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Autore: Bishoujo Tensai Madoushi    09/01/2013    2 recensioni
E se Lina e Gourry si fossero conosciuti poco dopo la fuga di Lina? Se avessero vissuto molte avventure insieme fino a diventare inseparabili? Una fiction che narra la loro "vera" storia e lo sbocciare di un amore, fino a quando qualcuno deciderà diversamente per loro...
Genere: Avventura, Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi aggiravo furtivamente per i boschi di Elmekia, vestita con un orrido abito rosa, senza un soldo e decisamente affamata, le orecchie tese a captare il minimo rumore

Mi aggiravo furtivamente per i boschi di Elmekia, appena dopo il confine di Zefeeria, vestita con un orrido abito rosa che aveva pure visto giorni migliori, senza più un soldo e affamata, MOLTO affamata, le orecchie tese a captare il minimo rumore. Il fruscio alle mie spalle non mi colse però di sprovvista, anzi. Un po’ me lo aspettavo. Forse avrei dovuto dare una piccola lezione a qualcuno, alla fine. Sospirai, poi mi scrocchiai le nocche.

 

Com’ero finita in quella situazione?

 

Non volete saperlo.

 

Davvero, non volete.

 

Dicevo, ero in una maledetta foresta. Di notte. E attendevo l’attacco di alcuni briganti che avevo in precedenza derubato. Ma… i cattivi non hanno diritti, giusto? Nel senso, non era vero rubare il mio perché il maltolto non era certo di loro proprietà. Prendiamo ad esempio il rubino che avevo in tasca, grosso come una noce, montato su una collana d’oro rosso, lavorata. Si è mai visto un bandito indossare una roba del genere regolarmente acquistata? Pfui! Qualsiasi cosa prendessi ad un brigante non era suo, quindi io non stavo rubando, ne stavo semplicemente prendendo possesso essendo impossibile determinarne il precedente proprietario. Una logica schiacciante, permettetemi di dire.

 

“MOCCIOSA!”

 

Mi voltai. Mi sarei aspettata quantomeno un attacco a sorpresa… insomma, che banditi senza stile!

Un paio di loro mi avevano seguito dopo che avevo ridotto il loro campo ad un mucchietto di ceneri roventi. Ammiravo la loro perseveranza, nel senso, sarò anche una ragazzina ma avevo lanciato abbastanza Palle di Fuoco e Frecce Infuocate da far passare a chiunque la voglia di rivedermi… E poi, diciamolo, non avevo scelta… avevo urgente bisogno di contante e loro, davanti al loro bell’accampamento, ballavano lanciando per aria mucchi di monete d’oro. Se l’erano voluta, ecco.

 

Come dite? Volete sapere il perché della mia miseranda situazione? Eccovelo allora: ero fuggita di casa da un mese, abbigliata come una deficiente,  e presto mi ero trovata a fare i conti con la mancanza di denaro e di cibo. Perché ero scappata? Storia lunga. Diciamo solo che per me era tempo di vedere il mondo e nella fretta di andarmene non ero riuscita ad arraffare abiti da viaggio decenti e neppure una qualche coscettina di pollo freddo di mia madre. Il tutto senza soldi perché… perché a dodici anni non avevo soldi miei e di sicuro non andavo a rubarli nelle casse del negozio dei miei genitori. Non ero COSI’ TANTO pazza.

 

Sapevo di potermela cavare da sola. Sapevo procurarmi il cibo, pescavo con mio padre da quando avevo sei anni ed ero in grado di costruire trappole per gli animali. Sapevo riconoscere piante e radici. Usavo la magia come un adulto. E non sarei potuta rimanere a morire di noia a Zefeeria un secondo di più.

 

Ma torniamo a noi. I banditi, giusto.

 

Mi squadravano ad occhi stretti, cosa che di certo non migliorava il loro aspetto. Tenevano le braccia incrociate. Improvvisamente il più basso, con i denti sporgenti da coniglio, scoppiò in una sonora risata.

 

“Capo! Ma è una bambina!”

 

A quel punto strinsi anche io gli occhi. Non ero una bambina. Ero una giovane maga, la più giovane maga uscita dalla gilda di Zefilia! Serrai i pugni. Non avevo avuto intenzione di far loro del male, non più del necessario, ma se continuavano su quella strada mi sarei presto trovata costretta. Ero un’artista della Palla di Fuoco, guardare per credere.

 

Erano finiti i giorni in cui, novellina della fuga, avevo avuto incertezze e paure nel lanciare un incantesimo a qualcuno per ferirlo. Un mese on the road sola sulle tue gambe ti fa crescere in una maniera impossibile da descrivere a parole, anche per una ragazza indipendente come avevo sempre ritenuto di essere quando ancora vivevo in famiglia.

 

Riportai la mia attenzione sui due brutti ceffi. Quello grosso, il “capo” si sfregò le mani luride, delle dimensioni di due badili.

 

“Non mi interessa se è una bambina. Ci ha derubati e va punita.” Poi, rivolgendosi a me: “E poi quando sarò stufo, canterai e mi dirai CHI c’era alle tue spalle a lanciare incantesimi, mocciosa.”

 

Coooosa? Quello era un insulto bello e buono. Come osava? Mi fece cenno con la mano di avvicinarmi. Eccerto.

 

“Non ti farò del male, perché sei una bambina. Ma meriti una lezione: si vede che i tuoi non ti hanno sculacciata abbastanza… adesso vieni qui e ti metti in ginoc…”

 

La mia Palla di Fuoco, che avevo castato mentre ancora dava aria ai denti, lo colpì in pieno. Che razza di maniaco! Avrei preferito un bandito con tanto di spada ad un pedofilo! Ghignai in modo cattivo, con una mano sul fianco.

 

Mentre il grassone sfrigolava un po’, urlando come un ossesso, mi resi conto di essermi persa “coniglietto”. Questo fino a che non avvertii la lama di un pugnale tra le scapole. Un brivido mi corse lungo la schiena.

 

Che razza di cretina dovevo essere? E… adesso? Merda, merda, merda!!!

 

“Anche se sei capricciosa, come tutte le rosse, non ti ammazzo se ti sottometterai a m…

 

Il tizio smise di parlarmi all’orecchio, cosa per altro comunque disgustosa, e, dopo aver esalato una specie di sbuffo,  mi caracollò addosso. Il pugnale gli cadde di mano, finendo tra i miei stivali. Lo agguantai e mi girai, il più veloce possibile.

 

Di fronte a me c’era un ragazzo alto, dai capelli biondi che scendevano in ciocche arruffate fino quasi a toccargli le spalle.

 

In mano aveva una cerbottana.

 

Per un micro secondo gettai un’occhiata al bandito, che giaceva tramortito ai miei piedi, poi tornai a fronteggiare il ragazzo.

 

Rimanemmo zitti a fissarci per un minuto buono. Non si sentiva nessun rumore, probabilmente anche il capo bandito doveva aver avuto la fantastica idea di svenire mentre finiva di rosolare.

 

Ho già detto che ero appena scappata di casa? E che avevo una fame orrenda l’ho menzionato?

 

Ecco, il mio stomaco iniziò a borbottare rumorosamente proprio in quel momento, interrompendo il gioco di sguardi tra me e lo sconosciuto. Non sapevo cosa aspettarmi, dopotutto mi aveva aiutata, ma gli incontri nel bosco, di notte, non sempre sono buona cosa. Soprattutto per una ragazza sola.

 

E poi perché mai avevo dato retta a quello stupido col caschetto dai capelli viola e mi ero messa in marcia verso Elmekia invece di andare a Saillune come mi ero prefissata?

 

Il ragazzo sorrise, avvicinandosi in modo cauto.

 

Mi irrigidii.

 

“Non ti faccio niente, promesso.”

 

Oh, sentilo. Non aveva capito che era LUI semmai a dover aver paura di me. Forse perché mi aveva conosciuta in posizione di netto svantaggio, dite? Ma me la sarei comunque cavata… aspettavo solo di mandargli un bel Mono Volt attraverso il pugnale. Non avrei avuto esitazioni nel farlo, il fuoco è la mia specialità ma non ho problemi neanche con l’elettricità.

 

Incrociai le braccia sotto il seno, o meglio, quello che prima o poi sarebbe sbocciato come seno, e strinsi le labbra.

 

“Come ti chiami, ragazzina? Ti sei persa? Devi andare a casa, vero? E’ notte… che ci fai tutta da sola?”

 

Un attacco di logorrea in piena regola. Spalancai la bocca, in un’espressione sicuramente poco intelligente. Il ragazzo biondo sembrava… nervoso. Ora che si era fatto più vicino, con piccoli passi cauti, potevo vederlo meglio. Aveva gli occhi chiari e un fisico atletico. Era… bello. Sì, bello. Ma io non mi trovavo in una foresta, con un sacco di refurtiva addosso per rimirare i ragazzi, anzi, giusto, era proprio il caso di cercare una locanda e di mettere qualcosa sotto i denti. Forse avrei avuto bisogno anche di una spada, ora che ci pensavo. Il ragazzo ne aveva una bella grossa con sé, magari dietro pagamento me l’avrebbe anche lasciata.

 

Alzai la mano, interrompendo il suo flusso di parole.

 

“Senti, ehm…”

 

Non avevo idea di come si chiamasse. La mia indecisione diede il via ad un nuovo fiume di parole.

 

“Mi chiamo Gourry, Gourry Gab, Gourry, ecco. Ehm, senti allora… se mi dici dove abiti…

 

Gourry.” Gli misi una mano sul braccio. Avrei voluto mettergliela sulla spalla, per assumere un tono confidenziale ma era davvero troppo alto. “Senti, uh… sei stato gentile ad aiutarmi. Io adesso andrei, eh? E’ stato un piacere… conoscerti.”

 

Gourry mi guardò attonito per un secondo, come se non si fosse aspettato che avessi la lingua. E in effetti ero stata zitta per la maggior parte del tempo del suo sproloquio.

 

“No, aspetta, ragazzina. Questo è un posto pericoloso… voglio accompagnarti a casa. Davvero. Niente secondi fini, ci mancherebbe non sei che una bambina…”

 

Sempre sta storia della bambina… quasi tredici anni, suvvia! Alcune ragazze che conosco sono pronte al matrimonio! Sbuffai. “No, uhm… grazie, eh? Davvero, non c’è bisogno.”

 

“No, sul serio. I tuoi saranno preoccupati. Pensa se ti dovessi imbattere in qualche altro malintenzionato.

 

Andammo avanti per un po’, io cercando di levarmelo di torno e lui cercando di farmi capire quanto fosse necessaria per la mia salvezza la sua presenza al mio fianco. Nel frattempo il bandito ai nostri piedi iniziava a dare segni di imminente risveglio. Io invece iniziavo a dare i primi segni di imminente esaurimento nervoso.

 

Avevo una fame terrificante. Questo non aiutava la mia sanità mentale. Stavo già meditando di spedirgli ALMENO uno Sleeping. Solo per farlo stare zitto.

 

Al secondo mugugno del delinquente, io e Gourry in contemporanea fissammo gli occhi sulla sua figura prona.

 

Gli schiaffai lo stivale sulla schiena, abbassandomi verso di lui.

 

Ragazzin…”

 

Alzai l’indice per zittire Gourry.

 

“Bandito.”

 

L’uomo socchiuse gli occhi, per mettermi a fuoco. Dovevo avere quella cerbottana, adesso che ci pensavo. La spada E la cerbottana. Poteva sempre venire utile.

 

“Se ti muovi ti faccio fare la fine del tuo capo. Hai capito?”

 

L’uomo annuì.

 

“Bravo. Adesso tolgo il piede e ti lascio andare. Alzati lentamente.”

 

Il mio stomaco brontolò ancora, togliendomi un pochino di credibilità come cattiva. Che ci volete fare? Allo stomaco non si comanda.

 

Il brigante si alzò, portandosi una mano al collo, lì dove il dardo lo aveva colpito.

Avvicinai le mani, mettendole vicino alla bocca.

 

Laphas Seed!”

 

Ed ecco che l’uomo era legato come un salame. Per un po’ le corde magiche avrebbero fatto il loro effetto, impedendogli di andare a chiamare rinforzi. Il bandito mi guardò con aria malevola.

 

“Strega.”

 

Gli sorrisi. “Bravo, sette più.”

 

Mi rimandò uno sguardo confuso e io arrossii. Era una cosa che si diceva a scuola e io dovevo abbandonare certi vezzi, se non volevo passare per una mocciosetta.

“Adesso sparisci e non farti più vedere!” Sputacchiai.

 

L’uomo indicò con la testa le sue gambe strettamente avvolte nella corda. Alzai le spalle e mi voltai quello che doveva essere il sud-ovest, in direzione Saillune. Meglio mettere un po’ di strada tra me e Elmekia e tra me e Zefilia. A passo spedito fino ad una qualche locanda e poi Ray-wing per un po’. Quello era il piano.

 

“Ehm… ragazzina?”

 

Uh, mi ero dimenticata della cerbottana e della spada. Tornai a volgere lo sguardo verso Gourry.

Bravo ragazzo.

 

“Sei una ma…”

 

“A quanto mi fai  la spa…”

 

Avevamo parlato in contemporanea. Mi schiarii la voce. Insomma, la storia stava davvero andando per le lunghe, ero sporca e arruffata, iniziava a fare freddo, ero quasi stata pugnalata da un idiota con i denti da coniglio, avevo fame –l’ho già detto, per caso? E non riuscivo a liberarmi dal mio “salvatore”.

 

“Sì, sono una maga. Sì, sono qui di mia spontanea volontà. No, non devo tornare da mamma e papà.”

 

A nominarli mi veniva ancora un pochino di tristezza. Ma solo un pochino. Ero grande, potevo badare a me stessa. Lo avevo dimostrato, no?

 

Gourry mi fissava esterrefatto.

 

“Ah, e vorrei comprare la tua cerbottana e la spada.”

 

Gli sorrisi. Fino a quel momento a me non era neanche passato per l’anticamera del cervello di chiedergli perché lui fosse per boschi solo soletto. Non sembrava troppo più grande di me, poteva avere al massimo diciassette anni ma non sembrava un mercenario né un viandante. Non aveva neanche un misero mantello. Sembrava… sperduto?

 

, come sarebbe a dire “detto da me”? Io ero scappata di casa! Non avevo certo ancora avuto il tempo di abbigliarmi in modo consono. Quanto alla mia aria di maga vissuta… ci stavo lavorando!

 

“Ragazzina… non so ancora come ti chiami.”

 

Mi sorrise, mostrando i denti. Risposi al sorriso, riluttante. Non avevo mai pensato alla storia del nome. Dovevo dargli il mio vero nome? Era saggio? Certo, intendevo farmi una reputazione però… anzi, ero stata sciocca a non dire al bandito come mi chiamavo, l’idea della castigamatti mi piaceva molto. Però, non ero riuscita completamente nel mio intento. Per un pelo non mi facevo pugnalare…

 

Mi si illuminarono gli occhi. Potevo andare a razziare qualche altro campo di banditi! Altri tesori, altre monete d’oro! E poi… Mentre le fiamme ardevano, io, scenograficamente in piedi su una montagnola, avrei potuto gridare il mio nome e

 

“Ragazzina, ci sei?”

 

Ecco, una ragazza non ha neanche diritto a fantasticare. Gourry mi stava sventolando una mano davanti agli occhi.

 

“Sì, ragazzina,” la voce proveniva dal bandito, “siamo curiosi di sapere.”

 

Uh, faceva lo spiritoso. Dunque avevo avuto la mano troppo leggera?

 

Tornai verso di lui, col mio miglior ghigno sulla faccia.

 

Senti, feccia dell’umanità. Vuoi giocare davvero?”

 

Impallidì leggermente. Bene. Lasciai che tra le mani si formasse un Lighting. Per uno che non sa usare la magia sembrava una piccola palla di fuoco. E, il nostro amico non era esperto. La sua fronte si imperlò di sudore.

 

Scher.. scherzavo.”

 

Una macchia di urina si allargò sui suoi calzoni.

 

“Mi sembrava.”

 

Gli volsi la schiena e sospirando mi avvicinai a Gourry.

 

“Senti, a proposito della spada…”

 

Il mio stomaco gorgogliò ancora. Basta, non ne potevo più, era ufficiale. Scossi la testa.

 

“Lasciamo stare. Mi sai indicare una locanda dove si possa mangiare… tanto? Magari nelle zone, eh?”

 

Gourry annuì. “Non ci sono mai stato ma ne ho sentito parlare… Locanda Al Baciccio, a Ehmellin, non credo sia troppo lontano. Ti ci accompagno…”

 

“Lina.”

 

Mi premiò con un altro sorriso, la sua aria era quasi felice.

 

Ecco, glielo avevo detto. Ma Lina non voleva dire niente. Io ero la grande Lina Inverse, alunna genio della Gilda… no, maga genio! …e lo avrei presto dimostrato al mondo!”

 

“Avanti, allora!”

 

Fissai Gourry, ne valutai approssimativamente il peso e richiamai il Levitation.

 

 

 

 

  
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