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Autore: FRC Coazze    07/01/2013    0 recensioni
Questo narra la leggenda. Troppo oscura e terribile era la Notte agli inizi dei tempi. Un lanterna era necessaria per illuminare le tenebre. E così il Cielo chiamò a sè il Pavone che lo serviva...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia non ha alcuna pretesa. Era semplicemente un esperimento che ho fatto in inglese... in ogni caso l'ho tradotta ed eccola qui ^^
Non è neanche una vera e propria storia, bensì una leggenda da me inventata sulla creazione della luna e la traduzione non rende assolutamente onore all'originale. Spero in ogni caso che possa essere di vostro gradimento.

La storia originale in inglese la trovate qui


Buona lettura!




Il Pavone e la Coppa
 

 
    
Questo narra la leggenda. Un giorno d’inverno il Cielo pose il suo sguardo sulla terra tutta che si estendeva sotto il suo Palazzo. Vide allora per la prima volta calare su di essa una tenebra insondabile. E cupi divennero i suoi occhi, poiché vide che non v’era lume che illuminasse i mari del suo regno quando il Sole suo figlio calava ad Occidente.

Tenebrosa era la Notte e nessuna creatura osava mostrarsi all’oscurità. Tutto era silenzioso e morto, e gli animali osservavano con timore il buio dalle loro calde tane e nidi. E il Cielo vide il desiderio e la tristezza nei loro occhi e ne ebbe compassione.

Chiamò dunque a sé il Pavone che lo serviva nei Saloni Celesti.

Gli chiese dunque di andare all’Est.«Viaggerai per un Giorno né ti fermerai per la Notte. Dopo un Giorno e una Notte vedrai un giardino e nel giardino un pozzo. Ecco allora, riempirai questa coppa con l’acqua di quel pozzo. Bada bene però: dovrai tornare nella mia dimora di Ponente prima della fine del secondo Giorno, poichè questa coppa è vecchia e debole e non per molto può trattenere l’acqua. In fretta devi riportarla a me, così ch’io possa illuminare la Notte seguente.» Tese dunque al Pavone un calice d’argento.

Così il Pavone, si avviò e dopo un giorno ed una notte giunse ad un magnifico giardino colmo di rose e melie fiori fragranti di tiglio, lungi dall’inverno che stringeva le terre, ed al centro vi era un pozzo fatto d’oro e di diaspro rosso.

Il Pavone colse l’acqua dal pozzo con un secchio di cristallo e con quell’acqua riempì la coppa che’l Cielo gli aveva affidato, ma quando l’acqua versata si fu chetata e fu divenuta liscia ed immobile,ecco che l’immagine d’uno splendido uccello prese forma. Il Pavone lo rimirò incantato. Così belle erano quelle penne, così sfolgoranti i loro colori che il Pavone non potè allontanare da esso lo sguardo, ed egli si guardò e si riguardò nell’acqua fino a tarda sera. E allora le fiamme rosse dell’occaso bruciarono i suoi occhi e tinsero d’amaranto l’acqua d’argento. La paura colse il Pavone poichè si rese conto di aver mancato l’appuntamento col Cielo. Riprese allora il suo viaggio, timoroso, e quanto giunse nei Saloni Celesti, l’ombra oscura della Notte aveva già fagocitato il mondo.

Il Cielo, furioso, strappò il calice dal becco del Pavone.

«Tu, vanesia creatura!» egli gridò, «cercavo un lume per illuminare la Nnotte, ma tu l’hai lasciata calare inarrestabile sul mondo la terza volta!»

Ed egli vide che l’acqua era ormai quasi tutta perduta, perduta goccia a goccia dinnanzi a quel pozzo. E la voce del Cielo parlò all’acqua e questa tutta s’illuminò come neve al sole.

«Sempre minore sarà questa lanterna a causa della tua vanità!» rombò. «D’ora innanzi volerai nel firmamento portando seco questo mio calice e tutti i giorni dovrai trovarti all’Est quando il Sole sarà calato ad Ovest: ad esso avvicenderai questa luce. Mai ti sia concesso di rivedere il Giorno, eventi funesti accadano se la tua volontà verrà nuovamente meno.»

Ma il Pavone gonfiò il petto e disse: «Non lascerò il Giorno per le tenebre perpetue!»

«Allora vivrai senza il tuo volto.»

E così il Cielo lanciò la coppa lontano, tra le pieghe infinite del suo grande manto,ed il Pavone orgoglioso balzò nel firmamento per afferrarla nel suo becco. E da allora la luce della coppa risplende nella volta celeste come la più bella delle stelle, ma il Pavone che la tiene nel becco è oscurato da tanta luce. Né egli poté più specchiarsi nell’acqua della coppa per non rimanere accecato dal suo bagliore, né poté mai superare i confini della Notte. Ma come il Cielo aveva avvertito, la coppa era vecchia e logora, e tante furono le gocce d’argento che essa perse nel suo viaggio, ed ogni volta ch’essa si vuotava, il Pavone correva al giardino ed al pozzo nel giardino per tirare altra acqua, e allora egli poteva vedere nuovamente quello splendido uccello osservarlo dalle profondità del pozzo. Un unico istante prima di volare nuovamente nella Notte.
 
  
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