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Autore: MimiRyuugu    08/01/2013    3 recensioni
Ecco qua, dopo Ultimi Ricordi, la continuazione della saga dei Tre Uragani. Riuscirà la nostra Giulia Wyspet ad avvicinarsi di più al burbero Severus Piton?
"You are the life, to my soul, you are my purpose, you are everything."
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonsalve *w* secondo aggiornamento dell'anno <3 come ve la passate? superate le vacanze di Natale? u.u oki, la smetto di tergiversare xD o almeno vi aspetto dopo la lettura del cap al banco 3 u.u c'è il rinfresco *^* *indica* bando alle ciance, inquesto capitolo abbiamo Gabriel di Lamb e I'm So Sick dei Flyleaf, con il solito accenno ad Everuthing dei Lifehouse *w*

Avvertenze: OCCtà, eventi alquanto tristi e al banco 3 ci sono le bamboline voodoo di Josh u.u

Ora vi lascio al capitolo,
Buona lettura <3



16° Capitolo

Feci un sogno molto realistico. Era iniziato con una stanza. Io, Anna ed Hermione chiacchieravamo tranquille, sorseggiando un tè. Per poi andare sull’argomento figli. E così scoprii non solo, di essere sposata con Severus, ma di aspettare pure un bambino! Avevo iniziato a passare una mano sulla mia pancia, quando d’improvviso mi trovai su un letto. Aprii gli occhi di scatto. “Eveline!” esclamai, portandomi una mano alla pancia. Non era più quella di una donna incinta. Presa dal panico mi guardai in giro, poi riconobbi il posto. Era la stanza di Piton. Tornai ad appoggiare la testa sul cuscino. Solo allora capii che era stato un sogno. Vidi le bende sulla mano, che confermavano il mio ritorno alla realtà. Solo quando mi voltai, lo vidi. Severus era seduto sulla sedia. Sobbalzai imbarazzata. Poi notai che aveva gli occhi chiusi. Sulle ginocchia un libro, che sembrava dovesse cadere da un momento all’altro. Mi alzai a sedere. Presi l’oggetto e lo riposi sul comodino. Allora Severus era rimasto vicino a me tutto il tempo? Dopotutto, oramai sapevo che il professore manteneva tutte le promesse. Sorrisi e gli diedi un bacio sulla fronte. “Professore?” lo chiamai. Ripetei un paio di volte. Piton non mosse un muscolo. Gli accarezzai la testa e mi avvicinai. Poggiai la sua testa sul mio petto. D’improvviso lui mi cinse i fianci con le braccia e mi tirò a se. La testa ancora appoggiata. Arrossii. Il suo respiro era tranquillo. Stava dormendo. Come quella volta in cui dormimmo assieme. Gli accarezzai ancora la testa. Piano. “Grazie di starmi vicino…grazie di sopportarmi…grazie di proteggermi…grazie…di esistere…ti amo Severus…” gli sussurrai. Mi sarebbe piaciuto potergli dire quelle cose. Avrei voluto che le sentisse. “Sei un viaggio che non ha ne' meta ne' destinazione, sei la terra di mezzo dove ho lasciato il mio cuore…” cantai piano. In un sospiro. Gli diedi un altro bacio sulla guancia. “Se non vai via, l'amore è qui…” continuai. Sorrisi. Sentivo il rumore del suo respiro. Era vicino al mio cuore. Lo faceva battere all’impazzata. Guardai l’orologio. Erano le due passate. Era ora di dormire. Per lui almeno. A malincuore mi liberai dall’abbraccio. Gli diedi una pacca sulla spalla per svegliarlo. E ancora una. E una ancora. “Severus…” sussurrai. Vidi i suoi occhi aprirsi piano. Sorrisi. “Ma cosa…?” si chiese, guardandosi in giro. “Si è addormentato…” dissi subito. Lui si alzò. “È tardi…dovrebbe andare a dormire…” suggerii. Piton mi guardò ancora stranito dal risveglio. “Non avrà intenzione di andare in dormitorio da sola mi auguro!” commentò acido. Scossi la tesa. Il professore evitò il mio sguardo. “Posso sempre dormire sul pavimento…con una coperta…” dissi tranquilla. “Nemmeno per sogno…le ricordo che è svenuta ieri sera!” rimbeccò. “Solo perché non avevo mangiato…ma ora sto bene…” precisai. Piton si guardò in giro. “Potremmo…dividerci il letto…” tossii. “Dormirò io sul pavimento!” rispose convinto. Scossi la testa. “Non è giusto che le rubi il letto…ce lo dividiamo…stia tranquillo, prometto di non buttarla giù…” scherzai. Lui mi guardò serio. “Sta scherzando spero…” commentò. Io scossi ancora la testa. “Le ricordo che sono un suo professore…non posso di certo dormire con lei!” rimbeccò, tintinnando un poco. Cercava di mantenere il suo tono serio, ma le guance arrossate dicevano il contrario. “È un’emergenza! Però se vuole posso tornare nel mio dormitorio…tanto sto bene…” proposi, rassegnata. “Nemmeno per sogno!” rispose subito Piton. Si vedeva che era combattuto sul da farsi. Se solo quei due stupidi anni fossero già passati. Niente più formalità, niente più professori ed alunni. “Sarò costretto ad accettare la sua proposta…” rispose, seccato. Sorrisi. “Io sto a sinistra!” esclamai, fondandomi sul lato sinistro del letto. Severus non disse nulla e si sedette dalla parte destra. “Scusi…ma lei dorme vestito? Non ha un pigiama?” chiesi, curiosa. “Ho un contegno io signorina Wyspet…” rispose acido. Risi. “Allora…buona notte!” dissi divertita. Lui non rispose. “Nox!” sussurrò, e la luce si spense. Mi voltai dandogli la schiena. Anche se avrei voluto stringermi a lui. Però aveva ragione. Nelle mura di quella scuola eravamo ancora professore ed alunna. I rapporti umani erano limitati tra queste categorie. “Professore?” lo chiamai. Lo sentii sbuffare. Aspettai dieci minuti. “Professore?” lo chiamai ancora. “Cosa c’è?!” rimbeccò. “Sta dormendo?” chiesi, un po’ delusa dal tono che aveva usato. “Certo che no! Altrimenti non le avrei risposto le pare?” commentò seccato. Sospirai e mi alzai. Iniziai a cercare le Converse. “Cosa vorrebbe fare?” chiese acido il professore, accendendo poi la luce. “Me ne torno in dormitorio…” risposi, triste. Piton mi guardò alzando un sopracciglio. “Sta scherzando spero!” commentò, alzandosi a sedere. Scossi la testa. “Non vuole che rimanga qui…” sbottai, infilandomi la prima All Star. Lui rimase in silenzio. Iniziai a trafficare con i lacci. “Signorina Wyspet…” iniziò a dire. Mi fermai. “Non le permetterò di girare per i corridoi a quest’ora…” continuò. “Però le da fastidio che rimanga…” sussurrai triste. “Non dica sciocchezze! È solo che è una situazione…” proseguì, incerto. “…imbarazzante?” conclusi io. Lui annuì. “Tra due anni non lo sarà più…” ebbi il coraggio di dire. Severus mi guardò. Mi tolsi la Converse e tornai sul letto. “Spero che passino presto…” dissi, rossa in viso. Piton spense la luce. Stavolta però si avvicinò di più. Appoggiai la mano sul cuscino. Il buio totale non mi permetteva di vedere nulla. Sentii qualcosa sulla gamba e tirai un urletto. “Scusi…non volevo…ecco…” cercò di dire il professore. Sorrisi. “Non si preoccupi…piuttosto…non riesce a dormire?” chiesi. Silenzio di qualche minuto. “No…” rispose piano Severus. “Agitato?” dissi divertita. “Figuriamoci!” esclamò acido lui. Ridacchiai. “Se vuole posso cantarle qualcosa…” sorrisi. Non mi rispose. Sentii che si muoveva. Presi il bordo della coperta e mi coprii fino alla vita. “Ha freddo?” mi chiese. “Un poco…” risposi. Mi vennero in mente tutti i riferimenti che faceva Anna ogni volta che parlavo di nozze. La prima notte. Arrossii. Allungai una gamba e urtai qualcosa. “Mi scusi!!!” dissi subito. Lo sentii ridere divertito. “Sembriamo due adolescenti…” disse poi. “Io sono un’adolescente!” gli ricordai. Poi risi anche io. Decisi di fare la persona seria per una volta, e mi avvicinai decisa. Allungai una mano tastando nel vuoto, fino a trovare un appiglio. “Quello è il mio braccio…” commentò il professore. Sorrisi. Scesi fino ad arrivare alla mano. Mi avvicinai ancora e presi la sua mano tra le mie. Poi la portai vicino al mio viso. Ci poggiai le labbra e gli schioccai un piccolo bacio. Severus si mosse, poi indeciso, si avvicinò. Un ragazzo della mia età non si sarebbe fatto scappare l’occasione. Il romanticismo era una cosa superata oramai. Però Severus no. Era un uomo così dolce e galante. Timido e sincero. “I can fly, but I want his wings…” iniziai a cantare, tenendo stretta la sua mano. “Signorina Wyspet…non è necessario…” protestò lui. “I can shine even in the darkness, but I crave the light that he brings…” continuai. Nonostante si muovesse agitato, la sua mano stava placida tra le mie. Il mio respiro che sfiorava la sua pelle. “Revel in the songs that he sings…my angel Gabriel…” proseguii, chiudendo gli occhi. Il professore si arrese. “Non è leale così signorina Wyspet…lo sa che quando canta non riesco a fermarla…” sbottò. Sorrisi. “I can love, but I need his heart…” sussurrai. Sentii il suo respiro primeggiare sul silenzio. “I am strong even on my own, but from him I never want to part…” sospirai. Pian piano Severus is avvicinò, fino a che le nostre gambe si toccarono. “He's been there since the very start…my angel Gabriel…” conclusi. Si era tranquillizzato. Ci fu un breve silenzio. “Buonanotte professore…le voglio bene…” sussurrai. “Signorina Wyspet…sappia che la proteggo volentieri…non serve che mi ringrazi…” rispose piano. Sussultai. Aveva sentito ciò che gli avevo detto prima?! Quindi mi aveva anche sentita dire. “Buonanotte…Giulia…” disse poi. Il cuore mi batteva a mille. Gli avevo detto che lo amavo. E lui l’aveva sentito davvero. Dopotutto quei due anni sarebbero passati in un lampo. E saremmo stati finalmente felici. O almeno, speravo che accadesse.
Mi svegliai piano. Ripercorsi gli eventi della notte prima. Subito strinsi la mano. Era vuota. Iniziai a tastare intorno a me per cercarlo. Avevo paura fosse stato tutto un sogno. Un bel sogno di una notte. Non trovando nulla aprii gli occhi. Ero da sola nel letto. Mi guardai in giro dubbiosa. Ero nella stanza del professore, ma lui dov’era? Guardai l’orologio. Indicava le 11.30. Non seppi trattenere uno sbadiglio. Scostai le coperte ed un brivido di freddo mi passò lungo la schiena. “Finalmente si è svegliata…” commentò una voce. Mi voltai verso l’ufficio. Dalla porta spuntava Piton. Arrossii. “Da quanto è sveglio?” chiesi. “Un paio di ore…sono mattiniero…al contrario di lei…” mi prese in giro. Sbuffai. “Giusto in tempo per colazione…” sospirai, affamata. Severus rise divertito. “Ieri si è imbottita di biscotti, ed ha ancora fame?” esclamò. Io annuii sorridendo. Mi infilai le Converse e mi stiracchiai. “Dormito bene?” chiesi. “Non molto…ha scalciato tutta la notte…” rispose seccato. Arrossii. “Mi...scusi…” dissi, dispiaciuta. Piton ghignò. “Stavo scherzando…mai dormito meglio!” commentò. Gli tirai un pugno al braccio. “Non si dicono certe cose ad una signorina!” sbuffai. Lui si guardò in giro. “Io di signorine non ne vedo…” rispose maligno. Lo guardai offesa. “Anche io ho dormito bene…” precisai. Ci guardammo e sorridemmo. “Ora vada, altrimenti arriverà in ritardo per la colazione…” disse. Annuii. “Grazie ancora per ieri sera…e per…stanotte…” sorrisi. Gli diedi un bacio sulla guancia, poi corsi via. Oramai era una gesto quotidiano. Arrivai in dormitorio poco dopo. Mi fiondai sotto la doccia senza nemmeno salutare Anna ed Hermione, e mi cambiai. “Ciao eh!” commentò la prima, appena uscii dal bagno. La salutai con la mano. “Cos’è questo buon umore di domenica?” chiese il prefetto. Io alzai le spalle. “Avanti, sputa il rospo! Hai passato la notte da Piton! Quindi…” cercò di intuire Anna. “Nulla…abbiamo dovuto dividere il letto…” dissi tranquilla. Il libro che Hermione stava leggendo cadde a terra con un tonfo. Anna battè le mani. “E bravo il professore!!” sorrise la prima. “Non è successo nulla…abbiamo solo dormito vicini…tutto qui…” precisai. “Come tutto qui?! Ti sembra poco?!” esclamò il prefetto. “Sembrava un adolescente…così…dolce…” cercai di spiegare. Anna sbuffò. “Insomma un imbranato cronico…” sbottò poi. La fulminai con lo sguardo. “Piton è d’altri tempi…non è come i ragazzi d’oggi, che appena vedono un letto pretendono di sperimentare la consistenza delle molle…” osservò Hermione. Ci guardammo negli occhi e scoppiammo a ridere. “Sarà comica la prima notte di nozze…” disse Anna, ancora tra le risate. Le tirai un cuscino. “Io dico che sarà romantico…” sospirò Hermione. “Io scommetto che non combineranno nulla…” ghignò la castana. “E io dico che sarà romantico!” rimbeccò ancora il prefetto. Io tossii. “Vi dispiace non scommettere sulla mia futura notte di nozze?” chiesi, seccata. Le due fischiettarono finte innocenti. “E comunque, vedrete! Le gesta del Piton(e) si riconosceranno!!” completai. Anna scoppiò a ridere, mentre Herm arrossì. “Andiamo a colazione….vi prego…” sospirò esasperata. Io e la castana sorridemmo complici. Tutte  tre ci dirigemmo in Sala Grande, dove gli studenti, appena svegliati, si appostavano sul tavolo nella tipica posizione da “è stato il mio compagno di stanza a buttarmi giù dal letto, io volevo dormire ancora”. Appunto, trovammo Harry e Ron, con la testa affondata nelle braccia incrociate, appoggiate sul tavolo. Passando, Anna diede un pugno sulla testa a Ron, che sobbalzò, guardandosi in giro. “Quanta vivacità! No vi prego, non parlate tutti insieme!” dissi sarcastica. Harry grugnì qualcosa. Due ragazzi alti e slanciati, riconoscibili dai capelli rossi, si sedettero al tavolo qualche minuto dopo di noi. Dalla loro parte si levò un brusio. “Andiamo a vedere?” iniziò a strepitare curiosa Anna. Io alzai le spalle. Hermione ci seguì annoiata, più che altro per non rimanere da sola con i due bradipi dalle sembianze umane. Sentimmo una ragazza squittire qualcosa. “Salve…cosa c’è di nuovo?” chiese Anna. Tutti si voltarono verso di noi. Hermione si portò le mani alla bocca. L’occhio destro di Fred era di un colore blu, non molto confortante. “Cosa…che ti è successo?” chiesi, stupita. Lui alzò le spalle pacato. “Niente…” rispose tranquillo, scoccandomi un sorriso. “Fred! Hai l’occhio che si vede da qui a Hogsmeade! Non può essere nulla!” rimbeccò preoccupata Hermione. Lui alzò ancora le spalle. “Ha avuto qualche incomprensione con un idiota ieri…” rispose George. “Ha fatto rissa con Josh…” sintetizzò Mary Kate, apparendo con Ginny. Lo guardai allibita. “A quanto pare qualche stupido ha spifferato che ha ballato con te lunedì sera, alla festa…” iniziò a dire quest’ultima. “Così quell’idiota ha pensato che lui e Giulia stessero assieme?” dedusse Hermione. George annuì. Mi sentivo mortificata. Ora ogni persona a cui stavo vicino era minacciata?! “Scusa Fred…mi dispiace…” mi scusai, rammaricata. “Tranquilla…non è nulla…lui ne ha prese il doppio! Non sono mica una femminuccia!” commentò, mettendosi in posa per mostrare i muscoli. Ginny gli tirò un pugno sulla testa, e lui si lamentò. “Scusa…non lo sapevo…” continuai a scusarmi. “Tranquilla…quello è malato…” disse una ragazza, vicino a Fred. Strinsi i pugni. Mi voltai verso il tavolo di Corvonero. Lui era li, che parlava tranquillamente con Keith. Mi scusai ancora, poi mi diressi verso il suo tavolo. Hermione mi prese per un braccio, ma mi liberai. Marciai sicura verso di lui. “Josh…mi sa che hai visite…” ghignò Keith, indicandomi. Il ragazzo si girò e rimase stupito nel vedermi. “Giuly…” iniziò a dire. Un brivido di orrore mi percorse la schiena. In effetti anche Josh aveva un bell’occhio nero. “Come ti sei permesso di andare a picchiare un mio amico?! Come hai potuto!” strepitai, furiosa. Lui abbassò lo sguardo. “Amico? Non è forse il tuo nuovo ragazzo? Quello del ciondolo?” chiese. “No! Fred non centra!” risposi, subito. “Davvero? E allora perché ci hai ballato?” sbottò, alzandosi. Incrociai le braccia al petto. “Non sono affari tuoi…non devo giustificarmi con te!” rimbeccai. Lui fece un passo in avanti. Sapevo che quella scenata mi sarebbe costata una ventina di frasi dalla Umbridge, ma non mi importava. “Ed invece si!” sbottò Josh. “Da quello che mi risulta non siamo più assieme, quindi posso fare quello che mi pare! Posso ballare con chi mi pare! Posso stare con chi mi pare!” risposi. Ero davvero arrabbiata. Il suo sguardo era fisso su di me. Osservava la mia mano. “Ti chiedo solo una seconda possibilità…” disse, languido. Prima che potessi rispondere, mi prese la mano destra nella sua. Dovevo bloccare i flashback. “Credimi, è meglio per tutti e due…” sospirai, cercando di liberarmi. Lui strinse la presa. “Se davvero non c’è nessun altro, esci ancora con me!” propose. Scossi la testa. “Tel’ho già detto che…” iniziai a ripetere. Josh mi strinse la mano e mi tirò a se. Arrossii smisuratamente e cercai di spingerlo via. “Ti prego…smettila…non…ce la faccio…” cercai di dire. L’odore di alcool dell’ultimo sabato sera mi tornò nelle narici. Era vivido nella mia mente. Spezzoni di quella sera andavano ad intermittenza. Non capivo più nulla. Riuscii solo a voltarmi verso il tavolo insegnanti. La Umbridge guardava la scena con un ghigno. Stava aspettando che tutto finisse per potermi punire. La McGranitt era indecisa sul da farsi. E poi lui. I suoi occhi su di me. Su di noi. Non volevo che mi vedesse tra le braccia di un altro. Non lo sopportavo. Sentii una voce famigliare. “Lasciala stare!” sbottò Anna, venendo in mio soccorso. Keith si alzò e la tenne ferma. “Mollami!!!” ringhiò, furiosa. “È una cosa fra loro darling…lasciali stare tranquilli…” le sussurrò lui. “Non chiamarmi darling!” sbraitò la ragazza, tentando di scacciare l’innamorato. Josh aveva iniziato a stringermi la mano. Mi faceva male. “Dimmi che non c’è nessun altro…” iniziò a dire. Aveva la voce tremante. Non risposi. “Avanti…dimmelo!” ordinò, alzando la voce. Rimasi zitta. La presa si strinse ancora. Avrei voluto urlare. Picchiarlo così tanto da ridurlo implorante ai miei piedi. Però non lo feci. Nella mia testa vorticavano immagini sconnesse. Cercai di concentrarmi su qualche ricordo felice, come per evocare un Patronus. Ma non ci riuscii. “Questo… non è il tuo profumo…” commentò Josh. Il suo respiro mi sfiorava il collo. “Co…cosa?” chiesi. La sua stretta aumentò. Con l’altra mano mi tenne stretta a se, poi mi toccò il sedere. La testa stava per scoppiarmi. Come poteva umiliarmi così, davanti a tutti? Cercai di contenermi. La mia rabbia non riusciva ad avere la meglio sulla tristezza. “Hai dormito con lui? Avanti dimmelo!” urlò furioso Josh. Non poteva essersene accorto. Non mi ero lavata i capelli prima, altrimenti sarei arrivata in ritardo. Il profumo del cuscino. Delle lenzuola. Il suo profumo. Ancora non risposi. “Dimmi chi è! Dimmelo così gli spacco la faccia! Nemmeno sua madre lo riconoscerà più!” ringhiò. Scossi la testa. “Avanti! Rispondimi!” continuò ad insistere. Sentivo gli sguardi dell’intera Sala Grande su di noi. “Sei andata a letto con lui! Come hai potuto! Io…ti amo, non lo capisci!” iniziò a sbraitare Josh, strattonandomi. “Smettila Josh! Lasciami in pace!” risposi. Fu un attimo. Lo vidi alzare la mano. E un secondo dopo, sentii dolore ad una guancia. La mano di Josh a mezz’aria. Barcollai. “Giulia!” sentii urlare da Hermione. Un brusio si levò dal tavolo vicino. “Maledetto! Ora ti uccido!!!” iniziò a gridare Anna, tentando di liberarsi. Mi portai una mano sulla guancia. Lo schiaffo che avrebbe dovuto darmi una settimana prima. Quella sera. Non capivo più nulla. “Sei una…una…” cercò di dire Josh. Le lacrime mi offuscavano la vista. Indietreggiai e, prima che Josh potesse finire la frase, corsi via. Superai i tavoli che mi separavano dall’uscita, poi andai a sbattere contro qualcuno. Alzai lo sguardo e riconobbi il mio professore. “Mi…scusi…io…” dissi, tra i singhiozzi. “Signorina Wyspet…” iniziò a dire. Scossi la testa e lo sorpassai. Scappai fuori dalla Sala Grande. Corsi a perdifiato, fino a che dovetti fermarmi. Volevo un posto tranquillo, dove poter sfogarmi, piangere, urlare. La Stanza delle Necessità non tardò ad esaudire il mio desiderio. Una porta comparve e la aprii subito. Dava su una stanza spoglia. Male illuminata. Mi sedetti per terra, in un angolo. Mi rannicchiai con le gambe contro il petto. La guancia pulsava, e la mano aveva ripreso a farmi male. Continuai a piangere finché non abbi più lacrime da poter versare. Solo allora mi alzai. Iniziai a sfogarmi nell’unico modo che conoscevo. “I will break into your thoughts, with what's written on my heart…I will break, break…” iniziai, imitando la cantante, che urlava per la maggior parte della canzone. Tirai un pugno al muro, con la mano buona. La rabbia stava uscendo. “I'm so sick, infected with, where I live…let me live without this empty bliss, selfishness…I'm so sick…” continuai. Perché non ero riuscita a far nulla? Ad impedirgli di trattarmi come un rifiuto. E soprattutto, perché mi sentivo così male? Una piccola parte di me si chiedeva come mai Piton non mi avesse aiutato. Aveva promesso di difendermi, di proteggermi. E non l’aveva fatto. La mia guancia rossa e dolorante lo confermava. Scossi la testa per cacciare questi pensieri stupidi. Dopotutto Piton non poteva permettersi di corrermi incontro e pestare Josh per me. Nell’ambito privato, per tutti eravamo studentessa e professore. Niente promesse, niente notti passate a chiacchierare davanti al camino. “…I'm so sick…” urlai ancora, con tutta la forza che riuscii a raccogliere. Mi aveva umiliato. Mi aveva toccato il sedere davanti a tutta la scuola. E sicuramente Severus ci aveva visto. Avrà pensato che fossi una sciocca ragazzina. “If you want more of this, we can push out, sell out, die out…” proseguii, per riprendere fiato. No. Lui sapeva come stavano le cose. Sapeva che non riuscivo a reagire contro Josh. La mia testa andava dove voleva quando ero contro di lui. “So you'll shut up, and stay sleeping with my screaming, in your itching ears…” sussurrai. Se avessi avuto la bacchetta avrei iniziato a scagliare incantesimi a ripetizione. Non sopportavo che Josh riuscisse a mettermi paura. Ero uno dei tre uragani di Hogwarts che diamine! Ne avevo suonate tante nel corso degli anni a Millicent e Pansy! “Hear it, I'm screaming it! You're heeding to it now…hear it! I'm screaming it…you tremble at this sound…” dissi, in un sibilo. Avrei voluto che lui fosse li. Che Severus fosse li. Come sarei potuta tornare dal mio professore? Ero stata umiliata davanti ai suoi occhi. Ci aveva visti. Aveva visto la sua mano toccarmi. Un brivido di disgusto mi pervase. “You sink into my clothes…this invasion makes me feel…worthless, hopeless, sick…” continuai. Avevo la testa confusa. Un mare di pensieri vorticavano senza un nesso logico. Volevo solo urlare. Piangere. Cancellare tutto. Volevo tornare in quella camera, dove tutte le mie preoccupazioni svanivano. Dove stava il mio principe protettore. “I'm so sick, infected with, where I live…let me live without this empty bliss, selfishness…I'm so sick…” urlai. Portai una mano al ciondolo. Bruciava. Come quella sera. Mi chiedevo se pronunciando il suo nome sarebbe apparso. Però. Come avrei fatto a farmi guardare ancora in faccia da lui. “I'm so, I'm…” proseguii, appoggiandomi alla parete e scivolando fino a sedermi. Stringevo il ciondolo. Perché mi sentivo così male? Forse era la volta buona in cui ero impazzita del tutto. I miei nervi non avevano retto, ed ora mi sentivo. “…so sick…” sillabai infine. In un sussurro. Quegli occhi scuri. Ogni volta che stavo male. Quelle mani delicate. Ogni volta che mi sentivo morire dentro. Quella voce. Ogni volta che avevo bisogno di lui. Era accanto a me. Infondo ero davvero una bambina. Stupida, che credeva di tenere in pugno il mondo. Non sarei stata in grado di difendere nessuno. Tanto meno un bambino. Forse Severus era davvero destinato a stare con Lily. Da quanto raccontava qualche volta Sirius era davvero una brava donna. Coraggiosa. Una vera Grifondoro. Che non temeva nessuno. Aveva protetto Harry dando la sua vita. E io. Non sapevo nemmeno fronteggiare un mio coetaneo. “Severus…mi dispiace…” sussurrai, in lacrime. Non me lo meritavo. Forse aveva ragione. Eravamo due generazioni opposte. Potevo essere sua figlia. “Find me here, speak to me…I want to feel you, I need to hear you…” iniziai. La sua canzone. Il compleanno. Quando l’unico mio problema era non farmi beccare dalla Umbridge. “You are the light that's leading me, to the place, where I find peace…again...” continuai, singhiozzando. Volevo tornare la solita Giulia. Quella che si batteva con sicurezza contro la Umbridge. Quella che poteva girare liberamente per Hogwarts la sera. Quella che sorrideva sempre. “You are the strength that keeps me walking, you are the hope that keeps me trusting…” sussurrai. Incrociai le braccia e le appoggiai sulle ginocchia. Poi ci affondai la testa. “You are the life to my soul, you are my purpose…you are everything…” dissi, piano. Le parole soffocate dalle lacrime. “Dovevo immaginare che fosse qui…” sentii. Alzai la testa sorpresa. “In Sala Grande si è creato un caos enorme…Josh ha rischiato di essere linciato dal tavolo di Grifondoro…” disse ancora divertito. Piangevo ancora. “A quanto pare il ciondolo funziona a meraviglia…” commentò ancora Piton. Mi tese una mano. “Avanti, si alzi…la porto in dormitorio…non ha mangiato nemmeno oggi…” disse. Io scossi la testa e abbassai lo sguardo. Un rumore di passi. “Signorina Wyspet…” iniziò a dire. “Mi…scusi…mi…dispiace…io…non sono riuscita a…sono un’incapace… un’inetta…Eveline non avrà affatto una buona madre…” singhiozzai. Piton si sedette accanto a me. “Lei non è affatto un’incapace! Non si sminuisca così!” mi rimproverò. Scossi la testa dispiaciuta. Il professore sobbalzò d’improvviso. “Ha detto…madre? Chi è questa Eveline?” chiese subito. Arrossii, imbarazzata. “Nulla…una…cosa mia…” risposi. “Ora capisco…immagino che sia uno dei suoi pensieri futuri giusto? La bambina di cui mi ha parlato ieri, quella dei cento colpi di spazzola?” mi chiese ancora. Annuii. “Eveline…” ripeté poi lui. “Se non le piace il nome possiamo cambiarlo…” dissi subito. Quanto ero stupida. Non avevo nemmeno ancora compiuto di sedici anni, e già mi preoccupavo di queste cose. Figurarsi se Piton aveva mai pensato ad una futura famiglia. “Un nome carino…però…chi dice che sarà femmina?” replicò, sorridendo. Lo guardai. Mi buttai tra le sue braccia e scoppiai ancora a piangere. “Signorina Wyspet…si calmi…è tutto apposto…” disse stupito il professore. Continuai a singhiozzare. “…è tutto apposto ora…” ripeté Severus. Con una mano iniziò ad accarezzarmi la testa. Mentre con l’altra mi stringeva a se. Would you tell me, how could it be, any better than this.
  
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