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Autore: Nivees    10/01/2013    1 recensioni
[ Ichijo/Shiki ]
Quando Takuma Ichijo varcò la soglia della sua stanza, intuì quasi immediatamente che c'era qualcosa che non andava, soprattutto guardando il letto sfatto posizionato all'angolo della camera e dal tappeto chiazzato da macchie di terra. Per un attimo ebbe persino paura che fosse entrato un ladro durante la sua assenza, ma dovette ricredersi quando si ricordò che, quel giorno, Senri era rimasto nel dormitorio, senza recarsi a lezione. [...] Senri, come era palese, non gli diede alcuna risposta soddisfacente. Restò in silenzio a godersi il calore che il corpo di Takuma emanava, stiracchiandosi leggermente. Proprio come un gatto.
{ Quinta classificata al contest 'Meoww~ Quando l'altro diventa gatto' indetto da Little white angel e Little Shade }
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Senri Shiki, Takuma Ichijo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Nivees.
Fandom: Vampire Knight.
Coppia: Takuma Ichijo/Senri Shiki.
Raiting: Giallo.
Genere: Fluff; Romantico (?)
Lunghezza: 2223 parole. (Contaparole di Word)
Avvertimenti: Nessuno.
Note:
School!AU.
Note Autore:
Nulla di importante, dico solo che anch'io sbarco su questi lidi con una storiella senza pretese che ha partecipato a questo contest, classificandosi quinta (su undici partecipanti!). Non è molto originale, ma è stato piuttosto divertente scriverla! Miao, miao everywhere.
Vi saluto, gente, sperando che vi piaccia e che mi facciate sapere che ne pensate~
Niv.




 

Anatomia felina

 

Quando Takuma Ichijo varcò la soglia della sua stanza, intuì quasi immediatamente che c'era qualcosa che non andava, soprattutto guardando il letto sfatto posizionato all'angolo della camera e dal tappeto chiazzato da macchie di terra. Per un attimo ebbe persino paura che fosse entrato un ladro durante la sua assenza, ma dovette ricredersi quando si ricordò che, quel giorno, Senri era rimasto nel dormitorio, senza recarsi a lezione.
Senri Shiki era il suo migliore amico d'infanzia, nonché coinquilino, nonché suo ragazzo. Vivevano insieme nel dormitorio dell'Accademia Cross – una scuola prestigiosissima, a detta di suo nonno, che lo mandò a studiare lì a suon di calci nel di dietro – dove frequentavano quasi gli stessi corsi. Era stata una vera fortuna che Senri avesse deciso di seguirlo in quegli studi: potevano restare vicini, nonostante gli esami che incombevano sulle loro teste troppo spesso, e poi avrebbero anche studiato insieme.
Soprattutto anatomia. Ma quello era un altro discorso.
Cautamente, Takuma avanzò nella stanza. In realtà non ebbe il tempo nemmeno di immaginarsi cosa poteva essere successo – e dove si fosse cacciato Senri – che uno strano lamento, simile ad un miagolìo, provenne dal bagno.
Sembrò persino strano ammettere a se stesso che c'era davvero un gatto nei dintorni. Precisamente, si trovava nella vasca piena d'acqua, dove immerse si trovavano anche le braccia di Senri, che tenevano fermo il felino.
“Ichijo-kun” lo salutò, e quel suo attimo di distrazione purtroppo gli fu fatale, perché il gatto saltò e si posizionò sulla sua testa, mettendosi comodo tra le varie ciocche rosse di capelli.
Takuma scoppiò a ridere dopo aver assistito a quella scena. “Ma come, Shiki! Non sai che i gatti odiano l'acqua? Cosa ti ha fatto di male per avere questa punizione da parte tua?” lo prese un po' in giro, osservando le gocce d'acqua scivolare dalle punte dei suoi capelli, bagnati a causa del felino.
“Stamattina è entrato in camera. Era sporco e macchiava da tutte le parti, in più ho dovuto faticare non poco per poterlo acchiappare” lo informò, asciugandosi le mani con un asciugamano e rimettendosi in piedi dalla posizione accucciata che aveva davanti alla vasca. Si avvicinò a Takuma, senza togliersi il gatto silenzioso dalla testa.
Quel che gli aveva detto spiegò molte cose: ad esempio, il perché la loro stanza fosse sottosopra e il perché della stessa presenza del gatto. Takuma guardò il suo muso appoggiato tra i capelli ramati di Senri. Era adorabile! Il pelo nero era tutto spelacchiato e bagnato, mentre gli occhietti chiari erano semichiusi. Lo stava persino guardando con sufficienza, incredibile.
“Spero che non ti abbia rovinato gli abiti” sogghignò, allungando il dito verso il gatto per poterlo toccare, invano.
Mica i gatti si facevano toccare così facilmente, d'altronde.
“Più che altro, mi ha rovinato l'acconciaura”. Beh, era ovvio dato che aveva usato i suoi capelli come la sua personale coperta dove potersi appisolare. E il viso serio con l'espressione impenetrabile del ragazzo erano la giusta prova che tutto ciò non gli stava molto a genio.
Lo vide sorpassarlo e avviarsi verso il divanetto – gentile concessione di suo nonno, non tutti gli studenti potevano permettersi di averne uno nella propria stanza – dove si sedette quasi stancamente. Takuma ovviamente lo raggiunse, tutto allegro, e lo affiancò, sedendosi al suo fianco.
“Non pensavo ti piacessero i gatti” commentò, guardando amorevole il suo profilo.
Senri si limitò a scrollare distrattamente le spalle, non rispondendogli, troppo occupato ad appoggiare la testa sulla sua spalla, facendo così scappare via il gatto che saltò sul davanzale della finestra e sparì. Forse non era un randagio come aveva creduto fino a quel momento, forse stava ritornando dai suoi veri padroni.
“I gatti mi piacciono” ruppe il silenzio Senri dopo un po', rispondendo infine alla sua implicita domanda, “Probabilmente perché mi rispecchio nel loro carattere schivo e solitario, non si fidano quasi mai degli 'umani'” gli rivelò, con tanto di dita alzate per mimare le virgolette. “Preferiscono la tranquillità e adorano restare in panciolle su un divano, in compagnia solo di chi loro accettano accanto”.
“Sì, in effetti ti assomigliano su questo punto di vista” annuì, guardando verso dove era appena scappato il felino, che aveva lasciato delle gocce d'acqua lungo la sua strada, “Tu, però, non mi fai le fusa!” aggiunse subito, gonfiando una guancia.
Senri, come era palese, non gli diede alcuna risposta soddisfacente. Restò in silenzio a godersi il calore che il corpo di Takuma emanava, stiracchiandosi leggermente. Proprio come un gatto.
In ogni caso, solo in quel momento il biondo si ricordò che la sera prima Senri aveva la febbre abbastanza alta, e che restare con i capelli umidi di sicuro non avrebbe giovato alla sua salute. Gli portò la mano sulla fronte, ma gli sembro piuttosto fresca. Ma non seppe dire se era perché la sua temperatura non era più alta, o solo perché l'acqua lo aveva raffreddato.
“È meglio che tu vada almeno ad asciugarti, gattino” lo prese in giro, dandogli dei leggeri buffetti sulla testa, “Non voglio passare un'altra giornata a lezione senza te”.
“Domani è sabato, non c'è scuola”. Oh, davvero? “Ma ci vado lo stesso, non voglio rischiare di influenzarmi come ieri” riprese subito, alzandosi e avviandosi al bagno un'altra volta, non prima di aver donato un bacio a fior di labbra all'altro ragazzo, rallegrandolo ancora di più.
Guardando la schiena del rosso sparire dal suo campo visivo, Takuma sogghignò tra sé e sé, sapendo bene che l'altro non avrebbe potuto vederlo. Senri gli aveva appena confessato che gli piacevano i gatti, e ovviamente un'informazione importante come quella non poteva ignorarla per i suoi piani di conquista – anche se da conquistare non c'era poi niente, dato che lui era già il suo ragazzo, ma era tutto un fatto di principio – e ne avrebbe allora approfittato.
Avrebbe usato tutti i metodi possibili e funzionabili, pur di compiacere in qualche modo Senri.
Appurato questo, si alzò svelto dal divano e corse verso la porta dell'appartamento, uscendo e richiudendosela dietro le spalle.

Quando ritornò dal suo breve viaggio in città – era stata dura uscire dal dormitorio, considerando l'ora tarda, ma ce l'aveva fatta comunque – ritrovò Senri seduto sul divano, asciugato, pulito e impeccabile come al solito, che guardava tranquillamente la televisione – altro gentile regalo da parte di suo nonno, ovviamente.
“Posso sapere dove sei andato?” gli chiese il rosso, spostando lo sguardo dallo schermo al suo viso, “Sei sparito senza dire niente. Almeno la prossima volta avvisami in qualche modo”.
“Scusa, Shiki” ridacchiò imbarazzato, nascondendo dietro di sé la busta per non farlo vedere agli occhi cristallini e indagatori dell'altro ragazzo, “Avevo fretta, non ho avuto tempo! Sai, se tardavo anche di un paio di minuti in più, mi lasciavano fuori da qui”.
“Uhm” annuì, prendendo il telecomando e cambiando canale, non degnandogli più nemmeno di uno sguardo. Sollevato – dato che avrebbe potuto così agire senza essere disturbato – camminò quasi in punta di piedi verso la camera da letto che condividevano, ma la voce di Senri lo fermò, “Mi stai nascondendo qualcosa, Ichijo-kun?”.
“Oh, non ti si può nascondere proprio niente, Shiki”. Le sue labbra si stirarono in un sorriso un po' provocatorio, mentre arretrava nascondendo sempre la busta dietro la schiena, “Se sei curioso di scoprirlo, perché non vieni a vedere?” aggiunse, con una punta di malizia nella voce.
“Non so se preoccuparmi o no, adesso”.
Takuma rise. “Andiamo, fidati!”.
“Niente. Mi preoccupi sempre di più, quando fai così”. Nonostante avesse detto ciò, Senri si alzò lo stesso dal divano e lo seguì. Forse per curiosità, o forse – e Takuma volle credere con più fermezza a quest'altra ipotesi – era solo eccitato, in un certo senso, dal suo strano comportamento.
Una volta avvolti entrambi dal buio della stanza, illuminata lievemente solo dalla luce che proveniva dalla televisione nella camera opposta, il sorriso del biondo si allargò e fece finalmente vedere agli occhi di Senri cosa si celava tra le sue mani. Il ragazzo guardò confuso la busta rosa, un po' spaventato in realtà da cosa potesse celarsi all'interno, e attese che la sua curiosità moderata venisse soddisfatta.
“Hai detto che i gatti ti piacciono, no?” chiese Takuma, in modo retorico, rovesciando il contenuto della busta sul lenzuolo del letto – in ordine, in sua assenza probabilmente aveva aggiustato il caos che governava a causa del gatto, “Allora perché non studiamo un po' di anatomia felina?”.
“Anatomia... felina?” ripeté l'altro, confuso. Si avvicinò in prossimità del letto, afferrando con due dita quella massa informe che giaceva sul materasso. “Non studiamo l'anatomia fel– Queste sono orecchie da gatto” osservò, guardando con occhi leggermente più sgranati del normale quel fermacapelli con due simpatiche orecchie blu attaccate alla stessa distanza tra loro. “E questo è un collare” aggiunse, facendo tintinnare le campanelline appese al tessuto di pelle che rivestiva appunto l'oggetto in questione, “C'è persino una coda”.
“Ti risparmio la fatica di elencare tutte le cose che ho comprato dicendo semplicemente che è un costume, Shiki”.
“Ma...”.
“Ma cosa? Hai detto che ti piacciono i gatti e ti immedesimi in loro, quindi... Dai, indossalo!” ribadì, cercando di convicerlo, e mancò veramente poco che si mettesse persino a saltellare.
Il silenzio che susseguì quelle parole fece capire a Takuma che il suo ragazzo stava pensando. Quando Senri pensava, soppesando ogni parola prima di poter parlare ed esprimere la propria opinione, voleva dire che era per forza qualcosa di serio. Ma quella non era un fatto considerabile serio, giusto? Era solo un modo – un modo un po' diverso dal solito – per trascorrere un uggioso venerdì sera, prima di passare poi il sabato a studiare per gli esami della prossima settimana.
Takuma capì che Senri aveva smesso di pensare quando i suoi begli occhi cerulei si puntarono nei suoi, seri come sempre, ma con una particolare scintilla ad illuminarli che lo mise in allarme. Non si poteva mai sapere cosa in realtà passasse nella mente del ragazzo, e ciò lo preoccupava. “Sì. I gatti mi piacciono” ripeté ancora, prendendo accuratamente tra le mani il costume e buttandoglielo quasi addosso, “E mi piaci anche tu. Quindi credo sia più logico che, alla fine, quello che si deve travestire sei tu e non io”.
“Non fa una piega” commentò, grattandosi il capo sorridente, “Hai stravolto i miei piani, ma se è questo quel che vuoi, lo farò”. Di certo, non si sarebbe tirato indietro per niente al mondo.
Guardandolo dritto negli occhi, s'infilò tra i crini dorati il fermacapelli con le orecchie da gatto, con un'espressione seria – ma sotto sotto divertita – in viso. Indossò il collare tintinnante e si tolse la maglietta e i jeans, per potersi mettere il costume per intero. Il tutto, senza mai staccare lo sguardo da lui. E nemmeno Senri, in realtà, riuscì a guardare altrove, davanti a quello spogliarello improvvisato.
“Ti sta bene”.
“E detto da un modello, deve essere per forza un complimento”.
Senri alzò gli occhi al cielo, mentre accettava quasi distrattamente il bacio che gli diede. Takuma sapeva troppo bene che la sua carriera da fotomodello – intrapresa insieme a Rima, una loro amica di vecchia data – si era fermata proprio quando avevano deciso di frequentare quella scuola, e tutto ciò era ancora un tasto dolente per Senri. Non era un lavoro per cui ne andava matto, ma almeno lo soddisfaceva per gli enormi successi.
“Non ti stai comportando per niente da gatto, Ichijo-kun” lo riprese, staccandosi dalle sue labbra con uno schiocco bagnato.
Aveva ragione: era mica il tempo di pensare alle cose perse – al sentirsi in colpa, più che altro – quando aveva un ruolo da svolgere? Il biondo sorrise quasi accattivante, sedendosi con un salto sul letto e trascinando a sedere su di sé l'altro ragazzo.
Miao” mugolò, leccandogli la punta del naso.
“I gatti non miagolano in questo modo”. Senri lo fece distendere, allagando le gambe per potersi sedere sul suo bacino, “Si sente benissimo che è un miagolìo falso”.
“Il solito precisino” lo sfotté, stringendogli i fianchi tra le dita sottili. “Meow” riprovò, in modo più convincente, strusciandosi contro il collo caldo del rosso, “Così va meglio?”.
“È accettabile” commentò, apprezzando il gesto.
“Certo che non dai proprio soddisfazioni, tu!”. Capovolse le posizioni in modo che Senri fosse perfettamente sotto di lui. Certo, era ancora vestito, ma a quello si rimediava velocemente.
Iniziò a leccare la pelle delicata dietro l'orecchio, sapendo bene quanto al ragazzo sotto di sé piacesse particolarmente quel tipo di carezze. Ignorò i suoi mugolii sconnessi, “Ichijo-kun, mi stai solo sbavando addosso così”, e continuò imperterrito per la sua strada, lasciando una scia umida lungo la mandibola, fino ad arrivare alle labbra, che schiuse con delicatezza per un nuovo bacio.
Probabilmente – a parte complicazioni a causa del costume e vari oggetti annessi – avrebbero passato così il venerdì sera, tra miagolii, fusa, graffi e leccate.
Fortuna volle che i vicini, a quel baccano, diedero proprio la colpa a qualche gatto randagio nei dintorni.
Infondo, loro stavano solo studiando, no?
Soprattutto anatomia.

 

  
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