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Autore: Sonosicura    10/01/2013    1 recensioni
Emma ha sempre vissuto al sua vita da ragazzina nella media:voti nella media,statura nella media,niente della sua vita era sorprendente..fino a quel fatidico giorni in cui vince la sua prima gara d'atletica e..tutto cambia! Il suo corpo diventa più armonio,i suoi capelli più lucenti,la sua mente più brillante e..inizia a dormandarsi cosa le stia succedendo.Ci vorrà del tempo per scoprire di far parte di un gruppo speciale di ...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio con il caldo sole del pomeriggio che passa attraverso la persiana semiaperta:fasci di luce puntati sui miei occhi,mentre i fori della serranda superiore creano sulle mie gambe nude una strana fantasia a pois. Fisso uno dei puntini,con l’intenzione di risvegliare il più tardi possibile il mio cervello,che non è ancora completamente in moto;il vento settembrino smuove ogni cosa della mia vecchia casa sulla riva del lago,e così anche i pois sulle mie gambe iniziano a muoversi,in una strana danza che va a ritmo con la natura. Sbatto le palpebre ripetutamente,per fare un quadro della situazione:i sonnellini pomeridiani non hanno mai giovato alla mia mente incasinata,e anche questo  non ha fatto eccezione. La testa,che sentivo pesante prima di addormentarmi,ora sembra contenere un intero mattone e rende difficile ogni tipo di movimento. Mi alzo barcollano dal letto,bevo il sorso d’acqua restante nella bottiglia sul mio comodino e metto a fuoco le idee:ho una gara tra meno di 3 ore,il sonno non mi ha aiutato e mi sento in grado di muovermi come farebbe uno zombie dopo una settimana a dieta di tofu. Mi dirigo verso il bagno per fare una doccia veloce: il caldo,che dovrebbe essere scomparso già da un mese,non mi da tregua e così,dopo essermi spogliata dei miei slip e dal mio top turchese,mi butto sotto l’acqua fredda. Ma non mantengo i miei propositi:la veloce e fredda doccia si trasforma in un bagno caldo di 35 minuti,durante i quali mi concentro sulla prossima gara. Sento la tensione sulla pelle e quando capisco che la doccia non mi sta rilassando ma bensì agitando,scelgo di uscirne e passare le restanti due ore e mezza a torturarmi in un altro modo.
Con il mio accappatoio (fedele compagno di pensieri nervosi) mi sposto verso il divano,con l’idea di guardare per un po’ qualche puntata di Amercia’s Next Top Model:vedere quanto futili siano i problemi di quelle ragazze(ho un po’ di cellulite sulle cosce,i miei capelli mi fanno sembrare uno spaventa passeri) mi rincuora e rallegra .Dopo soli  5 minuti di episodio,in cui Jay Manuel aveva appena svelato quale sarebbe stato il prossimo preoccupante servizio fotografico,il campanello suona ripetutamente e io,riconoscendo il ritmo,non posso avere dubbi su chi ci sia al di là della mia porta in legno di noce:infilo un vestitino rosso leggero,fraziono i miei capelli con l’asciugamano e corro ad aprire la porta.
Ad aspettarmi con il suo solito sguardo ricco di energia,c’è Jen,la mia migliore amica; in una  mano la sua ultima borsetta Gucci e l’altra,libera,pronta ad afferrare il mio vestito e trascinarmi fuori di casa. Non mi da il tempo di chiederle cosa stia succedendo o dove mi stia portando,che mi ritrovo già nella sua Chevrolet rossa,sul posto del  passeggero.
-Sapevo che ti avrei trovata in queste condizioni Em:sul divano,intimorita dalla gara,con il tuo accappatoio indosso magari-a quel punto inizia a pensare che prima di bussare mi avesse spiato dalla finestra-invece di liberare la tua mente e fare un po’ di esercizio.
-Non inizierò a fare riscaldamento due ore prima della gara,mi stresserebbe ancora di più!-E chi ha parlato di riscaldamento? Io mi riferivo allo shopping,il movimento migliore che una donna possa fare in ogni condizione:che sia triste e agitata oppure al massimo del suo ottimismo,proprio come sono io ora;so che vincerai,non hai motivo di preoccuparti e per questo ti porto a fare un bel giro per negozi. Sai,l’altro giorno mi sono persa,ma non tutto il  male viene per nuocere:mi sono ritrovata in una via piena di negozietti Vintage e non vedevo l’ora di mostrartela,ma mi sono trattenuta,in vista della tua prossima gara e soprattutto del tuo prossimo stress..Bhe è arrivato il momento di farteli vedere!
La guardo con aria esterrefatta,sia perché conosce perfettamente il mio stato d’animo e sia perché ci sono ancora negozi a Londra che lei non conosce( o almeno,ce ne erano).La sua folle passione per lo shopping mi travolge ogni volta,così come la sua allegria e il suo ottimismo,che la contraddistingue. Con una mano sul volante e l’altra sulla radio in cerca della sua stazione preferita, osserva la strada con aria distratta. Indossa una gonna viola che non le avevo mai visto(ma questo non mi sorprende) e una semplice canotta bianca,impreziosita dalla sua collana Tiffany che porta perennemente al collo(segno di  classe, a detto suo).Le esili gambe sono posizionate sui pedali e,nonostante abbia preso la patente da appena un mese,sembra una guidatrice a cui nulla della strada è oscuro.
Con fare sicuro mi passa un CD,spazientita dalla musica ritrovata alla radio. Resto impietrita a guardare i suoi occhi blu per un attimo per poi prendere il CD e inserirlo nello stereo:Secrets dei One Republic inizia a risuonare nell’abitacolo della macchina,e Jen si lascia trasportare dalla musica,muovendo braccia e bacino a ritmo. Al primo semaforo rosso estrae dalla  sua borsa sul sedile posteriore un elastico, e lega i suoi capelli rossi in un morbido chignon. Riporto il mio sguardo su di lei,e poi su di me:le mie gambe pallide sono scoperte sin sopra le ginocchia,le infradito che avevo indossato al volo semplicemente per andare ad aprire la porta,incorniciano i miei piedi con unghie non smaltate,e le mie mani,che tengono fermo il bordo del vestito,sono in pessime condizioni:le unghie sono deboli,non riesco mai a farle crescere,e le mie dita sono sempre piene di cuticole antiestetiche. Sposto con nonchalance il mio sguardo allo specchietto:la mia faccia senza filo di trucco è resa uno straccio dalle occhiaie,regalo del sonnellino niente affatto ristoratore,le mie labbra screpolate di uno spento rosa pesca e i denti,che hanno creato problemi al mio profilo sin dall’infanzia,dovrebbero essere bianchi e perfetti grazie all’apparecchio,ma c’è qualcosa in loro che me li fa sembrare innaturali. Gli occhi verdi che vedo riflessi si spostano verso il basso,ricchi di vergogna per la poca cura che ho di me e del mio aspetto,per poi rialzarsi e dare un’ultima occhiata alla mia parte peggiore:i capelli,di uno spento castano,cadono in modo disordinato intorno al mio viso ovale,e la scialba frangia che ricopre una parte della mia fronte,sembra quasi dire:Emma,ma dove andrai a finire?
Scrollo le spalle,e decido di concentrarmi sulla strada,per riuscire a capire dove Jen mi stia portando:le vie diventano sempre più strette,dandomi una strana sensazione di claustrofobia e il cielo cupo di Londra non migliora le cose,dando al tutto l’aria di una scatola. Arriviamo di fronte ad un piccolo negozietto,nel centro del nulla,vicino a niente e Jen scende :-ti ci serve un po’ di shopping terapia,prima della gara,vedrai che starai meglio e non dovrai nemmeno ringraziarmi.  La vetrina dice “Fever”,il che mi informa che è proprio il posto adatto per una malata dello shopping come Jen. Entro senza fare domande(tanto so già che non avrebbero risposa) e mi guardo intorno curiosa.
:- Non so come ho fatto ad essermi persa tutto questo fin ora,sai che Lily Allen ha aperto un negozio vintage con saloon di parrucchieri da queste parti? Si chiama Lucy in Disguise e anche Sarah Jessica Parker ha fatto shopping in questa strada.I bazaar sono i nuovi luoghi di culto della moda,e non potevamo perderceli.
Ovunque guardassi Pailettes,pois, camicette e rouges ricoprivano il negozio e mi riportavano in un’altra dimensione o forse,più semplicemente,in un’altra epoca.
-Compra qualcosa qui Em,così,per augurio della gara.-Inizio a girare per il negozio,stretto ma pieno zeppo di vestitini che variano dagli anni ‘70 ai ’90. Noto un completino: maglietta nera con teschio (davvero bizzarro ma con un tocco chic,lo scollo sulla schiena)abbinata a pantaloncini a vita alta bianchi,con borchia argento sul fianco. Decido di provarli,così da rendere felice Jen,ma comunque consapevole di non avere il fisico per portare dei pantaloncini così corti.
Mi dirigo verso i camerini:la zona riservata ad essi è avvero stretta,ridimensionata probabilmente,a causa della merce in esposizione. Le tende nere rendono l’interno scuro,ma sono più spaziosi di quanto non sembrino. Così provo velocemente il completo,mi guardo allo specchio e vedo le mie tozze gambe bianche spuntare dai pantaloncini in modo davvero strano. Esco con aria incerta e ad aspettarmi c’è una Jen con le mani piene di abitini corti:-stai davvero bene Em,questi te li regalo io. Ora aspetta,voglio anche io un parere su quello che devo comprare.- Come se entrambe non sapessimo già che tutto le sarebbe stato alla perfezione e,soprattutto,che avrebbe comprato ogni cosa. Dopo varie prove si decide,prende tutto e andiamo verso la cassa:una ragazza dai capelli tinti con acqua ossigenata,piercing sul naso e aria assente,consegna lo scontrino e passa la carta di credito MasterCard di Jen.Usciamo dal negozio con un’aria più felice,Jen pronta a fare il tifo per me e io,stranamente,pronta a vincere la mia corsa
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Sulla strada del ritorno,occupo la mia testa con idee strane riguardanti il mio peso:forse sarebbe meglio perdere qualche chilo sulle cosce. Nonostante i miei 18 anni quasi compiuti,non mi ero mai ritrovata ad avere a che fare con questi pensieri:il mio corpo mi era sempre andato bene:non ero mia stata una fotomodella ma,almeno mi sembrava,non ero nemmeno da buttare. Ora come ora,invece,mi getterei direttamente nel materiale non riciclabile,ricoprendomi magari di altri rifiuti,per non farmi notare troppo.
Cerco di mettermi dritta con la schiena lungo il sedile,tentando di imitare la postura perfetta di Jen ma,come immaginabile, sembro un bradipo arrampicato.
Il caldo inizia a diminuire e questo mi ricorda che si avvicina l’orario della gara:abbiamo deciso di spostarla a causa del clima ancora troppo caldo e soprattutto perché all’ultima corsa,c’erano stati due casi di svenimento dovuti al tempo. Avevo trovato l’idea geniale ma,allo stesso tempo ,stressante:era comunque più tempo per pensare e ripensare a come avrei potuto perdere,mettendomi in ridicolo nuovamente. Ragionandoci ancora non riesco a capire perché continuo a correre:non ho mai vinto una gara,nonostante durante gli allenamento sembri la più veloce del gruppo,nelle gare mi fermo alla terza,massimo seconda posizione,riuscendo sempre a sfiorare la vittoria. Jen mi abbandona ai parcheggi dietro la pista da corsa, riagurandomi buona fortuna,e nel medesimo istante il mio cuore inizia a battere a mille;decido di non pensare alla corsa fino al momento della partenza.
Entro negli spogliatoi:nessuna ragazza è ancora arrivata,così mi metto con calma sulla panca di fronte il mio armadietto e mi sdraio sulla schiena,cercando di ispirare il più profondamente possibile,così da diminuire l’ansia. Prima di una gara si viene a creare dentro il mio stomaco, una strana sensazione di vuoto,come se qualcosa mi bloccasse e spingesse vero il basso,rendendomi più pensante,meno veloce e riducendo al massimo tutti i miei sforzi di vincere le competizioni.
Decido di smetterla,perché per quanto possa prepararmi,tutto andrà come deve andare;è un mio vizio,aspettarmi sempre che tutto accada,senza fare tutto ciò che è in mio potere per far si che vada come voglio io. Anche per questo fin ora,ogni volta che avevo pensato di mettermi a dieta, avevo rinunciato,con l’idea che,se avessi dovuto dimagrire,sarebbe successo e basta,senza rinunciare così ai miei amati dolci! Lo stesso era con le gare:nonostante mi allenassi duramente per vincerle,alla fine mi ritrovavo sempre a pensare che,se doveva andare così,allora avrei vinto,ma che certo non mi sarei potuta mettere..mettere contro cosa? Il Karma?Il destino? A pensarci bene non ho mai creduto a queste cose:sono cresciuta in una casa atea,dove mia nonna e mio padre mi hanno insegnato che vedere con gli occhi è l’unico modo per essere certi di qualsiasi cosa. Questo mi era sempre andato bene e non avevo mia sentito la necessità,come certa gente,di attaccarmi a qualcosa che non si vede e non si sente,per tirare avanti. Io e mia padre ce l’abbiamo sempre fatta da soli:da quando mia madre ci aveva abbandonati quando io avevo solo 4 anni,io e il mio caro genitore,ce l’eravamo cavata alla grande,con l’aiuto della nonna. Durante questo contorto ragionamento avevo indossato il pantaloncino della squadra:il viola acceso in contrasto con mio smalto giallo fosforescente non mi dispiaceva e ,pensai,almeno avrei perso con stile. La maglietta che dovevo indossare,corta sul davanti e con spalline abbastanza ridotte,creava non pochi problemi alla mia autostima che,più correvo,più raggiungeva la suola delle mie scarpe da ginnastica. La infilo velocemente,senza pensarci, chiudendo gli occhi;stupidamente li riapro prima di chiudere l’armadietto e così osservo la mia figura nello specchio:le mie gambe spuntano fuori dal pantaloncino,le ginocchia,leggermente sporgenti,puntano verso lati opposti e le mie caviglie tozze chiudono il tutto in bellezza. Mi chiedo se sia vero quello che papà mi dice sempre,che somiglio tanto alla mamma;mi domando come sia riuscito ad innamorarsi di una figura che possa somigliare minimamente  a quella che io mi ritrovavo ora di fronte. E mi rendo conto di essere stata abbastanza narcisista per oggi,più di quanto Jen non sia di solito. Chiudo l’armadietto con forza,cercando di rimuovere,con la corrente che la porta ricreato,l’idea della mia figura dalla testa. L’unica cosa che voglio pensare è smetterla di lasciare tutto al caso( che non esiste) e prendere finalmente in mano la situazione:Dio non esiste,il genio nemmeno e mai nessuno dei due sputerà dalla mia tazza(vi faccio immaginare quale) per chiedermi di esprimere 3 desideri. Così,mentre risalgo le scale degli spogliatoi e inizio a fare i primi giri di pista,penso a quali sarebbero i miei reali desideri;magari chiederei un corpo più armonioso,una figura più slanciata,o anche solo un po’ di fortuna in più nella vita. Ecco un’altra forza naturale che non esiste:scuoto la testa e penso solo a correre:l’aria mi riempie i polmoni,porto al massimo della velocità le mie gambe,quasi non sento che i miei piedi sfiorano il terreno e mi convinco di poter vincere questa gara.
La coach mi ferma al terzo giro di pista:con cronometro in mano e aria sorpresa,alza il braccio e mi fa cenno di avvicinarmi;mi dirigo verso di lei con passo e respiro lento,forse per prendere fiato,forse per perdere tempo. Arrivata ormai a meno di un metro da lei,osservo la sua espressione:è strano dirlo ma anche io mi sono sorpresa della mia velocità nell’ultimo giro,magari crederà che abbia preso qualche sostanza. La verità è che Jen aveva ragione:una carica di adrenalina e un po’di shopping possono fare davvero miracoli ad una donna in tensione. Così le sorrido con sicurezza(per una volta) e le chiedo:si coach? Lei continua a guardarmi,sembra sul punto di dirmi qualcosa,ma poi cambia espressione,punta il cronometro ed esclama:pensavo di dirtelo solo dopo la gara,ma magari ti aiuterà a dare il meglio di te:c’è un  talent scout tra gli spalti;cerca di fare colpo!

In quale universo questo avrebbe potuto aiutarmi a dare il meglio di me? La mia espressione sicura si modifica,e ritorna sul mio volto il terrore da pista. Deglutisco rumorosamente,tanto che mi guardo intorno,convinta che chiunque nei dintorni abbia sentito la saliva scendere rumorosamente per la mia gola. Mi rendo conto di essere patetica e che non devo correre per nessun altro se non  per me stessa. Allora riosservo l’allenatrice e,a tono di voce più alto del solito,la rassicuro sulla mia prestazione. Dopo altri 5 giri di pista le condizioni del mio stomaco sono indecifrabili,la gola è  secca e così mi fermo al tavolo delle bibite e prendo un integratore. Mentre bevo alzo lo sguardo verso gli spalti e involontariamente punto un uomo:vestito elegante,giacca e cravatta grigio antracite,fissa al pista con aria professionale:in una mano tiene una cartellina,nell’altra un block notes e mi ci vuole meno di un secondo per ricollegare quello che la coach mi aveva detto appena 7 minuti fa;quello doveva essere il talent scout e li era dove avrebbe segnato tutte le sue impressioni riguardo i prossimi 10 minuti di gara,2 dei quali riguardavano anche me. Il respiro si affanna,lascio l’integratore sul tavolino e mi lancio fitta verso la pista,in attesa di poter sfruttare la mia ansia come benzina per i miei muscoli. Un giro dopo la coach arriva e appende sul muretto degli annunci il foglio con l’elenco dei partecipanti in ordine di gara:sono nel primo girone,almeno non avrei dovuto attendere troppo.

  
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