Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: Will P    06/01/2013    2 recensioni
Prompt: Natasha Romanoff/Pepper Potts, Pepper è in pericolo a causa del lavoro di Avenger di Tony, ma a salvarla non è Iron Man, bensì Black Widow.
"Questo, le dice una voce nella sua testa, pacata e sottilmente compiaciuta come sa esserlo solo quella di Phil, è il motivo per cui ad Iron Man serviva un’identità segreta."
Genere: Azione, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Natasha Romanoff/Vedova Nera, Pepper Potts
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Avvertimenti: h/c, pre-femslash.
Disclaimer: Nnnnope. Titolo @ Planetary (GO!) - My Chemical Romance.
Note: Per il prompt #039 (Natasha Romanoff/Pepper Potts, Pepper è in pericolo a causa del lavoro di Avenger di Tony, ma a salvarla non è Iron Man, bensì Black Widow) del Santafest @ maridichallenge. Grazie alla mia Perla per il betaggio & OP, mi dispiace che sia più subtext che femslash, però mi è uscita così ;_;



If my velocity starts to make you sweat then just don’t let go

Questo, le dice una voce nella sua testa, pacata e sottilmente compiaciuta come sa esserlo solo quella di Phil, è il motivo per cui ad Iron Man serviva un’identità segreta.

Ma non mi dire, sbotta mentalmente in rimando, ed ora sta parlando con le voci nella sua testa. Perfetto. Sapeva che un giorno sarebbe impazzita, ma non pensava che sarebbe successo nel bel mezzo di un rapimento.

Qualcosa esplode da qualche parte alla loro destra con un’onda d’urto che fa sbandare l’auto fin sopra il marciapiede, pezzi di asfalto e macerie che rimbalzano contro la macchina assordandola ancora nell’eco della detonazione. Pepper sbatte contro la portiera, trattenendo un gemito tra i denti, mentre l’autista impreca e gira il volante con ferocia, stringendolo tra le dita come se fosse il collo di qualcuno, riportandoli in strada con un altro scossone prima che investano un banchetto di hot-dog abbandonato.

Un fischio sordo, e il banchetto esplode in una fiammata.

È già un miracolo che non abbiano ancora ucciso nessuno correndo come invasati nel centro di Manhattan, ci mancava solo Tony al loro inseguimento che inizia a sparare a casaccio. Di questo passo non importa che l’abbiano rapita per estorcerle informazioni o per usarla come esca per Tony, tanto finiranno tutti per saltare in aria.

“Accidenti,” dice mister – come si chiama. Si era presentato come mister Andy Moore, ma ora dubita sia il suo vero nome. Dubita che ci fosse qualcosa di vero in tutto il piano che hanno orchestrato per rapirla, dall’offerta dell’azienda di Moore al pranzo di lavoro in cui avrebbero dovuto discuterla. Stupida, stupida, stupida a non fare più controlli su “Andy Moore”, ad accettare il passaggio nella sua auto aziendale, a non aspettare Happy. “Il suo ragazzo è piuttosto sconsiderato, non trova?”

Moore le sorride, completamente a suo agio, come se lei non stesse provando a trafiggerlo con lo sguardo. Ha un tacco sedici con cui potrebbe accoltellarlo con ancor più efficacia, se non fosse per la pistola che Moore le tiene distrattamente puntata al petto, sovrappensiero, tranquillo e rilassato contro il morbido sedile di pelle perché lei non è una minaccia. Stringe i pugni finché le unghie non le graffiano i palmi, inspira a fondo, cerca di imitare uno dei sorrisi blandi di Phil. “Non è il mio ragazzo,” dice, le labbra sempre tese nello stesso sorriso insipido, e ormai ripeterlo ad alta voce non fa quasi più male. “Sono solo una sua dipendente.”

Si sente un boato, come una maledizione o un urlo di vittoria, e azzardando un’occhiata allo specchietto retrovisore intravede una delle auto della scorta di Moore in fiamme e – una moto scura.

Non è Tony.

Il cuore le salta in gola, ma non osa restare a guardare per paura che anche Moore se ne accorga, che perdano questo minuscolo vantaggio. Non è Tony, rimbomba nella sua testa, e non sa che pensare. Chi altri sarebbe così pazzo da correre in suo aiuto? Chi è che la inseguirebbe per tutta Manhattan solo per salvarla? Per un attimo pensa a Steve, perché non conosce altri che si muovano in moto, ma la figura al loro inseguimento è troppo piccola per essere lui. Moore ride, riscuotendola dai suoi pensieri.

“Non si sottovaluti così, miss Potts, sappiamo entrambi che Iron Man farebbe di tutto per lei.” Moore si avvicina e Pepper s’irrigidisce, si costringe a restare ferma, ad aspettare, a non cercare di disarmarlo, non nel retro della sua auto, non nel mezzo di un inseguimento, non ora, Pep, non ora. Moore deve aver scambiato la sua immobilità per paura, e ridacchia piano, un suono sgradevole come vetro che gratta sull’asfalto, e poi le punta la pistola alla faccia.

Per un attimo non vede più nulla. Quando il panico si dissipa abbastanza, però, si rende conto che Moore le sta solo accarezzando la guancia con la bocca della pistola, il metallo come un artiglio gelato che le brucia la pelle, un gioco di potere e niente più. Moore si compiace del suo terrore impotente, ghignando, e Pepper vorrebbe solo essere lei ad avere il dito sopra il grilletto, invece non può che raddrizzare le spalle, andando incontro alla pistola in uno slancio di sfida – spostarla o tenerla ferma e ferirla. Quando Moore ritrae appena il braccio sente una vampata di coraggio nel petto, e ritrova la voce. “Allora deve sapere che è vero anche il contrario.”

Moore scuote la testa. “Sono sicuro che troveremo un modo per farla… collaborare.” La guarda con pietà, quasi, come se in fondo gli dispiacesse per lei. Povera, piccola, spaurita Pepper, così fuori dal suo elemento, come farà a resistere?

Dozzine, centinaia di uomini l’hanno guardata così in vita sua, e nessuno di loro valeva più della polvere sotto le sue scarpe.

“No, temo di no,” replica. Sorride di nuovo, educata e innocente, ma con una punta di ghiaccio nella voce che non ha niente di Phil e tutto di – Natasha, è così che si chiama ora. “Non sono quel tipo di ragazza.”

“Boss, siamo quasi arrivati,” li interrompe l’autista. Pepper getta un’occhiata furtiva alle loro spalle, e il cuore le sprofonda quando non vede più la moto da nessuna parte.

“Vedremo,” sta dicendo Moore, aggiustandosi la giacca con irritazione mal celata. “Scommetto che ci dirà tutto su Iron Man quando la farò pregare –”

La macchina sbanda ancora quando qualcosa le taglia la strada.

“Che cosa –?!”

L’autista impreca e tenta di frenare, aggrappato al volante, ma perde il controllo e l’auto gira una, due volte su se stessa, travolgendo tutto quello che incontra. Pepper sbatte di nuovo contro il vetro infrangibile del finestrino ma riesce a restare seduta, attaccandosi ad un bracciolo come ad un’ancora nella tempesta, mentre Moore viene scaraventato a terra. L’auto gira ancora un’ultima volta prima di schiantarsi contro il muro, con un urto che la getta all’indietro facendole sbattere la testa contro il sedile.

Le rimbombano le orecchie e, quando riapre gli occhi, tutto gira in un turbinio di piccole lucine dorate, ma non è questo il momento di svenire. Stringi i denti e vai avanti, Potts, dannazione. Traballa solo un poco quando si alza, incerta come non lo è da tanti anni sui suoi tacchi alti, e si butta sulla portiera con tutto il proprio peso. L’incidente deve aver allentato la serratura perché quella si apre di colpo, facendola quasi rotolare in strada, e il sollievo di essere libera è come un’ondata d’acqua fresca.

“Brutta –”

Moore si getta alla sua caviglia, stritolandola tra le dita e trascinandola a terra con sé. Ha lo sguardo febbricitante e i denti scoperti in un ringhio, furioso e incapace di arrendersi alla sconfitta. “Dove credi di andare,” grida, afferrandola per un braccio, determinato come chi non ha più niente da perdere ma debole e stordito per la caduta, e finalmente senza pistola. “Stark non riuscirà a salvarti –”

Santo cielo, quanto ne ha abbastanza delle chiacchiere di questo tizio.

La manica del suo tailleur è probabilmente rovinata per sempre, ma che rumore soddisfacente quello del naso di Moore che si spezza sotto il suo gomito.

Traballa appena uscendo finalmente dall’auto, uno, due, tre passi sicuri prima di doversi aggrappare alla portiera abbozzata, maledicendo sottovoce le sue ginocchia traditrici che decidono ora di subire il colpo di tutta la tensione della giornata, ma dopo una serie di lunghi respiri profondi è quasi come nuova.

L’autista è fuori gioco, svenuto contro l’airbag sgonfio e con un livido alla fronte che Pepper non compatisce affatto. Non c’è traccia delle altre auto della scorta di Moore e tra la folla ci sono solo facce sconvolte e flash insistenti che le danno il mal di testa. È solo quando è certa di essere al sicuro che si abbandona contro il fianco dell’auto e alza gli occhi per incontrare il suo eroe misterioso.

Questi si toglie il casco, e Pepper si rende conto di essere rimasta a bocca aperta come un’idiota.

“Natalie?”

Stare troppo tempo con Tony le deve aver deteriorato le sinapsi, perché di solito non è così stupida. Natasha però non sembra aver fatto caso al lapsus – non sembra aver fatto caso a niente, in realtà, mentre butta a terra il casco e marcia verso di lei quasi di corsa, i capelli che le incorniciano il viso come un’aureola di fiamme, le sopracciglia aggrottate sopra gli occhi che mandano lampi e… oh Dio, è un bazooka quello che ha in spalla?

Fa per scusarsi della gaffe ma Natasha la raggiunge e poi la supera in silenzio, salendo in macchina senza degnarla di uno sguardo. La vede chinarsi sul corpo di Moore – sì, è un bazooka, la Vedova Nera li stava inseguendo in moto cercando di fermarli con un bazooka, un piano infallibile, certo, ed ecco che le ginocchia tentano di tradirla di nuovo – e controllargli le pupille, il polso, la ferita al naso, il tutto mormorando un flusso continuo d’informazioni nella sua trasmittente da polso. La perde di vista mentre va, presumibilmente, a riservare lo stesso trattamento all’autista, e da un battito di ciglia all’altro se la trova davanti, materializzatasi dal nulla come un fantasma.

Dopo una giornata del genere, non sussulta nemmeno. “Natasha,” dice, senza punti interrogativi o incertezze, e le sembra di vedere un guizzo di divertimento nei suoi occhi impassibili. “Perché sei qui?”

Natasha inarca un sopracciglio e inclina la testa verso l’auto con i suoi due rapitori privi di sensi, in un silenzioso Tu che dici? Da quando non deve più far finta di essere Natalie riesce ad essere ancora più sarcastica, cosa che in tutta onestà Pepper non credeva possibile. “Dobbiamo tornare alla base per il debrief,” dice invece, agente in servizio fino al midollo, “ma prima devi farti vedere dai paramedici.”

Come evocate dalle sue parole, Pepper sente le sirene di un’ambulanza in avvicinamento e realizza che dovevano esserci una mezza dozzina di auto della SHIELD al loro inseguimento alle spalle di Natasha. Non si è mai sentita così tanto come una damigella in difficoltà e avvampa di vergogna, ma tenta di nasconderlo alzando gli occhi al cielo. “Sto bene,” sbotta, anche se la guancia le pulsa ancora dopo lo scontro con il finestrino, il braccio le duole per tutte le cadute contro la portiera e può sentire la ferita alla testa che sta iniziando a gonfiarsi. “È solo un bernoccolo.”

Si aspetta una discussione, sinceramente, un’alzata d’occhi al cielo tanto esasperata da valere più di mille insulti o un’inamovibile resistenza – qualcosa. Quello che non si aspetta è di sentire la dita di Natasha sul viso, delicate come il battito d’ali di una farfalla a dispetto della sua espressione irritata, che le sfiorano il mento e gli zigomi tracciando i contorni della sua guancia gonfia. Natasha le incornicia il volto tra le mani, e, quando si posano sulle sue labbra, gli occhi di Natasha di incupiscono di una furia gelida che Pepper non ha mai visto. Lo sguardo dura un attimo, però, così rapido che potrebbe averlo immaginato, prima che Natasha le accarezzi un angolo delle labbra col pollice e il suo cuore decida di recuperare tutta l’emozione della giornata in un colpo solo, iniziando a battere all’impazzata.

“Fatti vedere dai paramedici,” mormora, fissandola con quei suoi due occhi verdi quasi a volerla supplicare, e Pepper si trova ad annuire, imbambolata, notando stupidamente che senza tacchi Natasha deve alzarsi appena sulle punte per poterla guardare negli occhi. Come se dovesse baciarla.

Quasi si strozza con l’aria perché da dove è arrivato un pensiero del genere? Dev’essere colpa della cattiva influenza di Tony, senza dubbio. È sempre colpa della cattiva influenza di Tony.

“Dov’è Tony?” chiede, cercando di ricomporsi, mentre Natasha la guida verso l’autoambulanza grigia della SHIELD e una dozzina di agenti corre tutto attorno a loro verso l’auto semidistrutta. Non si sente più le ginocchia deboli, ma Natasha deve aver notato i suoi passi incerti di poco prima, perché per tutto il tempo le tiene una mano gentilmente appoggiata alla base della schiena, come se avesse paura di vederla scomparire da un momento all’altro. Se ci fosse stato chiunque altro al suo posto si sarebbe offesa, ma da parte di Natasha è un gesto stranamente confortante. “Va tutto bene? Non è ferito, vero?”

“Non l’ultima volta che l’ho visto,” dice Natasha, e allo sguardo stralunato di Pepper elabora, “C’è stato un attacco di Doombot da Macy’s.”

“E non potevano fare a meno di Iron Man, così ti hanno mandata.”

Natasha le lancia un’occhiata di sbieco. “Ho chiesto io di venire.”

Pepper realizza improvvisamente di averla insultata in qualche modo, ma non ha idea di come. Non voleva insinuare di non essere grata del salvataggio, o che Natasha valesse di meno di Tony in missione, ma – ormai sa che contro i Doombot la collaborazione di Iron Man è indispensabile, non ce l’ha con Tony per non essere corso a salvarla, e di sicuro non le dispiace di poter rivedere Natasha. È solo… sorpresa.

“Per un po’ ho creduto che fosse lui,” confessa, mentre una ragazza in divisa da paramedica la nota e si dà da fare per trascinarla sul retro dell’ambulanza e controllare ogni cosa. “C’erano davvero tante esplosioni.”

Natasha fa una piccola smorfia. “L’idea è stata sua,” dice, arricciando il naso in modo adorabile. “Dovevamo bloccarvi la strada, e Tony non credeva che mi bastasse una pistola.” Nonostante tutto il suo contegno l’indignazione è chiara nella sua voce, e Pepper sente salirle in petto una risata che, una volta iniziata, ha tutto il sapore dell’isteria.

“Quindi ti ha dato un bazooka.”

A questo Natasha sorride, un sorriso che le illumina il viso di malizia e sembra così poco da lei che Pepper teme sia un effetto della botta in testa o della crisi isterica. “Tanto vale fare trentuno, no?”

Pepper soccombe ad un’altra crisi di risatine, così poco dignitose ma così liberatorie. Non c’è nessuno che la stia guardando, dopotutto, né passanti né curiosi, solo lei e Natasha e la paramedica che le misura la pressione, e sente finalmente di potersi lasciare andare. Attendono il responso del controllo insieme, in un silenzio amichevole, e appena ricevuto il via libera un agente – un ragazzino con gli occhi grandi e i ricci scuri che non potrà avere più di vent’anni – le corre incontro. “Miss Potts,” esclama, piazzandosi davanti a lei. La guarda e alza un braccio, visibilmente incerto su come salutarla, prima di scartare la stretta di mano e il saluto militare decidendo di lasciar perdere. “Sono l’agente Robinson, ho il compito di scortarla fino al quartier generale per il debrief.”

Pepper si morde un labbro, ma prima che possa anche solo prepararsi a rispondere sente le dita di Natasha attorno al proprio polso, gentili ma decise. “Miss Potts è sotto la mia custodia.” Il ragazzo impallidisce e annuisce con forza, e mentre gira i tacchi Pepper si chiede che razza di reputazione abbia Natasha alla SHIELD se le reclute sono così terrorizzate da lei.

“Ti ringrazio,” dice, quando l’agente Robinson è lontano, abbassando lo sguardo. Si vergogna ad ammetterlo, ma l’idea di salire di nuovo su un'auto con degli sconosciuti, al momento, è più di quanto abbia la forza di sopportare.

Natasha non risponde, fa solo scivolare le dita tra quelle di Pepper e stringe forte, e poi ne approfitta per trascinarla con sé… fino alla moto.

“Sto rivalutando l’offerta dell’agente Robinson,” dice, ma Natasha ridacchia e le piazza un casco fra le mani.

“Non ti fidi?” chiede, scherzando, ma al di là del suo sguardo ironico Pepper riesce a vedere la serietà di quella domanda. Guarda Natasha, poi il casco impolverato tra le proprie mani, poi tutt’intorno. Gli agenti si stanno occupando della situazione, ma ci sono ancora dei curiosi che non se ne sono andati e la fissano tra bisbigli concitati e scatti di fotocamere. Su internet deve già esserci una quantità imbarazzante di sue foto, non è il caso di dare ulteriore spettacolo. Guarda di nuovo Natasha.

Il casco è sorprendentemente comodo, pur con il suo bernoccolo, ma per salire in moto deve arrotolarsi la gonna lungo le cosce. Natasha le fa spazio sul sellino con un luccichio indecifrabile negli occhi, abbandonando infine il bazooka al primo agente a portata di mano, e mette in moto. La motocicletta si accende facendo le fusa come un gattino – è chiaramente una di quelle di Tony – e quando Natasha dà gas romba tanto forte da farla aggrappare di corsa alla sua vita.

Ho rivalutato l’offerta di Robinson,” ripete – urla, per farsi sentire – mentre si stringe alla schiena di Natasha, che si volta a guardarla. Non ha idea di come l’abbia capito da sotto il casco, ma sa che sta sorridendo.

“Non ti farò cadere,” dice, e parte, e Pepper ci crede.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Will P