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Autore: Cicciopalla    06/01/2013    3 recensioni
Un uomo dal cielo che cerca la sua scatola blu.
Due fratelli che cacciano demoni mentre cercano di scoprire una cura per l’Angelo al loro fianco.
Un dottore che risolve crimini insieme al detective più geniale, finché i crimini non si svelano più di semplici atti umani di violenza.
Tutto inizia a cambiare.
Niente è come sembra.
Moriarty è reale, e ha i suoi piani.
[SUPERWHOLOCK]
Genere: Avventura, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Giusto una piccola nota per avvertirvi che ogni capitolo uscirà la domenica, scuola (sia per me che per la beta) permettendo :3
Enjoy ~ 

The music is too loud.

 
« Stiamo tornando indietro. Stiamo tornando indietro e tutto si sistemerà. Te lo prometto, solo… resisti, okay? »
 
E così aspetto, pazientemente, il ritorno dei fratelli.
La maggior parte del tempo la passò in uno stato di coma.
Solo lui e suo fratello, dentro la sua testa.
Non era carino.
Non lo era per niente.
Non ci voleva pensare per niente.
 
Quando si svegliò era da solo.
 
Il tempo era diverso qui sulla terra, passava più lentamente, molto lentamente.
Suo fratello stava ridendo, un sacco, perché si stava divertendo.
 
Stava bene, meglio di prima, anche adesso con suo fratello al suo fianco, nella sua testa.
Era solo colpa sua, tutto quello, lo sapeva, e quindi avrebbe resistito a tutto ciò che c’era da resistere.
 
Stava a posto, stava bene.
 
Gli umani non potevano capirlo e nemmeno Meg poteva impedire loro di pensare cosa ci fosse di sbagliato in lui.
Non mangiava, non dormiva, non parlava - perché non c’era bisogno.
Gli davano semplicemente più pillole.
Come se avrebbero risolto qualcosa.
 
Non era umano, ma loro non lo sapevano.
Loro non credevano.
Per loro, lui non era altro che un altro paziente mentalmente malato.
 
Angeli? Demoni? Lucifero?
Non erano reali, non per loro.
 
Ma, lui stava bene.
Dean gli aveva promesso che sarebbe tornato per lui, e lo avrebbe fatto.
Se Castiel credeva in qualcuno, a parte suo Padre, quello era Dean Winchester.
Dean avrebbe mantenuto la sua parola.
Castiel ne era certo.
 
Ritornarono per lui, due mesi più tardi quasi subito essere stati chiamati da Meg, ma sembravano essere passati anni d’attesa.
 
Orribili, orribili anni d’attesa.
 
Capitolo 1
 
La musica era troppo forte.
 
Dean canticchiava, le sue dita tamburellavano sul volante, gli occhi sulla strada. Con la coda dell’occhio poteva vedere Sam, che stava guardando fuori dal finestrino del passeggero. Dean sapeva che Sam era infastidito, la musica di Dean non era quella che preferiva ascoltare, ma a Dean non interessava.
 
Macchina sua, regole sue.
 
Gli occhi di Dean raggiunsero lo specchietto retrovisore. Castiel era silenzioso, gli occhi chiusi mentre l’impermeabile lo copriva come una coperta. Appariva abbastanza pallido ma, d'altra parte, quando non lo era?
 
L’angelo era cambiato… ma chi poteva biasimarlo? Aveva passato più di due mesi rinchiuso in un ospedale psichiatrico con Lucifero che gli incasinava la testa tutto il tempo.
 
Dean davvero non voleva sapere cos’era successo dentro la testa di Castiel mentre era stato in stato comatoso, e non voleva nemmeno sapere quale tipo di pillole gli erano state somministrate ogni giorno.
 
Se Castiel fosse stato un umano, sarebbe già stato morto da un pezzo, ma aveva dalla sua parte fortuna e mojo angelico. Dean si morse il labbro inferiore, cercando di concentrare la sua attenzione sulla strada.
 
Splendido. Fottutamente splendido.
 
Team Free Will insieme ancora una volta.
 
« Quindi… Inghilterra. » disse Sam, misurando le parole, come se non fosse sicuro riguardo al loro nuovo caso.
 
Era qualcosa di nuovo. Non erano stati da nessun’altra parte all’infuori dell’America.
 
Perché ora?
 
Dean non ne aveva idea. Forse perché erano stanchi e ne avevano abbastanza di tutta quella merda che era accaduta lì, forse avevano bisogno di un po’ d’aria frasca per ricominciare…
 
Ad essere onesti, Dean non si ricordava nemmeno come la loro attenzione era passata dai demoni in America ai demoni in Gran Bretagna. Ricordava vagamente Sam che gli mostrava qualcosa riguardo persone morte trovate a Londra, persone con buchi nel petto e gli occhi bruciati.
 
«Qualunque cosa sia- »aveva detto Sam mentre dava un’occhiata allo schermo del suo portatile, la fronte corrucciata. « è brutto. »
 
Cacciare demoni a Londra… Dean non sapeva che pensare.
 
Londra era una capitale, con persone, tante persone, e tizi armati avrebbero attirato l’attenzione. Non è che fosse legale portare una pistola a Londra e giocare a nascondino con i demoni.
 
« Ci serve del sale. » lo informò Sam, osservandolo, quasi urlando, perché la musica era troppo forte.
 
Dean sospirò, girando il volante a destra e imboccando una strada secondaria.
« Immagino tu abbia ragione. »
 
Per la verità il sale non mancava, ma meglio averne di più che non abbastanza.
 
E, Dean pensò con un piccolo ghigno, possiamo prendere una torta.
 
-   -   -   -   -   -
 
Ci volle un’ora e mezza per prendere quel dannato sale e la torta. N’era valsa la pena, però, perché la torta era dannatamente buona.
 
Un'altra ora dopo erano seduti nell’Impala, interamente vestiti da agenti del FBI.
 
« Sei soddisfatto, ora? » chiese Sam, il mento appoggiato sulle mani mentre guardava Dean. Il tono della sua voce era di nuovo irritato.
 
Dean alzò gli occhi al cielo e batté le mani. « Sì. Andiamo adesso, abbiamo un lavoro da fare, giusto? »
 
Sam grugnì, quasi dovesse dire qualcosa, ma sembrò ripensarci perché chiuse nuovamente la bocca e rimase zitto.
 
Dean si voltò dietro per guardare Castiel, che restituì l’occhiata con occhi solenni. « Per quanto riguarda te, amico? Vuoi restare nell’Impala? »
 
Castiel inclinò la testa, gli occhi stretti leggermente. « Perché, Dean? » chiese, la sua voce bassa e piatta.
« Sai bene come me che Lucifero non mi lascerà da solo, non importa se resto nella macchina o vengo con voi. » abbassò lo sguardo. « Non sono inutile. »
Dean sentì una fitta di colpevolezza. Certo, avrebbe dovuto saperlo. « Sì, scusa, ho pensato che magari avevi voglia di riposare un po’ o qualcosa del genere. » Non che Castiel avesse bisogno di riposare, era un Angelo, se c’era qualcosa di cui non aveva bisogno era proprio riposare, ma d'altronde le circostanze erano diverse.
 
Forse non si notava subito, e non si sarebbe notato, se non si avesse conosciuto Castiel così bene come faceva Dean, ma Castiel era sfinito.
 
Il linguaggio del suo corpo, i suoi occhi, la sua voce, tutto era diverso.
 
Sì, Castiel era un Angelo, era potente, aveva il suo mojo ma… Lucifero era nella sua testa, lo faceva diventare matto, ed era la sua anima a diventare esausta. Era difficile, persino per un Angelo. Forse specialmente per un Angelo, visto che doveva superare 24 ore ininterrotte con Lucifero. Doveva essere sfaticante.
 
« Okay, è meglio andare ora. » disse Dean, un gran sorriso sulle labbra.
 
Non si sentiva dell’umore per sorridere, ma fanculo.
 
Erano successe cose in passato, cose davvero brutte, cazzo, era tutto così rovinato, e Dean era stanco di essere arrabbiato e triste e deluso.
 
L’aria era gelida e stava piovendo. Dean non ci badò molto. Non era un amante del clima freddo e rigido, ma poteva sopportarlo. Diavolo, aveva affrontato cose molto peggiori di un brutto tempo…
 
L’obitorio non era molto meglio, con le sue fredde pareti bianche e il pavimento piastrellato. Dean aveva di certo visto posti più carini, e conosceva almeno 10 posti in cui avrebbe preferito essere. Inclusa l’Impala.
 
« Quindi, voi siete gli agenti del FBI che hanno chiamato? » Un uomo dai capelli grigi sulla quarantina li squadrò, le sopracciglia aggrottate. Non sembrava per niente convinto e li stava guardando con attenti occhi marrone scuro.
 
Loro erano fermi di fronte alla doppia porta di metallo chiusa - la porta che dava alla camera con i corpi.
 
« Sì. » disse Sam, sfoggiando uno dei suoi sorrisi più affascinanti e porgendo la mano. Diede a Dean una veloce occhiata, e Dean e Castiel tirarono fuori i loro distintivi. Questa volta Castiel riuscì a reggerlo in modo corretto. Dean avrebbe potuto giurare di aver visto l’uomo alzare un sopracciglio.
 
« Siete sicuri che siano autentici? Credo di aver visto quel nome da qualche altra parte prima d’ora… »
 
« Lestrade, giusto? » domandò Dean, spingendo Sam da parte. « Beh, questi nomi sono molto comuni in America. »
 
Lestrade lo guardò, chiaramente insospettito, ma fece un cenno d’assenso comunque. « Sì, giusto. Posso domandarvi… » si schiarì la gola « Esattamente perché l’FBI è interessata a questo caso? »
 
« Abbiamo avuto degli incidenti identici in Illinois. » disse Sam. Castiel, dopo un’esitazione e uno sguardo da parte di Sam, annuì. « Ci è stato detto che l’omicida probabilmente si è trasferito a Londra, continuando i suoi crimini. »
 
Lestrade diede loro un altro sguardo sospettoso e Dean non poté biasimarlo; quella storia non era molto credibile.
 
« Davvero? » chiese, lentamente.
 
Castiel annuì lentamente in risposta.
 
« Interessante… » La voce di Lestrade si affievolì. Dean sentiva che non era convinto, e per questo motivo chiese con naturalezza: « Potremmo dare un’occhiata ai corpi, adesso? »
 
Lestare prese un lungo sospiro e alzò le spalle « Sì, sì, certo. Ma posso assicurarvi che vi lascerà senza indizi come prima. »
 
Dean alzò un sopracciglio mentre seguivano l’ispettore attraverso la porta di ferro. « Scusatemi - » chiese mentre seguiva il passo dell’uomo inglese. « - ma perché ritiene ciò? »
 
Lestrade ridacchiò seccamente ma non si voltò verso Dean. « Credetemi, uno dei nostri uomini migliori è attualmente impegnato in questo caso, e non è riuscito a trovare un solo indizio. » La sua voce era mortalmente seria, come peraltro il suo volto.
 
« Beh, non si può mai sapere. » replicò Sam, cercando di alleggerire l’atmosfera. « Forse vedremo qualcosa che lui non ha notato. »
 
A quel punto, Lestrade scoppiò a ridere. « Oh ragazzi, credetemi su questo: se Sherlock Holmes non trova una traccia, neanche voi ne sarete capaci. »
 
Dean e Sam si bloccarono di colpo, facendo inciampare accidentalmente Castiel in Dean, che fissava Lestrade come se fosse pazzo.
 
« Sherlock? » chiese, divertito ma sorpreso. « Intende QUEL Sherlock Holmes? »
 
Lestrade si girò, sorpreso anch’egli. « Beh, io ne conosco solamente uno. Lo conoscete anche voi? »
 
Dean deglutì sonoramente, i suoi occhi incontrarono quelli di Sam, che sembrava non sapere se ridere o essere scioccato.
 
« Chi è questo Sherlock? » chiese Castiel, disorientato e con un’ingenuità che solamente i bambini possiedono, gli suoi occhi vaganti da Dean a Sam e Lestrade. Di nuovo, il povero idiota non aveva capito.
 
Perché diamine non avevano un cavolo di libro o film su in Paradiso? Doveva essere davvero noioso lassù.
 
« Oh, lascia perdere. » Dean ondeggiò una mano, ma Lestrade sorrise quasi gentilmente. « È uno dei migliori detective che abbia mai conosciuto. Ha risolto qualsiasi crimine che gli è capitato. » Dean aveva l'impressione che l’uomo stesse parlando di suo figlio.
 
« Uh, davvero grandioso, ma... possiamo andare avanti adesso? » sollecitò il più anziano dei Winchester, spingendo Castiel, che guardava Lestrade con occhi interrogativi come se volesse sapere di più riguardo questo famoso detective Sherlock Holmes, da parte.
 
Raggiunsero i tavoli d’acciaio con i corpi coperti. Tre corpi.
 
« Oh, ciao. » Una donna con lunghi capelli marroni raccolti in una coda di cavallo li salutò timidamente. Aveva degli occhi marroni caldi e niente trucco sul viso. Era molto carina, ma non sembrava rendersene conto. Era fin troppo timida per accorgersi della sua bellezza, ipotizzò Dean.
 
« Ahm, quindi, qui ci sono i corpi. » mosse le mani, a dire il vero le braccia, in direzione dei corpi, un sorriso insicuro in volto. « Oh, e io sono Molly Hooper. » Porse la mano verso Sam, ma poi colse uno sguardo nell’espressione di Lestrade e ritirò frettolosamente la mano. « Quindi, uh… posso aiutarvi in qualche modo? »
 
Dean annuì e le rivolse un sorriso, che le fece avvampare il volto di Molly. « Sì, in effetti vorremmo dare un’occhiata ai corpi, se non le dispiace. »
L’espressione di Molly cadde e diventò di colpo pallida, e molto seria. « Sì, sì certo, scusate. »
 
Dean non voleva suonare autoritario, la sua voce era stata calma e amichevole, ma Molly sembrò essere abituata alle prese in giro perché scomparve un po’ nelle spalle curvate in avanti.
 
Tolse le lenzuola bianche dai corpi e fece diversi passi indietro, per posizionarsi accanto a Lestrade. Il suo vido si contorse in una smorfia di dolore quando il suo sguardo indugiò su uno dei cadaveri. Era un bambino di a malapena dodici anni.
 
Dean, Sam e Castiel incominciarono ad esaminare i corpi mentre Molly e Lestrade li guardavano silenziosi.
 
Lestrade aveva ragione, non c’era molto da dire riguardo ai cadaveri, a parte il fatto che avessero tutti un buco nel petto, proprio dov’era ubicato il cuore. Il cuore in sé sembrava essere stato bruciato col fuoco. Dean increspò il naso mentre continuava a squadrare il cadavere. Questo era una donna nei suoi tardi vent’anni con capelli biondi ed una faccia rotonda. I suoi occhi erano stati bruciati, lasciando solo due buchi scuri nella testa. Dean aveva già visto qualcosa di simile prima, ma dubitava che quegli occhi bruciati fossero opera di un Angelo.
 
« Cosa ne pensi? » sussurrò Sam, piegandosi verso il corpo della donna bionda.
 
« Cosa ne penso? » chiese Dean, alzando un sopracciglio. « Penso che questo sia un uomo malato. »
 
« Spero che non fossero vivi quando i loro occhi sono stati bruciati… » Castiel, di fianco a Dean, rifletté. Uno sguardo triste aleggiava nei suoi occhi blu, come se avesse conosciuto le persone sui freddi tavoli d’acciaio.
« È molto sgradevole. »
 
« Amico. » si lamentò Dean, colpito ancora una volta dal perfetto tempismo di Castiel. « Per favore lascia i tuoi utilissimi commenti per quando saremo da soli e non circondati da persone che potrebbero sentirti. »
 
Castiel annuì pensieroso, borbottando qualcosa come « Certo. » e ci fu silenzio di nuovo.
 
Dean notò lo sguardo infestato di Castiel. Aveva la sensazione che Lucifero gli stesse dando fastidio di nuovo, perché l’Angelo aveva le sopracciglia corrugate e il suo braccio sinistro appeso intorno alla vita come se si stesse coccolando.
 
Una strana posizione, specialmente per Castiel, e specialmente in pubblico. All’improvviso Dean era lieto che Castiel stesse dando le spalle a Molly e Lestrade.
 
Però, Dean si domandò silenziosamente se Castiel avesse fatto così per tutti i mesi passati in ospedale finché Dean e Sam non erano andati a prenderlo. Coccolandosi, dondolando avanti e indietro tutto solo, con nessuno con cui parlare, nessuno che lo calmasse…
 
Doveva proprio pensare a qualcos’altro in quel momento, o il senso di colpa lo avrebbe ucciso dall’interno o lo avrebbe trasformato in una ragazzina piagnucolosa.
 
Perfetto, sempre quando ne ho bisogno.
 
Ma, di nuovo, non è stata forse colpa di Castiel se era finito lì? Se non avesse distrutto il muro di Sam-
 
« Quindi, trovato niente? » la voce di Lestrade interruppe il corso dei pensieri di Dean, che gliene fu molto grato.
 
« No. » Dean scosse la testa e si voltò verso l’ispettore e il patologo. « Avevate ragione, non abbiamo trovato niente se non il fatto che è stato un omicidio. »
 
Lestrade alzò le spalle come per dire: 'visto, ve l’avevo detto'. « Quindi adesso? »
 
« Forse dovreste chiedere a Sherlock. » suggerì Molly con la sua vocina, torcendosi nervosamente le mani.
 
Lestrade alzò gli occhi al cielo « Non penso che Sherlock - » enfatizzò pesantemente il nome « - coopererebbe con l’FBI. »
 
Molly abbassò la testa e borbottò « Ma coopererebbe con chiunque se fosse per un caso. » ma Lestrade non sembrò averla sentita perché se ne andò. « Scusate, ma vi avevo detto che questo non sarebbe stato di grande aiuto. »
 
Dean e Sam sorrisero gentilmente, salutando, mentre Castiel continuava a stare dietro di loro. « Va bene. » garantì Sam. « Significa solo che dovremo cercare altrove per gli indizi. »
 
Lestrade li condusse fuori dall’edificio parlando con Sam, che lo ascoltava apparentemente interessato. Nel frattempo Dean camminava affianco a Molly, che guardava ovunque tranne che verso di lui.
 
« Quindi… » iniziò Dean, e Molly trasalì come se l’avesse schiaffeggiata.
 
« Sì? » Lei voltò la testa verso di lui, i suoi occhi marroni interrogativi.
 
« Hai detto che Sherlock Holmes potrebbe aiutarci. » Lei abbassò lo sguardo, l’entusiasmo che abbandonava il suo corpo di nuovo. Forse aveva sperato di sentirsi dire qualcos’altro?
 
« Sì. Lui è… lui è davvero bravo, sai? Ahah, no… non bravo in… Oh, voglio dire, è bravo in quello che fa, uhm, il detective… » la voce le si affievolì, e si morse il labbro inferiore in imbarazzo.
 
« L’avevo immaginato. » Dean rise delicatamente, cercando di alleggerire l’atmosfera. « Quindi, potresti darmi il suo indirizzo? Ritengo sarebbe utili andare a parlargli. »
 
« Uh, certo. » Molly annuì frettolosamente e si attorcigliò distrattamente una ciocca di capelli attorno al dito medio. « 221B Baker Street. »
 
« Grazie. » Dean sorrise di nuovo, e Molly diventò rossa. « Prego. »
 
Si separarono alla porta d’ingresso, salutandosi.
 
« Hai dei bei capelli, comunque. » Dean ammiccò a Molly, che diventò rossa di nuovo, sull'orlo dell'infarto. « Dean. » Sam roteò gli occhi infastidito e tirò Dean verso l’Impala.
 
« Cosa? » chiese Dean, liberandosi dalla presa del fratello. « Volevo soltanto essere gentile con lei. »
 
« Sì, certo. » grugnì Sam. « E noi tutti sappiamo dove il tuo ‘gentile’ finisce. »
 
« Dove? » chiese Castiel con la sua voce seria da dietro, e Dean non poté far altro che sorridere.
 
Arrivarono all’Impala. Aveva smesso di piovere e le strade erano bagnate.
 
« Quindi, non abbiamo indizi, giusto? » chiese Sam appena si sedette nel sedile del passeggero.
 
Dean chiuse la porta e sospirò. « No, nemmeno uno, a parte il fatto che deve essere stato il lavoro di un demone… o di un tizio molto, molto malato. »
 
Sedevano lì, fissando la strada.
 
« Io penso che dovremmo andare a visitare Sherlock. » suggerì Castiel, visto che nessuno parlava. La sua voce era bassa.
 
Dean si voltò verso l’Angelo, la fronte corrugata. « Non so, forse dovremmo passare dall’Hotel prima? »
 
Castiel strizzò gli occhi. « Perché? »
 
Dean alzò le spalle, sentendosi a disagio sotto lo sguardo intenso dell’altro uomo. « Non lo so, ma senti, ti ho visto nell’obitorio e so che Lucifero - »
 
« Mio fratello - » lo interruppe Castiel, con voce tagliente « - non è più affar tuo, Dean. »
 
Si fissarono l’un l’altro. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, entrambi sarebbero già morti. Due volte.
 
« Non dire così. » disse Sam. Sembrava preoccupato.
 
« Guarda, se possiamo aiutare - » iniziò Dean, ma Castiel lo interruppe di nuovo. « No Dean, non puoi aiutare. » e in qualche modo quelle parole lo ferirono.
 
Castiel aveva probabilmente notato l’espressione di dolore negli occhi di Dean, perché continuò con una voce più gentile. « Va bene Dean, non mi preoccupo. Semplicemente non voglio sottrarvi al vostro lavoro. »
 
Dean sospirò pesantemente e si allungò per posare una mano sulla spalla di Castiel, che sussultò lievemente.
 
« Ehi amico, niente, mi hai sentito, niente è più importante della salute della famiglia. »
 
Gli occhi di Castiel erano spalancati e blu e un piccolo sorriso si poteva intravedere sulle labbra, giusto uno piccolino che rimase lì per pochi secondi prima che Castiel replicasse.
 
« Dammi solamente la bottiglia con le pillole e vai avanti. Non abbiamo molto tempo. »
 
Per te, pensò Dean tirando fuori la bottiglietta dal portaoggetti della macchina, per te prenderei tutto il tempo necessario.
 
Ma non disse niente di tutto quello quando passò la bottiglia a Castiel, e nemmeno Sam disse nulla, ma Dean poté vedere la preoccupazione nello sguardo del fratello.
 
Dean si strofinò la mano sinistra sulla faccia, mentre con la destra azionava la radio.
 
 La musica era troppo forte, di nuovo, ma Dean aveva bisogno che fosse così.
 
« Andiamo a visitare Mr. Holmes! » urlò, e Sam dovette premersi le mani alle orecchie, la faccia contorta in una smorfia. « Abbassa il volume! »
 
« Costringimi, puttana. » sorrise Dean.
 
« Idiota. » fu la risposta.
   
 
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