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Autore: fuko chan    10/01/2013    3 recensioni
Libertà.
Dovevo essere forte, dovevo aiutare tutti con la mia bellezza, con la mia troppa importanza che quasi detestavo. Ma dovevo farlo. Dovevo farmi baciare dalla luce per farmi vedere. Per far vedere al mondo che New York ancora c’era ed esisteva.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:  Occhi Di Statua
Autore: Fuko chan (efp) azzu92 (ffz)
Fandom: Originali.
Personaggi: /
Avvertimenti: Nessuno.
Rating: Giallo.
Trama: 11 Settembre 2001. Due aerei si scagliano contro le due gemelle. Una catastrofe, un massacro, che si presenta davanti agli occhi vitrei della statua della Libertà.
Eventuali NdA: Ff che partecipa alla challenge "35 passi", con il diciassettesimo passo.
Desclaimer e crediti: /
 

Occhi Di Statua.





Sono assai vecchia, forse o quasi certamente senza anima.
Ho visto passarmi davanti tanti eventi, ed ho visto passarmi accanto molte persone, uomini, donne, bambini, anziani; tanti di loro sono venuti a scrutarmi, a toccarmi.
Nella mia finta pelle sono impressi i dolori di un’immensa città che ha visto, in quel settembre 2001, il mondo crollare.
Le urla, i pianti, i gemiti, le sofferenze sono tutte incise all’interno del mio falso udito.
I miei occhi, tristi, finti, vitrei, sempre troppo persi e vuoti, hanno osservato immobili gli spasmi della catastrofe.
Aerei, fuoco, polvere, macerie. E poi?


Caos.

Vedevo la gente correre senza prestare attenzione alla mia statua, cosa mai accaduta.
Capivo, capivo che stava succedendo qualcosa.
E poi lì, il massacro.
Le gemelle che caddero a terra esamini, crollate, uccise, lacerate.
Le persone che vi erano al loro interno vennero schiacciate dalle immense ossa murali delle sorelle, da sempre fin troppo uguali.
Erano loro che tenevano compagnia alla mia statua, che si innalzava imponente davanti a loro.
Ma come una bella favola senza lieto fine, tutto finì, tutto cessò. Due giocattoli troppo minacciosi uccisero le due vite.
E poi, là… un unico fazzoletto che svolazzava.
Una mano, una mano che stringeva forte una toppa bianca che chiedeva salvezza.
New York, la Grande Mela, in quell’undici settembre cadde ai piedi della mia statura. Vedevo tutto dall’alto, qualsiasi cosa.
La polvere era arrivata fino ai miei finti occhi, che però vedevano, che però scrutavano.
Li sentivo pizzicare forte, mentre mi abbandonavo alle urla di dolore di quelle particelle che vivevano e che si insediavano nelle nostre stanze.
Era finita anche per loro.
Io ero la libertà, ma sapevo che ero incapace di fare qualcosa di fronte a quel massacro.
Avrei tanto voluto che i miei piedi statuari cominciassero a muoversi. Ma sapevo che era contro natura.
Non sarei riuscita a liberare la mia città da quello strazio che incombeva.
Io ero la statua della libertà, incapace di tagliare quelle grosse catene di dolore che bloccavano i pesanti respiri della Grande Mela.
New York mi guardava.
Fu lì, che dal mio occhio finto sentii zampillare una lacrima.
No, non era una lacrima. Anche perché io non potevo lacrimare, non potevo far sgorgare quelle pesanti e amare lacrime che pizzicavano forte tra le mie palpebre.
Era solo una goccia di pioggia, quella goccia di pioggia che avrebbe ripulito tutti noi dalla torturata aria che ci si presentava sul cielo di sopra.
Libertà.
Dovevo essere forte, dovevo aiutare tutti con la mia bellezza, con la mia troppa importanza che quasi detestavo.
Ma dovevo farlo. Dovevo farmi baciare dalla luce per farmi vedere. Per far vedere al mondo che New York ancora c’era ed esisteva.
Libertà, il mio nome era Libertà!

   
 
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