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Autore: Shinji Kakaroth    28/07/2007    1 recensioni
La storia che vi presento parla dell'infanzia di Lelouch e del suo primo contatto col gioco degli scacchi.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno tentennava a recedere dal grande giardino, mentre il bambino piangeva calde lacrime, nascosto dietro un cespuglio.
Continuava a strofinarsi i pugnetti sugli occhi, tentando disperatamente di smettere.
'Un uomo non deve piangere o mostrarsi debole.' era quello che pensava suo padre.
Una giovane cameriera che passava di lì sentì i suoi singhiozzi sommessi, si sporse sopra al cespuglio dove il piccino era nascosto e lo vide, con gli occhioni pieni di lacrime che gli luccicavano in viso con il sole che stava declinando verso ovest, dove avrebbe continuato il suo percorso, riapparendo di nuovo ad est l'indomani.
"Lelouch-sama? Che state facendo nascosto qui dietro?" sorrise la giovane dai lunghi capelli rossi raccolti in due grosse trecce.
"Fermati. Vai via." disse il piccolino, ancora singhiozzando e tirando su col naso "Tu non m'hai visto."
La giovane al posto di fare come tutti gli altri servitori ed obbedire agli ordini che aveva appena impartito, saltò la siepe, s'andò a sedere accanto a lui e l'abbracciò.
Rimase di sasso, letteralmente impietrito da quel repentino abbraccio e dalle mani che gli accarezzavano la schiena e il capo, con aria confortante.
"Su, su. Non e' stato niente." stava per replicare a quella serva che doveva imparare a stare al suo posto, che poteva essere mandata a morte per una sola parola del principino e mille altre minacce che gli erano venute in mente in un solo istante, ma l'abbraccio sul seno appena pronunciato della giovane l'aveva zittito.
Riusciva a sentire i palpiti del cuore della ragazza, e il calore di quell'abbraccio che la stava calmando realmente.

Dopo qualche minuto, quando il bimbo aveva smesso di piangere, la cameriera si sfilò di tasca un fazzoletto ricamato in maniera piuttosto sommaria e gli asciugò gli occhi, pulendogli il visino.
"Cos'è successo per farvi perdere il vostro solito contegno?" gli sorrise, calma e allo stesso tempo pronta ad ascoltarlo.
Pensò che non erano fatti che riguardassero quella serva, pensò d'andarsene e lasciarla lì nel giardino per poi farla licenziare, pensò di schiaffeggiarla e di ribattere che una Britanna onoraria non aveva il diritto neppure di rivolgersi a lui direttamante.
Eppure il sorriso di quella ragazza era così schietto che non riuscì ad attuare nulla di quello che aveva in mente.
"Robés mi ha detto che sono un bastardo" disse indignato, digrignando i denti in un buffo gesto di stizza "e che non sono degno di vivere qui, nella villa di Aries."
"Lelouch-sama, non dovete sentire quello che dicono gli altri. Sono tutti pretendenti allo stesso trono e il fatto di essere piu' grandi li fa sentire forti e se la prendono con i più deboli, cercando di fiaccare i loro spiriti." gli accarezzò il viso con il dorso della mano "Capite quel che vi sto dicendo?"
Lui fece segno di sì, con la testa.
"Quando vi deridono e vi prendono in giro, la fanno per scoraggiarvi. Sono solo dei vigliacchi a prendersela con un bambino." gli accarezzò il capo con la mano "Ora va meglio?"
Il bimbo, adulto per la sua età, abbastanza per capire i discorsi della cameriera, ma non tanto da frenare le lacrime a delle ingiurie tanto basse e meschine, la stava ascoltando, prestandole la massima attenzione. In quel momento i ruoli erano invertiti.
Lei era la reggente che incoraggiava il popolo, rapprasentato dal bimbo.
"Facciamo così, domani, quando avrò un po' di tempo, verso le quattro, se sarete libero, potrei insegnarvi un gioco che v'aiuterà di certo a sopportare gli insulti e v'insegnerà come comportarvi in certe situazioni." si fermò un attimo ad osservare la reazione del bambino "Vi va bene?"
"Sì." disse energicamente Lelouch, con lo sguardo fiero e allo stesso tempo divertito.
"Allora a domani. V'aspetterò al piccolo bungalow delle pietre intrecciate." il posto si trovava nel giardino, nelle vicinanze della villa.
"Molto bene, hai la mia parola." disse con profondo orgoglio, come se avesse appena detto che ci sarebbe stato quanto è vero che il giorno e la notte si alterneranno di qua all'eternità.
La donna s'inchinò in una riverenza, alzando lievemente i lembi della gonna e si diresse verso la villa.
"Aspetta!" disse il bambino, trattenendosi dalla voglia di correrle dietro e farsi consolare un altro po' "Qual'è il tuo nome?"
"Rivette DeCurty." sorrise, e il sole del tramonto inondava di fiamme il suo capo, facendo quasi brillare i suoi capelli e dando risalto alle piccole lentiggini sul suo viso.
"Rivette, a domani." disse il bambino.
"A domani, Lelouch-sama." sorrise, s'inchinò nuovamente e si diresse alle cucine. Era quasi ora di preparare la cena.

L'indomani la ragazza si diresse verso la costruzione immersa nel verde.
Era chiamato 'bungalow delle pietre intrecciate' per via della forma buffa della piattaforma su cui era stato edificato.
In realtà erano solo sei pilatri alti tre metri e una piccola cappella circolare, fatta d'edera intrecciata e piante che fiorivano in media una volta al mese.
Rivette rimase sorpresa quando notò da lontano la piccola sagoma del principino, con i pantaloncini corti, la giacca e il papillon, che dondolava le gambe una alla volta sulla sedia di ferro battuto, mentre attendeva l'arrivo della sua cameriera.
"Scusate l'attesa, Lelouch-sama." disse lei, facendo quasi saltare il piccino dalla sedia "Ho appena finito i miei doveri e sono venuta come promesso."
Il bambino osservò interessato quello che la ragazza recava nella mano, una piccola tavoletta rettangolare dai colori bianchi e neri.
"Cos'è?" disse interessato, sbilanciandosi sul bordo della sedia.
"E' una scacchiera." rispose lei, ponendola sul tavolo "Guardi." aprì la tavoletta e al suo interno, in alcune cavità ricoperte di panno verde, erano adagiate delle piccole statuine di legno.
"A cosa servono?" chiese lui.
"Questo gioco si chiama scacchi." tolse ad una ad una i piccoli pezzi, talvolta neri, talvolta bianchi "E' un gioco nato da un antico stratega, che lo usava come mezzo strategico." il ragazzino la stava fissando con intensità, neppure i pezzi fossero di lecca lecca e la scacchiera di marzapane.
"Lo scopo del gioco è costringere l'avversario alla resa. Entrambi gli eserciti hanno pari possibilità di vittoria." da lì passò ad illustrare i movimenti di ogni pezzo, a spiegare che il bianco era il primo a muovere, che c'erano persone che giocavano con dei limiti di tempo e le regole dell'arrocco e dello scacco.
"Facciamo il caso che questo siete voi." disse la giovane, indicando il Re Bianco.
"No." disse subito lui "Io sono questo." ed indicò il Re Nero.
"Dite per via dei vostri capelli? Sapete, vi si addice davvero." continuò "Diciamo che questo siete voi," questa volta indicò il Re Nero "e che questo sia Robés." indicò il Re Bianco "Vorreste sconfiggerlo, in maniera che non vi rivolga mai più ingiurie?"
Il bimbo fece energicamente di sì con la testa.
"Allora che ne dite di provare a vedere se le regole vi sono chiare con una partita di prova?" sorrise e cominciarono a giocare.
"Rivette." disse il piccolo.
"Sì?" rispose lei, candida.
"Ti ordino di non farti scrupoli e non avere remore. Gioca seriamente." il bambino era serio e determinato. Non voleva essere preso in giro 'solo perché era un bambino', visto che da adulto non avrebbe ricevuto favori, allo stesso modo non voleva favoritismi adesso.
"Come desiderate." e così fece. Il bimbo perse circa una quarantina di partite in sette giorni, ed ogni volta che la cameriera gli diceva "Scaccomatto." lui rispondeva non con disprezzo o indignazione per la sconfitta, ma col sorriso sulle labbra e poi diceva "Un'altra." e così ricominciavano, fino a che non era ora per la giovane di riprendere le faccende domestiche.
Lasciò al bimbino la scacchiera, in maniera da potersi esercitare anche da solo, se ne aveva voglia. E Lelouch di voglia ne aveva.
La ragazza lo spronava a migliorare, a pensare come se quei pezzi di legno fossero persone vere e al pensiero di dover essere costretto a sacrificare qualche pezzo per uscire vittoriosi.
"Voi siete il Re, non potete lasciarvi sconfiggere, saranno i vostri servi a sacrificarsi per la vostra gloria, capite?" erano le parole che le aveva rivolto.
Studiò le mosse della giovane in quelle partite di sconfitte e l'indomani altre tre partite si disputarono e in entrambe il piccolo risultò vittorioso e mai per fortuna.

Quano il piccino si presentò a Robés, il ragazzo, di quasi sei anni piu' grande, gli rise in faccia, prima d'arrabbiarsi per il guanto che Lelouch usò per schiaffeggiargli il viso, di fronte agli altri membri della corte, esponenti delle nobiltà locali e pari eredi al trono. Gli chiese se conosceva le regole degli scacchi e se desiderava sfidarlo a un duello utilizzando quel gioco come arma.
Il ragazzino stava nuovamente per scoppiare a ridere di fronte al viso determinato di Lelouch.
"Se dovessi vincere girerai per una settimana nel palazzo di Aries senza vestiti e con indosso dei vestiti da plebeo. Ti va bene?" gli tese la mano.
Lelouch la strinse con tutta la forza che poteva un bimbo della sua età cresciuto nella bambagia "E se dovessi vincere io tu dovrai rinunciare al tuo diritto al trono."
Robés rimase di stucco al sentir enunciare quella frase. Stava per rispondergli male e prenderlo a schiaffi, quando s'accorse della gente attorno che lo stava fissando.
Era una sfida. Non importava come venisse attuata, ma se lui rifiutava, se non metteva in gioco il suo titolo, l'avrebbero bollato come vigliacco e avrebbe ugualmente perso, presto o tardi, la fiducia in se stesso, come quei cortigiani l'avrebbero persa in lui.
La partita venne giocata l'indomani, alla presenza della corte e di Sua Altezza il 98° Imperatore. Agli atti venne notificata la posta in palio per entrambi.
Lelouch vinse.

Contento si diresse verso le stanze della servitù, per cercare quella cameriera che era stata così tanto gentile con lui.
Lì seppe che non era mai esistita una cameriera chiamata Rivette DeCurty, e neppure una della descrizione che ne aveva fatto il bambino alla caposala.

Per qualche giorno continuò a chiedersi se fosse stata tutta una sua fantasia o meno.

Lelouch stava giocando da solo, nel bungalow delle pietre intrecciate, quando un ragazzo più grande, certamente un diciassettenne, accompagnato da un altro più giovane, ma che sembrava comunque avesse cinque sei anni più di Lelouch, gli si avvicinarono.
I due si somigliavano in qualche modo, nonostante i capelli fossero di colori divers tra il biondo dorato del maggiore al biondo castano del più piccolo.
"Tu sei il piccolo di ieri, non è vero?" disse quello più grande.
Lelouch non l'aveva riconosciuto. Probabilmente non l'aveva mai visto prima o avrebbe ricordato quei tratti, visto che somigliava al padre in comune.
"Sono Schneizel El Britannia, lui" indicò il ragazzino che l'accompagnava "è Clovis La Britannia, siamo giunti dal palazzo di Taurus proprio ieri per vedere la tua splendida vittoria contro Robés."
Il bimbo si alzò, dimentico delle sue strategie "Lelouch Vi Britannia, è questo il mio nome, non chiamarmi 'piccolo' solo per via della mia statura e della mia età."
"Le tue parole sono ben più mature del tuo aspetto, e sia, Lelouch." il piccolo ebbe un moto d'orgoglio per quella piccola vittoria appena ottenuta.
"Vorrei sfidarti agli scacchi. Che ne dici?"
"Una sfida?" disse lui, mentre gli s'illuminavano gli occhi.
"Direi più una partita amichevole." gli sorrise. A Lelouch quel sorriso era sembrato così falso.
"Perché perdi tempo con lui, fratello?" disse Clovis "Lo sai che è uno tra i più distanti alla successione. Noi siamo l'elite dell'elite, il secondo e il terzo principe in ordine ereditario. Non dovremmo avere niente a che fare con l'undicesimo principe, il metic..." Lelouch stava per infuriarsi, quando il viso di Schneizel, contratto in uno spasmo di disgusto per il comportamento disonorevole del fratello minore, lo zittirono all'istante.
"E' un principe, nostro pari. Perché allora non dovrei dilettarmi nella sua compagnia?" gli sorrise di nuovo il giovane.

Intraprese ancora una volta la partita contro questo giovane che si riteneva a lui così tanto superiore.
Perse.
Rimase di stucco, ma non totalmente stupito.
Durante la partita aveva notato le mosse scaltre di Schneizel che perdendo molti dei pezzi importanti aveva finito per vincere la partita, mettendo Lelouch all'angolo.
"Scaccomatto." disse soddisfatto il ragazzo.
"Grazie per la partita." disse Lelouch, trattenendo un po' di rabbia per la sconfitta.
"Dovremmo rifarlo, se vuoi." poi gli si avvicinò all'orecchio "Ti do un consiglio." gli fece a bassa voce "Mi sembri troppo preoccupato di perdere pezzi importanti e punti strategici mentre giochi. Dovresti pensare di più alla vittoria finale che a delle piccole sconfitte. Anche questa partita è una piccola sconfitta che magari un giorno potrà trasformarsi in una grande vittoria." sorrise ancora.
"Tsk. Era logico che un moccioso simile perdesse in quella maniera." disse con sdegno Clovis.
"Allora ti invito a sfidarlo." disse Schneizel con impeto.
Clovis non osò tirarsi indietro.
E perse.
"E' stata una bella partita." disse Schneizel, portando la mano guantata sul capo del giovane Schneizel "Così entrambi avete imparato qualcosa di nuovo."
Lelouch tese la mano a Clovis, che incitato da Schneizel la strinse energicamente.
"Grazie della partita." disse il giovane a Lelouch.
"Quando vorrai potraiprenderti la rivincita." fece il piccolo Lelouch, soddisfatto.

Dopo quella volta i due giocarono svariate volte e cominciarono a competere tra loro, nonostante la differenza d'età.
Lelouch non si curò più della giovane cameriera, che venne giustiziata qualche giorno dopo per attentato alla corona.
Questo era quello che una serva otteneva quando s'avvicinava troppo a un nobile, superando la barriera tra le due classi.
Lelouch a quel tempo era ancora troppo piccolo per sapere, per capire che la gente sapeva mentire ancora meglio se gli veniva ordinato a costo della vita.
Lelouch era troppo piccolo allora per capire come andava veramente il mondo.
Ma il mondo, la Britannia, non aveva pace, non aveva pietà nè comprensione.
Nè per una giovane popolana, nè per due giovani ragazzini che due anni dopo sarebbero rimasti orfani.

Fine.

  
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