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Autore: _Cassie    07/01/2013    6 recensioni
Tutti umani, liceali. Edward odia Bella, e logicamente Bella odia Edward. Lui però, a differenza di lei, ha un motivo... valido?
Dal NONO capitolo: "«Mio Dio...». Gli vado vicino e indico la sua testa, guardando verso il cielo. «Che un fulmine lo colpisca! In questo istante! Proprio sulla fronte, BOOM!».
Sbatte le palpebre, indispettito. «Scusa tanto! Non l’ho fatto apposta!». Giuro che lo pesto a sangue!
«Se proprio devi origliare, almeno fallo come si deve!».
«Che vuoi dire?!».
«Tu hai sentito solo quello che volevi sentire, Edward! Perché altrimenti avresti capito che non parlavo di James!», gli urlo.
Sembra scendere dalle nuvole. «Ah. Non parlavi di lui? E allora di chi parlavi?».
«Parlavo di te, imbecille!». Ops".
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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    È un miracolo; non faccio in tempo a eliminarmi totalmente da Facebook, che subito mi prende l’ispirazione da “scrittore” (spero mi concediate l’uso del parolone, LOL) e immediatamente riprendo il vizio di aggiornare FF. Mi dispiace per voi ^^”
    Okay, prima di iniziare devo premettere una cosa: avevo quattordici anni quando mi è venuta in mente questa cosa. Qualche giorno fa stavo facendo un giretto per tutto l’elenco delle mie storie (chiamiamole così), e l’ho ritrovata... vecchia, sola e con le ragnatele. L’ho rispolverata, schiarita, resa più... accettabile... e ho deciso di pubblicarla. Anche perché, dato che ora non sono più su quella droga di Face, non avevo altro modo per far leggere alle mie amiche pazze le scemenze che mi saltano in testa. Anche perché Lully non la finiva di stressarmi perché voleva leggere qualcosa.
    È una mini, e resterà così. Sarà composta da sei, massimo otto capitoli (e comunque sarà la cosa più lunga che abbia mai portato a termine,
LOL#2). È quasi alla fine, perciò prometto che gli aggiornamenti saranno regolari ^^
    Ora basta, la smetto, anche perché una mia amica – di cui non farò il nome perché non mi piace scrivere
LELLINA su internet (LOL#3
) – ha detto che ho un modo di scrivere odioso. T____________T Se è vero, fatemelo sapere in una recensione!


    Abbraccio!

    Cass


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    Capitolo 1 – Tuoni, fulmini e saette

   
    20.09.2012 ore 13:02
    Entro in mensa, come sempre accerchiato da un gruppo di ragazze ridacchianti, e mi metto in coda per prendere qualcosa da mangiare, mentre l’attenzione generale si focalizza sul sottoscritto e lo squadrone di fan attorno a me si moltiplica. Trattengo a malapena un sorrisetto soddisfatto e mi guardo attorno. Il temporale, fuori dalle finestre, imperversa come se volesse sfondare i vetri: i fulmini squarciano il cielo a intervalli irregolari e i tuoni scuotono la terra. E dire che siamo solo a metà settembre.
    In teoria non ci sarebbe nulla di cui meravigliarsi; siamo a Forks, la città con il più alto tasso di giorni piovosi di tutti gli Stati Uniti, situata nella penisola di Olympia, nel nordovest dello Stato di Washington. I temporali come quello che sta infuriando adesso sono di casa.
    Riporto la mia attenzione sulla fila di fronte a me e mi accorgo che è arrivato il mio turno. Dopo aver preso della pizza e una soda, vado a occupare il mio solito posto al centro della sala. Le ragazze mi seguono immediatamente e fanno a gara per assicurarsi i posti più vicini a me. Alzo gli occhi al cielo, internamente soddisfatto per quella scenetta quotidiana.
    Alla fine vince Lauren, dopo aver riempito di veleno tutte le altre. Afferra la sedia accanto alla mia con la mano fresca di manicure e ci si siede immediatamente, la sua gamba sinistra incollata alla mia destra.
    Però...
    Prendo lo zaino e tiro fuori il libro di biologia aprendolo alla pagina sull’anatomia cellulare, e inizio a leggere mentre mangio il trancio di pizza. Solo perché sono il più bello e sexy – modestamente – della scuola, oltre ad essere il capitano della squadra di basket, non significa che non debba andare bene nelle materie. Ho ottimi voti, anzi.
    «Edward, che stai facendo?», mi chiede molto brillantemente una di cui non ricordo il nome, storcendo il naso da bulldog.
    «Sto ripassando per il test di domani», rispondo con tono di ovvietà. Cosa può fare uno che legge un libro di scuola?
    «Oooh», commenta, quasi sorpresa.
    Ritorno a leggere:Tutte le cellule, sia procarioti che eucarioti, sono racchiuse da una membrana che le protegge dall'ambiente esterno e ne preserva il potenziale elettrico...
    «Ma non potevi studiare ieri?».
    Sbuffo sommessamente, guardandola seccato. «Ieri avevo altro da fare. Ieri ero occupato a tenere calde le cosce di una, se mi spiego».
    A quel punto, una moretta dagli occhi neri scatta in piedi. «Non ricordi neanche il mio nome! Sei uno stronzo, Edward Cullen!». E se ne va.
    Alzo gli occhi al cielo. Possibile che ogni volta facciano così? Le altre fanno come se niente fosse e tornano alle loro occupazioni, ovvero chiacchierare, mangiare lo stretto indispensabile per non crollare a terra svenute dalla fame che la loro dieta impone, pavoneggiarsi e sparlare di persone assenti.
    Lauren inizia a muovere la gamba su e giù contro la mia.
«Ed...», soffia al mio orecchio come una gatta, «che ne diresti di saltare il pranzo, saltare le ultime due ore e saltare direttamente a casa mia?».
    Inarco un sopracciglio. Di tutte le ragazze disinibite, sfacciate e affamate che conosca, lei le batte alla grande. La guardo in faccia e i suoi occhi chiari mi fissano lussuriosi.
    «Non saprei...», dico, fingendomi pensieroso. «Avrei bisogno di qualche... incoraggiamento».
    Quasi istantaneamente, con un movimento apparentemente casuale slaccia il primo bottone della camicetta. Prende un respiro profondo, sporgendo il petto all’infuori. «Ti senti più incoraggiato, adesso?», sussurra suadente.
    Faccio un sorrisetto e mi passo la lingua sul labbro. «Direi di sì. Ho studiato abbastanza, per oggi». Prendo il libro, lo ripongo nello zaino e lo metto in spalla, alzandomi dal tavolo.
    «Ragazze, ci si vede domani», dico, e mi allontano assieme a Lauren.
    Non aspetta neanche di essere fuori da scuola, mi sbatte contro il muro del corridoio deserto e inizia a mordermi il collo con fare urgente. Lascio cadere lo zaino a terra e le arpiono i fianchi sfilando la sua camicetta fuori dai jeans. Contemporaneamente, le sue mani vanno alla mia cintura e sta per slacciarla quando la fermo, dicendole che è meglio aspettare di essere a casa sua. Lei sorride lascivamente e annuisce. Prendiamo i nostri ombrelli all’ingresso e andiamo in Segreteria; impiego tutto il fascino che possiedo per convincere la signora Cope a farci due permessi, e dopo vari ammiccamenti e sorrisini cede. Donne... qualsiasi età abbiano, non possono resistermi a lungo.
    Finalmente possiamo andarcene. Usciamo dalla Segreteria e ci incamminiamo per il parcheggio. Lauren infila una mano nella tasca dei miei pantaloni per stringermi la coscia. A volte hanno così tanta fretta, queste ragazze...
    Svoltiamo l’angolo della palestra e raggiungiamo l’ingresso principale, quando due figure riparate sotto la tettoia appaiono ai miei occhi. Li riconosco immediatamente. Lei, Isabella Marie Swan, la ragazza più insignificante e odiosa che esista sulla faccia della terra. Lui, James Fletcher, membro della mia squadra. Nonostante siano a qualche metro di distanza, riesco a vedere perfettamente la scena: lui le dice qualcosa, lei annuisce con un sorriso grandissimo e poi si baciano. Le mani di James la prendono per i fianchi e l’attirano di più a sé.
    Un lampo squarcia il cielo, seguito subito da un tuono che scuote la terra.
    E poi, come se avessi pronunciato il suo nome ad alta voce, gli occhi di lei incontrano i miei. Le labbra ancora umide, semiaperte, gonfie. Le mani attorno al collo di lui. La spilla della squadra appuntata al suo petto. Si sono messi assieme.
    Per un breve secondo – che sembra durare un’eternità – nessuno si azzarda ad aprire bocca. Lauren, al mio fianco, è silenziosa e immobile per la prima volta in vita sua.
    «Be’?», rompe il silenzio la Swan. «Abbiamo gli spettatori?».
    Socchiudo gli occhi e serro la mascella, osservandola con odio. Non l’ho mai sopportata, è sempre in mezzo ai piedi.
    Mi rivolgo a James, senza degnarla di una risposta. «Fletcher, domani ci saranno gli allenamenti per l’inizio della stagione. Devi farti trovare in palestra alle quattro spaccate, o non impiegherò più di tre secondi per sbatterti fuori».
    Mi guarda con occhi sgranati. «Domani? Ma... ma ci vuole ancora un mese per l’inizio della stagione! Quando l’avresti deciso, Edward?».
    «Adesso».
    «Sì, ma... non so se ce la faccio, vedi... io e Bella...».
    Lo interrompo: «Se per te è più importante questa invece della squadra non devi fare altro che dirlo».
    Senza aggiungere altro, afferro la mano di Lauren e la trascino con me verso il parcheggio, senza neanche aprire l’ombrello.
    «Ed... Edward, aspetta, mi stai facendo male!», si lamenta.
    La faccio entrare in macchina e senza dire una parola metto in moto.
    «Si può sapere che ti prende?», mi chiede irritata.
    «Niente», le rispondo seccamente. Mi faccio dire dove abita e in meno di cinque minuti siamo arrivati. I suoi genitori sono a lavoro, ritorneranno alle cinque e trenta.
    Entriamo in casa e non le do il tempo di dire una parola che la prendo, con urgenza, mentre una rabbia irrazionale domina i miei gesti.


    Ore 14:30
    Accendo lo stereo al massimo volume. Il temporale si è acquietato, ma la pioggia scende ancora insistente. Le note dei Muse riempiono l’aria attorno a me.
    Sono in camera mia. Dopo aver finito con Lauren mi sono rivestito immediatamente e  sono tornato subito qui. Come d’altronde faccio sempre.
    Mi distendo sulla trapunta del mio letto, osservando il soffitto senza vederlo davvero. Ho impiegato così tanta energia pochi minuti prima che a momenti crollo dal sonno.
    “... you could be the one I’ll always love...”.
    Aggrotto le sopracciglia, voltando il capo in direzione dello stereo. Troppo stanco per alzarmi e cambiare, prendo il cuscino e lo affondo sulla mia faccia. Pensa ad altro, pensa ad altro, pensa ad altro!
    “... She could never be as good as you...”.
    Muse... stronzi che non sono altro...
    “... but I’m busy mending broken pieces of the life I had before...”.
    A fanculo la stanchezza! Scatto in piedi e stacco la presa dalla parete. Finalmente, il silenzio.
    Mi lascio cadere di nuovo sul letto, a peso morto, e chiudo gli occhi. Niente, ormai non riesco più a prendere sonno. Viaggio nei ricordi senza riuscire a dar loro un freno...
    Era l’estate dei miei tredici anni, e i miei genitori mi avevano mandato in campeggio per due mesi assieme ai cugini grandi, Benjamin e Tia. Se non fosse stata per la loro presenza, col cavolo che Esme e Carlisle avrebbero acconsentito a farmi stare fuori di casa per così tanto a lungo. La mia gemella Alice, invece, aveva preferito restare con loro a casa.
    Io ero sempre io, ma diverso: prima di tutto, ero vergine e tremendamente timido; secondo, non ero al centro dell’attenzione di nessuno e terzo, avevo molti chili in più rispetto a un normale ragazzino della mia età. Era cominciato tutto quattro anni prima, e avevo raggiunto l’obesità a undici. A quel punto, molti dei miei compagni iniziarono a prendermi in giro, e ogni volta che accadeva ci rimanevo male. Chicago era la nostra casa, all’epoca. Il mio inferno personale.
    Adoravo il campeggio perché, a differenza della città in cui abitavo, lì nessuno mi conosceva. Era come se nessuno pensasse che fossi troppo grasso, troppo brutto o sfigato per far amicizia con me.
    Fu dopo una settimana che arrivò. Accompagnata dagli stessi amici di ora. Era... semplicemente fantastica. Aveva la mia stessa età, e anche lei era in campeggio per la prima volta. Eppure sembrava così a suo agio da far credere che conoscesse tutti da sempre. Era di una bellezza pura e candida. Grandi occhioni di un bellissimo color cioccolato, la pelle bianca, compatta, levigata come la porcellana. E le sue labbra...
    Nel giro di tre giorni presi una cotta stratosferica. E non avevo il coraggio di rivolgerle la parola, perciò era ignara del mio nome e soprattutto della mia esistenza. Passai molto tempo a osservarla da lontano, di nascosto; le sue espressioni, i suoi gesti, ciò che diceva, il modo in cui sorrideva, tutto era meraviglioso. Ero sicuro di essermi innamorato di lei. E più i giorni passavano, più mi disperavo perché sapevo che non ci saremmo più rivisti, e lei non avrebbe mai saputo di me. D’altra parte, se volevo che le cose andassero in un altro modo, avrei dovuto prendere coraggio, andare da lei e dirle ciò che sentivo. Ma come fare?
    Passarono tre intere settimane, prima che mi decidessi a farmi avanti. Mancava solo un mese alla fine di tutto, e non volevo perdere altro tempo. Mi ero convinto che se ciò che provavo era così bello e mi faceva stare bene, allora non poteva andare male. Era giusto. Andai a cercarla e la trovai seduta sul prato del campo, assieme a due ragazze e due ragazzi, i suoi migliori amici. Deglutii, strinsi le mani a pugno e con passo che voleva essere deciso mi avvicinai. Alzò lo sguardo e per la prima volta i suoi occhi furono nei miei. Fu una cosa talmente forte che mi fermai come se avessi ricevuto un pugno nello stomaco. Un sorriso comparve sulle sue labbra e anche i suoi amici si voltarono a guardarmi.
    Ok, calma, Edward. Va tutto bene, va tutto alla grande. «C-ciao». Magnifico...
    «Ciao», rispose lei.
    M’incantai a guardarla, il cuore che martellava nel petto. Stavo per avere un infarto?
    «Ehm... saresti?», chiese dopo un po’, notando il mio mutismo.
    I suoi amici iniziarono a ridacchiare.
    «Ecco, io... i-io sono... sono...». Con quale coraggio le avrei detto il mio nome? Ero totalmente nel pallone, le mani mi sudavano, non era affatto facile come sembrava!
    Passarono i secondi e lei assunse un’espressione strana. Sicuramente pensava di aver di fronte un patetico, stupido imbecille.
    Iniziai a torturarmi le mani e a boccheggiare. Non andava bene, non andava bene per niente!
    «Scusa, stavamo parlando di una cosa privata. Devi dire qualcosa o...?», intervenne una delle due ragazze, quella con i capelli lisci e biondi.
    «Sì! Io dovevo dire qualcosa, io...».
    «Ce la fai entro la fine delle vacanze?», disse questa volta quello che sembrava essere il fratello della bionda, a giudicare dalla somiglianza.
    Guardai gli occhi di cioccolato della ragazza che amavo. Un suo sopracciglio era inarcato, sembrava curiosa e forse un po’ scocciata dal mio comportamento.
    Mi inumidii le labbra e deglutii ancora e ancora, la gola secca. «Tu... tu mi... mi piaci molto... credo... ecco, credo di... di essermi innamorato di te...».
    Non potevo credere di averlo detto davvero. Era un miracolo! Io, Edward Cullen, il più timido di tutto il campo, avevo confessato finalmente ciò che provavo alla diretta interessata!
    Con il cuore notevolmente più leggero, attesi la sua reazione. Aveva gli occhi sgranati, il capo chinato leggermente all’ingiù, e mi fissava come se avessi avuto tre teste. Anche gli altri mi guardarono nello stesso modo.
    «E cosa vorresti da me, scusa?».
    Rimasi confuso, spiazzato da quella risposta. «Io... io...».
    Senza preavviso, scoppiarono a ridere. Lei più di tutti.
    Cosa c’era da ridere? Perché? Ero serio!
    Si puntellò sulle mani e si tirò in piedi. Era qualche centimetro più alta di me, e improvvisamente mi sentii ridicolo come nient’altro al mondo. I suoi amici la imitarono, tranne la ragazzina dai capelli ricci che rimase seduta, impassibile.
    Mi circondarono, continuando a ridere.
    «Forse pensa di aver qualche speranza!», esclamò uno.
    «Poverino!», disse la bionda in tono di scherno.
    «Forse crede che a te piacciano i grassoni!», esclamò un altro.
    «Bleah!», disse lei.
    Indietreggiai, come scottato. Non riuscivo a sbattere le palpebre, non riuscivo a muovere un singolo muscolo facciale. Sentii pizzicare gli occhi e mi allontanai il più lontano possibile da quel maledetto prato.

    Come se avessi smesso di vedere un film, le immagini nella mia mente sfocano e solo adesso mi accorgo di essere di fronte allo specchio. Il mio riflesso mi restituisce lo sguardo, profondamente cambiato da quello che ero un tempo. I capelli, che prima portavo cortissimi, ora sparano in tutte le direzioni, senza neanche bisogno del gel; le guance sono leggermente incavate, un po’ ruvide per il leggerissimo strato di barba impossibile da radere; i tratti del mio viso sono più spigolosi, più maturi.
    Da quel fottuto giorno ho passato ogni singolo giorno della mia vita a sputare sangue su vari sport: il basket, grazie al quale sono diventato molto più alto; il nuoto, che mi ha fatto perdere in fretta il grasso di troppo, donandomi un corpo perfetto e agile e migliorando drasticamente i problemi di respirazione dovuti al mio peso; la palestra, che mi ha formato bicipiti, tricipiti, quadricipiti, pettorali e addominali.
     Ma è inutile ripassare tutto questo nella mente.
    Prima che possa rendermene conto, il vetro dello specchio è caduto letteralmente in mille pezzi dopo il pugno che ho sferrato. Una pioggia di schegge argentate si sparpaglia per tutto il pavimento, seguito da qualche goccia di sangue.
    In quel momento, mia madre, Esme, bussa alla porta ed entra. «Tesoro, vorresti accompagnar... oh, santo cielo! Che cosa è successo?».
    «Niente», dico tranquillamente, «stavo provando una mossa di box e ho urtato contro lo specchio».
    Si precipita accanto a me e mi prende la mano ferita. Scuote la testa. «Fila da tuo padre e fatti cucire questi tagli».
    «Ma non è nien...».
    «Niente ma. Fila!».
    Borbottando frasi sconnesse su quanto le madri siano facilmente allarmabili – soprattutto la mia – mi dirigo nello studio di mio padre.



    ___°°°Cassie’s place°°°___

    Ebbene sì; anche io, come molte prima di me, ho fatto l’Edward puttano/puttaniere... Ma non è colpa mia se i ragazzi feriti pensano solo e soltanto a consolarsi in questa maniera, dannazione! Io
ODIO i ragazzi come lui e Dio solo sa perché l’abbia fatto... forse per vendicarlo da Bella o.O...

    Un bacione!
    Cassie


    P.S. Mi sto punendo ancora per aver scritto quelle cose contro quei figaccioni dei Muse *Q*
P.P.S. La canzone che ascolta Edward è Unintended (molto, mooooooolto bella! E stronza, in certi casi :3).





   
 
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