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Autore: Lely1441    10/01/2013    5 recensioni
Nicole era rimasta imbambolata a fissarla andare via, finché Tess, testimone della scena, non le si affiancò chiedendole come stesse.
«Non lo so… Mi sento te. Ci siamo parlate, è una giornata stupenda! Non si ricorda neanche come mi chiamo, il mondo fa schifo!».
Tess ridacchiò.
«Siamo a metà del terzo anno, magari per l’ultimo si ricorderà che frequentate la stessa scuola…»
«Grazie per l’incoraggiamento. Ti voglio bene anch’io».

Quando ti innamori di una ragazza che a malapena si ricorda della tua esistenza, che tattica sceglierai di usare per conquistarla?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Highschool never ends
 
 
Capitolo 1 ~ I say a little prayer (for me)
 
 
Era iniziata come una mattinata tranquilla, quella di Nicole Henderson: si era svegliata, si era lavata, aveva fatto colazione e nutrito il fedele Flagello, suo felino amico fin dai tempi d’oro dell’infanzia, e aveva salutato i suoi. Era quindi uscita, aveva placcato e fatto una ramanzina al recalcitrante ragazzino del giornale che si ostinava a lanciare il periodico dritto nel cespuglio di rose della madre, rischiando di decapitare un paio di innocenti corolle ogni giorno. Era salita in macchina, aveva insultato almeno tre automobilisti (pochi, per i suoi standard) lungo il tragitto e aveva litigato con due tipe di sedici anni appena patentate che avevano tentato di fregarle il suo parcheggio preferito davanti alla scuola (povere illuse, non sapevano che piuttosto di cederglielo avrebbe incendiato davanti a testimoni la loro vettura seduta stante). Fischiettando, aveva salito le gradinate del liceo, urlato contro un paio di primini che si erano seduti ostruendo il passaggio e si era diretta con tutta calma agli armadietti, trovando già ad aspettarla Tess, la sua migliore amica.
«Chi hai ucciso stamattina?», le domandò la ragazza, che conosceva Nicole come le proprie tasche.
«Purtroppo nessuno, avevo lasciato il lanciafiamme a casa», le rispose noncurante, con lo sguardo corrucciato: come al solito, il suo armadietto si era incastrato e, nonostante la combinazione fosse esatta, si ostinava a non aprirsi. Gli rifilò una gomitata e l’anta metallica si aprì con un cigolio spaventato.
«Prima o poi finirai con il romperlo…», sospirò Tess.
«Meglio, almeno saranno costretti ad aggiustarlo», ringhiò Nicole, afferrando il tomo di biologia e il block-notes blu delle materie scientifiche.
«O te lo faranno ripagare», suggerì Tess, con più realismo.
«Oh be’, posso sempre inventarmi che uno di quei caproni di football ci sia andato a sbattere contro scambiandolo per una cheerleader…»
Tess ridacchiò e si avviarono insieme verso la classe della prima ora.
 
«Voglio morire», esalò Lexie, la guancia schiacciata contro la copertina del libro.
«Forza, forza», bisbigliò Florence, dandole dei colpi di incoraggiamento sulla schiena. Purtroppo Lexie tendeva ad essere melodrammatica, e durante le ore della signorina Milligan non faceva che lamentarsi e brontolare per tutto il tempo, come una vecchia pentola a pressione.
«Si può sapere dov’è finita Will? Di solito è in classe venti minuti prima della prima campanella, devo ancora ricontrollare i miei esercizi…»
Proprio in quel momento entrò, dietro due loro compagne di corso, la sopracitata ragazza, l’aria truce e il fiatone. Lexie si raddrizzò immediatamente e, le mani giunte, la accolse con un:
«Willow, tesoro, luce della mia vita!»
«Smettila di citare Shining a caso ed eccoti qua gli esercizi», sibilò Will, sedendosi tra le due e consegnando il prezioso scritto a Lex, che diede un urletto di gioia e si affrettò ad aprire il libro sulla pagina da controllare, prima di affondarci il naso con aria concentrata.
«Tutto bene?», azzardò a domandare Florrie, con aria preoccupata. Will la guardò come per chiederle se fosse scema, e anche Lex le rifilò un’occhiataccia. Flor deglutì nervosamente: dimenticava sempre che c’erano momenti in cui bisognava persino di respirare troppo rumorosamente con Will presente.
«Che è successo, cara?», domandò Lex per riparare l’errore commesso, tornando poi a controllare le file di crocette e correggendone un paio mordicchiandosi un labbro e maledicendo tra sé e sé quella stupida materia.
«Ho litigato con uno di quegli scimmioni di hockey che mi ha bloccata nel corridoio per chiedermi di uscire, ho avuto l’istinto di dargli un calcio ma fortunatamente mi sono trattenuta. Non mi mollava più!»
«Perché fortunatamente? Io l’avrei fatto», intervenne di nuovo Lexie, perplessa. Will si girò a guardarla scuotendo la testa.
«Non ci tengo ad avere una nota in condotta, sai?»
«Non è colpa mia se vuoi mantenerti la media dell’eccellenza. Ti divertiresti molto di più a stare nella fascia sotto insieme a noi comuni mortali».
«Ricopia quegli esercizi e taci».
Florrie ridacchiò ed alzò gli occhi, incrociando quelli di una sua compagna del club di disegno. La salutò con un sorriso che l’altra ricambiò, e la fissò sedersi nella fila di lato, quella appena dietro la loro. Nicole le era simpatica, anche se non aveva avuto ancora modo di conoscerla bene. Al club era sempre accompagnata da una strana ragazza mora con la frangia, che disegnava in maniera decisamente eccentrica (aveva una passione per il nudo) e sembrava controllare tutto e tutti dal suo angolo della classe, motivo per cui Florrie non si era mai avvicinata a più di due metri da quella strana coppia, timorosa dello sguardo che le veniva rifilato ogni volta che provava a rivolger loro la parola. Aveva il forte sospetto che quella ragazza sapesse esercitare un controllo mentale sui suoi vicini, e stava meditando se andare in giro con una calotta metallica in testa come protezione fosse ammesso dal regolamento scolastico.
«Grazie mille, Will, al solito», disse Lexie, riconsegnando il libro a Will nell’esatto momento in cui la professoressa faceva il suo ingresso in aula, facendo gemere di sconforto la prima.
«Non riesco a reggere due ore con lei, non ce la faccio…»
«Non ricominciare, stai zitta e segui», la riprese Will, che era già entrata in modalità studentessa modello, matita in mano e occhi fissi sulla lavagna come quelli di un’aquila su un leprotto indifeso.
«Non fare l’acida solo perché la tua mattinata è iniziata male», rispose Lex con leggerezza, lo sguardo già perso dopo le prime due frasi di spiegazione. Ben presto rinunciò a seguire e tirò fuori invece il suo quaderno azzurro dove le amiche sapevano che si divertiva ad inventare storielle e racconti. Will si accigliò ma non commentò, finché, dopo mezz’ora, si volse verso Florrie per chiederle di ripeterle il nome di un elemento che non aveva capito e la trovò a disegnare scoiattoli sugli spazi bianchi delle pagine.
Trattenne l’ondata di irritazione che la investì e tornò a concentrarsi sulla professoressa, lamentandosi tra sé e sé della negligenza delle sue amiche, che la faceva soffrire come se fossero figlie sue.
 
«Voglio morire», esalò Lexie, la guancia schiacciata contro la cattedra dell’aula di musica.
«Di nuovo?», domandò indifferente Will, che stava sistemando i nuovi spartiti sulle sedie che sarebbero state occupate dai componenti del glee club della scuola. Lex sollevò pigramente una palpebra e si fissò sulla figura dell’amica: Will era davvero una bella ragazza, alta (un paio di centimetri più di lei, purtroppo), mora, dall’aspetto piacente che recava in sé i segni di un’antica ascendenza ispanica o comunque mediterranea. A dispetto delle apparenze, aveva una voce alta ma bianca, soave, quasi angelica. Lex ridacchiò ripensando a quanti pretendenti dell’amica pensassero che fosse davvero così delicata come sembrava. Lei invece era un po’ il suo opposto: bionda, occhi azzurri, più magra ma non scheletrica e con poco seno, colpa della genetica materna. Erano amiche dai tempi delle medie, ormai si conoscevano così bene che Lex aveva il permesso di prendere in giro Will, e Will le passava i suoi compiti senza protestare troppo, come invece faceva con chiunque altro.
«Sono stanca, ho sonno, non possono mettere le prove subito dopo pranzo, io devo ricaricarmi dalla dura mattinata…»
«Due ore di biologia che non hai seguito, due di letteratura inglese che adori e una di storia la chiami mattinata pesante?»
L’osservazione fece ridacchiare Rue, una loro compagna del secondo anno, che era appena entrata nella grande e assolata sala.
«Tu non ridere, novellina», la rimproverò Lex, cosa che fece solamente allargare il sorriso della più piccola. Lex brontolava tanto e minacciava sempre chiunque, ma alla fine era un po’ come il Brontolo di Biancaneve, quella che sgridava quando qualcuno faceva un pasticcio ma poi era la prima a offrirsi di aiutare per mettere tutto a posto.
«Come mai gli altri non sono già qui? Non dovevamo fare una prova generale oggi?»
Will scrollò le spalle e Lex borbottò qualcosa sulla puntualità del gruppo, prima di cominciare a rovistare nel cassetto della scrivania, accigliandosi praticamente subito.
«Will, non trovo più la scaletta delle canzoni, l’avevo lasciata qui ma non c’è più…»
Willow e Rue si scambiarono una lunga occhiata, mentre la ragazza si alzava in piedi e si aggirava per l’aula nervosamente. Lexie era una persona vivace, leale, decisamente irritabile; le volevano bene, ma nessuna delle due avrebbe voluto essere lì in quel momento, non per farle quella comunicazione.
«Lex, il professore non te l’ha detto? Alla fine ha scelto quella proposta da Bridget, lei ha così insistito…»
La ragazza si bloccò, voltandosi con calma.
«Mi stai dicendo che quella troia platinata l’ha convinto? Mi rifiuto di presentarmi con un brano dei Backstreet Boys, quella si è fumata il cervello! Mi rifiuto di perdere per colpa sua!»
«Cosa vuoi farle, bloccarla e urlarle contro tutto il tuo astio finché non implorerà piangendo il tuo perdono?», le domandò retoricamente Will, maledicendosi quando vide lo scintillio maligno negli occhi dell’amica.
«Sarebbe comunque un’alternativa migliore dello interpretare pateticamente Incomplete come se stessimo subendo una lavanda gastrica sul momento».
«Lex, conosci il prof, sai che cambia idea ogni dieci minuti… La prossima settimana se ne sarà già dimenticato», tentò di farla ragionare Rue.
«Le regionali sono fra un mese!», strillò Lexie, pronta a fare fuoco e fiamme pur di vedere confermati i suoi piani. Afferrò l’enorme borsa rossa che portava sempre con sé e uscì di corsa, diretta verso la sala professori, ignorando bellamente un inserviente che le strepitava dietro qualcosa sul fatto che fosse vietato correre lungo i corridoi. Lei mal sopportava Bridget: la trovava insopportabile e tediosa, ma purtroppo era anche furba come una volpe, dote che mal si accompagnava alla sua stupidità, giacché la rendeva in grado di provocare il massimo dei danni (anche a sé stessa) in un battito di ciglia. Si scansò per non investire in pieno un primino spaesato, ma così facendo finì addosso una ragazza del suo stesso anno. Si accorse che questa stava per inveirle contro ma si bloccò e arrossì quando si accorse che era lei. Era una sua compagna di un qualche corso, le sembrava di ricordare, ma con la sua pessima memoria fisionomica non avrebbe saputo proprio chi.
«Ehm, scusami…?»
«Nicole!», rispose l’altra immediatamente. «Siamo nella stessa classe di biologia, letteratura inglese e matematica!»
«Perdonami, non sono per niente brava nel ricordarmi le persone con cui parlo! Ci rivediamo, ciao!»
Lexie si voltò e tornò a correre, rischiando un effetto domino non indifferente con delle ragazzine che uscivano dalla classe di spagnolo e che le urlarono qualcosa. Nicole era rimasta imbambolata a fissarla andare via, finché Tess, testimone della scena, non le si affiancò chiedendole come stesse.
«Non lo so… Mi sento te. Ci siamo parlate, è una giornata stupenda! Non si ricorda neanche come mi chiamo, il mondo fa schifo!».
Tess ridacchiò.
«Siamo a metà del terzo anno, magari per l’ultimo si ricorderà che frequentate la stessa scuola…»
«Grazie per l’incoraggiamento. Ti voglio bene anch’io».
Tess rise di nuovo e si sistemò una lunga ciocca di capelli mossi dietro l’orecchio. Era da qualche mese che aveva notato che la sua migliore amica fissava con un po’ troppo interesse Lexie Howard, tanto da farle perdere ogni tanto il filo del discorso del professor Coleman, docente di matematica, cosa che faceva disperare Tess. Nicole si metteva sempre nella fila laterale dietro quella dell’oggetto del suo desiderio e sì, seguiva la spiegazione, ma non così maniacalmente come al solito. Tess, che di matematica aveva più problemi dell’amica, era prostrata nello sconforto per non poter confrontare gli appunti, cosa che le avrebbe agevolato l’apprendimento.
La storia era iniziata verso gennaio, ma solo a marzo Nicole era stata costretta ad ammettere che la ragazza che non si separava mai dalle sue amiche le interessava a tal punto da convincerla a volerla conoscere meglio. Tess, più pragmatica, le aveva detto che era cotta come una pera, ed insieme avevano pensato a come fare per stringere amicizia, ma si erano subito rese conto che non era così facile come sembrava: viveva in simbiosi con altre tre ragazze, che si alternavano a seconda dei corsi, e nonostante l’apparente socievolezza ed espansività si vedeva che le dava molto fastidio essere abbordata da persone con cui non aveva un rapporto confidenziale. Frequentava solo due club, quello di coro coreografato e quello di letteratura (supervisionato dalla loro stessa docente di letteratura inglese), e in un moto di follia Nicole aveva pensato di partecipare a quello di letteratura, ma gli orari coincidevano con il corso di nuoto, e se avesse mollato la coach l’avrebbe squartata viva e buttata in una piscina ricolma d’aceto e sale. Il glee club era da escludere a prescindere, nonostante le insistenze di Tess, che pensava che l’amica stesse esagerando; ma Nicole aveva il terrore di rendersi ridicola davanti all’oggetto del suo desiderio, perciò non ci avrebbe neanche provato.
Non avesse già iniziato spagnolo, avrebbe addirittura potuto pensare di passare alla classe di francese per lei, ma la chance era stata già bruciata. In mensa occupava sempre un tavolo da quattro oppure una tavolata con i compagni dei club, cosa che faceva aumentare la sua disperazione: sembrava proprio non esistesse alcuna via d’uscita.
«Domani sera che si fa? Cinema?», chiese Nicole, avviandosi verso la piscina dove sarebbero iniziati a breve gli allenamenti giornalieri. Era talmente abbattuta che non si accorse dell’occhiataccia di Tess.
«Hai già dimenticato che devi accompagnarmi alla festa a casa di Timothy?»
«No, Tess, sei tu che ti sei messa in testa che io sarei venuta: sai che non ho mai acconsentito. Odio quel genere di feste».
Tess si accigliò e la bloccò prima che potesse varcare il portellone anti-incendio che conduceva alle vasche.
«Tu mi accompagnerai».
«No».
«Sei la mia migliore amica!»
«Non siamo gemelle siamesi, puoi andarci da sola!», ribatté Nicole, che cominciava ad irritarsi. Tess però doveva assolutamente avere il suo supporto perché alla festa ci sarebbe stato il ragazzo che stalkerava da settimane. Le serviva un palo in caso di necessità!
«E se ti dicessi che ci sarà anche Lexie?»
Gongolò interiormente nel vedere l’altra tentennare e mordersi un labbro. Certo, Nicole odiava le feste, ma quando avrebbe trovato un’occasione migliore per tentare di avvicinarsi senza sembrare una maniaca?
«Non ne puoi essere certa. Te lo stai inventando solo per costringermi ad accompagnarti».
Tess la fissò negli occhi e sfoggiò le sue migliori doti da attrice consumata.
«Ho i miei informatori, puoi fidarti di me».
Nicole la studiò per qualche istante, prima di arrendersi e decretare la propria sconfitta. Tess esultò e la spedì dentro gli spogliatoi, prima di tornare nel corridoio a rimuginare da sola.
Pregò intensamente nella vita sociale di Lexie Howard: quella era una delle feste più popolari dell’anno, impossibile che non ci fossero tutti i ragazzi del terzo. Se fosse mancata ci avrebbe pensato lei stessa a far passare la tremenda cotta di Nicole. Sempre se fosse sopravvissuta all’ira della stessa, nel caso Lexie non si fosse presentata.
“Speriamo bene… Ci tengo ad arrivare ai miei diciott’anni”.
 
La sera, a letto, Florrie ripensava alla giornata. Aveva dovuto cedere alle pressioni di Tia, Willow e Lexie perché non mancasse alla “festa evento dell’anno”, così l’avevano chiamata. Lei avrebbe preferito di gran lunga rimanere a casa a poltrire, ma ovviamente serviva un’autista sobrio per il ritorno e avevano scelto lei. Grandioso. Si girò nervosamente nel letto, non riuscendo a trovare una posizione comoda. Lexie aveva biascicato qualcosa sull’implicazione di un qualche ragazzo nella serata, ma lei non aveva voluto indagare oltre: quando era passata a prendere lei e Will per tornare a casa aveva avuto l’onore di assistere al finale di una scenata in grande stile da parte dell’amica verso una poverina che singhiozzava disperata in un angolo. Will le aveva accennato qualcosa sul fatto che Lexie tendeva come sempre a prendere un po’ troppo alla lettera i suoi suggerimenti, ma poi le due si erano messe a parlare di cose del glee club e Florrie aveva perso il filo del discorso.
Sarebbe andata con loro, sperando solo che evitassero di cacciarsi in qualche guaio o in qualche rissa con dei compagni ubriachi. Con Lexie di mezzo purtroppo non si poteva mai dire.

A C.
   
 
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