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Autore: layla493    09/01/2013    2 recensioni
Delilah ha un nome insolito per una ragazza che vive in una città che è esclusa del mondo. Una città che le spezza le ali.
Delilah ha una cotta da cinque anni, le piace il suo ex migliore amico Fabio, che non ricambia e forse non ricambierà mai. Ha provato a dimenticarlo, è stata con altri ragazzi, pensava di dimenticarlo ma quando lui tornava a parlarle e a guardarla negli occhi ... No, non l'aveva mai dimenticato sul serio.
Ha degli amici che le stanno accanto nei momenti difficili, i più importanti sono Sofia e Marco.
Ma forse qualcosa, in un giorno qualunque, può cambiare ?
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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1. In un giorno qualunque. ♥

E' un giorno come tanti, uno di quelli in cui ti scocci anche a pensare di viverlo.
Uno di quelli in cui ti svegli e fai tutto in modo automatico, neanche se fossi un robot. Ti alzi dal tuo letto e ti separi dal tepore che questo ha, controvoglia, fai colazione con il solito yogurt e cereali e il caffè per carburizzare un po’.
Corri a lavarti i denti, a farti una doccia, cerchi di truccarti, nascondendo quelle orribili occhiaie che ti ritrovi sperando di non sembrare uno zombie, promettendo a te stessa di non fare più tardi la notte.
Ti vesti, con quello che ti capita a tiro, cerchi di sistemarti i capelli alla bell’è meglio, un po’ di profumo sul collo, sciarpa e giubbotto, zaino in spalla e corri alla fermata del bus, ringraziando tutti i santi perché la fermata è a due passi da casa tua.
Corri quei pochi metri che vi separano col cuore in gola, per paura di aver perso il 31 quello che ti porta in città, vicino scuola.
Ecco la mia giornata tipo: sempre in fretta, sempre di corsa.
Per fortuna il pullman non l’ho perso.                          
Mi chiamo Delilah, nome insolito per me, ragazza di una città che è emarginata nel mondo.
Tutti mi chiedono il motivo del mio nome, in realtà non c’è un motivo in particolare, piaceva a mia madre ed ecco risolto il grande enigma.
Ho diciassette anni, frequento il liceo classico della mia città, piena di figli di papà viziati e con la puzza sotto il naso.
È dura, ma me la cavo abbastanza bene. Non sono una di quelle secchione che il più delle volte sono anche stronze e antipatiche, quelle che non passano mai i compiti, quelle che ti accusano di ogni cosa ai professori per leccare i piedi.
Ma non sono nemmeno una di quelle scansafatiche sull’orlo della bocciatura.
Penso di essere più matura della mia età, o almeno molte persone mi dicono così, e quando qualcosa te la ripetono in tanti alla fine ti arrendi e ti lasci convincere.                                    
Mi piace sorridere, mi piace il sole, mi piacciono le battute, anche quelle che non fanno ridere nessuno.
Sono molto positiva ed ottimista, cerco di vedere tutto dalla giusta prospettiva, di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. Non è molto difficile, alla fine.
Ho qualche amica, la più importante è Sofia, la mia migliore amica di sempre, fin dai tempi dell’asilo. Lei c’è sempre stata, è sempre stata al mio fianco, dalla mia parte e non mi ha mai giudicata. È la migliore.
Siamo in classe insieme, il primo F. Esattamente dove questo dannatissimo pullman, sta cercando di portarmi con non poche difficoltà. Si ferma alla fermata vicino casa di Sofia, che si catapulta accanto a me non appena mette piede dentro l’autobus. Una cosa che odia è stare in piedi qui dentro con altre 30 persone che le stanno attaccate. Effettivamente è una cosa che odio anch’io.                                                
Mi saluta con due baci sulle guance, ci raccontiamo delle ultime novità, prima che Fabio, entri sul bus.
Chi è Fabio ? Fabio è la mia cotta segreta (che non è più così “segreta” dai tempi del primo ginnasio, in realtà !) di cui sono invaghita da esattamente 5 anni. Ho provato ad uscire con altri ragazzi, nel frattempo, sinceramente anche più carini di lui, e alcune storie sono anche durate, pensavo di averlo dimenticato sul serio.
Finché lui non si ripresentava davanti a me, con quei due occhi magnetici color caramello, non ci scambiavamo due parole e io tornavo a pensarlo ventiquattro ore su ventiquattro, mentre lui non voleva altro che una semplice e stupida amicizia, da me.
Evidentemente non sono abbastanza.
Eccolo, mentre entra da quella dannatissima porta, con quei suoi dannatissimi Ray-Ban da sole sul naso, e quel suo bel sorriso. Penso di odiarlo, sul serio. Ci saluta, con un cenno del capo, mettendosi seduto comodamente davanti a noi, occupando tutti e due i sedili di questo maledetto e scassato pullman.
“L’avete fatto greco? "domanda, con aria assonnata, lui per tentare di aprire un discorso.
Io annuisco, ovvio che l’ho fatto, greco. Non voglio mica morire giovane, se la Trimboli scopre qualcuno senza compiti fatti, quel qualcuno può scavarsi la fossa da solo.
Nonostante la sua indole severa, siamo molto fortunati ad avercela come insegnante, è molto preparata e su questo non ci sono dubbi. “Sì.” Gli risponde Sofia, annuendo. Lui annuisce di rimando e continua ad ascoltare Eman dal suo I-pod touch bianco, regalo del suo ultimo compleanno.
L’ultimo alla quale sono stata invitata, ovvio.
Io e Fabio abbiamo iniziato ad allontanarci verso il secondo ginnasio, quando la mia cotta per lui iniziava a farsi qualcosa di più serio. Però ci stavamo male entrambi, per questa lontananza. Eravamo diventati dei buoni amici, in terza media e scoprirci compagni di classe alle superiori ci aveva riempiti di gioia.
Eravamo sempre in giro insieme, col nostro gruppo, a cazzeggiare. È per colpa di questa vicinanza se mi sono invaghita di lui.
Per cercare di dimenticarlo mi sono allontanata, invano, perché finivo col cercarlo sempre. Allora provavo a frequentare altri ragazzi, sempre invano. Però notavo che quando stavo con altre persone lui tornava a cercarmi, tastando un po’ il terreno, per vedere se ancora ero pazza di lui.
Sì, inevitabilmente lo ero. E si allontanava di nuovo. Ecco quello di adesso è quell’esatto periodo. Siamo in lotta contro i nostri istinti, perché vogliamo qualcosa che non possiamo ottenere. Peccato che siano due cose completamente diverse.
Lui vuole la mia amicizia, io voglio avercelo al mio fianco come ragazzo.                                                                                   Questi pensieri a prima mattina fanno davvero male.
Il bus si ferma alla solita fermata prenotata da tutti gli studenti del liceo, ovvero davanti il Picnic , un bar che è esattamente davanti la nostra scuola e dove tutti noi pendolari facciamo colazione, non avendo il tempo materiale per farla a casa. Solitamente io la faccio a casa, ma dopo il viaggio sono così assonnata che devo prendere assolutamente un altro caffè, o non riuscirei assolutamente a reggere le prime tre ore di questo lunedì : greco, greco, latino. Un suicidio, totale.                                                  
Entriamo nel solito bar, salutando Gigi che in quattro anni e tre mesi ormai conosciamo meglio delle nostre tasche. E lui, di conseguenza conosce noi e le nostre ordinazioni. “Buongiorno Delilah ! Il solito macchiato, vero ?” annuisco alla domanda di Gigi, oggi non sono di molte parole, l’ha notato anche Fabio che mi guarda con sospetto, come a chiedermi “Oh, ma che c’hai ?”
Non lo so nemmeno io, stamattina devo essermi svegliata dalla parte sbagliata del letto.                                                          
Ho una strana sensazione nello stomaco, come se dovesse succedermi qualcosa, ma non so cosa. E questo mi agita. Non ho idea se si tratti di una sensazione negativa o positiva, anche se peggio di così la vedo dura. “Oggi batti la fiacca, Del ?” mi domanda Sofia, un po’ preoccupata. Annuisco, con la fronte crucciata, leggendo un messaggio sul cellulare. E' Marco, il mio migliore amico di sempre. Un po’ come quegli amici gay che sogni sempre, solo che Marco è etero. Eccome ! Ha una ragazza al giorno, lo si vede sempre in giro mano per la mano con qualcuna.
Oltre tutto è uno dei quattro rappresentanti d’istituto, quindi fa comodo avercelo fra le amicizie. Mi ha dato la notizia dell’ultima ora: gli hanno accettato l’assemblea d’istituto all’ultimo minuto, miracolosamente, e per noi del triennio è alle prime tre ore. Questo è un sogno, vi prego non svegliatemi !
 “Chi è ?” mi chiede Fabio, sospettoso. Lo guardo male, è sempre così prevenuto nei miei confronti. È geloso, e non se ne rende conto. Mi da fastidio questa sua possessione, io non sono un oggetto e soprattutto non sono sua.
"È Marco. Dice che gli hanno accettato l’assemblea, ci saltiamo la Trimboli, per noi del triennio è alle prime tre ore.” annuncio a Sofia e a Fabio. Quest’ultimo, sentendo il nome del mittente ha fatto una smorfia. Non sopporta Marco e penso di capirne il motivo. Marco ha “preso il suo posto” di migliore amico e a lui non sta bene. Sofia mi salta in braccio, gridandomi nelle orecchie degli “Evvai !”. Fabio, dopo aver dimostrato la sua stupida gelosia, sorride e continua a bere il suo caffè e a mangiucchiare la sua brioche. Mi scollo di dosso Sofia e continuo a bere anch’io il mio macchiato, gustandolo più lentamente sapendo di non dover correre per non morire per mano della mia prof psicopatica.                                                                          
 Finito il caffè pago ed esco fuori dal Picnic, mettendomi le mie Lozza sul naso, e specchiandomi dalla vetrina del bar. Vedo una ragazzina, le darei al massimo quindici anni, invece ne ha diciassette. Vedo una ragazzina insicura. Si vede da come tiene un braccio sulla pancia, da come si aggiusta perennemente la frangetta simmetrica quando è in imbarazzo. È minuta, magra, ma nonostante la “bassezza” ha le forme al posto giusto. Ha degli occhi grigio-verde che apprezza da morire, ma che molte volte sono rivolti verso il basso, ha le gote rosse dall’imbarazzo, che fanno pendant con i capelli rossi. È molto sicura di sé, ma si imbarazza davanti ai complimenti e davanti alle figuracce.                                              
Sofia mi tira dai capelli corti, fino al collo che mi donano un’aria da bambina, facendomi risvegliare.                                                         “Dai, baby, andiamo a cazzeggiare.” esordisce, tenendomi ancora per i capelli. “Sofy, mi stai facendo male. Eddai, molla.” la mia amica molla la presa scusandosi. Veniamo raggiunte da Fabio poco dopo, mentre aspettiamo insieme ad altri tre - quattrocento ragazzi il suono strozzato della campanella che li fa entrare al patibolo. Ecco, infatti il suono della campana che li trasforma in belve selvagge.
Nel trambusto perdo Fabio e Sofia e mi scontro con qualcuno che mi fa cadere per terra il vocabolario di latino e alcuni appunti al suo interno. “Scusa”, mormoro togliendomi gli occhiali da sole e mettendoli nell’incavo della felpa, cominciando a farmi rossa stile Heidi. “E stai più attenta a dove metti i piedi !” mi rimprovera quel qualcuno, che evidentemente non conosce le buone maniere. “Ehy, l’educazione l’hai dimenticata su in solaio, stamattina ?” chiedo acida alzando gli occhi dal disastro ai miei piedi, al quale lui non si era degnato nemmeno di riparare.
I miei occhi incontrano quelli castani, di un ragazzo bellissimo, incorniciati dai capelli castani lunghi e ricci e da un naso perfetto. Per non parlare della bocca e del sorriso. Mi sorride, stupito.
Ma, insomma, chi si crede di essere? È semplicemente uno studente, come me. Certo, un bellissimo studente. Quel sorriso, poi, non l’avrei mai dimenticato : può benissimo far invidia a tutti i modelli dei dentifrici o delle gomme da masticare.
Perfetto, è l’unico aggettivo che mi viene in mente guardandolo. Poi mi ricordo del suo atteggiamento, e cambio opinione. Sarà bello quanto vuole, ma l’educazione è alla base di tutto.
Lo guardo ancora sprezzante, raccogliendo da terra gli ultimi appunti di latino, quando finalmente si degna di darmi una mano, piegandosi sulle ginocchia raccogliendo qualche foglio.
Intorno a noi non c’era più nessuno, tutti quanti erano entrati a scuola.                                                                                          
  “Era ora, grazie, ma ormai ho finito.” dico, glaciale come un iceberg.
Mi rialzo da terra con il vocabolario stretto al petto ed entro a scuola, senza rivolgergli più uno sguardo, lasciandolo lì come uno stupido.  Spero solo di non doverlo incontrare mai più per il resto dei miei giorni in questa scuola ! 




Note dell'autrice :
Ciao a tutti ! 
Niente, questa è la prima storia a capitoli che scrivo, spero di essere all'altezza.
Accetto consigli, critiche, correzioni, quello che volete ! Davvero. 
Il titolo della storia l'ho preso da una canzone : Kiss the rain.
Il titolo del capitolo, invece l'ho preso dalla canzone di Marco Mengoni : In un giorno qualunque.

Per Delilah ho sempre avuto in mente il viso di Annalisa Scarrone, per chi non la conoscesse, ecco la foto :


http://i46.tinypic.com/2lvua0.jpg


Detto questo buona lettura a tutti. 
Bacio, LayLa. :)
  
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