Titolo:
The only
thing
left. Ruin.
Fandom: Bleach
Personaggio/Coppia: Ichigo
Kurosaki, accenni Misaki Kurosaki.
Prompt: Pilastro
Rating: +14
Conteggio Parole: 721
Riassunto: […]Ichigo sentiva
l’incessante rumore della pioggia che batteva violenta contro il vetro.
Teneva
gli occhi socchiusi, tra le mani una vecchia foto di famiglia
leggermente
spiegazzata. Sorridevano tutti in quella immagine, anche lui, le cui
risate
ormai si sentivano riecheggiare per la casa davvero raramente.
Sorridevano
perché il tempo delle lacrime non era ancora arrivato. Perché il
pilastro che
sorreggeva la loro famiglia era crollato, andandosene via per sempre.
Ormai ne
restavano solo le macerie – i ricordi – e neanche quelle sembravano più
bastare. E non sarebbero bastate mai. Sua madre era morta e se n’era
andata,
lasciando un’enorme vuoto nella famiglia ed una crepa insanabile nei
cuori di
tutti quanti. Soprattutto il suo.[…]
Note: Oneshot, Introspettivo,
Angst,
Ecco qui, la mia storiella che, almeno in parte, mi soddisfa un po'.
Devo dire
che non è stato facile scrivere una storia coerente, visto che oltre al
prompt
dovevamo usare un pezzo di due canzoni (o solo una se volevamo) da
inserire
nella storia. la prima è Hello degli Evanescence, la seconda è iris,
dei Goo
Goo Dolls. L'ho inserita in neretto ed ho cercato di dargli
un'interpretazione
abbastanza fedele cercando però di farla andare a mio vantaggio.
Spero che possa essere apprezzata^^
Comunque
apro una piccola parentesi che, chi mi conosce sa
già: io non amo in particolar modo l’angst. Mi fa venir un’angoscia e
una
tristezza addosso assurde. E poi, a mio parere, la tristezza si
descrive
meglio. E’ più facile scrivere di roba triste, che di roba felice. Per
me non
rappresenta una sfida così grossa. Ma il contest si incentrava
sull’angst e
quindi mi son chinata alla volontà di chi ha indetto il tutto ed ho
scribacchiato qualcosina e questo è il risultato. Stavo finendo la
tesi, quindi
avevo lo stress a mille e l’angoscia pure, quindi, come ho detto, è
stato
abbastanza facile, trasportare su carta qusto tipo di sentimenti. Anche
se,
come al solito, non sono mai convinta del tutto, e non lo sarò mai. È
stata
pubblicata a settembre su un altro sito. E con questa manca una sola
fic da
finir di pubblicare. Poi, potrò andar avanti con la fiction che mi
preme
finire. Ma son dettagli.
Buona Lettura^^
The onlything left. Ruin.
{ If
I smile and don’t believe
Soon I know I’ll wake
from this dream
Don’t try to fix me,
I’m not broken
Hello I’m the lie,
living for you so you can hide
Evanescence –
Hello}
Ichigo sentiva l’incessante rumore della pioggia che batteva violenta
contro il
vetro. Teneva gli occhi socchiusi, tra le mani una
vecchia foto di
famiglia leggermente spiegazzata. Sorridevano tutti in quella immagine,
anche
lui, le cui risate ormai si sentivano riecheggiare per la casa davvero
raramente. Sorridevano perché il tempo delle lacrime non era ancora
arrivato.
Perché il pilastro che sorreggeva la loro famiglia era crollato,
andandosene
via per sempre. Ormai ne restavano solo le macerie – i ricordi – e
neanche
quelle sembravano più bastare. E non sarebbero bastate mai. Sua madre
era morta
e se n’era andata, lasciando un’enorme vuoto nella famiglia ed una
crepa
insanabile nei cuori di tutti quanti. Soprattutto il suo.
Passò delicatamente il pollice sulla superficie semi-plastificata di
quella
fotografia, cercando di scacciare quel dolore sordo che gli stringeva
il cuore.
Chiuse poi gli occhi, lasciando cadere la testa all’indietro ed
appoggiandosi
contro il muro. Il rumore della pioggia continuava a rimbombargli nelle
orecchie e più quel suono fastidioso si faceva strada nella sua testa,
più il
fiume dei ricordi cominciava a trascinarlo via, facendogli quasi
mancare
l’aria. Il rosso del suo sangue – così simile al colore dei pilastri
dell’Hueco
Mundo – era l’unico colore che continuava a perseguitarlo, facendogli
quasi
venire il volta stomaco. Avrebbe tanto voluto gridare ma la voce
sembrava
non voler uscire, mozzandogli il fiato a metà strada.
“Non puoi combattere le lacrime che non sono
ancora scese, Ichigo” gli diceva una vocetta stridula ed
alquanto odiosa dentro di lui, così simile a quella dell’altro sé
stesso. Ma sapeva
che era impossibile. Il suo bianco coinquilino odiava la pioggia che
scendeva
dentro la sua anima in quei cupi momenti, esattamente come Zangetsu.
Almeno in
quel frangente, ne era sicuro, non si faceva sentire.
Era la sua coscienza ormai distorta dal dolore
a parlare. E questo lo sapeva fin troppo bene.
Il ragazzo si passò una mano sul viso, la pelle ruvida che andava a
grattare
leggermente sulle palpebre e sulle gote. Anche se in tanti erano andati
a
ripeterglielo mille volte, dentro di sé sentiva di aver tradito la
fiducia dei
suoi famigliari. Perché era stato lui a distruggere il pilastro che
sorreggeva
gli equilibri emotivi del piccolo universo di cui faceva parte. Con la
sua
stupida debolezza di bambino immaturo aveva tolto un grande sostegno a
chi ne
aveva più bisogno. Costringendo le sue sorelle a crescere più in fretta
del
previsto. Impedendo a suo padre di sapere dove esattamente si trovasse
l’anima di
Misaki. Perché, il suo cuore, se l’era portato via un Hollow.
“È il momento della verità in mezzo a tutte le
tue bugie, Ichigo” gli diceva invece un’altra voce,
così simile
a quella della sua spada da riuscire a consolarlo. Perché, in un centro
senso,
gli ricordavano le parole dette da suo padre quel giorno, nel cimitero.
Riaprì gli occhi, fissando con sguardo vuoto e vacuo le gocce che
colavano sul
vetro della finestra, alcune lente, alcune più veloci di altre. Erano
quelle,
ormai, le lacrime che non riusciva più a versare. Tutto ormai gli
sembrava così
vuoto e senza senso che nulla sembrava veramente reale. C’era una frase
sentita
in giro e che a quanto pareva, calzava a pennello per quella
situazione. Quando ogni cosa sembra esattamente
come in un film, sanguinare è l’unico modo per
sapere che sei vivo. Perché il dolore era l’unica cosa
che,
purtroppo, gli faceva comprendere che tutto era tremendamente vero.
Sbuffò, la testa che girava leggermente, mentre percepiva i rumori
della casa
mischiarsi alla pioggia che lentamente ma incessantemente continuava a
scendere. Si alzò dal letto, avvicinandosi alla scrivania, appoggiando
la foto
sulla sua superficie liscia, mentre un’espressione più corrucciata del
solito
andava ad increspare le forme del suo viso, le sopracciglia così
accigliate da
fargli spuntare qualche ruga. Si girò, il cuore ormai insensibile ad
ogni
pensiero, mentre i suoi passi lo portavano al piano di sotto, dalla sua
famiglia. Perché anche se il suo prezioso pilastro era crollato doveva
andare
avanti, almeno in apparenza.
Per trovare a forza di proteggere ciò che era
rimasto di quei ricordi ormai lontani.