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Autore: Glirnardir    07/01/2013    0 recensioni
Che cosa accadde veramente quando Bilbo incontrò i famosi tre troll?
Storia completa.
Questa storia (come tutte quelle che pubblicherò in futuro, credo) non è mia. Io l'ho semplicemente tradotta per farvi conoscere la meravigliosa autrice Dreamflower. Per chi fosse interessato alla versione originale, la trovate qui (http://www.storiesofarda.com/chapterlistview.asp?SID=6040).
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Thorin Scudodiquercia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.T.: Questa storia non è mia. Io l'ho semplicemente tradotta per farvi conoscere la meravigliosa autrice Dreamflower. Per chi fosse interessato alla versione originale, la trovate qui: http://www.storiesofarda.com/chapterlistview.asp?SID=6040

Alcune creature, come i troll, differiscono notevolmente nel modo in cui vengono rappresentate ne "Lo Hobbit" e ne "Il Signore degli Anelli". Evidentemente, Bilbo aveva ritoccato i fatti realmente accaduti per creare una storia adatta ai bambini che spesso ascoltavano i suoi racconti.
 
Montone arrosto (rivisitazione)

     “Adesso erano tutti in un bell’imbroglio: tutti ben legati nei sacchi, con tre troll arrabbiati seduti accanto a  loro, che discutevano se dovessero arrostirli lentamente, o tritarli finemente e bollirli, o semplicemente sedersi su di loro e schiacciarli uno per uno, riducendoli in gelatina…”
     “Cugino Bilbo, è davvero così che sono andate le cose?” Gli occhi del giovane Saradoc Brandibuck erano dilatati dall’incanto mentre, seduto sul pavimento ai piedi di Bilbo, si protendeva in avanti verso il cugino.
     Gli altri giovani cugini si fecero più vicini, pronti a farsi piacevolmente spaventare dalla storia di Bilbo. Era molto richiesta quando il cugino Baggins veniva a trovarli nella Terra di Buck. Dopo una giornata indaffarata alla Festa del Raccolto era piacevolissimo sedersi intorno al focolare e ascoltare Bilbo che raccontava storie della sua celebre Avventura.
     Bilbo, senza la minima esitazione, rispose: “Certo che sì!” Dopo tutto continuava a raccontare questa versione assai ingentilita dei fatti fin dal suo ritorno. Certe volte arrivava a crederci lui stesso; altre volte aveva l’impressione che non sarebbe mai riuscito a dimenticare com’erano andate veramente le cose.
     Ma persino mentre enunciava quelle parole ripetute infinite volte, la sua mente era sconvolta da un turbinio di immagini - immagini che non avrebbe mai condiviso con quegli innocenti…
     Quella notte rimase sveglio, scacciando da sé il sonno e gli incubi, mentre ricordava le cose come erano andate veramente.
     “Cavalcate a dorso di pony sotto il sole di maggio.” Bah. La giornata era andata di male in peggio, e Bilbo non era mai stato così derelitto da quando aveva messo piede fuori da Casa Baggins. Aveva piovuto ininterrottamente per tutto il giorno, e i Nani erano addirittura più irritabili e contrariati del solito: non facevano altro che bisticciare e punzecchiarsi a vicenda.
     Niente fuoco - tutta la legna era umida, e Gandalf aveva pensato bene di volatilizzarsi… “Proprio quando uno stregone ci sarebbe stato più utile che mai,” aveva detto Dori. Bilbo si trovava pienamente d’accordo, e anche lui era piuttosto seccato con Gandalf. Maledetto stregone! Era tutta colpa di Gandalf se ora se ne stava lì, bagnato fradicio e gelato fino all’osso.
     Allora uno dei pony si gettò nel fiume, e così persero il cibo. Questa fu una calamità che colpì Bilbo come una stilettata al cuore. Gran parte delle provviste si trovava proprio su quel pony. Tutto il pane da viaggio, i formaggi, quell’adorabile sacco di funghi secchi, le mele, tutte le provviste acquistate a Brea: ogni cosa era inzuppata e rovinata.
     “C’è una luce laggiù!” Bilbo trasalì. Era la voce di Balin, che in quel momento era la vedetta del gruppo.
     Il gruppo si accalcò intorno a Balin, scrutando nella direzione che egli indicava. Nella massa scura delle piante riuscirono a distinguere una luce che brillava, una luce rossastra dall’aspetto confortante, come un fuoco, per esempio, o alcune torce accese.
     Fíli e Kíli si guardarono con espressioni raggianti. “Devono essere viaggiatori come noi! Hanno un fuoco - forse ci accoglieranno!”
     “No!” esclamò Dori. “Non si sa mai chi o cosa si possa aggirare da queste parti!”
     “Io dico ‘sì!’” gridò Bombur. “In ogni caso non potrebbe andare molto peggio di così, congelati e affamati come siamo!” Bifur e Bofur annuirono, ma parecchi degli altri scossero la testa.
     “Potrebbero essere briganti, banditi o peggio!” disse Ori.
     Balin annuì. “Queste parti nessuno le conosce bene, e sono troppo vicine alle montagne. Al giorno d’oggi pochi viaggiatori percorrono questa strada. Le vecchie mappe sono inutili!”
     Óin aggiunse: “Le cose sono peggiorate e la strada non è sorvegliata. Da queste  parti si è sentito raramente parlare del re, e meno curiosi si è, andando avanti, meno guai è probabile avere.”
     Glóin disse: “Ma anche se fossero banditi, non si tratterà certo di un gruppo numeroso. In fondo siamo quattordici!”
     “Quattordici?” sbuffò Óin, sardonico. “Dov’è andato a finire Gandalf? Dovremmo essere quindici!”
     “Già!” dissero molte voci. “Dov’è Gandalf?”
     Glóin digrignò i denti. “Non saremo mica così vigliacchi da temere un pugno di briganti! Non abbiamo bisogno di uno stregone che ci stia appresso come una bambinaia!” Accarezzò la sua ascia, come ansioso di abbattere i possibili nemici.
     Óin disse: “Sei sempre pronto a combattere! Certe volte è meglio ricorrere all’astuzia!”
     Glóin si mise muso a muso con Óin. “E tu sei sempre pronto a battere in ritirata!” ruggì, serrando i pugni.
     “Mi stai forse dando del vigliacco?” Óin diede uno spintone a Glóin, e prima che Bilbo potesse rendersene conto erano arrivati alle mani.
     La pioggia cominciò a battere ancora più forte. Quel disgraziato di Bilbo s’imbacuccò, stringendosi intorno alle spalle il mantello fradicio. “Alla malora questi Nani!” pensò. “Degli hobbit non si azzufferebbero mai in quel modo!”
     Thorin, che fino a quel momento si era tenuto in disparte, ascoltando la discussione con sguardo impassibile, tutt’a un tratto si fece avanti e afferrò i due litigiosi Nani per la punta del cappuccio, separandoli con veemenza. “Basta!” disse con voce autoritaria. “Non c’è bisogno di litigare. Dobbiamo soltanto scoprire cos’è quel fuoco. Dopo tutto abbiamo uno scassinatore con noi.” Thorin rivolse a Bilbo un’espressione compiaciuta.
     Bilbo rizzò la testa allarmato, ma prima che potesse protestare si levò un coro di voci, tutte d’accordo con il loro capo: “Sì! Lo scassinatore andrà in avanscoperta! Dopo tutto, strisciare in giro è proprio il suo lavoro!”
     Bilbo si morse il labbro inferiore. Qualsiasi cosa ci fosse là fuori, era palese che sarebbe toccato a lui scoprire di che si trattasse. Da una parte era la prima volta che i Nani decidevano di rivolgersi a lui per affidargli un compito, e questo inorgogliva non poco il suo lato Tuc. Ma il lato Baggins gli ricordò che avevano scelto un pessimo momento per metterlo alla prova.
     Ora Bilbo era piuttosto felice dell’acquazzone, perché i Nani, a dispetto della cautela, producevano un chiasso incredibile conducendo i pony in direzione del fuoco - o qualunque cosa fosse.
     Finalmente raggiunsero un punto nel bosco dal quale si poteva scorgere più chiaramente la luce del fuoco.
     “Adesso tocca allo scassinatore,” disse Dwalin quando si fermarono.
     Thorin piantò su Bilbo un’espressione severa. “Devi andare a scoprire tutto su quella luce, e a che serve, e se tutto è perfettamente sicuro e a posto. Adesso corri e sbrigati a tornare, se tutto va bene. Se non puoi, fai due volte il verso della civetta e una volta quello del gufo e faremo tutto il possibile per aiutarti.” Diede un paio di buffetti sulla schiena di Bilbo, che sarebbero anche stati incoraggianti se solo Thorin non avesse concluso con una leggera spinta.
     Bilbo sgusciò via prima di poter spiegare che non era capace di fare neanche una volta sola il verso di un qualsiasi uccello, più di quanto non fosse capace di volare come un pipistrello. Ma almeno era in grado di muoversi più silenziosamente di tutti quei chiassosi Nani. E questa era un’ottima cosa, perché la pioggia cominciava a scarseggiare sotto il baldacchino degli alberi, e Bilbo non ci teneva a farsi sentire.
     Ben presto si ritrovò dietro un albero, intento a fissare in una radura, e per un istante non riuscì nemmeno a respirare. C’era un enorme fuoco, intorno al quale stavano sedute tre creature, creature perfettamente gigantesche, mostri fuoriusciti dai peggiori incubi di uno hobbit - Bilbo non ebbe il minimo dubbio che quei tre demoni fossero troll. I loro corpi imponenti erano orrendamente deformi, la loro pelle coriacea era di un insalubre colore grigiastro, e le loro fauci, munite di minacciosi denti bianchi e aguzzi, erano perfettamente immense. E puzzavano, puzzavano come carogne. Come se non bastasse, a ciò si aggiungeva un odore di carne bruciacchiata, e Bilbo vide che uno dei troll teneva sul fuoco la coscia di una pecora. Non appena la lana fu bruciata via, il troll staccò un grosso morso dalla carne ancora sanguinolenta. Bilbo represse un conato di vomito. No, i Nani dovevano assolutamente evitare quel fuoco. Sapeva di dover tornare indietro ad avvertirli, ma si sentiva paralizzato dalla paura.
     I troll parlavano tra loro in una specie di rozzo linguaggio che Bilbo non poteva sperare di comprendere, ma bastava il suono di quelle parole a fargli accapponare la pelle. Voltò il capo nella direzione opposta.
     Per la prima volta notò un grande sacco di cuoio poggiato sul terreno accanto al fuoco. Si muoveva debolmente, e dal suo interno proveniva un pietoso, fievole belato. C’era una pecora ancora viva, lì dentro!
     Fino alla fine dei suoi giorni, Bilbo non riuscì a capire quale pietà lo avesse spinto in quel momento - dopo tutto anche lui mangiava carne di montone. Ma per qualche motivo, l’idea che quel povero animale dovesse concludere i propri giorni per mano di quelle mostruosità lo riempiva d’orrore. Prima che potesse pensarci veramente, l’istinto lo fece strisciare in avanti e allargare l’apertura del sacco per liberare la pecora.
     Sfortunatamente in quel preciso istante il fuoco avvampò violentemente, e la pecora emise un belato assai più forte, liberandosi dal sacco e battendo in ritirata, appena troppo veloce perché i troll stupefatti riuscissero ad afferrarla. Scomparve fra gli alberi belando terrorizzata.
     Ma Bilbo non aveva tempo per pensare alla pecora, poiché mentre tentava di fuggire anch’egli, si sentì improvvisamente sollevare da terra e si ritrovò a un palmo da una di quelle fauci gigantesche. Il troll emetteva suoni in quel suo strano idioma ringhiante, colpendo lo stomaco di Bilbo con il duro dito indice. Bilbo emise uno squittio terrorizzato, convinto che sarebbe andato incontro al medesimo destino che aveva risparmiato alla pecora. La creatura continuò a ruggirgli addosso per qualche tempo, e il suo alito immondo rischiava di far vomitare il povero Bilbo.
     Alla fine il troll lo colpì di nuovo, emettendo stavolta un suono diverso. “Che? Che sei?”
     Bilbo, allarmato, deglutì e cercò di sputacchiare una risposta. “Uno scass… uno hobbit.” Chiuse gli occhi per un istante. Non voleva vedere quella bocca avvicinarsi alla sua gola.
     Con un ruggito perplesso, la creatura si mise ad annusarlo. Si rivolse agli altri. “Scasshobbit.” Dopodiché disse altre cose nel suo strano linguaggio.
     Per un motivo o per l’altro, questa risposta inferocì gli altri troll. Si misero a litigare, riguardo a cosa Bilbo non aveva la più pallida idea, ma quando uno degli altri diede uno spintone al troll che lo teneva in mano, questi lo gettò rabbiosamente da parte. Lo hobbit cadde dolorosamente a terra. Rapido come un fulmine, strisciò sino al limitare della radura, e lì rimase ad ansimare e a singhiozzare, pensando che se l’era cavata per un soffio. Sapeva di dover strisciare via, allontanarsi e correre ad avvertire i Nani, ma si sentiva completamente privo di forze.
     I tre troll cominciarono a darsele sul serio, ringhiando e latrando come un branco di cani selvaggi.
     Proprio quando pensò che fosse arrivata la sua occasione, e quando gli parve di disporre di forza sufficiente da potersela svignare, rimase agghiacciato alla vista di Balin che compariva improvvisamente nella radura. I troll lo videro, e con un orrendo gnaulio uno di essi agguantò il Nano.
     I troll parvero dimenticare completamente la reciproca animosità. Ficcarono il povero Balin nel sacco dal quale Bilbo aveva liberato la povera pecora.
     Seguì un’altra conversazione in lingua trollica, e infine i tre troll si spostarono dall’altro lato della radura, lontani dal fuoco, uno reggendo il sacco che conteneva Balin, e gli altri due con i sacchi vuoti.
      Con sempiterno orrore, Bilbo osservò i suoi amici Nani che venivano catturati uno per uno e rinchiusi dentro un sacco. Bifur e Bombur arrivarono quasi per ultimi, e si batterono coraggiosamente, ma finirono anch’essi dentro uno dei sacchi.
     Bilbo si rese conto che il solo Thorin non era stato ancora catturato. Si voltò e vide il capo dei Nani strisciare furtivamente verso di lui, muovendosi, una volta tanto, abbastanza in silenzio.
     Thorin si fermò vicino a un cespuglio poco lontano, bisbigliò: “Ma che razza di guaio è questo? Chi è che ha sbattuto la mia gente di qua e di là?”
     “I troll!” rispose Bilbo. “Sono nascosti nei cespugli con dei sacchi in mano.”
     “Ah! davvero?” disse Thorin, e balzò in avanti verso il fuoco, prima che potessero lanciarsi su di lui. Raccolse un grosso ramo incendiato a un’estremità e lo conficcò nell’occhio di uno dei troll, che emise uno stridio disumano e si allontanò dallo scontro a passi barcollanti.
     L’azione di Thorin instillò un certo coraggio in Bilbo, che si fece avanti con un balzo e afferrò la gamba di uno dei nemici, sperando così di farlo inciampare. Ma la creatura sferrò un potente calcio che spedì gambe all’aria il povero Bilbo, facendolo atterrare sulla cima di un cespuglio. Thorin spinse il ramo arroventato nei denti di quel troll, ma prima che potesse sfruttare il vantaggio, il terzo troll lo agguantò e lo rinchiuse dentro uno dei sacchi.
     Bilbo rimase sdraiato in cima al cespuglio, senza fiato e piangendo in silenzio. Era assolutamente certo che i suoi amici sarebbero stati divorati, e che poco dopo quel triste fato sarebbe toccato anche a lui.
     Ma tutt’a un tratto i troll ricominciarono a litigare. Il loro linguaggio rude e sgraziato era un pugno alle orecchie di Bilbo. Non aveva mai sentito parlare una lingua così nera. Alla fine, quando il battibecco parve essersi risolto, un troll prese uno dei sacchi e fece per trascinarlo in direzione del fuoco.
     Ma mentre così faceva, uno degli altri ruggì un’obiezione, e il litigio ricominciò daccapo.
     Bilbo si chiese se avrebbero scordato i Nani abbastanza a lungo perché lui potesse mettere mano su almeno uno dei sacchi, quand'ecco che la discussione s’intensificò ancora una volta.
     D’improvviso, una voce possente proclamò: “Nai ára mapuva le, ar nauva ondo len!* L’alba vi prenda tutti e sia di pietra per voi!”
     Con sommo stupore di Bilbo, mentre i primi raggi del Sole cominciavano a fare capolino attraverso gli alberi, i tre troll s’immobilizzarono, ed egli vide le loro grigie pellacce sudate assumere il colore duro e secco della pietra. Si tramutarono in rocce e lì restarono, simili a tre orride statue.
     “Ottimo!” disse Gandalf, mentre avanzava da dietro un albero e aiutava Bilbo a scendere dal cespuglio spinoso.
     Bilbo guardò lo stregone a bocca aperta, e poi tutt’a un tratto comprese: era stato Gandalf a far litigare i troll fino alla comparsa del Sole, e la luce li aveva annientati.
     I due liberarono i Nani dalla loro prigionia. Bilbo dovette descrivere l’accaduto nei minimi dettagli, e fu sonoramente rimbrottato per il suo folle tentativo di salvataggio della pecora. Lui e Gandalf ascoltarono un bel po’ di lamentele prima che lo stregone li zittisse ricordando a tutti che i troll dovevano avere grotta ove star rintanati durante le ore diurne. Cercarono nei dintorni, e in poco tempo s’imbatterono in una grotta, nascosta dietro una macchia di cespugli. Aveva una grande porta di pietra, che a dispetto dei loro sforzi Gandalf e Thorin non riuscirono a smuovere.
     Bilbo, annoiandosi dopo non molto dei loro sforzi, andò a cercare un po’ di legna secca con la quale ravvivare il fuoco ormai morente, e vicino al luogo dello scontro dei troll s’imbatté in una chiave. “Ohi!” chiamò. “Questa potrebbe servire a qualcosa?”
     I Nani gliela strapparono di mano con i soliti modi sgarbati. Ma la chiave entrava perfettamente nella serratura, e in poco tempo la porta fu aperta.
     Era stato in quell’occasione che Bilbo era entrato in possesso di Pungolo - come dimenticare? Un’esperienza terribile, forse non l’esperienza peggiore della sua Avventura, ma senza dubbio la cosa peggiore che gli fosse mai capitata sino a quel momento - se solo avesse saputo che da lì in poi le cose si sarebbero fatte ancora più pericolose, avrebbe avuto il coraggio di proseguire?
     Alla maniera degli hobbit aveva cercato di sdrammatizzare, e mentre la compagnia si preparava a riprendere il cammino, aveva guardato le statue dei troll e le aveva battezzate Maso, Berto e Guglielmo. Si domandava quanto presto gli uccelli vi avrebbero nidificato, e cos’avrebbero pensato gli altri viandanti che vi si fossero imbattuti. Erano indubbiamente delle creature orrende, ma in quel momento, bloccate nelle loro attuali posizioni, Bilbo trovò che avessero un non so che di comico. Ormai erano perfettamente innocui.
     Bilbo immaginò che l’inizio fosse stato quello. Quando era tornato a casa, nella sua Contea, e tutti i ragazzini lo avevano implorato di raccontare storie della sua avventura, non gli era sembrato male modificare leggermente gli eventi - dopo tutto, non era il caso di spaventare i bambini.
     E dopo tutto, nessun altro nella Contea avrebbe mai avuto l’occasione di vedere un troll. Con quel pensiero in mente si rannicchiò sotto le coperte e cercò di conciliarsi il sonno.

* Traduzione in Quenya della formula di Gandalf.
  
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