegnare qualche venerdì sera, ma grazie ad un cartellone pubblicitario che dominava la facciata di un piccolo teatro Rory aveva scoperto che alcune di quelle vetture erano Chevrolet 1938. Non che l’informazione gli fosse utile per qualcosa, ma l’Ultimo Centurione si era detto che, se era condannato passare il resto della sua assurda esistenza da solo nella New York della prima metà del ventesimo secolo doveva quantomeno cominciare ad orientarsi. Senza contare che soffermarsi su dettagli assolutamente inutili teneva occupata la sua mente, impedendogli di concentrarsi sul fatto che era rimasto solo. Completamente, totalmente solo in una città sconosciuta, in un’epoca sconosciuta.
Di tanto in tanto gli tornava alla mente l’immagine della versione più anziana di se stesso che aveva visto morire in quella camera buia del Winter Quay. Pensava ai suoi occhi pieni di gioia e incredulità quando aveva visto Amy varcare la soglia della stanza e si domandava se avrebbe mai avuto occasione di avere quell’espressione in prima persona. Subito dopo, si sgridava per aver dubitato anche solo per un istante che avrebbe rivisto Amy: era ovvio che l’avrebbe rivista. Forse avrebbe dovuto aspettare qualche ora, forse qualche giorno, ma presto avrebbe sentito il famigliare brontolio dei motori del TARDIS riempirgli le orecchie e avrebbe visto quel pazzo, assurdo, impossibile uomo con il cravattino aprire la porta della cabina davanti ai suoi occhi. Amy sarebbe spuntata sopra la sua testa e gli avrebbe urlato di sbrigarsi invece di stare lì immobile con lo sguardo vispo come quello di una trota appena pescata. Forse dentro il TARDIS avrebbe trovato anche River, che l’avrebbe punzecchiato chiedendogli cosa avesse fatto d’interessante tutto solo a New York durante la loro assenza e gli avrebbe rivolto quel suo sorriso insieme dolce e malizioso.

New York, like a scene from all those movies 
But you're real enough to me, but there's a heart 
A heart that lives in New York 

Rory alzò lo sguardo dalle piastrelle che coprivano la piazza, facendo scivolare ancora una volta lo sguardo attorno a sé. Da quel punto gli pareva di scorgere in lontananza, parzialmente nascosto dalle sagome degli edifici che si litigavano prepotentemente lo spazio nel suo campo visivo, Central Park. Pareva l’inquadratura iniziale di un vecchio film in bianco e nero, il genere di film in cui un uomo incontra la sua bellissima fanciulla in una tiepida e umida notte di Ottobre proprio come quella. Se fosse stato una di quelle pellicole, Rory avrebbe guardato verso l’insegna luminosa di un pub, magari il Bar Childs con la sua improbabile insegna marrone, proprio come stava facendo in quel momento, avrebbe fatto scivolare lo sguardo verso la vetrata e scorto il luccichio di un bicchiere. Avrebbe guardato meglio e incrociato lo sguardo di una bellissima giovane donna che guardava verso di lui.
Rory interruppe bruscamente il flusso dei propri pensieri, portandosi una mano al viso per strofinarsi gli occhi. Rory, vecchio mio, alla fine è successo: sei rimasto fermo qui a fantasticare troppo a lungo e alla fine sei impazzito, si disse. Spostò lo sguardo, sicuro di aver visto male, poi lo riportò verso l’interno del pub.
Si strofinò di nuovo gli occhi, socchiude le palpebre, aggrottò la fronte. No, non aveva visto male e no, con un po’ di fortuna non era nemmeno impazzito.
Balzò in piedi, lasciando cadere a terra il giornale, e si precipitò verso il pub di fronte a lui. Incespicando e scivolando, raggiunse la porta. Ansimando, la aprì con una spinta violenta ed entrò come una furia.
Lei era lì. Seduta a un tavolino con le gambe accavallate, leggeva un giornale. I suoi capelli rossi sembravano in fiamme sotto la luce sporca della lampada.
‹‹Amy…›› esclamò Rory, esterrefatto. Quando Amy alzò lo sguardo, Rory vide i suoi occhi riempirsi di lacrime. Amelia Pond gettò il giornale sul tavolino – il giornale di cui aveva letto ogni singola riga, cercando disperatamente e avidamente qualunque indizio potesse farle capire dove era finito Rory – e si alzò, gettandogli le braccia attorno alle spalle e assalendo le labbra di Rory con le sue. Il ragazzo sgranò gli occhi per la sorpresa, ma non pensò neanche per un momento di allontanarsi.
‹‹Amy. Amy! Cosa ci fai qui?›› domandò.
‹‹Sono qui per te, stupido. Credevi davvero che ti avrei lasciato vagare per New York tutto solo?››
Rory sorrise, vagamente confuso. Vedeva negli occhi di Amy che qualcosa non andava e aveva la certezza di essersi perso qualcosa, ma non capiva cosa.
‹‹Dov’è il Dottore?›› domandò. L’irritante sensazione di essersi perso qualcosa gli pizzicava la mente.
‹‹A New York.››
‹‹Anche noi siamo a New York. Voglio dire… dove? Ti prego, dimmi che non sta prendendo un drink con Marlene Dietrich. Ormai dovrebbe sapere come finiscono queste cose…››
‹‹È a New York nel futuro. Nel nostro presente.››
‹‹Oh›› commentò Rory, mentre il pizzicore nella sua mente si attenuava. ‹‹Oh.››

A heart in New York, a rose on the street 
I write my song to that city heartbeat 
A heart in New York, love in her eye, an open door at a friend for the night 

Erano passati cinque mesi da quando Rory aveva visto Amy seduta al tavolino del Childs Bar, cinque mesi da quando Amy aveva detto addio al suo Dottore Stropicciato.
Una donna avanzava velocemente in una via buia di New York, avvolta dall’umidità e dal caotico miscuglio di rumori della città. I suoi tacchi alti ticchettavano allegramente sulle lastre di pietra della stradina, calpestando sottili schegge di legno, frammenti di pietra e i petali anneriti di una rosa gialla che era stata gettata sulla strada.
I tacchi della donna si fermarono di fronte ad un portone di legno.

Due battiti sulla porta di ingresso, un mormorio assonnato proveniente dall’interno dell’abitazione e un fruscio di stoffa. Poche decine di secondi dopo, un volto pallido incorniciato da una criniera rossa scompigliata comparve fra il muro e la porta che veniva socchiusa. 
La donna dai tacchi alti sorrise a quell'apparizione.
‹‹Ciao, mamma.››
Nella borsa che scivolava lungo il suo fianco destro, le pagine di un libro non ancora pubblicato frusciarono quando la donna si mosse verso la porta che si spalancava per accoglierla. 

 
*Il Great New England Hurricane, che si abbatté sullo stato di New York e sul New England il 21 Settembre 1938.
 
Dunque, dunque. È dalla fine della heart-breaking  meravigliosa 7x05 che muoio dalla voglia di scrivere qualcosa su quello che succede a Amy e Rory nel 1938, ma non avevo idea di cosa scrivere. Oggi, per caso, mi sono imbattuta nel testo di questa canzone e mi si è accesa una lampadina nella mente. Come sempre, una volta finito di scrivere questa storia mi sono resa conto che è completamente diversa da quello che avevo intenzione di scrivere, ma pazienza. Ho passato due ore e mezza a fissare vecchie foto in bianco e nero e dipinti che rappresentavano New York: alla fine, ero così stanca che la mia sanità mentale ha tentato di saltare giù da un tetto come se fosse stata un personaggio mosso da Moffat. Perciò, mi accontento di essere riuscita a salvare parte della mia sanità mentale e di questa storia leggermente delirante come risultato.
quindi apprezzo il fatto di aver conservato parte della mia sanità mentale e mi accontento di questa storia come risultato.
Un paio di note:
-          il Childs Bar esisteva davvero nella New York degli anni trenta, ho solo cambiato la zona della città in cui si trovava.
-          So che River non chiama praticamente mai Amy “mamma”, ma volevo richiamare il “Hello, dad” che River rivolge a Rory durante la puntata.
-          La canzone è A Heart in New York di Art Garfunkel
-          Mentre ascoltavo la canzone su YouTube, fra i video consigliati a lato del video in riproduzione è comparso un fanvid su Amy e Rory ambientato durante The Angels Take Manhattan. A volte amo le coincidenze.
-          Lo so, mettere come introduzione la conclusione della storia è una cosa un po’ strana. Credo di essere stata contagiata da River, con i suoi spoiler e le storie che cominciano finendo.  
   
 
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