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Autore: LyraB    08/01/2013    2 recensioni
- Tua madre si arrabbierebbe molto se ti ammalassi di nuovo. -
- Non mi ammalo, tata. - Disse Emer, con poca convinzione.
- Dio solo sa quanto tua madre sia fragile, ci manca solo che le tue condizioni peggiorino. Sei così cagionevole, Emer. - Rispose la tata.
Emer sospirò. Già, cagionevole di salute... Emer non era più stata la stessa, dopo quell'incidente maledetto. La tazza rovente tra le dita rischiò di finire in frantumi, stretta tra le sue dita. Come ogni volta che ripensava a quella sera, Emer si sentiva impazzire dalla rabbia e dal dolore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il suono della pioggia




Le persone che camminavano per la via, in quella tiepida sera di maggio, erano troppo impegnate a pensare ai loro affari per accorgersi del meraviglioso tramonto che stava colorando il fiume.
Il cielo era cremisi, scarlatto e rubino, e il sole al tramonto lanciava i suoi dardi rosso acceso sull'acqua, che rispondeva scintillando e brillando di rosso e di oro.
Chi avesse alzato anche solo per un momento lo sguardo verso il cielo, si sarebbe accorto di una ragazzina vestita di verde che fissava il cielo appoggiata alla balaustra del balcone della sua stanza. A soli pochi metri dalla gente che correva e si affaccendava, troppo presa per guardarsi intorno, lei invece era immobile, con gli occhi verso il cielo e la mente presa da chissà quali pensieri. Bionda, esile e delicata, con il naso accarezzato da piccole efelidi, indossava un vestito di velluto verde decisamente fuori moda, e un paio di stivali di camoscio.
Erano giorni che Emer non usciva.
La pioggia torrenziale che aveva imperversato in quell'ultima settimana l'aveva costretta nella sua stanza. Certo il suo stato di salute non l'aveva aiutata, ma Emer non ne poteva più di stare chiusa in quella casa che la soffocava.
Il profumo dei fiori saliva verso di lei dalla bottega all'angolo e Emer respirò a fondo quel profumo così buono e così familiare.
Emer amava profondamente i fiori, e quando era bambina amava stare nella bottega di Enya: lei e Rowen andavano su e giù con i fiori da mettere nei vasi, portavano le ciotole al lavabo per riempirle d'acqua, raccoglievano la terra caduta... era uno dei loro passatempi preferiti. Enya, per quanto anziana, era piena di vita, e amava avere le due bambine attorno a lei. Non le erano di grande aiuto, ma le facevano di certo molta compagnia. E un'anziana donna sola, di compagnia ne ha bisogno.
Emer scosse la testa, cercando di concentrarsi sul mondo che viveva intorno a lei, invece che su uno che non esisteva più. Si sentiva terribilmente sola, in quel periodo, e riusciva a trovare conforto solo ritornando alla sua infanzia felice. Il problema era che ogni volta che tornava alla realtà si sentiva ancora più sola.
Oltre al delicato profumo dei fiori, dalla strada salivano anche le voci della folla, le discussioni dei commercianti, le risate dei bambini. Quando era più piccola, scendeva spesso in strada a giocare con i figli delle famiglie del vicinato. L'argine del fiume era il loro posto preferito: andavano a caccia di sassolini strani, di monete arrugginite, di piccoli tesori che poi portavano a casa come dei premi di inestimabile valore.
Le note di un violino iniziarono improvvisamente ad allargarsi nell'aria, ed Emer sussultò.
Quella canzone la conosceva così bene... Rowen era una violinista straordinaria ed Emer era una bravissima cantante. Quante volte si erano ritrovate a cantare e suonare insieme le ballate che preferivano, le antiche canzoni gaeliche che i loro nonni avevano insegnato loro, le dolci canzoni che le loro mamme cantavano per farle addormentare! Quella che echeggiava nell'aria era una delle loro melodie preferite... ma anche se era una canzone vivace, in quel momento sembrava quasi un requiem.
Le dolci note del violino accompagnavano il lento cammino delle nuvole nel cielo. Tinte di scarlatto e oro, veleggiavano da un confine all'altro della volta celeste senza accennare a fermarsi. Il sole, scomparso quasi del tutto dietro l'orizzonte, stava affogando lentamente nel rosso liquido del fiume, lanciando i suoi ultimi raggi, come se volesse chiamare aiuto un'ultima volta, con un ultimo, disperato grido.
Chi avesse alzato gli occhi verso di lei in quel momento, l'avrebbe vista chiudere gli occhi mentre stringeva le mani l'una nell'altra in un convulso gesto di tristezza.
Il violino continuava a cantare, i fiumi spandevano il loro profumo, la gente chiacchierava imperterrita camminando per la via... eppure il suo cuore si stringeva come mai prima d'allora.
Doveva essere Ryan, a suonare.
Il suono del violino di Rowen era inconfondibile: quelle corde consumate dall'archetto non potevano dare altre note se non quelle che avevano accompagnato la sua voce tante volte. E poi solo Ryan conosceva quanto quella canzone fosse importante per loro. Lui, che le conosceva fin da quando erano bambine.
Emer si ritrovò a sorridere, suo malgrado. Il piccolo, scalmanato Ryan, che tirava le loro trecce quando erano piccole e che adesso si preparava a partire per cercare fortuna lontano da lì. E così, anche Ryan se ne andava.
- Emer! Bambina mia, ma cosa fai lì fuori? - Esclamò una voce roca e affettuosa alle sue spalle.
- Sto bene, tata, non fa freddo. - Rispose la ragazza.
- Tesoro, lo sai che non devi raffreddarti. Forza, vieni dentro! - Replicò la donna, tirandola in casa e chiudendo la finestra.
Emer si ritrovò di nuovo sul divano davanti al fuoco, con lo scialle sulle spalle e una tazza di latte fumante in mano.
- Tua madre si arrabbierebbe molto se ti ammalassi di nuovo. -
- Non mi ammalo, tata. - Disse Emer, con poca convinzione.
- Dio solo sa quanto tua madre sia fragile, ci manca solo che le tue condizioni peggiorino. Sei così cagionevole, Emer. Non mi stupisco di tutte le attenzioni che i tuoi genitori ti rivolgono. - Rispose la tata.
Emer sospirò.
Già, cagionevole di salute... Emer non era più stata la stessa, dopo quell'incidente maledetto.
La tazza rovente tra le dita rischiò di finire in frantumi, stretta tra le sue dita.
Come ogni volta che ripensava a quella sera, Emer si sentiva impazzire dalla rabbia e dal dolore.
- Oh, bambina. - Disse la tata, sedendosi vicino a lei e tirando il suo corpo minuto contro il proprio.
Emer chiuse gli occhi, ma non pianse. Aveva versato abbastanza lacrime.
- Emer! - Chiamò una bambina, rientrando in casa con i capelli rossi tutti spettinati.
- Sheridan, guarda come ti sei conciata! - La rimproverò la tata.
- Abbiamo fatto una gara di corsa lungo il fiume! - Esclamò la bambina, cercando di lasciare meno fango possibile sul tappeto mentre si avvicinava al fuoco.
- Tu che cosa? - Esclamarono in coro Emer e la tata.
Sheridan le fissò con un'aria così profondamente colpevole che le due si addolcirono subito.
- Forza, andiamo a sistemarci per cena. I tuoi genitori non sarebbero affatto contenti di vederti così conciata! - Disse la tata, alzandosi e prendendo la bambina per mano.
Emer rimase davanti al fuoco.
Alzò gli occhi verso il cielo, ormai passato da un infuocato tramonto a una sera buia.
La canzone del violino era attutita dalla finestra chiusa, ma a quanto pare Ryan non aveva intenzione di smettere di suonare. Probabilmente anche lui voleva tenere Rowen stretta il più possibile, prima di andarsene.
Emer guardò fuori, dove il fiume scorreva pigramente.
Le pozzanghere lasciate dall'acquazzone dei giorni precedenti riflettevano il cielo cupo come tanti pezzetti di specchio.
Emer tossì piano. La tata aveva ragione, non doveva prendere troppo freddo.
Si alzò lentamente in piedi e tornò alla finestra, appoggiandosi al vetro.
Erano passato poco più di un anno, ma il ricordo di quella sera di primavera era ancora impresso nella sua mente.
Lei e Rowen avevano da poco compiuto dodici anni e la primavera era scesa su Cork. Le giornate si stavano allungando e i fiori nel negozio di Enya si erano moltiplicati. Un pomeriggio Rowen ed Emer erano sulla via a giocare: passavano molto tempo fuori con i loro coetanei, si divertivano a rincorrersi e a nascondersi qua e là. Aveva piovuto molto, nei giorni precedenti e un po' dappertutto grosse pozzanghere si erano allargate sulla strada. Una fitta pioggerellina, sottile e insistente, scivolava lenta sulle case, sulle botteghe e sulle strade della città. Anche se pioveva, i bambini si divertivano a rincorrersi, sguazzando sulla strada coperta di fango e schizzandosi allegramente. Ryan, Rowen ed Emer erano insieme al resto dei monelli della città e correvano divertiti. Qualcuno aveva proposto di andare al fiume: di certo la  piena causata dagli acquazzoni degli ultimi giorni aveva aumentato la portata del Lee e avrebbero potuto trovare qualcosa di interessante sugli argini. Mentre continuava a piovigginare, il gruppo di ragazzini si era diretto al fiume e si erano messi a giocare lungo l'argine.
La sponda era scivolosa e l'erba non era ancora cresciuta sul bordo del terrapieno che teneva le acque del fiume lontano dalle case. La pioggia diventava lentamente più forte, il buio scendeva sempre più velocemente, ma i ragazzi non se ne accorgevano. Emer e Rowen cercavano sassi colorati nella penombra della sera, scostandosi i capelli bagnati dal viso. La canzone della pioggia che tamburellava sull'acqua del fiume, sui tetti delle case e sul lastricato della strada era un piacevole sottofondo alle loro chiacchiere e risate.
Tutto era accaduto così velocemente che Emer faceva fatica a ricostruire tutti i particolari della  scena: all'improvviso Rowen era scivolata sul fango e aveva tentato invano di aggrapparsi alla sponda fangosa e umida. Emer le aveva preso la mano per aiutarla con l'unico risultato di finire anche lei trascinata via dal fango e dall'acqua. Il gelo del fiume Lee le aveva impedito di pensare e di parlare, finché non si era ritrovata nel suo letto, a casa, con i visi della madre, del padre e della tata fissi su di lei, con gli occhi pieni di angoscia.
Emer tornò a fissare il cielo viola che si fondeva con il rosso carminio del fiume.
Il tuffo nel fiume gelato le aveva provate. Erano state chiuse in casa a lungo, riempite di rimedi atigianali e di medicinali, non avevano lasciato il letto per settimane.. e anche quando sembravano guarite, era bastato loro un soffio d'aria appena più fredda per chiuderle di nuovo in casa.
Giusto qualche settimana prima erano uscite insieme per la prima volta da mesi. Si erano infagottate in scialli, giacche e sciarpe ed erano andate a fare una passeggiata lungo il centro della città.
Quando aveva iniziato a piovere si erano rifugiate al negozio di Enya, ma ben presto erano tornate a casa, anche se sotto una pioggia leggera.

Erano così felici di essersi ritrovate, di aver ricominciato ad uscire insieme, che non sentivano nemmeno la sottile carezza della pioggia sul viso. Rowen sembrava stanca, ma continuava a dire che stava bene e che aveva sentito la mancanza della sua migliore amica come mai prima di allora.
Si erano accordate per vedersi la sera successiva per uno dei loro incontri musicali, ma Rowen non era andata. Emer l'aveva attesa per tutta la sera e per buona parte del giorno successivo, ma era stata un'attesa vana.
Tre giorni dopo Ryan era andato a casa loro e aveva messo tra le mani di Emer il violino di Rowen.
Fuori pioveva ancora e quella volta era una pioggia così scrosciante e violenta che Emer si era illusa per un momento che potesse coprire le parole di Ryan.
Ma Ryan aveva parlato con voce ferma e sicura: Rowen se n'era andata e presto anche lui sarebbe partito. Emer aveva rifiutato quella notizia e il violino di Rowen con tutta la sua forza, tanto che Ryan si era arreso ed era tornato indietro, portando il suo dono con sé.
Da quel momento, Emer aveva amato e odiato la pioggia.
Sperava sempre che non arrivasse mai, perché ogni volta che sentiva il suo canto d'acqua e aria impazziva di dolore al pensiero dei ricordi silenziosi che portava con sé. Ma d'altra parte, sperava sempre che arrivasse e trepidava ogni volta che il cielo si rannuvolava. La pioggia le riportava Rowen in mente, la faceva sentire più vicino alla sua amica perduta. E in quel momento Emer pensò che avrebbe dovuto accettare quel dono, quel violino che con la sua struggente melodia portava con sé tanti ricordi. In una sera come quella, mentre anche il sole aveva deciso di morire lasciandosi scivolare nel fiume, mentre le note del violino e il profumo dei fiori riempivano l'aria, il ricordo di Rowen si faceva largo nel suo cuore e avrebbe voluto qualcosa di lei da poter abbracciare.
E Emer sapeva che ogni volta che il cielo avrebbe lasciato scorrere la pioggia, avrebbe potuto piangere senza sentirsi poi così sola.

















Ho scritto questa storia per un contest basato su una poesia di Baudelaire.
Sono sempre stata innamorata di violini e Irlanda, quindi quando si parla di musica e tramonti
non riesco ad ambientarli nelle colline irlandesi.
Credo di essere arrivata seconda o terza, a quel contest... ma non ricordo e non mi importa.
Spero che la storia - pur moooolto triste - vi sia piaciuta.
Grazie di aver letto!
Flora
   
 
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