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Autore: dilpa93    09/01/2013    9 recensioni
‘Non c'è gioia più bella nella vita che farsi spazzolare i capelli’
Le sembra di risentire la sua voce mentre glielo diceva.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Everything can change'
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La testa tra le mani, i gomiti poggiati sulle ginocchia; seduta in bagno lancia furtivamente delle sottili occhiate al blister poggiato sul bordo del lavandino.
Ci aveva fatto un pensierino, ma nulla di più, non si era mai fermata un istante, non aveva mai preso cinque minuti per pensare a quell'eventualità. Sapeva che sarebbe potuto accadere, da quando si erano sposati, quasi un anno prima, non aveva mai fatto nulla per prevenirlo; i preservativi… Bè era un bel po’ che non ne vedeva uno, e lo stesso si poteva dire per la pillola, quindi era sempre stata una possibilità.
“Kate!”
La sua voce le arriva chiara e limpida, deve essere a pochi passi dalla camera. Eppure non lo aveva sentito entrare, né tanto meno la porta chiudersi.
Prende il test e, correndo, lo nasconde dentro il cassetto del comodino.
“Ehi.”
Sussulta all'istante nonostante la voce calda e morbida che pronuncia quelle due sillabe. Chiude il cassettino voltandosi, mentre un ‘appena in tempo’ si fa largo nella sua testa.
“Ciao, già di ritorno?”
“Perché, avresti preferito che fossi stato via un altro po’?”
“Mh, forse…”
“Ah, e io che credevo di esserti mancato.”
Ancora contro il comodino si dà una leggera spinta avvicinandosi. Intreccia le mani dietro il suo collo sentendo una mano dello scrittore scorrerle lungo la schiena e sospingerla contro il suo petto, e così le loro labbra si ritrovano inaspettatamente su quelle dell'altro, i loro bacini uniti in un inspiegabile contatto.
“Ok, un pochino mi sei mancato” sospira ancora senza fiato “ma io direi che ti sono mancata… decisamente, e anche parecchio.” Aggiunge dopo aver posato gli occhi sul membro dello scrittore che gli fa sentire i pantaloni improvvisamente troppo stretti.
“Oh, mi sei mancata, eccome, ma temo dovremo rimandare. Tra poco dovrebbe arrivare Alexis.”
“Certo.” Un bacio, lasciato di sfuggita, e esce dalla stanza sollevata.
Ha sempre amato fare l’amore con lui, proprio perché non si trattava mai solo di sesso. Tra loro le parole non servivano, bastavano gli sguardi, dei semplici gesti, e ritrovarsi tra le lenzuola o sul divano, o magari semplicemente contro la porta di casa pronti ad appartenersi con foga l’una all’altro era il loro modo di amarsi. Ma in quel momento fare l’amore con lui non sarebbe stato come sempre; si sarebbe irrigidita, tesa nel pensare a cosa quell’incantevole, delicata, passionale, delle volte carnale a tal punto da far male, lotta aveva portato.
“È tutto a posto?” Si affaccia appena mentre già armeggia con i primi bottoni della camicia.
“Uh? Si, si, è solo che… Mi ero dimenticata che sarebbe arrivata oggi. Tutto qui.”
“Io faccio una doccia allora.”
Gli sorride lasciandolo poi solo.
 
Non era brava a mentire, non lo era mai stata, le mancava la faccia da poker; quando giocavano era bravissima, il più delle volte faticava parecchio a decifrarla, e lo stesso si poteva dire di quando indossava i panni di detective, ma nella realtà, senza carte in mano, e senza distintivo, era tutta un’altra cosa.
Nonostante l’arrivo di Alexis non avrebbe rinunciato ad un bel bagno insieme, tra schiuma, bollicine… tra le sue possenti braccia.
 
Non poteva fare altro che aspettare e sperare che fosse lei a parlargliene.
 
 
“Ti sei persa un Natale strabiliante tesoro, la casa era spettacolare!”
Come al solito aveva esagerato con le decorazioni, e nonostante le minacce di Kate, alla fine anche lei aveva dovuto arrendersi. C’era qualcosa che quell’uomo non poteva ottenere quando la guardava semi imbronciato con quegli occhioni azzurri?
“Lo so, e mi di spiace. Sono così contenta di essere tornata. Sai… Mi sono mancati i tuoi fantastici spaghetti papà.” Termina dopo aver mandato giù l’ultima forchettata.
“Per questo sei felice, non perché ti sentivi triste senza il tuo vecchio?” Si finge offeso da quella rivelazione, che probabilmente altro non era che un palese tentativo di Alexis di sgonfiare il suo ego di genitore fiero della figlia, cosa di cui la casa è sempre sommersa.
“Oh andiamo Castle, è al college ora, non le manchi di certo tu, ma una buona cucina.” Continua a punzecchiarlo la detective lanciandosi uno sguardo d’intesa con le giovane poco prima di alzarsi sparecchiando.
“E un buon corso di teatro.”
“Nonna, sto studiando giurisprudenza, non penso che la recitazione-”
‘mi serva’ ” completa al posto della nipote facendo roteare il calice di vino bianco che ha tra le mani “Che guaio!” esclama quasi esasperata “I giovani d’oggi non apprezzano più l’arte come una volta.”
“Temo che la vena artistica se la sia tenuta tutta mamma.”
Un rumore assordante alle spalle dei tre rimasti al tavolo richiama la loro attenzione.
“Kate! Ti sei fatta male?”
“No… Mi dispiace.” Sospira le ultime parole come una bambina che, nonostante i vari richiami, ha continuato a giocare con un vaso, il quale alla fine si è ritrovato rovinosamente a terra in frantumi.
Si china raccogliendo i cocci di ceramica bianca; le mani le tremano, imbarazzata per quello che è successo e preoccupata per ciò che l’ha scatenato. Sente solo un irrefrenabile desiderio di piangere, ma trattiene quelle lacrime quando, non appena alza il capo, trova gli occhi di Castle puntati su di lei.
“Ti senti bene?” Le chiede carezzandole il viso.
“Certo, probabilmente il caso su cui abbiamo lavorato questa settimana mi ha stancata più di quanto pensassi.” Si scosta sollevandosi lasciando poi i pezzi nel lavandino già pronta a raccogliere il resto.
“Lascia stare, faccio io dopo. Perché non ti riposi un po’.” Bisbiglia a pochi centimetri dalla sua tempia lasciandovi poi un bacio.
Sorride forzatamente mormorando un ‘scusate’ prima di rifugiarsi nella camera da letto.
“È solo stanca.” Lo costringe a dire lo sguardo inquisitore della madre. L’attrice leva le braccia al cielo ‘non ho detto nulla’ sembra suggerire la sua espressione. Lui annuisce debolmente e torna a sedersi.
 
“Non mi ero accorta fosse già così tardi.” Interrompe quel silenzio durato forse troppo a lungo in quella casa, una decina di minuti. Ma se suo padre non aveva ancora detto nulla, e lo stesso anche Martha -nonostante la quantità di vino bevuto- doveva esserci davvero qualcosa che li turbava profondamente.
“Tardi? Tesoro, devo insegnarti come ci si diverte a vent’anni?” Sorrise, ricordando distintamente le notti passate a vagabondare per la città in gruppo, avendo salda tra le mani una bottiglia di birra; quando si ritrovava immerso fino al collo nella schiuma quelle non rare volte in cui riusciva ad imbucarsi ad una festa. Girare come un pazzo a cavallo di un motorino, senza casco e senza un briciolo di lucidità.
Probabilmente alcune situazioni, analizzate ora, da padre e uomo quasi sempre responsabile, si erano rivelate particolarmente pericolose, ma come aveva sempre pensato ‘quando si è giovani non si pensa mai al male che le nostre azioni possono fare, al pericolo che si corre o che si fa correre agli altri. Il mondo è solo una giostra da cui non si scende mai, di cui non si deve pagare il biglietto’.
Si era divertito come se non ci fosse un domani, pomeriggi spesi a scrivere, sere passate con donne diverse. Il sesso si rivelava sempre una scoperta, quante cose imparava; ma era anche un modo per fuggire dai problemi, dal pensiero costante che forse lui era stato un errore di percorso. Un modo per non pensare ad un padre che probabilmente aveva preferito il lavoro alla famiglia, ad una madre che certe sere si ubriacava fino a non riconoscere al rientro il proprio figlio, perché afflitta dalle preoccupazioni, o semplicemente delle volte ancora scottata da quell'amore perso, da quella possibilità di creare una famiglia, se non perfetta, per lo meno completa.
Non era un’alcolizzata, non lo era mai stata, semplicemente ogni tanto sentiva il bisogno di andare l’oltre i semplici bicchieri di vino durante i pasti. Delle volte tornava trovandola stesa sul divano, e davanti a lei, sul tavolino o sul pavimento, la bottiglia vuota e il bicchiere. La sollevava, la portava in camera, la copriva alla meglio con una coperta e se ne andava. Usciva nuovamente da quella casa cercando avventure.
“No, ora che ci penso… Meglio di no.”
Alexis inclina la testa, arriccia le labbra, ed incrocia la braccia al petto.
“Piccola, credo che tu stia frequentando troppo Kate.”
“Papà, siete sposati, credo sia più che normale.”
“Quello che non é normale, è che tu faccia quella cosa con la faccia.” Muove circolarmente l’indice davanti al suo viso indicando l’espressione tra il minaccioso e lo spazientito.
“Ah Richard, smettila. Quello che la tua splendida figlia sta cercando di dirti, è che tra cinque minuti deve incontrarsi con Sarah.”
“E tu come lo sai?”
“Sono pur sempre sua nonna!”
“Bè, in tal caso sei libera di andare pumpkin, sarà ‘sono pur sempre sua nonna’ ad aiutarmi a finire di pulire.”
Afferra la borsa lasciata maldestramente, insieme al borsone, sulla poltrona quando è arrivata poche ore prima; sciarpa, cappotto, guanti, un bacio sulla guancia del padre e uno su quello della nonna ed esce lasciandoli con un sorriso.
“Bene, vado anche io kiddo.”
“Vai… Dove?” Il tono perplesso e curioso gli esce involontario dalle labbra.
“Richard, credo che tu e Kate dobbiate parlare, e sono certa che non vorreste un’anziana signora tra i piedi. Per quanto sia capacissima di farsi gli affari suoi se deve.”
“Smettila mamma… tu non sai farti gli affari tuoi.” La schernisce divertito da quelle battute che gli vengono naturali, mentre sul volto dell’attrice si posa una velata aria di sgomento.
“Sorvolerò su ciò che hai appena detto.” Asserisce sbrigativa muovendo in aria una mano “non dirmi che ciò che è successo prima possa definirsi normale.”
“L’hai sentita, è per il caso, nulla più.”
“Darling, e tu le credi?”
Ci pensa qualche istante. Certo che non le crede, l’ha capito immediatamente quando l’ha vista quello stesso pomeriggio che qualcosa non andava, ma ammetterlo è dura. Non perché convinto che lei sia indistruttibile, sa bene quanto dentro di sé nasconda un’immensa fragilità, piuttosto perché ancora adesso lei non si fida di lui, non riesce ad aprirsi.
“No.” un ‘no’ sofferto, sospirato.
“Non dico che stia mentendo, penso solo che possa esserci dell’altro. Prova a parlarle.”
“E se negasse, o se non volesse dirmi nulla? Cosa devo fare mamma?”
Sono questi i momenti che Martha apprezza.
Suo figlio è sempre stato un ragazzino indipendente, mai chiesto consigli, mai avuto timori o remore, eppure da quando ha conosciuto Kate è cambiato, e finalmente sente che può abbracciare completamente il ruolo di madre. Lo sente chiederle aiuto, e per quanto lo rattristi vederlo così, non può che esserne felice.
“Siete sposati ora, sono certa che anche se non te lo dice, ha bisogno di te. Forse è solo troppo…”
“Orgogliosa?” Suggerisce, anche se sa perfettamente che non è solo questo. Lei è orgogliosa, indipendente, intraprendente, misteriosa il più delle volte, e nonostante negli ultimi anni lui abbia raffinato la sua capacità nel capirla, è complicata, complicatissima, come l’algebra o forse ancora di più.
“Si, troppo orgogliosa per dirtelo.”
Dall’attaccapanni all’ingresso prende il cappotto bianco che lui l’aiuta ad indossare.
“Dove andrai? Fuori si gela.”
“Dove la notte mi porterà!”
Una carezza gli solletica il volto prima di un’ultima raccomandazione “È una cara ragazza Richard, ha sofferto tanto… Vedi di non farla arrabbiare e chiedile scusa.”
“E adesso io cosa centro?”
“Caro, voi uomini centrate sempre.” E con questa ultima perla si dirige verso l’ascensore. Quando vi entra sistema accuratamente i guanti in pelle nera accorgendosi del figlio che la guarda dall’uscio; non vuole sprecare l’occasione offertale, e fa un leggero inchino prima che le porte si chiudano.
 
La vita è il suo palcoscenico, ed ogni momento è buono per recitare o per prendersi gli applausi che le spettano.
 
 
 
Si guarda allo specchio, ma ciò che vede non le piace.
Una donna, adulta; lavoratrice, amica, ‘amante’ durante le notti, moglie e… Madre.
Possibile che ogni volta che formula quella parola, anche solo nella sua testa, la gola venga stretta da un nodo, fastidioso, impossibile da mandare giù.
Raccoglie la spazzola e la passa delicatamente sui capelli, le sottili setole paiono disegnare delle trame tra quelle onde castane. Quando era piccola ed agitata lo faceva sempre, o meglio, era sua madre a farlo.
 
‘Non c'è gioia più bella nella vita che farsi spazzolare i capelli’
 
Le sembra di risentire la sua voce mentre glielo diceva.
La felicità che le dava sua madre, quel calore che riusciva ad infonderle anche quando, a causa del lavoro, la vedeva solo qualche minuto prima di coricarsi. Il modo in cui la faceva sentire speciale, riservando del tempo unicamente per loro, oppure prendendosi il pomeriggio libero per starle accanto quando stava male.
Come le sarebbe piaciuto averla vicino quando si stava innamorando di Rick, anche solo per sentirle dire‘lo ami tesoro mio, non c'è nulla che tu possa fare’ dopo che aveva tentato spudoratamente di negarlo. Sentirla ridere alle battute dell’uomo che le aveva preso il cuore e non glielo aveva più dato indietro, pronto a custodirlo come fosse suo. Guardarla intrecciare, sopra il tavolo, la mano di suo padre durante una cena tutti insieme, mentre lei faceva esattamente lo stesso con Castle, ma di nascosto, sotto la tovaglia di lino bianco ricamata usata per l’occasione.
Già, avrebbe voluto averla lì ora, perché la rimproverasse per l’idea che si era formata, forse non completamente contro il suo volere, di rinunciare a quel bambino.
Aveva scoperto di essere incinta, e non aveva neanche provato ad immaginare come sarebbe stato avere un piccolo per casa; vederlo imparare a gattonare ed in seguito camminare. Pronunciare la prima parola che, conoscendo Castle, probabilmente sarebbe stata CIA, oppure UFO, non di certo mamma o papà. Non aveva immaginato come avrebbe potuto avere gli occhi o i capelli, o che parte di carattere avrebbe ereditato da lei e quale da quel bizzarro scrittore. Non aveva sorriso pensando ai vestitini che avrebbe dovuto comparare, oppure al profumo che avrebbe sentito ogni volta che avrebbe abbracciato quel frugoletto. Ai brividi che avrebbe sentito quando le avrebbe stretto il dito con la sua debole forza o a quando gli avrebbe lasciato soffici baci sulla pianta dei suoi minuscoli piedini.
 
Lo scricchiolio che fa la porta aprendosi la richiama da quel torpore.
“Si può?” Entra lentamente, quasi avesse timore, ed in fondo un po’ ne ha.
“Certo.” Risponde con un fil di voce continuando a spazzolarsi.
“Come ti senti?”
“Te l'ho detto, ero… Sono solo stanca.”
“Kate” sospira flebilmente mentre le mani si posano sulle sue spalle, ed entrambi vengono ritratti nello specchio. “Perché non ti fidi di me? Pensi davvero che sia così cieco da non accorgermi che c’è qualcosa che non va?” Fa una pausa, non vuol rischiare di usare le parole sbagliate, non vuole ferirla perché come uno sciocco non pesa il valore di ogni singola parola. “Pensavo che arrivati a questo punto ci dicessimo tutto, che dopo tutte le avventure incredibili affrontate avessimo imparato che quando ci teniamo nascoste le cose  non finisce mai bene.”
“Fino a prova contraria sei tu che mi hai tenuto nascoste cose importanti.”
Annuisce, in fondo se lo meritava. Era lui che aveva riaperto il caso di sua madre senza dirle nulla, era stato lui a continuare ad indagarci nonostante fosse stato sempre lui a chiederle di non farlo più. Ma non pensava che questo la infastidisse ancora, credeva che avesse capito il perché delle sue decisioni a riguardo.
“Scusa, non intendevo dire che… Ah, non so neanche io quello che dico.” Si gira lasciandosi finalmente libera di incrociare i suoi occhi “È solo che è diverso questa volta, è molto, molto…”
“Molto?”
“Intima come cosa. E non so perché, vedi, il fatto, io” sbuffa estenuata “grr, perché nei film è tutto così dannatamente semplice!”
“Non sei obbligata a dirmi nulla, lo sai questo? È solo che se deciderai di non farlo io non riuscirò ad aiutarti come vorrei.”
Si alza poggiando la spazzola esattamente dove l’aveva presa; fa qualche passo superando il letto, raggiungendo il comodino.
“È lì dentro la soluzione al mistero, dico bene?”
“Se lo sapevi perché non hai guardato?”
“È strano come tu ancora non abbia capito.” Le sorride scuotendo lievemente il capo “Sono un curiosone, asfissiante, non te ne lascio mai perdere una, e neanche tu. È un po’ il nostro gioco, ma riesco a capire quando devo farmi gli affari miei. Come ti ho già detto, aspetterò sempre che tu sia pronta. Almeno nelle occasioni in cui capisco che si tratta di qualcosa di importante.”
Fissa il blister ancora nel cassetto. Inspira a fondo, lo raccoglie e lo allunga davanti a lui.
“Sono incinta.”
È fatta, l’ha detto, e ora non può più tornare indietro.
“Wo-wow, io… Wow.” Non riesce ad aggiungere altro mentre rigira quel bastoncino puntando il suo sguardo su quelle due lineette rosa.
“Già, wow…”
Rassegnata, ecco cos’è, rassegnata a quello che il destino le ha dato. Ma non può che imputare la colpa a se stessa. Se davvero non lo avesse voluto avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione, ma quel dannato caso l’aveva distratta per così tanto… No, ancora una volta cercava di accampare scuse. Ma sapeva bene che se avesse detto così a Rick, lui l’avrebbe difesa.
‘Non sono scuse, hai ragione, è stato un periodo… Difficile. Sono stati periodi difficili. Non cerchi scuse, non è hai bisogno. Ci siamo distratti, tutti e due, e la colpa, ammesso che ci sia, è di entrambi’ gli sembrava già di sentirlo.
“Ma tu non lo vuoi, non è vero?” Si siede accanto a lei sul letto, i polpastrelli uniti tra loro nel mezzo delle gambe.
“Non lo so.”
“Posso chiederti il perché?”
La stupisce il tono calmo. È così tranquillo, come se la cosa non lo scalfisse, come se non fosse una decisione importante, come se non dovessero prenderla insieme. Ma del resto, lei sembrava aver già deciso per entrambi.
“Adesso tu penserai che non ha senso, ma per me è qualcosa di davvero difficile da superare. Mia madre è morta e si, io era già ‘grande’ se così si può dire, ma avevo ancora bisogno di lei, e ne ho ancora. Come potrei crescere un figlio? Non saprei come fare… Quando arriverà all’età in cui l’ho persa, come farò? I consigli che dovrò dargli, le scelte in cui dovrò guidarlo o guidarla. Non sono preparata. Non l’ho mai sentito come un peso il dover aiutare mio padre a superare quel dolore, ma questo mi ha fatto crescere in fretta, ed è ora di ammettere che forse è successo un po’ troppo in fretta, ma è ciò che mi ha formato, che mi ha fatto diventare come sono. E sono così, piena di paure e di insicurezze, di-”
“Sei la donna che amo. E ci sono un milione di modi in cui potrei convincerti che avere questo bambino non sarebbe un errore.
Potrei dirti che nulla appaga il momento in cui lo guardi e ti accorgi che è tuo, che gli hai dato la vita, che dipende da te. Il momento in cui tieni la sua mano sulla tua e ti accorgi di quanto piccola sia, e di come un esserino così piccolo ed indifeso abbia già in pugno il tuo cuore. Di quando lo senti ridere perché riconosce la tua voce, o perché per la prima volta gli stai facendo il solletico. Del momento in cui ti vede e ti chiama papà, con quella voce che ti scioglie dentro.
Potrei dirti che anche io non ho mai avuto un padre, neanche negli anni in cui Johanna c’è stata per te, ma che questo non mi ha impedito di essere un buon padre per Alexis. Non so quanto sia stato bravo, credo che gran parte dipenda interamente da lei, da quella maturità che ha dimostrato da quando aveva solo 5 anni, da quando si è resa conto che sua madre aveva scelto una probabile carriera ad Hollywood allo stare con lei. Ma quando la guardo sono felice che ci sia, sono felice di essermi dato una possibilità come padre, mi rende orgoglioso vedere cosa ho fatto, come l’ho cresciuta, che non ho avuto paura e non sono stato un codardo come forse lo è stato mio padre.
Ma per te è diverso, e lo capisco. Quindi se dovessi decidere di non averlo io ti starò accanto e ti appoggerò, perché ti amo Kate, e farei di tutto per te, per vederti felice, non vorrei nulla di diverso da ciò che abbiamo ora se un qualsiasi cambiamento dovesse rattristarti.”
 
Lo fissa con gli occhi attraversati da una sottile lucentezza, lacrime incastrate lì, che sembrano non voler scendere, e che donano al verde dei suoi occhi nuove sfumature; le parole da lui appena pronunciate le riecheggiano nella testa, e ne fanno uscire altre dalle sue labbra rosee.
“Ci sono momenti in cui mi fermo a guardarti. Resto immobile a fissarti, anche se lo nego sempre. Mentre dormi, o mentre sei concentrato a tal punto su ciò che stai scrivendo che non ti accorgeresti neanche se un elefante ti passasse davanti, e penso a quanto sia stata fortunata ad imbattermi in te. Ma mai, mai come in questo esatto momento, mi sono chiesta cos’abbia fatto per meritarti. È incredibile il mondo in cui cerchi sempre di farmi felice, non solo me, ma chiunque ti stia intorno, ed è altrettanto assurdo come riesci a trasformare le mie paure in qualcosa di, di inesistente.
Ed io sono solo un’egoista, che non ha pensato a te, non ha pensato a questo bambino che ha già vita, che prima o poi sentirò scalciare e, quando sarà nato, piangere. Sei riuscito a farmi ammettere le mie paure, quelle di non essere una brava madre. Ma queste non avrebbero senso di esserci se io non volessi esserlo! Perché io voglio questo bambino, lo voglio per sentirmi fiera come tu lo sei di Alexis, per vederti di nuovo essere padre, per sperimentare la gioia di essere madre, per sperare che la mia sia orgogliosa di me, del lavoro che farò per prendermi cura di questo piccolino.”
“O piccolina!”
“O piccolina…” Sussurra lei con la fronte poggiata alla sua, mentre tra le mani stringe il colletto della sua camicia. Lo bacia con dolcezza stuzzicando leggermente le sue labbra finché non le sente schiudersi.
Boccheggiano per l’aria che gli manca, e poco prima di staccarsi lui le mordicchia il labbro inferiore per poi carezzarlo lentamente con la lingua.
“Dovremmo rifarlo.”
“Kate, non ti accontenti proprio mai eh?”
“Non sto parlando di questo.” Lo allontana poggiando la mano sul lembo di pelle lasciato scoperto dalla camicia, ridendo mentre pensa alla mente maliziosa dello scrittore.
“Oh…”
“Vedi, non era esattamente così che mi immaginavo di dirti che aspetto un bambino.”
“E che problema c’è.” Si alza dal letto, ricomponendosi quel poco necessario passando giusto le mani sui capelli nel tentativo si sistemarli; un po’ di gelatina e un pettine e sarebbe perfetto per un remake del film Grease.
“Dove vai?”
“Semplice, esco, rientro e rifacciamo il tutto. Sono o non sono il figlio di un’attrice? Riuscirò perfettamente a fingermi sorpreso, frastornato, un po’ impaurito come il manuale del neo genitore prescrive.”
 
Sorride pensando a quando sarebbe rientrato. Lui era uno scrittore, e forse un po’ di arte recitativa l’aveva nel sangue, ma lei, sarebbe riuscita a non ridere, a non rovinare il momento perfetto che lui voleva regalarle?
 
“Kate, I’m at home!”
Esce dalla camera e gli si butta al collo, soffoca le risate contro le sue labbra, sentendo anche lui ridere sopra queste.
“A cosa devo tutto questo amore?”
“Io… Ho una notizia da darti.” Legge già le felicità nei suoi occhi azzurri, quelli non sanno fingere “Aspetto un bambino.”
Spalanca la bocca guardandola con sorpresa “Sei… N-non so cosa…” La solleva da terra portando un braccio sotto le sue gambe e l’altro dietro la sua schiena “Ahahahah, è fantastico!” Grida entusiasta mentre volteggia per il loft fino a che, con una giravolta, non si lascia andare sul divano. Lei è ancora stretta a lui, sulle sue gambe.
“Allora, com’è venuta? Sono stato bravo?”
“Si, bravino. E io?”
“Per essere una detective non te la cavi male.”
“No eh?” Lo bacia, una volta, due, le piace sentire le labbra dell’uomo sulle sue. “E ora, come sono andata?”
“Mmm… Così così, credo che in questo dovrai esercitarti parecchio.”
 


ANGOLO AUTRICE:
Questa ff è uscita di getto, un pò lunghetta, ma le mani sulla tastiera non si fermavano, non ho potuto farci nulla!
Buona serata
  
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